La nuova chiesa di Francesco
di Franca Giansoldati
in “Il Messaggero” del 29 settembre 2013
Dodici aprile 1207: quel giorno era segnato. Faceva freddo. Ad Assisi era tempo di mercato, un giovedì qualsiasi. Apparentemente. Perché la data avrebbe scatenato un cambiamento radicale nella Chiesa. Lo stesso cambiamento che Papa Francesco sogna di imprimere alla barca di Pietro. LA STORIA E chissà se anche nel suo cuore è rimbombato lo stesso imperativo giunto a San Francesco dal crocifisso di San Damiano: «Ripara la mia casa che cade in rovina». Quel 12 aprile messer Pietro Bernardone e il figlio Francesco, nel cortiletto del vescovado, si sfidavano l’uno di fronte all’altro, l’uno contro l’altro. La contesa era sui beni terreni, il padre che reclamava al figlio considerato pazzo la restituzione del denaro, poiché aveva venduto tutto per darlo ai poveri e girava per le viuzze della cittadina vestito di stracci, sporco e ribelle. Nel cortiletto non c’era più un posto in piedi, l’evento era rimbalzato di bocca in bocca, fino ad arrivare al Laterano, a Roma, dove risiedeva il Signor Papa. Il giovane in piedi rispondeva al genitore: «Monsignore non solo il denaro è cosa sua, ma anche il vestito che mi ha dato gli voglio allegramente restituire!». Poi svelto usciva per rientrare pochi minuti dopo nudo, con solo un cilizio, il panno ruvido dei poveri, deponendo a terra il mucchietto di vesti e dei soldi. In quel cortiletto salirono al cielo parole di scandalo: «Udite udite ed intendete. Fino ad ora ho chiamato Pietro di Bernardone mio padre, ma siccome ho fatto proposito di servire Dio, gli rendo il denaro per il quale era turbato e tutti i vestiti che ebbi da lui, così da qui innanzi potrò dire con pieno diritto: Padre nostro che sei nei cieli. E non padre Pietro Bernardone». La Storia ha registrato il vento della novità, la follia di un Santo straordinario, il potere di un gesto di rottura. IL MESSAGGIO Il 4 ottobre prossimo, festa di San Francesco, quel gesto, in quell’edificio, nella Sala della Spoliazione di Assisi, così chiamata per richiamare all’essenzialità dei beni terreni, Papa Bergoglio abbraccerà un gruppo di poveri assistiti dalla Caritas. Vuole parlare solo a loro, e attraverso loro traccerà le linee operative della sua Chiesa. Niente autorità, niente pomposità, niente orpelli. Il Vangelo nudo e crudo farà da traccia per evocare l’esempio del Santo. Significativo che in quella sala ci saranno anche gli otto cardinali reduci dalla prima riunione operativa per ridisegnare la curia. Il pellegrinaggio ad Assisi di Papa Francesco fa dire al vescovo di Perugia, Bassetti che «dal 5 ottobre la Chiesa mondiale potrebbe non essere più la stessa». LO SCENARIO Cosa bolle in pentola? «Sicuramente in questa epoca di cambiamenti Bergoglio sembra avere colto nel profondo e vuole tracciare ufficialmente la nuova rotta». Annuncerà probabilmente qualcosa a proposito dei beni della Chiesa, dell’uso distorto che ne viene fatto come hanno tristemente messo in luce gli scandali legati allo Ior e le carte legate ai Vatileaks. Abolirà forse tutti i titoli onorifici. Voci che si rincorrono. Il vescovo di Assisi, Domenico Sorrentino, l’unico che accompagnerà in tutte le tappe francescane il Papa, riflette: «Trovo tutto molto, molto significativo. Evidentemente quello che al Papa sta a cuore è che la Chiesa sia visibilmente sull’onda del Vangelo e che si esprima attraverso la Parola. Compresa la testimonianza delle strutture e degli stili ecclesiali». C’è chi si attende anche grandi annunci. «Io non sono autorizzato a immaginare niente. Posso cercare di interpretare il cuore del Papa, immaginando quello che succede anche a me ogni volta che varco la soglia della Sala della Spogliazione. Il pensiero mi porta a ciò che costituisce la fede cristiana. Un Dio amore che si spoglia per noi della sua immagine di potenza e gloria, fino ad assumere la condizione degli umili ed emarginati. Immagino cosa possa significare per un Papa che ha assunto il nome di Francesco». LE TAPPE
Bergoglio dopo l’elezione sintetizzava al mondo il suo ideale: «Sogno una Chiesa povera e per i poveri». Ogni tappa ad Assisi sarà un omaggio al Poverello, Santa Maria Maggiore dove Francesco ricevette il battesimo, San Damiano dove udì la voce che gli intimava di andare a riparare la Chiesa, il vescovado, Rivotorto dove c’era il tugurio, la prima dimora di Francesco e dei suoi compagni, fino alla cacciata da parte di un campagnolo che giunto là col suo asino reclamava il possesso di quel posto, Santa Maria degli Angeli, San Rufino, la Porziuncola, l’eremo della Carceri, l’istituto Serafico. Bergoglio no stop. Una tirata unica, dalle otto del mattino fino alle otto di sera, senza fermarsi un attimo, rinunciando persino al riposino dopo pranzo per un attimo di contemplazione all’eremo. Prima il pranzo coi poveri e il vescovo di Assisi. Solo loro, alla Caritas. Ha rifiutato di pranzare al Sacro Convento nel refettorio con le autorità, sindaci, presidenti, ministri; fosse stato per lui ne avrebbe fatto a meno, ma i frati hanno insistito tanto. Il segnale di Bergoglio anche diretto ai frati è improntato alla sobrietà, al non consegnarsi al business del turismo, a mantenere saldi i principi essenziali. È il San Francesco, descritto da Dante, che prende forma: «e del suo grembo l’anima preclara mover si volle, tornando al suo regno, e al suo corpo non volle altra bara».