si possono opporre migranti economici e rifugiati?
intervista a Jean-François Dubost*
“La questione delle migrazioni è complessa e non è compatibile con l’approccio binario che distingue migranti economici e rifugiati. Soprattutto se tale approccio mira ad opporre gli uni agli altri, mentre tutti hanno diritti e devono essere protetti”
C’è un solo caso in cui è facile fare una distinzione tra migranti economici e rifugiati, è la situazione di guerra. È evidente che persone siriane, eritree o originarie del Sudan hanno bisogno di essere protette nel quadro del diritto d’asilo e di beneficiare così dello statuto di rifugiato. Invece, è completamente falso dire, come si è sentito in questi ultimi anni, che tutti coloro che non vengono da paesi in guerra sono migranti economici. La distinzione non è così semplice. Anche in uno Stato a priori sicuro, se la persona migrante ha subito persecuzioni a titolo personale, ha diritto allo statuto di rifugiato. Facciamo l’esempio di una persona che viene dal Senegal e che vi è perseguitata per la sua omosessualità. Certo, il Senegal non è un paese in guerra. Ma questo migrante ha diritto ad essere riconosciuto rifugiato in Francia. Il pericolo maggiore sarebbe quindi quello di fare una scelta in base alla nazionalità, non sarebbe pertinente. Del resto, è difficile distinguere un solo motivo di migrazione quando, nella realtà, le motivazioni sono spesso molteplici. Oggi molte persone lasciano i loro paesi per il doppio motivo del mancato rispetto dei loro diritti e per problemi economici. Alcuni possono anche esser partiti solo per motivi economici, ma è possibile che al loro arrivo in Francia la situazione nel loro paese sia cambiata e impedisca il loro ritorno. È quindi difficile stabilire delle categorie valide una volta per tutte e identiche per un numero elevato di persone. Infine, occorre sottolineare che certe situazioni sono molto complesse. È il caso di persone i cui diritti economici e sociali sono stati lesi, che hanno subito ad esempio la mancanza di accesso alle cure, all’alimentazione o all’acqua corrente. Di primo acchito, si potrebbe ritenere che la loro situazione non rientri nel quadro dello statuto di rifugiato e che rientri in quella che i politici chiamano “migrazione economica”. Ma alcune persone sono di fatto trascurate dai poteri centrali dei loro paesi a causa della loro origine o delle loro opinioni politiche. Se i fatti sono chiariti, queste persone potrebbero quindi essere protette e considerate come rifugiati. Può essere il caso dei Rom venuti dal Kosovo, colpiti da una politica discriminante nel loro Stato. La questione delle migrazioni è quindi complessa e non è compatibile con l’approccio binario che distingue migranti economici e rifugiati. Soprattutto se tale approccio mira ad opporre gli uni agli altri, mentre tutti hanno diritti riconosciuti e devono essere protetti.
* giurista, responsabile del programma Protezione delle popolazioni a Amnesty International France