ritorno del razzismo sulla stampa?
Hate speech
razzismo a mezzo stampa
‘hate speech’: alla lettera ‘discorso d’odio’ o ‘incitamento al razzismo’ veicolato in abbondanza anche da noi da giornalisti ,politici, mass media: rom e sinti sono tra le prime vittime del cosiddetto “hate speech”: a volte, si ha persino l’impressione che una dichiarazione razzista, inaccettabile in altri contesti e per altri destinatari, sia considerata “normale”, o almeno “comprensibile”, se riferita ai cosiddetti “zingari”:
a seguire, una bella puntualizzazione di S. Bontempelli:
Nei paesi anglosassoni lo chiamano “hate speech”, che letteralmente significa “discorso d’odio”. Dalle nostre parti si parla di “incitamento al razzismo”. È l’insieme dei discorsi pubblici – di solito veicolati da giornalisti, mass-media e politici – che incoraggiano, sostengono, alimentano e producono il disprezzo nei confronti di rom, migranti e minoranze. E che qualche volta legittimano violenze e discriminazioni.
Rom e sinti sono tra le prime vittime del cosiddetto “hate speech”: a volte, si ha persino l’impressione che una dichiarazione razzista, inaccettabile in altri contesti e per altri destinatari, sia considerata “normale”, o almeno “comprensibile”, se riferita ai cosiddetti “zingari”. Non a caso molti attivisti e studiosi – ad esempio Lorenzo Guadagnucci, Moni Ovadia e Leonardo Piasere – invitano i loro lettori a sostituire la parola “ebreo” alla parola “zingaro”, per capire meglio il senso di certe dichiarazioni di politici e giornalisti.
«Pensiamo», dice ad esempio l’antropologo Leonardo Piasere, «all’effetto che farebbe sentir parlare del “Piano ebrei” o del “Centro di Raccolta degli ebrei della capitale”». Probabilmente la cosa ci farebbe – giustamente – accapponare la pelle. Eppure, a Roma si è elaborato un “piano nomadi”, e si è pensato di allestire “centri di raccolta” o “villaggi attrezzati” dove confinare i rom: e nessuno (o quasi) ha avuto nulla da ridire.
In alcune città i Sindaci lamentano «numeri eccessivi di presenze rom», e propongono una «equa ripartizione del carico tra territori diversi». Pensiamo, di nuovo, all’effetto che farebbe sentir parlare di «eccessivo numero di ebrei», e della necessità di «redistribuirli», in modo che nessuna città debba sopportare «il peso di troppi ebrei»… Roba da ventennio mussoliniano…
Sguardi americani
In questi giorni un sito web statunitense – Global Post – ha pubblicato una piccola «rassegna dell’orrore»: una carrellata di dichiarazioni di parlamentari e leader politici di tutta Europa a proposito di rom e sinti. Il titolo è un po’ involuto, ma ha il pregio di essere esplicito: «14 cose incredibilmente razziste che i politici europei hanno detto sui rom».
Scorrere questa “galleria” è istruttivo. E ci aiuta a sfatare qualche mito. Ad esempio, le dichiarazioni razziste non sono appannaggio dei soli leader di destra, o di centro-destra. Manuel Valls, giusto per dirne uno, è il Ministro degli Interni francese, fa parte di un governo a guida socialista, ed è orgogliosamente “di sinistra”. Ma la sua dichiarazione del 25 settembre scorso non è esattamente un esempio di “spirito di tolleranza”: «La maggior parte [dei Rom] dovrebbe essere allontanata dalla Francia. Noi non siamo qui per accogliere queste persone. Vorrei ricordare quel che disse Michel Rocard [ex premier socialista, ndr.]: “Non è compito della Francia risolvere il problema della miseria di tutto il mondo”».
