perché ho bisogno di pregare?

prego

«Se metti su un piatto della bilancia i frutti del combattimento e delle pratiche spirituali e nell’altro il silenzio, vedrai che questo sarà più pesante di tutto il resto»

Isacco di Ninive

da ‘Altranarrazione’

Prego. Affievolisco le voci psicologiche, recriminatorie e quelle che attivano o ricordano doveri ed impegni.

Prego. Considero il silenzio interiore più importante di tutte le soluzioni preparate dalla ragione. Creo lo spazio necessario per accogliere Qualcuno, altro-da-me. Desidero ascoltare una Parola capace di guarirmi.

Prego. Attendo, ma senza aspettative. Non ho visioni, illuminazioni né particolari sensazioni. Mi è sufficiente una Presenza non rilevabile ma gradita. Familiare e sconosciuta allo stesso tempo. Che lascia un Bene, ma non so spiegare, nemmeno a me stesso, in che modo.

Prego. L’anima intuisce e riconosce ciò che cercava. Può smettere finalmente per un attimo di camminare e di sanguinare. Trova un’oasi in cui ristorarsi prima di affrontare l’abituale deserto. Recupera le forze e il senso di un pellegrinaggio pieno di insidie ed amarezze.

Prego. Vedo il dolore dei poveri e degli oppressi. Mi fermo non voglio proseguire oltre. Mi immagino l’angoscia di Dio e sento una contrazione nelle viscere. Mi riguarda, mi coinvolge, non sono più lo stesso. Sento che è giusto così. Mi ritrovo guarito dal mio quotidiano egoismo, liberato dal laccio quotidiano dell’autoreferenzialità, tratto dall’abisso quotidiano in cui cado.

Prego. E spero tutto dalla sua Misericordia, nulla dai miei adempimenti.
Prego. E Lui ogni volta mi ri-crea.

 

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