il commento al vangelo della domenica
MARTA LO OSPITO’. MARIA HA SCELTO LA PARTE MIGLIORE
il commento al vangelo della sedicesima domanica del tempo ordinario (17 luglio 2016) di p. Alberto Maggi:
Lc 10,38-42
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Ogni volta che leggiamo il vangelo dobbiamo sempre inserirlo nel contesto culturale del tempo. Se non lo facciamo rischiamo di prendere fischi per fiaschi e dare un’interpretazione che non è assolutamente nelle intenzioni dell’evangelista, come in questo brano, il capitolo 10 di Luca, versetti 38-42. Un brano dal quale è nata la distinzione tra la vita attiva, quelle delle persone comuni, normali, e la vita contemplativa, quelle che scelgono una vita monacale, la clausura, con una netta preferenza di Gesù per quest’ultima.
Nulla di tutto questo. Leggiamo. Mentre erano in cammino (Gesù e i discepoli), Gesù entrò … Ecco la prima incongruenza. Sono in cammino e soltanto Gesù entra. Perché? Gesù esclude i discepoli perché non sono ancora in grado di comprendere la lezione che ora starà dando. Entrò in un villaggio. Quando nei vangeli troviamo l’espressione “villaggio” è una chiave di lettura che gli evangelisti ci danno per indicare resistenza, incomprensione oppure ostilità all’annunzio di Gesù, alla novità che Gesù porta, perché il villaggio è il luogo attaccato alla tradizione, al passato. Il villaggio è dove vige l’imperativo “Perché cambiare? Si è sempre fatto così!”
Questo villaggio non ha nome appunto perché era rappresentativo di una mentalità attaccata al passato, che vede con sospetto ogni novità. E una donna, di nome Marta… Il nome è tutto un programma, Marta significa “signora, padrona di casa” … lo ospitò.
Da qui si comprende che è lei la proprietaria della casa. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Ecco questa immagine che l’evangelista ci dà di Maria, seduta ai piedi del Signore, va compresa nel contesto culturale dell’epoca. Non significa adorazione da parte di Maria o contemplazione o venerazione nei confronti del Signore. Maria si mette nella posizione del discepolo verso il maestro. C’è per esempio San Paolo che dice negli Atti che dice di essere stato istruito ai piedi di Gamaliele. Quindi sedersi ai piedi di qualcuno significava riconoscerlo come maestro.
E nel Talmud, il libro sacro si legge: Sia la tua casa un luogo di convegno per i dotti, impolverati della polvere dei loro piedi e bevi con sete la loro parola.
Allora l’atteggiamento di Maria non è un atteggiamento di adorazione, ma di ascolto, come un discepolo nei confronti di un maestro. Ma è qualcosa di strano quello che compie Maria, perché lei non può. E’ una donna e le donne non hanno gli stessi diritti e gli stessi privilegi degli uomini. La donna deve stare in cucina, deve rendersi invisibile. Sempre nel Talmud si legge che le parole della legge vengono distrutte dal fuoco piuttosto che essere insegnate alle donne. I rabbini si vantavano dicendo che Dio mai aveva rivolto la parola ad una donna.
L’aveva fatto una volta sola, a Sara, ma poi si era pentito, per la bugia di Sara, e da quella volta non aveva più rivolto la parola ad una donna. Quindi Maria qui sta facendo qualcosa di scandaloso. Trasgredisce il ruolo dove la tradizione ha sempre confinato le donne e prende l’atteggiamento del maschio, dell’uomo, del discepolo.
Invece Marta è la fedele della tradizione. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Marta addirittura arriva a rimproverare Gesù, ritenendolo responsabile dell’assenza della sorella. Allora si fece avanti e disse: “Signore, non t’importa nulla…. “ E qui è un moltiplicarsi del pronome personale “me, a me”, lei è tutta centrata su se stessa. “Non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?” E poi, col verbo all’imperativo: “Dille dunque che mi aiuti”. Marta non sopporta che la sorella abbia trasgredito le regole, le norme che la tradizione e la morale hanno assegnato alle donne, che Maria faccia il ruolo di un uomo, di un discepolo, e chiede a Gesù di ricacciarla nel ruolo dove da sempre la tradizione ha posto le donne.
Ma Gesù, anziché rimproverare Maria, rimprovera la sorella.
Ma il Signore le rispose: “Marta, Marta…” La ripetizione del nome significa rimprovero, come quando Gesù vedendo la città dirà: “Gerusalemme, Gerusalemme”. Quindi è un’espressione di rimprovero. “Tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno”. Letteralmente di una sola c’è bisogno. Ed ecco la sentenza: “Maria ha scelto la parte migliore, (letteralmente la parte buona) che non le sarà tolta”.
Allora c’è da comprendere che cos’è che non può essere tolto. Cosa non può essere tolto a una persona? Perché può essere tolta ad una persona anche la vita. Perché Gesù dice che Maria ha scelto una parte che non può esserle tolta? Perché Maria ha scelto la libertà, attraverso la trasgressione delle regole e delle norme di comportamento. Un conto è la libertà quando ci viene concessa – quando viene concessa può anche essere ritirata – un contro è quando la libertà è frutto di una conquista personale, avendo il coraggio di trasgredire le regole della tradizione e le regole della religione.
Allora quando uno conquista questa libertà nessuno gliela può togliere. Allora quella di Gesù – come abbiamo detto all’inizio – non è una preferenza per una vita contemplativa a scapito di quella attiva, ma è un invito a fare la scelta della libertà. Ed è interessante che per fare questa scelta della libertà l’evangelista non ci ponga un uomo, ma una donna.