Global Post, peraltro, fa notare maliziosamente come Valls sia «nato a Barcellona da genitori immigrati spagnoli». Viene da chiedersi cosa avrebbe detto il citato Michel Rocard sulla mamma e sul papà dell’attuale Ministro…
Il ritorno del razzismo
La carrellata proposta dal sito statunitense ci aiuta a sfatare un altro mito: quello secondo cui molte dichiarazioni “ostili” di politici e giornalisti non sarebbero “razziste”. Pare di sentirla, l’obiezione: «Non è un problema di razzismo, è un problema di legalità» (o, a seconda dei casi, di ordine pubblico, di rispetto delle regole, di “sicurezza” e quant’altro). E magari, qualcuno potrebbe aggiungere: «se gli zingari non rubassero, nessuno ce l’avrebbe con loro…».
Non è vero. Molte dichiarazioni sono ispirate ad un razzismo più che esplicito. Gilles Bourdouleix, parlamentare ed esponente del centro-destra francese, ha affermato senza mezzi termini – il 21 luglio scorso – che «forse Hitler non ha ammazzato abbastanza zingari». Zsolt Bayer, co-fondatore del partito ungherese Fidesz (affiliato al Partito Popolare Europeo) ha affermato agli inizi del 2013 che «i rom sono persone inadatte alla coesistenza: sono animali, e si comportano come animali; suoni inarticolati escono dai loro crani bestiali [!!!!]. A questi animali non dovrebbe essere permesso di esistere».
E del resto, le recenti vicende di (presunti) “rapimenti di bambini” dovrebbero far riflettere. In Grecia e in Irlanda, alcuni piccoli rom sono stati sottratti alle loro famiglie perché “troppo biondi per essere zingari”. Come se l’appartenenza a un gruppo minoritario fosse una questione di tratti somatici. Come se esistesse una “razza” zingara, ovviamente di carnagione scura…
«La vicenda greca», ha scritto di recente Elena Tebano sul Corriere della Sera online, «testimonia della nostra incapacità di pensare fuori dai pregiudizi “razziali”, sintomo forse di un sostrato razzista di cui neppure noi siamo consapevoli».
Antiziganismo in Italia
È quasi superfluo dirlo, ma l’Italia è tutt’altro che immune da questa vera e propria “ondata” di odio razziale (o cripto-razziale). Lo ha appurato una recente ricerca, curata dall’Associazione 21 Luglio e dedicata proprio all’«antiziganismo», cioè alla forma specifica di razzismo che colpisce rom e sinti.
Dal 1 settembre 2012 al 15 maggio 2013 il monitoraggio, effettuato su circa 140 fonti, ha rilevato 370 casi di incitamento all’odio e discriminazione. Vuol dire 1,43 episodi al giorno. «Stereotipi e pregiudizi», aggiunge la 21 Luglio, «sono alimentati anche da una media giornaliera di 1,86 casi di informazione scorretta ad opera di giornalisti di testate locali e nazionali».
Anche qui, non siamo di fronte ad un fenomeno che coinvolge solo le frange più estreme della destra politica. Dal rapporto emerge che il 59% delle segnalazioni si riferisce ad iscritti ad un partito di destra e di centro destra, ma una fetta consistente (quasi il 40%) è da attribuire ad altre aree politiche. In 90 casi, l’autore di una dichiarazione discriminatoria e incitante all’odio è stato un esponente della Lega Nord; seguono il Popolo della Libertà (74), La Destra (30) e Forza Nuova (11). In 9 casi l’autore è stato invece un esponente del Partito Democratico.
Tra i casi di informazione scorretta, la 21 Luglio cita articoli di testate giornalistiche prestigiose e “affidabili”: dalCorriere della Sera a La Repubblica, dal Messaggero ai tanti giornali di informazione locale.
L’antiziganismo, il razzismo e i fenomeni di “hate speech” sono, insomma, il pane quotidiano della comunicazione politica. In Italia come in Europa. Non c’è da stare allegri.
Sergio Bontempelli