proponiamo qui di seguito la lettera aperta che un gruppo di donne cattoliche di Parma, “Le Sante Lucie”, ha deciso di inviare ai/alle responsabili di associazioni e movimenti cattolici della diocesi sul tema della cosiddetta “ideologia gender”
“Ci siamo trovate la prima volta nel 2013 per rispondere alle domande del Questionario in vista del Sinodo; era il 13 dicembre, e da qui è nato il nome del gruppo. In questi mesi – spiegano ai destinatari della loro missiva – ci siamo confrontate sui temi del genere a partire dalle nostre diverse prospettive e competenze, e abbiamo sentito la necessità di condividere con voi alcune riflessioni”.
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Ai/alle responsabili di associazioni e movimenti cattolici della diocesi di Parma
Ci rivolgiamo a voi, condividendo la stessa fede e il medesimo desiderio di essere al servizio della società umana, per esprimere la nostra preoccupazione riguardo ai metodi e ai toni che ha assunto il dibattito sulla questione della cosiddetta “ideologia gender”.
Quotidiani e periodici cattolici, membri della gerarchia ecclesiastica, laici e religiosi appaiono impegnati in una battaglia contro un “terribile nemico” che sarebbe appunto l’ideologia gender sostenuta da potenti lobby. Non intendiamo entrare in questa sede nel merito delle tante e diversissime questioni che vengono sollevate sull’argomento. Ci interessa qui soprattutto osservare che il metodo e il linguaggio usati in questa “battaglia” non ci trovano d’accordo per diversi motivi.
1. La logica “amico/nemico” sta alla base della violenza e noi la rifiutiamo decisamente. Crediamo che si possa esprimere il più netto dissenso sulle idee senza per questo demonizzare o descrivere in modo caricaturale chi le sostiene, e che si debbano riferire correttamente le posizioni a cui ci si oppone: un’attenzione spesso disattesa in molti interventi che abbiamo letto e ascoltato in questi mesi.
2. Abbiamo notato che molto spesso si confondono i piani al punto che non si capisce più di che cosa si sta discutendo: un conto è discutere del ddl “Scalfarotto” il cui intento dichiarato è combattere le discriminazioni contro le persone omosessuali, o del ddl “Cirinnà”, altro è discutere del gender in filosofia, altro ancora ragionare di gender studies; un conto è parlare degli “Standard dell’OMS per l’Educazione Sessuale in Europa”, altro è confrontarsi con chi ritiene che sia rovinoso per la famiglia mettere in discussione i tradizionali ruoli maschili e femminili e impegnarsi nella decostruzione degli stereotipi.
3. Abbiamo notato anche che spesso si evocano documenti normativi – additandoli come pericolosi – senza citarli in modo corretto, a volte addirittura falsificandoli, a volte estrapolando le frasi dal loro contesto. Basti qui pensare, oltre alla campagna contro i già citati Standard OMS, alle polemiche prima sul ddl “Fedeli” e ora sul comma 16 dell’art. 1 della legge 107 del 13 luglio 2015 (“Buona scuola”), che non ha altra finalità se non quella di promuovere il principio di pari opportunità e di prevenire e contrastare ogni forma di discriminazione e di violenza basata sul sesso e sull’orientamento sessuale: si tratta di un’applicazione degli art. 3 e 51 della Costituzione e quindi stupiscono la contrarietà con cui è stato accolto e le interpretazioni distorte di cui è stato oggetto.
4. Osserviamo infine che riguardo a tutti i temi che vengono evocati quando si parla di “ideologia gender” ci sono – crediamo legittimamente – pareri diversi tra persone e gruppi che pure hanno la stessa fede cattolica, sia nel merito che nel metodo individuato per intervenire nel dibattito in corso nella società civile. Le posizioni e i linguaggi espressi nella manifestazione svoltasi il 20 giugno a Roma, per esempio, non erano rappresentativi dell’intero mondo cattolico, e diverse associazioni ecclesiali hanno deciso di non prendervi parte. Tuttavia, anche al netto di una certa malafede per esigenze di “audience”, qualcosa nella comunicazione di questo pluralismo non deve aver funzionato, se i mass media hanno spesso sintetizzato, e continuano a farlo, con titoli come “Cattolici in piazza contro…”.
Facciamo quindi appello a voi in quanto responsabili di associazioni e movimenti cattolici della Chiesa di Parma, di cui ci sentiamo parte viva, affinché la ricerca e l’impegno su questi temi si sviluppino nel rispetto del pluralismo intra-ecclesiale e basandosi su un’informazione ampia, corretta e verificata. In mancanza di questo ci pare che sia molto difficile, sia all’interno della Chiesa che nel rapporto con altri soggetti culturali e religiosi, istruire un confronto e un dialogo che assumano la complessità e siano realmente ponderati e costruttivi.
Parma, 16 luglio 2015
Stefania Berghenti
Margherita Campanini
Sara Chierici
Monica Cocconi
Maria Silvia Donati
Emanuela Giuffredi
Daria Jacopozzi
Angela Malandri
Carla Mantelli
Maria Pia Mantelli
Stefania Mazzocchi
Maria Michiara
Viviana Muller
Antonella Paolillo
Eleonora Torti
Rita Torti
Simona Verderi