Intervista a Leonardo Boff: “Il papa è figlio della teologia della liberazione”
Leonardo Boff è un teologo, ex frate francescano, ed è considerato il massimo esponente della ”teologia della liberazione” e cioè di quella corrente di pensiero della Chiesa cattolica dell’America Latina che vede nella difesa dei poveri e nella lotta per la giustizia sociale il principale messaggio del Vangelo.
Boff oggi ha 75 anni, è figlio di una famiglia di immigrati italiani (veneti), ha studiato negli anni sessanta e settanta teologia e filosofia in Europa. Ha discusso la tesi di laurea con l’allora vescovo Jospeph Ratzinger. La ”teologia della liberazione” ha sempre rappresentato un pensiero poco gradito al Vaticano, e tuttavia tollerato da Paolo VI negli anni dopo Il Concilio. Quando però diventò papa Giovanni Paolo II le cose cambiarono. Iniziò una vera e propria guerra tra la teologia della liberazione e Roma, e Boff fu più volte censurato, a metà degli anni ottanta. Tanto che a un certo punto, per porre fine alla diatriba, rinunciò al suo mandato religioso e lasciò l’ordine dei Francescani.
Il Papa, durante un incontro con i rappresentanti di alcuni movimenti sociali, la settimana scorsa, ha pronunciato parole che sono state lette come un’esortazione agli esclusi perché lottino, come una chiamata al diritto alla ribellione di chi non ha terra, casa e lavoro perché se li procuri attraverso la lotta sociale. La ritiene una interpretazione corretta o una lettura superficiale?
È una lettura corretta. Le parole pronunciate dal Papa devono essere capite all’interno della traiettoria personale di Bergoglio. Una delle sue aperte polemiche con Cristina Kirchner, la presidente argentina, è stata proprio sul modo in cui si devono aiutare i poveri. Lui insisteva: non servono la filantropia e l’assistenzialismo di stato. Quello di cui c’è bisogno è giustizia sociale e redistribuzione del reddito. Realizzare la giustizia sociale implica riformare le strutture dello Stato e la mentalità dei cittadini contaminata dall’individualismo capitalista.
Un’altra affermazione costante del Papa: nessuna soluzione per i poveri sarà efficace se non includerà gli stessi poveri nella sua realizzazione. Questa idea spiega anche perché il Papa abbia chiamato a Roma i rappresentanti dei movimenti sociali, così che loro stessi dicessero quali sono le cause della loro povertà, così che loro stessi spiegassero in cosa non vengono rispettati i loro diritti. Generalmente si chiamano grandi nomi della sociologia o della politica a svolgere questo compito. Il Papa ha imparato in America Latina che le vittime del sistema sanno dov’è il dolore e quali sono le ragioni della loro esclusioni. Hanno tra loro, tra l’altro, intellettuali organici, come Joao Pedro Stedile del Movmento dei Sem Terra in Brasile. La versione delle vittime del sistema è quella vera, perché nasce dalla sofferenza e dall’oppressione. Il Papà è stato innovatore, ha fatto un discorso chiaro: la posizione della Chiesa deve essere sempre dal lato delle vittime, dei poveri e degli oppressi, scelta che fu di Gesù e che il Papa ha assunto personalmente.
Il Papa ha detto: ”Oggi vediamo con tristezza ogni giorno più lontano dalla maggioranza delle persone il diritto alla terra, alla casa e al lavoro. Se parlo di questo ad alcuni risulta che il Papa sia comunista. Non si capisce che l’amore per i poveri è il centro del Vangelo. Terra, casa e lavoro sono diritti sacri e reclamarne il rispetto non è strano: è la dottrina sociale della Chiesa”. Cosa ne pensa?
E’ vero che è questa la dottrina sociale della Chiesa. Il Papa è andato oltre. Ha criticato la dottrina sociale della Chiesa, la considera astratta e non abbastanza chiara nella distinzione, che dev’essere nitida, tra chi sono gli oppressi e chi gli opressori. La posizione della Chiesa non può essere equidistante. Il suo posto è al fianco dei sofferenti, solo per loro il Vangelo è una buona novella, per tutti gli altri è l’esortazione a che cambino vita e si affianchino alle persone più pregiudicate nelle relazioni sociali: vale qui la famosa frase di Dom Helder Câmara: se distribuisco pane ai poveri dicono che sono un santo, se spiego perché i poveri non hanno il pane mi danno del comunista.
Papa Francesco sta aprendo la Chiesa alla teologia della liberazione?
Il Papa appartiene alla teologia della liberazione nella versione argentina. Lì esiste nelnelle forma della teologia del popolo e della cultura degli oppressi. Lì non si parla esplicitamente di lotta di classe, ma è evidente il conflitto tra i potenti che elaborano la cultura del dominio e il popolo che vive la cultura degli oppressi.
Il principale esponente di questa teologia è stato Juan Carlos Sacannone, professore di Bergoglio nel Seminario maggiore di San Miguel, quartiere di Buenos Aires. Lui ha pubblicamente ricordato come lo studente Bergoglio fosse entusiasta di questa teologia. Da lì viene il voto a vivere senza ricchezze e ad andare sempre tra i poveri nel lavoro pastorale, cosa che Bergoglio effettivamente ha sempre fatto.
Da cardinale non è andato a vivere nel palazzo, non usava la macchina ufficiale, viveva in un appartamento piccolo, si preparava i pasti da solo. Si muoveva in autobus e in metropolitana e andava da solo nelle villas miserias, le baraccopoli di Buenos Aires. Entrava nelle case e mangiava quello che la gente gli offrivaLe azioni e discorsi di questo papa vengono dal brodo della teologia della liberazione latino-americana.
