per l’ONU l’Italia discrimina i rom
ora lo dice anche l’Onu
‘le comunità rom in Italia sono discriminate’
Carlo Stasolla
Presidente Associazione 21 luglio
Gli Stati che hanno sottoscritto la Convenzione, 177 tra i quali l’Italia, si sono infatti formalmente impegnati a perseguire con tutti i mezzi adeguati una politica nazionale tesa a eliminare ogni forma di discriminazione fondata sull’etnia e, come organismo di sorveglianza, le Nazioni unite hanno creato il Cerd, il Comitato per l’eliminazione della discriminazione razziale (Committee on the elimination of racial discrimination) che da quasi 40 anni vigila sull’osservanza della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale.
Periodicamente gli Stati firmatari devono rendere conto ai loro cittadini e all’opinione pubblica mondiale in merito alla concretizzazione, all’interno del proprio Paese, dei valori fondamentali della Convenzione e sottoporsi a un esame critico. Ogni Stato è tenuto a presentare rapporti all’interno dei quali dettagliare i provvedimenti legislativi, giudiziari, amministrativi presi illustrando la situazione del Paese in materia di discriminazione. Il Comitato esamina periodicamente i rapporti presentati accogliendo anche i “rapporti ombra” di organizzazioni indipendenti che spesso presentano quadri e descrivono scenari sensibilmente difformi da quelli illustrati dai governi nazionali.
Quest’anno è stata la volta dell’Italia e il Comitato, riguardo la cosiddetta “questione rom” non ha fatto sconti, recependo buona parte delle informazioni inviate dalle diverse organizzazioni, in primis quelle di Associazione 21 luglio.
Le preoccupazioni del Comitato investono tre ambiti fondamentali: la pratica degli sgomberi forzati che ha un impatto particolarmente negativo sulla continuità scolastica dei bambini; il fatto che molte comunità rom continuino a vivere in baraccopoli segreganti e in spazi abitativi distanti dai servizi essenziali e al di sotto degli standard; la volontà espressa da alcune amministrazioni locali interessate a progettare e creare nuovi insediamenti per soli rom.
Non è una novità che gli sgomberi forzati registrati negli ultimi tre anni nelle città di Milano e Roma – azioni di “bonifica” preparatorie ai grandi eventi di Expo e del Giubileo della Misericordia – abbiano raggiunto, per intensità e modalità operative gli stessi picchi segnalati durante il triennio della cosiddetta “emergenza nomadi”.
Non lo è neanche che in Italia siano almeno 20.000 i rom presenti negli insediamenti istituzionali, realizzati e gestiti con denaro pubblico. Stupisce invece come, anche dopo le inchieste di Mafia Capitale, alcune città, prima fra tutte la Capitale, continuino a perseverare nella costruzione di nuovi ghetti etnici (chiamati nelle forme più bucoliche e soft), ormai certificati come “buchi neri” dove le risorse economiche, così come i diritti fondamentali, vengono inghiottiti nella vergognosa macchina messa su dalle amministrazioni.
Ma il Cerd non si limita a formulare preoccupazioni. Questa volta va oltre indicando precise linee guida alle quali il governo italiano dovrà dare conto fra 12 mesi: fermare subito gli sgomberi forzati, arrestare ogni costruzione di nuovi “campi per soli rom”, assicurare ai minori rom un’istruzione di qualità e un’accessibilità all’istituzione scolastica, rivitalizzare la Strategia nazionale per l’inclusione dei rom.
La strada è tracciata. Si tratta solo di seguirla. Del resto si sa, volenti o nolenti il trattamento che le istituzioni riservano alle comunità rom in condizione di povertà, rappresenta – insieme ad altri – il termometro che misura il nostro livello di democrazia e civiltà.