Il Papa ad Assisi : “La Chiesa si spogli della mondanità”
“Basta cristiani da pasticceria”
(MARCO ANSALDO)
«Oggi qui il Signore dia a tutti noi il coraggio di spogliarci della mondanità, che è la lebbra, il cancro della società». Chissà perché Francesco è il primo Papa a entrare nella Sala della Spoliazione, al Vescovado di Assisi. Ben 19 Pontefici, in 800 anni, hanno visitato la città del Poverello, e gli ultimi due (Wojtyla e Ratzinger) complessivamente per otto volte. Ma forse non è un caso che a calarsi interamente nei gesti del santo patrono d’Italia sia un Papa come Jorge Mario Bergoglio, con il guizzo per quel nome semplice e impegnativo che si è dato, e nel cui segno ha compiuto un viaggio storico – Francesco nel cuore del francescanesimo – sei mesi dopo la sua elezione.
Sotto un quadro moderno che richiama il ben più potente Giotto della Basilica a fianco, e raffigura il santo d’Assisi nudo, spogliato di tutti i suoi averi per darli a coloro che ne erano privi – un gesto radicale e unico nella storia della Chiesa – il nuovo vescovo di Roma ha ancora una volta lasciato da parte il discorso preparato alla vigilia, e parlato a braccio. Eppure, a scorrerlo, era un testo bellissimo, valorizzato da una frase guida, quasi un monito ai media: «Sono qui non per “fare notizia”, ma per indicare che questa è la via cristiana, quella che ha percorso san Francesco ». No, Bergoglio mette da parte i fogli, toglie gli occhiali, e guarda in faccia i suoi interlocutori: «Nei giorni scorsi – comincia – si facevano fantasie: il Papa andrà lì per spogliare la Chiesa, per togliere gli abiti dei vescovi, dei cardinali, si spoglierà lui stesso». E affonda il colpo: «Senza spogliazione diventeremmo cristiani di pasticceria, dei dolci bellissimi ma non cristiani davvero».
Ci sono 130 mila persone, un clima di festa. Ma il volto di Francesco è triste per l’enorme tragedia di Lampedusa: «Oggi è un giorno di pianto – continua – non importa se c’è gente che deve fuggire dalla schiavitù, dalla fame, e vediamo che cercando la libertà con quanto dolore tante persone trovano la morte».
La mattina presto, arrivato poco dopo le 7, persino in anticipo sull’orario, Francesco ha visitato i giovani pluriminorati dell’Istituto Seraphicum: «Questi ragazzi – dice accarezzandoli – sono le piaghe di Gesù che hanno bisogno di essere ascoltate, di essere riconosciute ». Fuori dal Vescovado, con i giornalisti che gli chiedono di avvicinarsi, invece scherza: «Io? Con questa brutta faccia…». Poi li benedice: «Grazie del lavoro che fate ».
A pranzo, al centro Caritas di Santa Maria degli Angeli fa gli auguri di buon onomastico a un bambino col suo stesso nome, dopo essere stato accolto da un piccolo nordafricano che lo abbraccia e gli si incolla vicino per tutto il tempo del pasto. Nell’omelia rivolge un saluto al presidente del Consiglio Enrico Letta: «Preghiamo per la nazione italiana, perché tutti lavorino per il bene comune e perché tutti guardino a ciò che unisce più che a ciò che divide».
Nella cripta del santo, accompagnato dai frati dei quattro ordini francescani, Bergoglio si inginocchia davanti alla tomba per un momento intenso di preghiera. Nella basilica di Santa Chiara depone un semplice mazzo di rose bianche avvolte in un fascio di carta blu davanti alla cripta della sorella spirituale di san Francesco. «Insegnaci a essere strumenti di pace», invoca il Papa, chiedendo che tacciano le armi in Siria, in tutto il Medio Oriente e in Terra Santa, dove andrà in viaggio a gennaio. Poi esce. È un bagno di folla. La gente applaude. Lui esorta ognuno ad ascoltare, camminare e annunciare fino alle periferie. E invita a non fare caricature del santo: «La pace francescana non è un sentimento sdolcinato. La trova chi prende su di sé il suo giogo, cioè il suo comandamento: amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato». Seguono tre sferzate ai religiosi: basta con «queste omelie interminabili, noiose, nelle quali non si capisce niente». Alle consorelle: «A me dispiace quando trovo suore che non sono gioiose, che forse sorridono col sorriso di un’assistente di volo ma non con il sorriso della gioia che viene da dentro». E sul celibato sacerdotale: «La verginità per il Regno di Dio comporta la rinuncia a un legame coniugale e a una propria famiglia, ma alla base c’è il sì come risposta al sì totale di Cristo verso di noi». Altro passaggio di grande effetto quello sugli sposi, rivolto ai 50 mila giovani che l’aspettano, prima di concludere il viaggio con la tappa alla Porziuncola, il luogo dove il santo morì: «Litigate quanto volete, fate volare i piatti. Ma mai finire la giornata senza fare la pace e dire: scusa, ero stanco».
Le dodici lunghe ore di visita terminano quando quasi alle 8 di sera l’elicottero con le insegne s’invola verso Roma. Nella Basilica di Santa Maria degli Angeli le campane suonano e salutano Francesco, il Papa.
Da La Repubblica del 05/10/2013.