prudenza non è chiusura precauzionale
di Dominique Greiner
in “La Croix” del 3 novembre 2016
L’afflusso dei rifugiati provenienti dall’Iraq e dalla Siria non è una minaccia per la cultura cristiana del continente europeo? La risposta di papa Francesco alla domanda che gli è stata rivolta durante la conferenza stampa nel volo che lo riportava a Roma martedì pomeriggio, fa dei distinguo e merita di essere letta integralmente. Ha riaffermato la necessità di mantenere la distinzione tra rifugiati e migranti, ha ridetto che l’emigrazione è un diritto, ma un “diritto che deve essere regolato”, e ha ricordato che “l’Europa si è fatta di migrazioni”, con un’integrazione permanente di molte culture. “Credo che in teoria non si possa chiudere il cuore a un rifugiato. Ma c’è anche la prudenza dei governanti, che devono essere molto aperti a riceverli ma anche a fare il calcolo di come poterli sistemare, perché non solo un rifugiato lo si deve ricevere, ma lo si deve integrare», ha proseguito il papa. Affermazioni che sono state subito interpretate da alcuni come un’inflessione salutare di una posizione giudicata fino ad ora poco realistica e perfino ingenua. Ma sulle labbra di papa Francesco, prudenza non è sinonimo di chiusura precauzionale… Il governo prudente non è quello che decide di chiudere le frontiere, per paura, per egoismo, per convenienza, senza considerazione per le persone, ma quello che sa unire, da un lato, “rettitudine e severità” e dall’altro “bontà e dolcezza”, e soprattutto è quello che “calcola”, cioè accetta di guardare al di là del presente immediato per preparare il futuro. La prudenza non è una virtù che si può invocare per giustificare il ripiegamento in se stessi. È un principio di azione esigente.