p. Maggi commenta il vangelo
ANDO’, SI LAVO’ E TORNO’ CHE CI VEDEVA
commento al Vangelo della quarta domenica di quaresima (30 marzo 2014)di p. Alberto Maggi
Gv 9,1-41
In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».
Le autorità religiose che pretendono di essere la luce del popolo, le guide dei ciechi – come amavano farsi chiamare – in realtà sono esse stesse accecate dalla propria dottrina che impedisce loro di vedere le azioni del Dio creatore. E’ quanto formula il capitolo 9 del vangelo di Giovanni. In questo episodio Gesù restituisce la vista a un cieco nato, mandandolo alla piscina di Siloe. E l’evangelista specifica cosa significa “l’inviato”, che è Gesù stesso. Quindi Gesù, che si è definito “luce del mondo”, invita quest’individuo, che mai ha saputo cosa fosse la luce, ad andargli incontro. “Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva”. E qui cominciano i guai. Da miracolato, l’individuo si trova subito ad essere imputato. Anzitutto c’è la meraviglia dei vicini, di quelli che lo avevano visto prima, che era mendicante, che non lo riconoscono. E’ strano. Come fanno a non riconoscerlo? In fondo gli è solo tornata la luce agli occhi, non è che ha cambiato fisionomia. E’ che quando si incontra Gesù, e il suo messaggio restituisce dignità e libertà alle persone, si è quelli di prima, ma si è anche una persona completamente nuova. E’ questo il motivo per cui non riconoscono il cieco nato. E, di fronte alla disputa su “è lui o non è lui”, l’ex-cieco dice “«Io sono»”. E’ lo stesso modo con il quale Gesù rivendica la condizione divina. Quando si incontra Gesù, la condizione divina di Gesù è comunicata anche a quanti lo accolgono. Come aveva detto Giovanni nel su prologo “A quanti lo hanno accolto ha dato la capacità di diventare figli di Dio”. Ebbene, incomincia qui il problema per questo ex cieco. Per la prima volta, e ben sette volte – è questo il tema conduttore del brano – gli chiederanno come gli siano stati aperti gli occhi. Per comprendere questa domanda che cadenzerà tutto l’episodio per ben sette volte, bisogna ricordare che “aprire gli occhi” era immagine di una liberazione dall’oppressione, e sarebbe stato il compito del messia. Incapaci di avere un’opinione propria, che non fosse quella emanata dalle autorità e dai capi spirituali, conducono questo ex cieco dai farisei, i leader spirituali del popolo. Perché? Perché era sabato. Per la seconda volta Gesù guarisce qualcuno in un giorno in cui era proibito non solo curare gli ammalati, ma anche visitarli. Il sabato – lo sappiamo – era il comandamento più importante, quello che Dio stesso osservava. Quindi sono incapaci di giudicare questo avvenimento perché c’è indubbiamente un aspetto positivo, però c’è la trasgressione del comandamento più importante. Allora anche i farisei chiedono come quest’uomo abbia recuperato la vista. Non c’è nessuna allegria, nessun rallegramento rispetto al fatto che quest’uomo, cieco dalla nascita, avesse recuperato la vista. Ma vogliono sapere soltanto il come. E, abituati sempre a giudicare tutti e tutto con la legge in mano, che è l’unico loro criterio di giudizio, “alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo»”, cioè Gesù, “«non viene da Dio perché non osserva il sabato»”. L’unico criterio di giudizio per i farisei è l’osservanza della legge, non il bene dell’uomo. Per Gesù, invece, il criterio di giudizio è il bene dell’uomo. Chi giudica in base alla legge, alla dottrina, a un codice, è chiaro e sostiene che Gesù non viene da Dio. Altri chiedevano come potesse un peccatore operare questi segni. “Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu che cosa dici»”. Incapaci di dare una risposta, vogliono che se la dia l’ex cieco, “«dal momento che ti ha aperto gli occhi»”, è questo che li preoccupa. Li preoccupa che l’uomo abbia aperto gli occhi perché l’istituzione religiosa può dominare le persone fintanto che il popolo è cieco, ma quando apre gli occhi e vede il volto di Dio e la dignità alla quale lo chiama, i primi a farne le spese sono quelli che presumono di essere rappresentanti di questo Dio e in realtà sono soltanto la tenebra che ostacola questa luce del mondo. Ebbene lui risponde: “«Viene da Dio». Mentre i farisei erano sicuri dicendo “Quest’uomo non viene da Dio”, il cieco – colui che era cieco vede invece coloro che vedevano sono ciechi – dice: “«E’ un profeta», cioè viene da Dio. Allora entrano in campo i giudei. Con questo termine l’evangelista indica i capi religiosi del popolo; ebbene, per difendere la loro dottrina, questi negano l’evidenza. “Non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse riacquistato la vista”. Per difendere la loro teologia, per difendere la loro dottrina, per difendere la legge, negano la vita,
