in memoria

 

cento bare

(ricevo da p. Agostino e metto a disposizione per la comune riflessione)
IN MEMORIA
3 OTTOBRE 2013

Sarebbe forse stato più adatto il silenzio per aprire questa serata. Siamo infatti sommersi dalle parole, dalle immagini, scelte apposta per farci piangere di più, dalla retorica insopportabile dei politici(Alfano è corso a Lampedusa con la stessa fretta con cui AVEVA votato il pacchetto Maroni sui respingimenti) dai mezzi di comunicazione, dagli addetti ai lavori. Resta il fatto che di circa 500 persone ne sono rimaste vive 155 il resto , cioè volti, storie, affetti, speranze giù in fondo al mare dove faranno compagnia agli altri cira 25.000 , morti dal 1988 in po, di cui ci siamo dimenticati, come faremo con questi ultimi, fra qualche giorno, travolti dalle miserabili storiucce dei nostri cosiddetti governanti. Se fossimo davvero sinceri nel manifestare il dolore per queste tragedie, potremmo piangere per queste creature, ma non siamo credibili perché anche quelli che arrivano vivi li trattiamo mica tanto bene; li ammassiamo nei CPT per mesi come delinquenti dato che abbiamo creato il reato di clandestinità. oppure li sfruttiamo col lavoro nero. Questi ultimi disperati venivano da Eritrea Etiopia Somalia, scappavano dalla guerra infinita che da anni affligge quelle popolazioni, quindi erano rifugiati politici e l’articolo…. della Costituzione e la convenzione di Ginevra chiede di accoglierli. In questo caso lo loro emigrazione era dettata dal bisogno estremo di salvarsi la vita e invece hanno trovato ancora morte. L’emigrazione in genere è un effetto la cui causa trova le sue radici nel mondo occidentale: radici economiche prima di tutto ,e vendita molto lucrosa di armi(in Africa non ci sono fabbriche di armi e anche l’Italia e l’Europa tutta sopperiscono ben volentieri a questa mancanza). Di questo si dovrebbe occupare tutta l’Europa cambiando i suoi rapporti con questi paesi, e sopratutto cambiando il capitalismo di rapina che invece piace tanto a chi è già ricco e se ne sbatte di chi crepa in un modo o in un altro. Quindi piangiamo pure le vittime ma interroghiamo anche le nostre coscienze perché c’è qualcosa che uccide più della morte stessa ed è l’indifferenza, il non curarsi di chi ti è vicino, di chi soffre, di chi ha meno di te anche se ti sembra di avere poco. E’ vero, molti di noi sono poveri e altri se ne aggiungeranno se per
esempio a Piombino verrà messa la pietra tombale sulle acciaierie, ma se qui da noi ci ammaliamo abbiamo ancora ospedali che ci curano , se non abbiamo pane ci sono opere di carità che in qualche modo ci sostentano. Nei paesi da dove vengono queste persone non c’è niente di niente e le donne muoiono di parto, i bimbi per una diarrea. Che faremmo noi al loro posto se ci fosse una sola possibilità di scampare a questa sorte? Non ho altro da dire se non un grazie dal profondo del cuore ai lampedusani e a tutti quelli che in mille modi si sono affannati per salvare quelle vite. Loro non sono rimasti indifferenti.

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