il sinodo: un test decisivo per un nuovo modo di essere chiesa

 

La prima resa dei conti per il guastatore Francesco

di Marco Politi
in “il Fatto Quotidiano” del 7 ottobre 2014

 

papa-francesco

È molto più di un’assemblea sui problemi della famiglia, il Sinodo dei vescovi iniziato ieri in Vaticano. È il primo test della linea di papa Francesco di porre la Chiesa di fronte al mondo contemporaneo come “ospedale da campo” per sanare le ferite esistenziali degli uomini e delle donne dell’epoca attuale, al di là dei confini strettamente confessionali. L’opposto di una Chiesa, che condanna in nome di un’astratta dottrina

A un anno e mezzo dalla sua elezione Bergoglio si trova confrontato con i presidenti delle 193 conferenze episcopali del mondo, i 23 rappresentanti delle Chiese orientali, i 25 capi dei dicasteri della Curia romana.
I loro interventi, i loro silenzi, le loro sfumature daranno la misura del consenso intorno al pontefice argentino. Un guastatore militante come il ciellino Antonio Socci ha lanciato – giusto alla vigilia della riunione – il finto scoop di presunte irregolarità commesse al conclave. Una palla. Perché era a tutti noto che una votazione, in cui risultava una scheda in più, era stata immediatamente annullata e si era passati alla seguente. Ma l’obiettivo era di alimentare la campagna di delegittimazione ai danni di Francesco in corso da mesi. Riferisce Andrea Riccardi, leader della Comunità di Sant’Egidio, che un cardinale ha commentato tempo fa: “Francesco ha riempito le piazze e le chiese. Ha svolto la sua funzione. Ora può anche andare prima di rovinare la Chiesa”. Il clima in certi settori del Vaticano e della Chiesa universale è questo. Nelle prossime due settimane potremo vedere se la strategia di Francesco si affermerà oppure se un coacervo di resistenze e di paure tenterà di frenarla. L’assemblea parte con una brutta innovazione, in controtendenza alle aperture e alla trasparenza di questo pontificato. Non saranno distribuite – come da oltre quarant’anni – le sintesi degli interventi in aula. Conferenze stampa quotidiane daranno il senso di ciò che avviene, ma senza nomi e cognomi. Su un altro piano sarà un Sinodo completamente diverso dagli altri. Francesco vuole trasformare l’assemblea in un corpo autenticamente consultivo, che si affianchi in nome della “collegialità” (principio sancito dal concilio Vaticano II) all’azione di governo del pontefice. Perciò il Papa ha chiesto interventi scritti preliminari, incentrati sui singoli punti del documento preparatorio (divorzio, contraccezione, aborto, convivenze, unioni di fatto, coppe omosessuali, bambini all’interno di unioni omosessuali, poligamia, ruolo ecclesiale e sociale della famiglia, eventualità di concedere la comunione ai risposati) e discorsi in aula finalizzati a redigere un documento-base in vista di una seconda assemblea di vescovi sulla famiglia, convocata fine 2015. E’ la mossa politica di Francesco. Creare un clima di dibattito vivace come al tempo del Concilio. Lasciare un altro anno di tempo perché tutte le articolazioni ecclesiali possano mobilitarsi partecipando alla discussone – sulla scia del sondaggio universale lanciato dal Papa l’anno scorso – e dare infine a vescovi la facoltà di presentare nel 2015 una serie di proposte pastorali concrete su tutti i temi scottanti. Le polemiche della vigilia sono state accolte positivamente da Francesco proprio in nome della sua intenzione di favorire un clima simile al concilio Vaticano II e al proposito di “aggiornamento” di Giovanni XXIII. Cinque cardinali, guidati dal prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede Mueller – a cui si è aggiunto il ministro delle Finanze vaticane Pell – hanno contestato duramente l’ipotesi di concedere la comunione ai divorziati risposati. Bene così, ha commentato in privato il Papa. Ieri ha scandito in aula: “Parlate chiaro. Nessuno dica: questo non si può dire… si penserà di me così o così”. Francesco ha raccontato un episodio. Dopo l’ultimo concistoro di febbraio (in cui il cardinale Kasper ha posto l’ipotesi della comunione anche ai divorziati risposati dopo un percorso di pentimento) “un cardinale mi ha scritto dicendo: peccato che alcuni cardinali non hanno avuto il coraggio di dire alcune cose per rispetto al Papa…”.
Questo non va bene, ha sottolineato Francesco. Parlare “senza pavidità e ascoltare con umiltà” è stata la sua esortazione. Due segnali importanti sono venuti alla vigilia. Il cardinale Tettamanzi (ex arcivescovo di Milano, indicato nel 2006 in un sondaggio segreto come candidato preferito alla presidenza della Cei) si è pronunciato a favore della somministrazione dei sacramenti ai divorziati risposati come “segni delle misericordie di Dio”. Mentre il cardinale Kasper ha sottolineato sull’ “Avvenire” che la Chiesa rispetta le convivenze gay “stabili e responsabili”. Sono due delle novità, che potrebbero emergere alla fine del percorso snodale. Lo stesso cardinale Erdo, relatore al Sinodo, ha detto ieri che i divorziati risposati fanno parte della Chiesa e si può studiare la prassi delle Chiese ortodosse (che ammettono seconde unioni). Erdo ha anche riproposto un ruolo maggiore per le donne.

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