Rom
la denuncia di Vallini:
“Una vergogna come vi trattano”
il Cardinale vicario del Papa lo dice nella visita all’insediamento romano al 26° km della via Pontina
«Il riscatto parte da di chi vive qui, ma bisogna liberarsi dai pregiudizi»
il cardinale Vallini
«Sento il dovere di sollecitare le istituzioni a superare al più presto questa vergogna»
Com queste parole, una denuncia ma anche una promessa, si è conclusa la visita del cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini, all’insediamento al 26° chilometro della via Pontina, tra fango, topi e baracche rattoppate con legno e nastro adesivo. Il Cardinale vicario parla di «vergogna» e «abbandono» da superare: «Il riscatto parte dall’impegno di chi vive qui, ma i cittadini devono liberarsi dai pregiudizi», afferma a «Roma 7», il supplemento di Avvenire per la diocesi di Roma.
«Provo una grande sofferenza nel vedere tante persone, genitori e soprattutto bambini, in una condizione di degrado inaccettabile. Ho visto però anche la volontà di riscatto e il loro desiderio di superare questa condizione. Si sentono abbandonati e lo sono. Quindi, dobbiamo prenderci carico di loro».
Il racconto della visita di ieri, durata più di tre ore, all’insediamento al 26° chilometro della via Pontina, a poco più di venti chilometri dal centro di Roma, fotografa la drammatica situazione del campo, tra «”vie” fangose, topi e baracche rattoppate con legno e nastro adesivo». «Una situazione che fa vergogna al mondo, indegna di una città come Roma – afferma il Cardinale vicario – neanche dopo la guerra ho visto una cosa simile». Vallini, che ha parlato con molte famiglie del campo e si è informato sulla loro condizione, era accompagnato da monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale delle migrazioni, e da alcuni volontari (Comunità di Sant’Egidio e parrocchie) impegnati accanto alle famiglie rom del campo.
«Il riscatto – conclude il Vicario del Papa – parte dall’impegno di chi vive in questi campi, facendo in modo che non si trasformino in discariche, ma le istituzioni e i cittadini devono liberarsi dai preconcetti e dai pregiudizi».
Indietro non si può tornare, ma avanti sì! Si può e si deve, altrimenti ci si impantana nella melma. Dal 1973 al 1989, nomade tra i Rom, ho vissuto anni di stupore per una vitalità umana affascinante anche se tra difficoltà e peripezie inevitabili tanto da farne due pubblicazioni: “Zingaro mio fratello” 1986, “Mi basta che tu mi vuoi bene” 2012. I momenti vissuti in Jugoslavia ancora meglio con carretti e tende sdrucite accampandosi accanto a ruscelli e tra le colline del Montenegro: si era conosciuti e benvenuti per i lavori in rame e stagnature di caldaie. Le donne al mattino si recavano nei villaggi per il manghel per arrotondare con le offerte il bilancio famigliare. Da noi vietato il nomadismo… con i frequenti: “DIVIETO DI SOSTA AI NOMADI”; illegale l’elemosinare, il vivere del pane spezzato di chi ha pane in abbondanza; non permesso raccattare ferraglie o cartoni se non si è iscritti alla Camera di Commercio… Tutto giustissimo e doveroso. Ma per chi vive nella società, nella cultura altra da sempre e non ha strumenti immediati né tecnici, né morali, né di alcun genere…? A tavolino le risposte non mancano, ma la vita ha le sue esigenze differenti. Per carità, non dò soluzioni, ma solo interrogativi che io mi pongo. Grazie.