In ciascun paese la teologia ha avuto un suo sviluppo: la teologia indigena nei paesi andini, in Brasile una teologia della liberazione contro l’offensiva dei militari e del grande capitale, la teologia della liberazione femmile, la teologia della liberazione dei neri, la teologia della liberazione degli omosessuali, delle lesbiche e di altri ancora.
Come teologi della liberazione noi ci sentiamo rappresentati nella figura, nel comportamento e nelle parole del Papa. Non è per caso che il Papa ha voluto vedere il principale rappresentante della teologia della liberazione, il peruviano Gustavo Gutierrez e che ha voluto incontrare Arturo Paoli, il rappresentante più conosciuto della teologia della liberazione. Il Papa l’ha mandato a prendere in auto nel posto dove si trovava, negli Appennini, per poter passare un pomeriggio intero con lui a parlare dei cammini della Chiesa nel mondo nella linea della liberazione dei diritti umani e della critica al sistema perverso e senza pietà del capitalismo speculativo. Così lo definisce il Papa: perverso e senza pietà.
A parte la sfida ai privilegi della parte più conservatrice della Curia, cosa è davvero cambiato, concretamente, nell’impegno della Chiesa verso i poveri, con il papato di Francesco rispetto ai due precedenti?
Il Papa ha scandalizzato i cristiani della vecchia cristianità europea che volevano un papa un po’ faraone e un po’ imperatore romano, con tutti i titoli e le abitudini pagane. Il Papa non ha più voluto usare la mozzetta, la piccola sciarpa sulle spalle coperta di broccati, simbolo del potere assoluto dell’imperatore. Ha abbandonato il palazzo pontificio, è andato a vivere in una pensione, mangia quello che mangiano gli altri e dorme in una semplice stanza d’albergo. La croce che indossa è di metallo e le scarpe sono quelle che usa il popolo, non quelle fatte da Prada. Il papà ha riscattato la tradizione del Gesù storico che viveva povero e in mezzo al popolo.
La chiesa dopo Costantino era più vicina al palazzo di Erode che alla grotta di Betlemme. Papa Francesco ha preso come esempio San Francesco d’Assisi, il frate poverello che viveva secondo il Vangelo nel messaggio liberatore del Nazareno. Questo papa rappresenta bene lo stile di molti vescovi, cardinali e sacerdoti che vivono vicini al popolo, non al di sopra del popolo , ma come dei pastori, in mezzo del popolo. Per questo ha detto che il vero sacerdote, vescovo o prete che sia, deve ”avere l’odore di gregge” .
E’ una chiamata e un’esortazione a tutti i potenti nella Chiesa, ma anche a tutti i cristiani. Ha chiesto di compiere ”la rivoluzione della tenerezza” in relazione al popolo. Questo papa inaugurerà una nuova dinastia di pontefici in arrivo dal sud del mondo, dove vive la maggior parte dei cattolici. In Europa sono solo il 24%. È ora che la Chiesa capisca che la Chiesa di oggi è una Chiesa del Terzo mondo, del Terzo mondo dove nacque.
Il Papa è un rivoluzionario o un populista?
Sta facendo una vera rivoluzione nelle abitudini e nei comportamenti della Chiesa. Populista è il discorso dei conservatori e dei difensori dei privilegi indecenti che cardinali, vescovi e Curia hanno accumulato durante tutta la storia. I comportamenti da pagani, antichi e moderni, non hanno niente a che vedere con la pratica di Gesù.Gesù era povero. Gesù non è morto vecchio, né per una disgrazia. E’ morto a causa delle sue azioni in favore degli ultimi di questo mondo, è morto per le sue prediche di liberazione, perché annunciava il regno di Dio che esiste laddove esistono l’amore, la compassione e la solidarietà per le persone sofferenti.
Cosa risponderebbe lei a un pessimista che le domandasse se, per caso, questo Francesco abbia molto poco a che vedere con Francesco d’Assisi? Sarà che il gran talento di questo papa così simpatico, sia semplicemente saper suscitare interesse con iniziative e parole di grande impatto mediatico?
Quello che ammiriamo nel Papa è la sua spontaneità e la sua capacità di inventarsi gesti di umanità, il suo coraggio di criticare il sistema capitalista speculativo che ha molto semplicemente definito ”perverso”. Abbraccia con affetto i più penalizzati, non discrimina nessuno, né musulmani né atei. Ha aperto un dialogo franco e sincero con l’ex direttore di Repubblica, Eugenio Scalfari, che si definisce ateo, con grande senso etico e preoccupato per il destino umano. Il Papa non sfugge alle questioni, dice chiaramente: non sappiamo dove andiamo, non lo so io e non lo sa il Dalai Lama, dobbiamo iniziare a costruire un cammino per salvare la vita e la nostra civiltà, che sono minacciate. Da San Francesco d’Assisi ha imparato la scelta di schierarsi con i poveri, la semplicità, la volontà di spogliarsi di tutti i titoli e delle forme di potere e anche la apertura al dialogo con chiunque. Come fece San Francesco che fu a dialogare con il Sultano durante la crociata, dopo tornò dal Papa e disse che i cristiani non avrebbero dovuto fare una crociata perché si trattava di un popolo profondamente religioso. Francesco si interessò alla teologia musulmana, cominciò a chiamare Dio nelle preghiere ”Altissimo”, secondo il linguaggio della teologia dell’Islam. Ho scritto un libro uscito per la EMI ”Francesco di Assisi e Francisco di Roma” tentando di tracciare i profili di entrambi. Scegliere di chiamarsi Francesco è più che scegliere un nome, è un nuovo progetto di Chiesa e di umanità nella linea di radicale fraternità universale, di apertura a tutti, di Chiesa con le porte sempre aperte che accoglie chiunque, protegge la natura e la Madre Terra.