il presepe è una casa accogliente non escludente
è giusto difendere pubblicamente il Natale (e ogni altra festa). Negli spazi pubblici, e quindi anche a scuola, le feste religiose possono essere tutte vissute e raccontate in un clima formativo come scambio di esperienze e ricerca comune. La laicità è inclusiva, espressione delle identità (in dialogo). E’ giusto, quindi, esporre pubblicamente il presepio (o il crocifisso) come segno di un’identità relazionale-universale
Ma i militanti di alcuni partiti o gruppi lo usano per scopi ristretti, contrari al suo significato. Manifestano con uno stile rivendicativo di contrapposizione escludente. Non si può pensare di affondare i barconi di disperati, di gridare contro l’islam, di chiamare alle armi, tenendo il presepe (o il crocifisso) in mano.
Tra l’altro, molte esibizioni sono del tutto esterne, agitatorie, estranee alle dinamiche della scuola e del paese. Troppe sono le polemiche strumentali: a Rozzano c’è un bravo preside come un bravo vescovo è quello di Padova, strapazzato da troppe persone superficiali, mentre cerca di far riflettere sul significato dei simboli.
Il presepe racconta una storia di povertà (abissale), di accoglienza (mancata) e di vita (gioiosa). Ai cristiani ricorda il mistero di un amore infinito.
Il presepe racconta una storia di povertà (abissale), di accoglienza (mancata) e di vita (gioiosa). Ai cristiani ricorda il mistero di un amore infinito.
Non è una “diga identitaria” ma una casa accogliente aperta allo stupore dei “piccoli” (pastori) e dei “popoli” (magi). E’ l’invito a cambiare il mondo con una “tenerezza combattiva” (Evangelii gaudium 85).
Sergio Paronetto