colpevole di essere rom: da Nashville a Roma
due tragedie: due misure
le tragedie sono tragedie, ma se capitano a dei rom sembra che valgano il doppio e da leggere con una severità discriminante:
Una settimana fa a Nashville, capitale del Tennessee, Stati Uniti, un bambino di tre anni ha trovato una pistola automatica in casa e ha sparato al fratellino di 18 mesi. Il piccolo, colpito alla testa, è morto sul colpo. Si è trattato di una tragedia. L’ennesima tragedia, negli Stati Uniti, legata alla diffusione delle armi.
Qualche giorno fa, in un campo rom nella periferia di Roma, un bimbo ha trovato un coltello e ha ferito gravemente la sua amichetta poco più grande. Le condizioni della piccola restano gravi ma nelle ultime ore sono stati segnalati dei miglioramenti.
Stesse dinamiche, da Nashville a Roma – con conseguenze differenti, per fortuna. Una tragedia a Nashville, una tragedia – sfiorata – a Roma. Eppure, di fronte a quanto accaduto nel campo rom nella Capitale, in molti, soprattutto sul web, non si sono soffermati sull’aspetto tragico della vicenda ma hanno automaticamente collegato la tragedia alla caratteristica di essere rom della piccola.
Gli utenti del web, nei loro commenti sui siti e social network di riviste e quotidiani on line, non si sono lasciati scappare l’occasione di sputare odio, rabbia, ferocia, cattiveria su un’intera comunità, un intero gruppo di persone. La tragedia che vede un bambino ferire gravemente la sua amichetta con un coltello diventa colpa e responsabilità da addossare “ai rom”, “agli zingari”. Un buon motivo in più per gridar loro contro e auspicarne la cacciata dall’Italia.
«Dovrebbero togliere i figli a sta gente che non li merita!!!!».
«Sempre con questo immaginario del bambino innocente. .il bambino è solo il “prima” dell adulto, e non sempre la precoce età ti rende immacolato.. io la morte non la auguro a nessuno, ma riguardo i rom, sono estremamente razzista».
La bambina è colpevole di essere rom, dunque. E commentare la notizia diventa pretesto per esternare odio e rancore. E addirittura augurarsi la morte della bambina rom.
«Fosse per me…una in meno», recita uno dei commenti, e non è di certo il solo.
Tutto ciò fa riflettere ulteriormente sul livello di antiziganismo – l’intolleranza nei confronti di persone rom e sinte – presente nel nostro Paese.
L’Italia, secondo un rapporto dell’autorevole istituto di ricerca americano PeW Research Center, si pone al primo posto tra i Paesi europei per livello di antiziganismo. L’85% degli intervistati ha espresso una opinione indistintamente negativa verso rom e sinti, contro il 66% in Francia e il 41 % in Spagna, Paesi peraltro in cui i rom sono ben più numerosi che da noi (solamente in Spagna, ad esempio, vivono 800 mila rom).
Nel nostro Paese, poi, si registra più di un caso al giorno di incitamento all’odio e alla discriminazione verso rom e sinti, nella gran parte dei casi riconducibile a frasi e dichiarazioni di esponenti politici. I dati, va da sé, non tengono conto di commenti e esternazioni degli utenti del web, che farebbero schizzare alle stelle questi numeri.
Lo scorso gennaio, in occasione della Giornata della Memoria – giorno in cui si ricordano tutte le vittime delle persecuzioni nazi-fasciste, tra cui oltre 500 mila rom e sinti sterminati nei campi di concentramento – l’Associazione 21 luglio ha presentato il rapporto “Vietato l’ingresso”, curato dal ricercatore Roberto Mazzoli.
La pubblicazione – che si apre con l’analisi dell’episodio del cartello recante la scritta “È severamente vietato l’ingresso agli Zingari”, comparso sulla vetrina di un esercizio commerciale di Roma nel marzo 2014 – ha messo a confronto, attraverso il dialogo, la comunità rom e la comunità ebraica a Roma, due comunità entrambe vittime, nel corso della storia, di discriminazioni, violenza e razzismo. Analizzando e riflettendo sugli stereotipi e i pregiudizi negativi che attanagliano, oggi più di ieri, rom e sinti in Italia.
Sono pregiudizi che continuano a dipingere i rom come autori di azioni illegali e criminali, quando in realtà manca quella sfera che porta in luce realtà totalmente diverse. In Italia ci sono circa 180.000 rom e sinti, di cui tre quarti vivono una vita come quella di qualsiasi cittadino, hanno un lavoro e studiano.
Invece un quarto vive nei ‘campi’ ed è di loro che si parla esclusivamente senza approfondire le cause del disagio all’interno di questi campi, che come ha portato alla luce l’inchiesta ‘Mafia capitale’ sono luoghi di segregazione sui quali ci sono anche interessi economici.
Tutto questo si trasforma in pregiudizio negativo. Tutto questo – unito al fatto che il 99% dei commenti negativi nei confronti di rom e sinti viene da chi un rom o un sinto non l’ha mai conosciuto in vita sua (già, perché l’incontro e il dialogo i pregiudizi li sciolgono come neve al sole) – si trasforma nell’augurar la morte a quella bimba rom in quel campo alla periferia della Capitale.
Mentre a Nashville è avvenuta una tragedia…