“Metz Yeghern”, il “Grande male”
cioè lo sterminio sistematico del popolo armeno avviato il 24 aprile 1915
è carico di risvolti geopolitici, oltre che ecumenici, il viaggio in Armenia che papa Francesco inizia oggi per concluderlo domenica. Il piccolo paese caucasico, infatti, è un crocevia dove, insieme ad antichi contrasti ecclesiologici che divisero la Cristianità nel primo millennio, si contrappongono strategie che coinvolgono la Russia, l’Iran, la Turchia, l’ Azerbaigian e anche gli USA
qui sotto, nei rispettivi link, una breve rassegna stampa:
I drammi del Caucaso e il papa
di Luigi Sandri
in “Trentino” del 24 giugno 2016
È carico di risvolti geopolitici, oltre che ecumenici, il viaggio in Armenia che papa Francesco inizia oggi per concluderlo domenica. Il piccolo paese caucasico, infatti, è un crocevia dove, insieme ad antichi contrasti ecclesiologici che divisero la Cristianità nel primo millennio, si contrappongono strategie che coinvolgono la Russia, l’Iran, la Turchia, l’ Azerbaigian e anche gli USA. Un anno fa il pontefice celebrò solennemente a Roma il centenario di quello che gli armeni chiamano “Metz Yeghern”, il “Grande male”: cioè lo sterminio sistematico del popolo armeno che viveva nell’impero ottomano, avviato il 24 aprile 1915. Furono uccise direttamente, o morirono di stenti mentre venivano deportate nei deserti della Mesopotamia, un milione e mezzo di persone. Alla base di ciò, sostengono gli armeni, vi fu il piano preordinato di compiere un genocidio. Ma sia allora che, poi, nella moderna Turchia, le autorità di Ankara hanno sempre negato questa tesi, ammettendo, sì, che trecentomila armeni furono uccisi, ma precisando che perirono per scontri tra bande in un contesto che vedeva l’impero ottomano in dissoluzione, e che comportò anche quattro milioni di vittime musulmane. Ignorando la tesi turca, Bergoglio un anno fa parlò di “genocidio”, così molto irritando il presidente turco Erdogan. Vedremo, ora, che cosa dirà il papa quando ad Erevan visiterà Tzitzernakaberd, la “collina delle rondini” dove un monumento e un museo commemorano la tragedia di un secolo fa. Ma un altro conflitto incombe: quello del Nagorny Karabach. È, questa, una regione autonoma dell’Azerbaigian, abitata da armeni, da venticinque anni in lotta contro Baku per ottenere l’indipendenza. Il contrasto militare tra le Parti, formalmente, è terminato con l’armistizio del 1994; di fatto però gli scontri continuano. In questa vicenda, la Turchia e gli USA sostengono gli azeri (che sono musulmani), mentre la Russia sta con gli armeni. Ma anche l’Iran islamico difende gli armeni, seppur siano cristiani, perché è in dissidio con gli azeri per questioni di confine. In tale quadro – essendo l’Armenia poverissima e senza risorse energetiche – l’Azerbaigian rifiuta di vendere gas e petrolio al paese nemico, e non vuole che i gasdotti e oleodotti che dal Mar Caspio vanno verso l’Europa passino per l’Armenia. Perciò Mosca e Teheran soccorrono Erevan. Dal punto di vista ecclesiale – a parte un piccolo gruppo di armeni cattolici, che Francesco incontrerà – la popolazione della repubblica caucasica in gran maggioranza appartiene alla Chiesa apostolica armena, che nel 301 formò il primo Stato cristiano della storia; e che dal tempo del Concilio di Calcedonia (451), per divergenze teologiche non è in comunione né con i bizantini né con i latini. Ma, oggi, sono buoni i rapporti tra Roma e Etchmiadzin – la città santa degli armeni, ove risiede il loro “catholicos”, cioè il patriarca Karekin II. In questo complicatissimo intreccio di nodi geopolitici e religiosi irrisolti dovrà muoversi, ora, il papa argentino.
- Il nodo del «genocidio» nel primo viaggio di Francesco in Armenia di Luca Kocci in il manifesto del 24 giugno 2016
- Armenia. Quando la Santa Sede provò in tutti i modi a fermare il genocidio intervista a Valentina Karakhanian a cura di Redazione Zenit in it.zenit.org del 23 giugno 2016
- Armenia, il Papa vuol ricordare il “Grande Male”. Con la preghiera di Andrea Tornielli in La Stampa-Vatican Insider del 23 giugno 2016
- Il Papa nell’Armenia dimenticata di Andrea Tornielli in La Stampa del 24 giugno 2016