siamo in guerra con la natura…
di Emilio Molinari
L’ISIS ha dichiarato guerra all’occidente, rispondiamo senza pietà…
Eppure l’unanime grido: sono in gioco la nostra civiltà, i nostri valori, il nostro stile di vita, la nostra felicità e la nostra gioia…mi inquieta. Perché?
Perché sono convinto che siamo nel bel mezzo di una «Terza Guerra Mondiale a pezzi» di cui il terrorismo in nome di Dio è solo uno dei tanti pezzi. Che l’orrore parigino è solo una delle tante «rotture» con le quali il Pianeta ci segnala che non ci regge più… E non regge proprio il nostro stile di vita, la nostra felicità, la nostra gioia … e l’arroganza della nostra cultura.
Perché siamo in guerra con la natura, la quale proprio a Parigi, alla Cop 21 sul clima, ci presenta un conto salatissimo, tragico e ultimativo. E non sarà chiudendo la bocca agli ambientalisti in nome della sicurezza che risolveremo i problemi.
Siamo in guerra con gli emigranti che assediano le nostre frontiere.
Siamo in guerra con i beni comuni: l’acqua, la terra, l’aria, il fuoco.
Le guerre portano il segno dell’accaparramento dei combustibili fossili che scarseggiano. sono infinite e hanno provocato un milione di morti nella sola Iraq: dolore, torture e indicibili umiliazioni, inflitte a intere popolazioni dall’occidente, senza «dissociazione» alcuna da parte nostra. Ci scusiamo dopo, per gli errori commessi, mai per gli orrori e il dolore generati.
I mutamenti climatici provocano morte e dolore incalcolabili.
47 bambini ogni giorno muoiono affogati in Bangladesh, solo perché il paese va sott’acqua. E non per colpa dei poveri della terra, ma perché ogni ora il nostro mondo spara in atmosfera centinaia di milioni di tonnellate di CO2.
Siamo in guerra per l’acqua e con l’acqua e pensiamo di privatizzarla. I nostri governi e le nostre multinazionali negano l’accesso all’acqua potabile a un miliardo di persone e 5000 bambini muoiono ogni giorno per questa ragione.
Siamo, con l’accaparramento delle terre, in guerra con i contadini per prenderci le loro terre e cacciare uomini e donne che ci vivono da secoli.
La guerra agli emigranti è sotto i nostri occhi con muri, fili spinati, barche affondate e con il modo con il quale li trattiamo in occidente: sfruttati, umiliati, insultati, schiavizzati.
E siamo in guerra con i poveri delle favelas e con i poveri delle nostre stesse periferie cittadine
Ma non ci passa per la testa che al fondo c’è proprio il nostro stile di vita occidentale intoccabile e che sbandieriamo come una chimera a tutto il resto del mondo. Parliamo dei nostri valori mentre priviamo i nostri stessi cittadini europei dei diritti sociali fondamentali su cui si fondano le nostre costituzioni. Anzi, cancelliamo dalle costituzioni questi diritti e li sostituiamo con il pareggio di bilancio.
Circondati da povertà, da ingiustizia, da catastrofi ambientali, consideriamo le cose inutili indispensabili, e i nostri desideri diritti universali.
Vengono al pettine tutte le contraddizioni del «nostro sviluppo» e il mondo, come una locomotiva, corre inarrestabile verso la catastrofe, guidata da un impalpabile conduttore: il mercato, che guida la Casa comune senza «misericordia alcuna» ad una velocità infinitamente superiore alle nostre capacità di pensare.
Di pensare al dolore e all’odio che seminiamo in tutto il mondo e pensare a come rielaborare questo nostro dolore spettacolarizzato, per sentire quello ignorato, che provochiamo negli altri.
Il dolore universale è l’elemento da far emergere dai tragici fatti di Parigi.
Da decenni l’occidente genera indifferenti e conformisti. Incoscienti del grande dolore che il futuro prossimo ci riserva.
So che dire queste cose oggi con i morti di Parigi negli occhi, viene letto come tradire o giustificare l’orrore; è sottrarsi «all’arruolamento» nell’esercito occidentale.
In questo contesto, so di sottrarmi alle domande sul che fare per fermare l’ISIS, ma sento che la priorità è quella di generare un grande movimento per cambiare le coscienze e il nostro stile di vita. Sento che il Papa è l’unica autorità mondiale a parlare del «grido che sale dall’umanità e dalla Terra», Che è inascoltato.
Attaccato da destra e ignorato da una sinistra diffidente e in tutt’altre faccende affaccendata.
Attaccato da un laicismo ideologico che rischia di diventare una nuova forma di cecità che, mentre il mondo va a rotoli, sembra appassionarsi solo per i temi delle coppie gay o per l’eutanasia.
Mi è difficile come laico e di sinistra farmi capire su questo terreno.
Difficilissimo dire alla sinistra e ai laici di buona volontà, che oggi il Papa e l’Enciclica Laudato Si, sono forse l’unica chance che abbiamo. Che non è un tradimento delle nostre convinzioni «arruolarci» nelle file di un movimento che ha questo «manifesto per il XXI° secolo» come richiamo. Non piacerà se sento di dover lanciare un appello al mio mondo, laico e di sinistra.
E cioè che di fronte ai tamburi di guerra, all’imbarbarimento di quelli senza pietà e all’indifferenza dominante, occorre cogliere nel Giubileo della «misericordia» qualcosa anche di nostro, e nelle migliaia di iniziative e di mobilitazioni che determinerà, non un «fastidio». ma una occasione unica, anche nostra, di esserci, di partecipare e di mobilitazione. Un anno quello del Giubileo, in cui è doveroso costruire un ponte con i credenti, per dare vita assieme a un indispensabile grande movimento di resistenza alla Terza guerra mondiale, per la Pace con l’umanità e la natura e….per l’Egalitè e la Fraternitè sparite dai nostri «valori» laici e occidentali.