“Purtroppo, noi europei, abbiamo imparato a conoscere l’Islam con gli islamisti, ma la stragrande maggioranza dei musulmani detesta il terrorismo”, sostiene Marek Halter. Per dar forza a questa idea, e per promuovere il dialogo tra le religioni, il filosofo francese accompagnerà una delegazione di venti imam da Papa Francesco a San Pietro. Nella lettera che indirizza al Santo Padre alla vigilia della sua visita, e che pubblichiamo assieme al New York Times, El Pais, le Figaro, Clarin e Die Welt, Halter spiega come da ebreo fu salvato da due vescovi cattolici polacchi durante i primi giorni del ghetto di Varsavia. Santo Padre, ci incontreremo domani a Roma. Ha avuto la gentilezza di concedermi un’udienza, a cui verrò accompagnato da una delegazione di imam francesi.
Ci siamo già incrociati, Santo Padre, molto tempo fa. All’epoca lei era Jorge Mario Bergoglio, rettore dell’università di teologia di San Miguel. Ci presentò il primo presidente argentino democraticamente eletto, Raúl Alfonsín. Io mancavo dall’Argentina da anni, tenuto lontano dalla giunta militare che torturò e assassinò la mia cuginetta, Anna-Maria de Kumiec. A quel tempo avevo organizzato un vasto movimento di solidarietà internazionale insieme alle madri di Plaza de Mayo.
Santo Padre, oggi mi rivolgo a lei, convinto che l’azione più urgente deve concentrarsi sul dialogo interreligioso. La violenza comincia dove finisce la parola. Sfortunatamente conosco bene l’orrore della guerra. E la guerra di religione è la peggiore di tutte. Nel nostro mondo in crisi, l’uomo ha più che mai bisogno di speranza. I nostri padri, i nostri nonni, hanno avuto grandi speranze laiche. Sono tutte fallite e perciò sempre più uomini e donne si rivolgono alla religione. Alle religioni.
Nel momento in cui i fanatici prendono di mira i cristiani, a Nairobi e a Peshawar, il suo incontro, Santo Padre, con la delegazione degli imam francesi riveste un’importanza molto particolare. Ad accompagnare questa delegazione sarò io, scrittore francese, ebreo, salvato durante i primi giorni del ghetto di Varsavia da due cattolici polacchi. Che simbolo! L’islam gode di pessima stampa in Occidente. Anche prima degli ultimissimi avvenimenti, ogni attentato, a Tolosa o a Boston, ogni autobomba che esplodeva in Iraq o in Siria faceva risuonare in noi l’appello del muezzin. Ma centinaia di milioni di musulmani, in ogni parte del mondo, sono esattamente come noi: vogliono vivere nel rispetto delle regole democratiche, pensano al futuro dei loro figli e sperano in un mondo più giusto e più solidale. Gli imam che voglio presentarle domani rispecchiano questa schiacciante maggioranza: rigettano la violenza, la condannano pubblicamente. Dobbiamo loro considerazione e riconoscenza.
Il male è rumoroso e il bene modesto, diceva Pascal. Troppo modesto. Lo scoppio di una bomba non ha bisogno di amplificatore. Una parola di saggezza, sì. Il nostro incontro di domani, Santo Padre, sarà, spero, quell’amplificatore di cui abbiamo tanto bisogno.
Come sapete, io e il suo predecessore, papa Giovanni Paolo II, eravamo molto legati. Questo mi ha dato modo, e ne vado orgoglioso, di suggerire a papa Wojtyla di introdurre in una delle fessure del Muro Occidentale – il Muro del Pianto – un foglietto di carta contenente un voto per il futuro dell’umanità. È il gesto che hanno ripetuto quasi cento generazioni di ebrei dal momento della distruzione del Tempio. Quell’immagine ha segnato la storia.
Ho appreso, Santo Padre, che ha in programma di recarsi prossimamente a Gerusalemme. Pensa di andare al Muro del Pianto? Perché non compiere un atto tanto forte in compagnia di una cinquantina di cardinali in rappresentanza soprattutto delle Chiese d’Oriente, di una cinquantina di rabbini venuti dal mondo intero e di una cinquantina di imam in rappresentanza della terza religione monoteista? Insieme, di fronte a quelle pietre millenarie, pronuncereste una preghiera per la pace.
Sono convinto che quella preghiera sarà ascoltata. Almeno sarà ascoltata
dai milioni di uomini e donne che in tutto il mondo attendono da moltissimo tempo una luce di speranza da Gerusalemme.
Nel mio libro Faites-le! (Fatelo), che domani le consegnerò, Santo Padre, racconto di aver chiesto udienza a papa Francesco per conto di una delegazione di imam di Francia. Domani, dopo il nostro incontro, potrò dire, non senza fierezza: “Grazie a Dio, l’ho fatto!”.
(Traduzione di Fabio Galimberti)