CHE SIA INNALZATO IL FIGLIO DELL’UOMO
Commento al Vangelo della ESALTAZIONE DELLA CROCE (14 settembre 2014, domenica ventiquattresima del tempo ordinario) di p. Alberto Maggi
Gv 3,13-17
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.»
Nel dialogo con il fariseo Nicodemo, capo dei Giudei, Gesù si rifà ad un episodio conosciuto della storia di Israele contenuto nel Libro dei Numeri.
Al capitolo 3, versetto 14 l’evangelista scrive: “«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto»”; i serpenti erano stati inviati da Dio per castigare il popolo secondo lo schema classico di “castigo-salvezza/perdono”. In Gesù invece c’è soltanto salvezza.
“«Così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo»”, Gesù si riferisce alla sua futura morte in croce e parla del Figlio dell’uomo, cioè l’uomo che ha la pienezza della condizione divina.
“«Perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna»” – credere nel Figlio dell’uomo significa aspirare alla pienezza umana che risplende in questo figlio dell’uomo.
Per la prima volta appare in questo vangelo un tema molto caro all’evangelista, cioè quello della vita eterna. La vita eterna non è, come insegnavano i farisei, un premio futuro per la buona condotta tenuta nel presente, ma una qualità di vita già nel presente. E si chiama “eterna” non tanto per la durata senza fine, ma per la qualità indistruttibile.
E questa vita eterna non si avrà in futuro, ma si ha già. Chiunque da adesione a Gesù, quindi aspira alla pienezza umana che risplende in Gesù.
“«Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito»”, il Dio di Gesù non è un Dio che chiede, ma un Dio che offre, che arriva addirittura a offrire se stesso. “«Perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna»”.
La vita eterna non si ottiene, come insegnavano i farisei, osservando la legge, cioè un codice esterno all’uomo, ma dando adesione al Figlio dell’uomo. E Gesù appare qui come il dono dell’amore di Dio per l’umanità. Dio è amore che desidera manifestarsi e comunicare. E Gesù è la massima espressione di questa manifestazione e comunicazione di Dio. “«Dio infatti non ha mai mandato il Figlio nel mondo per condannare»”, anche se il verbo qui non è condannare, ma “«giudicare il mondo»”.
Di nuovo qui Gesù sta parlando con un fariseo, demolisce le attese di un messia giudice del popolo. Quindi il Figlio non è venuto per giudicare il mondo, “«ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui»”. Dio è amore e in lui non c’è né giudizio né condanna, ma c’è soltanto offerta di vita.