ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri: l’Italia delle diseguaglianze sociali avanza a dispetto della fine della crisi economica e dell’aumento della produttività
la fotografia di un ‘gap’ sempre più accentuato è fornita dal nuovo rapporto della ong Oxfam “Un’Economia per il 99%” sulla distribuzione della ricchezza netta in Italia nel 2016, in occasione del World Economic Forum di Davos.
Squilibri distributivi
Una rielaborazione basata su dati, modello econometrico e metodologia di stima utilizzati da Credit Suisse che riporta drammatici squilibri distributivi ed eccessi nella concentrazione della ricchezza. Nel 2016 la distribuzione della ricchezza nazionale netta (il cui ammontare complessivo si è attestato, in valori nominali, a 9.973 miliardi di dollari) vedeva il 20% più ricco degli italiani detenere poco più del 69% della ricchezza nazionale, un altro 20% controllare il 17,6% della ricchezza, lasciando al 60% più povero dei appena il 13,3% di ricchezza nazionale.
Quasi tutto in mano a pochi
Risultato il 10% top di tutti i ricchi italiani oltre 7 volte la ricchezza della metà più povera della popolazione. Non solo: la ricchezza dell’1% dei Paperoni italiani (in possesso oggi del 25% di ricchezza nazionale netta) è oltre 30 volte la ricchezza del 30% più povero dei nostri connazionali e 415 volte quella detenuta dal 20% più povero della popolazione italiana. La classifica di Forbes dei primi sette miliardari nazionali (in tutto 151 nella famosa lista) equivaleva alla ricchezza netta detenuta dal 30% più povero della popolazione.
Il surplus in mano ai soliti
Oxfam ha anche ricostruito e analizzato la distribuzione del surplus di reddito pro capite registrato nel periodo 1988-2011 su scala globale. Quasi il 46% dell’incremento del reddito disponibile pro-capite globale è stato appannaggio del 10% più ricco della popolazione mondiale a fronte di appena il 10% ricevuto dalla metà più povera della popolazione del pianeta. I dati italiani rivelano per il periodo in esame un incremento complessivo del reddito nazionale pari a 220 miliardi di dollari (a parità del valore di acquisto nell’anno di riferimento 2005).
Come per la ricchezza, anche per il reddito disponibile pro-capite nazionale quasi la metà dell’incremento (45%) è fluito verso il top-20% della popolazione, di cui il 29% al top-10%. In particolare, il 10% più ricco della popolazione ha accumulato un incremento di reddito superiore a quello della metà più povera degli italiani. La sperequazione desta ancor più allarme se ci si sofferma sulla quota di incremento del reddito ricevuta nell’arco degli oltre vent’anni in esame dal 10% più povero dei nostri connazionali: un risicato 1% corrispondente ad appena 4 dollari pro-capite all’anno. Lo studio Oxfam sottolinea anche che l’aumento della produttività del lavoro non ha affatto determinato un miglioramento per la fascia più povera della popolazione. Dal 1999 al 2013 (ultimo anno in cui il dato è disponibile) la crescita dei redditi da lavoro salariato (su scala globale e in termini reali) è risultato infatti in netto ritardo sull’aumento della produttività del lavoro.
Più produttività non dà più salario
Un dato che evidenzia come la crescita della produttività e un aumento di output globale non si traducono necessariamente in un incremento proporzionale delle retribuzioni dei lavoratori. Una conferma arriva anche dai dati Eurostat secondo cui i livelli retributivi non solo non ricompensano adeguatamente gli sforzi dei lavoratori, ma risultano sempre più spesso insufficienti a supplire alle necessità dei singoli e delle famiglie. Non ne è esente il continente europeo, pur essendo tra le regioni con i redditi più alti al mondo.
L’Italia, in particolare, con un tasso di occupati a rischio di povertà pari nel 2015 a 11,5% dell’intera forza lavoro nazionale in età compresa fra i 15 e i 64 anni, è sotto di ben due punti percentuali alla media europea (9,5%) stimata nel 2015.