il commento al vangelo della domenica
QUELLO CHE HAI PREPARATO, DI CHI SARA?
commento al vangelo della domenica diciottesima del tempo ordinario (31 luglio 2016) di p. Alberto Maggi:
Lc 12,13-21
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.
Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
Con la sagacia, l’arguzia e l’ironia e il sarcasmo che gli sono tipici, l’evangelista Luca affronta un tema antico quanto il mondo: l’eredità.
Non c’è nulla come l’eredità per dividere le persone. Ascoltiamo il capitolo 12 dal versetto 13. Gesù sta parlando di fiducia nel Padre e viene interrotto da chi invece pone la fiducia nel denaro. Uno della folla disse a Gesù: “Maestro, di’ …”, si rivolge a lui con un tono imperativo. “Dì a mio fratello che divida con me l’eredità”. Ecco come abbiamo detto è una questione antica come il mondo, l’eredità. L’eredità è causa sempre di divisioni e di dissapori, perché tanto ci sarà sempre qualcuno che si aspettava di più, che pretendeva di più, che desiderava di più. E questo causerà inimicizia e spesso dissapori che durano per sempre.
Per Gesù ogni aridità è frutto dell’avarizia, dell’egoismo, della cupidigia, atteggiamenti che chiudono irrimediabilmente all’uomo e a Dio, pertanto ogni eredità, essendo frutto di egoismo, perché se le persone fossero state generose non avrebbero accumulato tanto da poter lasciare in eredità, contiene un fattore tossico che avvelena la vita di quanti la ricevono. Quindi si crede di fare del bene lasciando l’eredità e invece si fa del male, consegnando un frutto avvelenato che prima o poi porterà i suoi frutti disastrosi.
E Gesù rifiuta. Ma egli rispose: “O uomo…”, e quando Gesù usa questa espressione “uomo” è sempre al negativo, “…Chi mi ha costituito giudice o mediatore (letteralmente divisore, perché lui gli ha chiesto che il fratello divida con lui) sopra di voi?”. Ed ecco il monito severo di Gesù che va preso in considerazione.
E disse loro: “Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia”, la bramosia di possedere. San Paolo nella lettera ai Colossesi al capitolo 3 affermerà che la cupidigia è un’idolatria. Puoi essere la persona più religiosa, più pia, più devota del mondo, ma se accumuli denaro, se hai bramosia di possedere, se sei visceralmente e profondamente egoista sei un idolatra, non hai nulla a che fare con il Padre, perché il Padre è amore che generosamente condivide.
“Tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”. Il valore della vita della persona non dipende da quello che ha, ma da quello che dà. L’insegnamento di Gesù nei vangeli è che si possiede soltanto quello che si è capaci di dare; quello che si trattiene per sé non si possiede, ma ci possiede.
Ed ecco ora una micidiale parabola che Gesù racconta. Poi disse loro una parabola: “La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante.” Allora la persona è ricca e ha addirittura un raccolto abbondante.
Egli ragionava (attenzione è ironica perché poi Gesù gli darà dello scemo) tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti?” Il ricco, i ricchi sono malati terminali di egoismo per i quali non c’è speranza alcuna di salvezza, perché dovrebbero essere generosi, ma loro, appunto perché sono ricchi, non lo sono. Il ricco non pensa minimamente di dare, di condividere. E’ già ricco e ha questa campagna che gli fa un raccolto abbondante; non è che pensa “a chi posso dare, con chi posso condividere?” Il ricco pensa soltanto per sé. Ai ricchi tutto è dovuto.
“Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi”. Vediamo l’ingordigia, la cupidigia. “E vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.” E di nuovo ritorna questo tema dei beni.
“Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Pensa soltanto e unicamente a se stesso. Non lo sfiora minimamente un cenno di solidarietà, di condivisione, lui è già ricco, ha un frutto abbondante, “e dai che ti costa dare gli altri?!” No, il ricco, come ho detto, è un ammalato terminale di egoismo per il quale non c’è speranza.
Ed ecco la sentenza di Dio. Teniamo presente che, al tempo di Gesù, il ricco si considerava una persona che era benedetta da Dio, mentre il povero era persona punita. Ma Dio gli disse: “Stolto”. La traduzione dice “Stolto”, perché in bocca a Gesù non sembra conveniente usare certe espressioni un po’ forti, ma chi di noi ad uno direbbe “stolto”?
Qui il termine usato dall’evangelista è “scemo, stupido”, detto anche con vigore!
“Scemo! Questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Ecco, prima Gesù aveva detto che egli ragionava tra sé, e invece non ragiona tra sé. Il ricco, non solo è un ammalato terminale di egoismo per il quale non c’è speranza, ma è anche scemo, ha accumulato tanto e neanche riesce a goderlo per sé. Creperà e tutto quello che ha accumulato per chi sarà?
E Gesù conclude: “Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio”. Come ci si arricchisce presso Dio? Dando gli altri. Gesù negli Atti degli Apostoli, sempre scritti da Luca, afferma che c’è più gioia nel dare che nel ricevere, il segreto della felicità non consiste in quello che ricevi, in quello che hai, in quello che accumuli, ma in quello che dai e condividi generosamente con chi ne ha bisogno.