Sesso e genere: oltre l’alternativa
di Giannino Piana
in “Viandanti (www.viandanti.org) del 12 luglio 2014
La questione del “genere” (gender in inglese) ha assunto negli ultimi decenni, in particolare nel mondo anglosassone, grande attualità. Con essa ci si riferisce a una serie di teorie orientate ad accentuare la pluralità di identità delle persone, facendo riferimento a una serie di fattori che vanno oltre il semplice dato biologico originario. In realtà, a ben vedere, il problema non è del tutto nuovo. E’ infatti esistita anche in passato la tendenza a considerare l’identità soggettiva come frutto di un processo complesso, che coinvolge le dinamiche psicologiche ed educative, le varie forme di socializzazione e il contesto culturale entro il quale avviene lo sviluppo della personalità.
Un ribaltamento di posizione
A contraddistinguere, tuttavia, l’attuale svolta è un vero e proprio salto qualitativo, che comporta il ribaltamento della posizione tradizionale, mettendo in primo piano i fattori ambientali e riducendo di molto (fino talora a negarlo totalmente) il peso della differenza biologica, con la conseguenza di superare i modelli relazionali tradizionali e di aprire la strada a nuove forme di incontro e di mutuo riconoscimento. A determinare questa svolta hanno concorso, da un lato, l’ideologia liberale, che è venuta affermando con forza il rispetto dell’individuazione soggettiva e la libertà della propria autocostruzione, e, dall’altro, il pensiero femminile, che nella sua fase più recente è passato (almeno in alcune aree della propria elaborazione) dal teorizzare il valore delle differenze, proponendo come modello quello della reciprocità tra i sessi, alla negazione delle stesse differenze, perciò al rifiuto della catalogazione dei generi in ragione dell’apertura a un intreccio indefinito di possibilità espressive.
L’interazione tra natura e cultura
E’ naturale che si accentui, in questo quadro, la contrapposizione tra chi – come il magistero tradizionale della Chiesa cattolica (ripreso peraltro in tempi piuttosto recenti da papa Benedetto XVI) – tende a ricondurre l’identità di genere anzitutto alla differenza legata al sesso biologico, riducendola pertanto all’essere-uomo e all’essere-donna, e chi invece attribuisce la preminenza ai fattori ricordati che esercitano un ruolo decisivo nel costituirsi della coscienza di sé, dilatando pertanto le modalità di attuazione. Lo scontro non è tuttavia necessariamente inevitabile. Sesso e genere (gender) non sono realtà alternative; sono dati che possono (e devono) reciprocamente integrarsi. Il che esige che si faccia spazio a una visione dell’umano più attenta alla complessità e alla globalità; a una visione, in altri termini, che faccia interagire costantemente tra loro natura e cultura.
Il rapporto tra queste due ultime grandezze o, più precisamente l’equilibrio tra di esse, è dunque la vera soluzione del problema. Non si tratta di optare per l’una rinunciando all’altra, ma di ridefinire i livelli sui quali vanno rispettivamente ricondotti il dato naturale e i dati di ordine sociale e culturale. Si tratta di non rinunciare all’importanza fondamentale che riveste la differenza uomo-donna, che ha anzitutto la sua radice nel sesso biologico e che costituisce l’archetipo da cui ha origine l’umano, ma di non esitare, al tempo stesso, a mettere in luce il ruolo della cultura e delle strutture sociali, riconoscendo che è merito delle teorie del gender l’aver dato maggiore rilevanza nella definizione dell’identità di genere ai vissuti personali e concorrendo così al superamento di alcuni pregiudizi, fonte di gravi discriminazioni, come quelle che hanno a lungo determinato (e in parte tuttora determinano) l’emarginazione di alcune categorie, quelle degli omosessuali e dei transessuali in primis.
La questione della “legge naturale”
La posizione della Chiesa e della stessa teologia cattolica – lo si è già ricordato – è apparsa in passato arroccata nella difesa ad oltranza del dato biologico, ascrivendolo all’ordine della creazione e considerando pertanto la critica che ad esso si rivolge come un attentato alla sovranità divina. Non si può negare che dietro a tale posizione vi sia un aspetto di verità che non va eluso: l’impegno a difendere cioè la base dell’umano, che finirebbe per essere gravemente compromessa dalla radicale decostruzione dell’identità biologica quale risulta da alcune teorie del gender. Questo non significa tuttavia (e non può significare) rifiuto di sottoporre a revisione una riflessione sulla “natura umana”, e di conseguenza sulla “legge naturale”, che ha assunto per molto tempo connotati rigidamente fisico-biologici. La storia del pensiero cristiano è, a tale riguardo, ricca di preziose indicazioni. La stessa teologia scolastica, reagendo nei confronti del pensiero patristico, che, influenzato dal dualismo platonico e neoplatonico e dal naturalismo stoico, aveva accentuato la fissità del dato biologico, ha introdotto l’attenzione al fattore culturale, mettendo in evidenza come la specificità della natura umana consiste anzitutto nella “razionalità – natura ut ratio è la definizione che ne dà Tommaso d’Aquino – e rimarcandone di conseguenza l’aspetto dinamico ed evolutivo. Tale prospettiva è oggi ampiamente ripresa dalla riflessione di stampo personalista, che considera l’umano nella sua globalità, includendo quale elemento costitutivo (e ultimativamente decisivo) il dato culturale e sociale.
La via del confronto
Le teorie del gender, i cui presupposti antropologici, oltre che dall’ideologia liberale e dal pensiero femminista, come si è ricordato, traggono origine da alcuni importanti pensatori di area francese da Michel Foucault a Gilles Deleuze fino a Jacques Derrida – rappresentano una significativa provocazione a prendere consapevolezza della ricchezza dell’umano e a pensare l’identità partendo da una maggiore coscienza di sé e della propria libertà, nonché dall’importanza delle decisioni soggettive e degli stili di vita personali, evitando in tal modo forme di appiattimento della realtà attorno a paradigmi universalistici, che non rispettano le diversità individuali. L’etica in generale, e quella di ispirazione cristiana in particolare, devono trarre da questa nuova interpretazione del mondo umano la sollecitazione a fondare i propri orientamenti su basi più ampie, prestando maggiore attenzione alle complesse dinamiche che presiedono alla costruzione dei comportamenti e che sono legate ai processi strutturali e culturali della società in cui si è immersi. La rivelazione biblica offre, al riguardo, importanti suggestioni, invitando a riflettere sulla dialettica esistente tra la postulazione di un “principio” (l’archetipo) al quale non si può rinunciare – la differenza originaria dei sessi – e il costante riferimento alle forme culturali, che modellano, di volta in volta, l’identità e le preferenze sessuali, configurandole, nella loro dimensione storica, come fenomeni in costante divenire. L’abbandono di ogni preclusione ideologica e l’apertura a un confronto sereno tra le posizioni delineate – confronto incentrato sul riconoscimento della dignità della persona umana e dell’uguaglianza dei diritti, e dunque su una piattaforma di valori condivisi – è la via da percorrere per contribuire allo sviluppo di una convivenza civile nella quale le differenze, lungi dall’essere demonizzate o emarginate, si traducano in ricchezza per la vita di tutti.
Giannino Piana
(già docente di etica cristiana alla Libera Università di Urbino e di etica ed economia presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Torino)
socio fondatore di Viandanti