negano l’evidenza, negano la vita. E intimidiscono i genitori dell’ex cieco e li interrogano. E’ un interrogatorio molto pesante, facendo intuire che sono degli imbroglioni e fanno due domande: “«E’ questo il vostro figlio »”, quindi insinuano il dubbio che non fosse il loro figlio, “«che voi dite essere nato cieco? Quindi sono due domande. “E’ vostro figlio?” e “E’ nato cieco? Come mai ora ci vede?” I genitori rispondono che è loro figlio, è nato cieco, e non sanno come abbia aperto gli occhi e dicono “ «Chiedetelo a lui, ha l’età»”. Significa che è maggiorenne, è maggiore di tredici anni. E l’evangelista annota che dissero questo per paura delle autorità religiose perché avevano già deciso che, chiunque avesse riconosciuto Gesù come il messia, il Cristo, sarebbe stato espulso dalla sinagoga, cioè la morte civile. Con gli espulsi dalla sinagoga, considerati degli appestati, bisognava tenere una distanza di almeno due metri di sicurezza. Non contenti, “chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Dà gloria a Dio»”, espressione che significa “confessa, riconosci, sii sincero, anche magari a tue spese”. Ed ecco allora la sentenza: “«Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore»” Quindi il giudizio delle autorità deve essere più valido dell’esperienza dell’individuo. Per le autorità il popolo non può avere una propria opinione che non sia quella da loro emanata. Ebbene la risposta dell’ex cieco è ricca di humor. Dice: “Io non entro in questioni teologiche che non è mia la competenza” … “«Se sia un peccatore non lo so»”, quindi non entra in questioni dottrinali, lui parla della propria esperienza, “«Una cosa so: ero cieco e ora ci vedo»”, voi direte che quest’uomo è un peccatore, voi forse volete insinuare che per me sarebbe stato meglio rimanere cieco piuttosto che recuperare la vista da un peccatore, ma la mia esperienza è positiva: prima ero cieco e adesso ci vedo. L’evangelista sta dicendo che non la dottrina, ma l’esperienza dell’individuo è quella che ha la meglio. E’ il primato della propria coscienza sulla dottrina. La dottrina può dire quello che vuole, che la tua esperienza è negativa, che sei in peccato, ma se la tua vita ti dice che questo è positivo, se questo ti dà e comunica vita, questo è quello che conta. Quindi l’ex cieco ridicolizza l’atteggiamento di queste autorità. Dice “se sia un peccatore non lo so, ma so una cosa: ch ero cieco e ora ci vedo”. Ed ecco allora di nuovo l’insistenza della domanda: “«Come ti ha aperto gli occhi? »” Questo vogliono sapere, come ha fatto ad aprirgli gli occhi. E, con fine umorismo, il cieco dice: “«Ve l’ho già detto e non avete ascoltato .. Volete forse anche voi diventare suoi discepoli?»” Non l’avesse mai detto, “Lo insultarono”. Quando le autorità non sanno come rispondere, passano all’insulto. “E dissero: «Suo discepolo sei tu!Noi siamo discepoli di Mosè!»” Loro non seguono un vivente, ma venerano un morto. “«Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio, ma costui …»”, è interessante che nei vangeli le autorità religiose, i Giudei, i capi, quando si rivolgono a Gesù, o parlano di Gesù, evitano sempre di nominare il nome, e usano un termine dispregiativo “Costui”. “ «Costui non sappiamo di dove sia»”. Non conoscono Gesù perché non conoscono Dio, non conoscono il Padre amante della vita. I difensori del Dio legislatore non possono comprendere le azioni del creatore che non si manifestano nella dottrina, ma nella vita. “Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: voi non sapete di dove sia eppure mi ha aperto gli occhi ”. Per la sesta volta notiamo l’insistenza di questo aprire gli occhi che il filo conduttore di tutto questo brano, e l’ex cieco, che è un mendicante, con il buon senso, ridicolizza le acrobazie teologiche dei capi. Tutti si rendono conto che c’è un intervento divino, meno le autorità. E con il buon senso replica, “«Da che mondo è mondo non si è mai sentito che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla »”. E’ una cosa elementare. E’ una cosa talmente chiara … Come fanno le autorità a non comprendere questo? La dottrina li ha accecati. Per loro, quello che interessa èi l bene della dottrina, quindi la difesa della loro istituzione, e non il bene dell’uomo. A loro il bene dell’uomo non interessa. Non desiderando apprendere, ma soltanto insegnare, gli replicano con violenza “«Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?» All’inizio del brano c’era la domanda dei discepoli se avesse peccato questo ragazzo o i suoi genitori per il fatto di essere cieco. La cecità era considerata una maledizione perché impediva lo studio della legge. Ebbene, i Giudei, i capi, non hanno dubbi. E’ nato nei peccati; l’uomo deve tornare cieco per dare loro ragione. “E lo cacciarono fuori”, cioè l’espulsione dalla sinagoga. Ma non è un gran danno: cacciato dalla religione, trova la fede. Infatti, cacciato dalla sinagoga, Gesù lo cerca e lo trova. I capi religiosi che scomunicano, in realtà sono loro i veri scomunicati.