le rimozioni dal vangelo
Il Vangelo evidentemente soffre di rimozioni forzate ad opera dei predicatori abilitati e di quelli che si autoconsegnano la patente di interpreti autentici. Ad esempio: perché è così difficile affermare che la ricchezza è un male in sé in quanto appropriazione indebita del non-necessario? Infatti la sottrazione è ineludibilmente l’altra faccia della medaglia dell’accumulo.
«Le cose tolte ai poveri sono nelle vostre case. Quale diritto avete di schiacciare il mio popolo, di pestare la faccia ai poveri» (1).
È così difficile affermare che la ricchezza è antievangelica, l’ostacolo concreto alla diffusione dell’utopia liberante del Regno? Noi affermiamo il diritto per tutti ad una vita dignitosa resa possibile dalla pratica della compassione e della solidarietà. Il diritto al lusso non è espressione né del Vangelo né dell’umanesimo conseguente.
Guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete (2).
Questo, certo, non significa che i ricchi non possano salvarsi ma si devono convertire redistribuendo o meglio restituendo. Gesù è andato a casa del capo degli oppressori per indurlo a cambiare vita, non per legittimarlo come avviene troppo spesso nei ricevimenti della c.d. autorità in Vaticano. Infatti Zaccheo risponde:
«Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto»(3)
mentre gli altri, dopo la foto di rito con il Papa, rispondono continuando a bombardare, a negare i diritti fondamentali, a destabilizzare altri Paesi per interessi economici.
Un’altra forma di rimozione forzata riguarda la persona e la prassi di Gesù a vantaggio di una dottrina elaborata da uomini. Il Vangelo che siamo chiamati a vivere non consiste propriamente nella memorizzazione di un libro, né tantomeno di un codice, ma è una relazione con la Persona di Gesù, l’imitazione delle sue scelte concrete e l’adozione del suo paradigma non come imposizione ma come presupposto per realizzare pienamente la nostra libertà e dignità.
«Guai a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!»(4)
Il Concilio Vaticano II ha ribaltato la prospettiva (5) mettendo effettivamente al centro la Persona di Cristo rispetto alle conoscenze dogmatiche ma, a distanza di circa cinquanta anni, l’atteggiamento legalista, cattedratico della gerarchia è mutato più nella forma che nella sostanza. Pur riscontrando nei documenti e nella predicazione una maggiore consapevolezza dei disagi esistenziali e sociali del popolo di Dio rimane lo scandalo ancora non rimosso della distanza dalle sofferenze reali. La mera enunciazione, senza le opere concrete, dell’opzione preferenziale per i poveri e gli oppressi è il macigno che pesa sulla coscienza della Chiesa-Istituzione e ne mina la credibilità.
(1) Isaia 3, 14-15
(2) Vangelo di Luca 6, 24-25
(3) Vangelo di Luca 19, 8
(4) Vangelo di Luca 11,46
(5) Dei Verbum, 4; Cfr Teresa di Lisieux, LT 165 « Custodire la parola di Gesù, ecco l’unica condizione della nostra felicità, la prova del nostro amore per lui. Ma che cos’è questa parola? Mi sembra che la parola di Gesù sia lui stesso».
da ‘altranarrazione’