il vangelo della domenica commentato da p. Maggi

 

SEI TU COLUI CHE DEVE VENIRE O DOBBIAMO ASPETTARE UN ALTRO?  

commento al vangelo della terza domenica di avvento (11 dicembre 2013) di p. Alberto Maggi:

Mt 11,2-11

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».

L’evangelista Matteo scrive per una comunità di Giudei, e presenta la figura di Gesù sulla falsa riga della vita e delle opere di Mosè. Mosè liberò il suo popolo, facendo scagliare da Dio le dieci piaghe, le famose dieci piaghe d’Egitto, contro chi si opponeva alla liberazione degli Ebrei dalla schiavitù. Ebbene, l’evangelista presenta Gesù che compie non dieci piaghe, dieci azioni di castigo contro i suoi oppositori o i suoi nemici, ma dieci opere con le quali comunica vita, e comunica vita anche ai suoi rivali, ai suoi nemici. Tutto questo sconcerta, perché l’attività di Gesù non è quella attesa, quella che era stata annunciata da Giovanni il Battista – lo ricordiamo il Messia giustiziere che ha la scure in mano, ogni albero che non porta frutto lo taglia e lo getta nel fuoco, questo Messia che sarebbe venuto a dividere il popolo tra puri ed impuri, buoni e cattivi. Ed infatti, ad andare in crisi è proprio Giovanni. Leggiamo il vangelo di Matteo, capitolo 11, versetti 2-11. “…Giovanni, che era in carcere…”: l’evangelista dà per scontata la notizia che sia conosciuto che Giovanni è in carcere, anche se in realtà poi ce lo dirà soltanto al capitolo 14. Perché è in carcere ? Secondo Matteo, è perché Giovanni il Battista aveva accusato Erode di essersi preso come sposa la moglie di suo fratello, ma c’è uno storico del tempo, Giuseppe Flavio, che nelle “Antichità giudaiche”, ci dà una lettura politica dell’incarcerazione e poi dell’assassinio di Giovanni Battista. Scrive Giuseppe Flavio che Erode era preoccupato del successo, della gente che seguiva il Battista e dice: ”Erode perciò decise che sarebbe stato molto meglio colpire in anticipo e liberarsi di lui, prima che la sua attività portasse ad una sollevazione”. Quindi per Giuseppe Flavio c’è un motivo politico. Giovanni è in carcere, diremmo nel supercarcere di una fortezza, costruita da Erode il Grande, nella riva orientale del Mar Morto, Macheronte. “…avendo sentito parlare delle opere del Cristo…”: ecco sono tutte opere con le quali Gesù, il Messia, comunica vita anche ai peccatori, anche ai nemici. “… per mezzo dei suoi discepoli …”: è strano che compaiano i discepoli di Giovanni Battista, si vede che non hanno accolto Gesù come colui da seguire. “… mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?»”: la richiesta di Giovanni il Battista ha tutto il sapore di una scomunica, perché questo Gesù non è quello che, il
Messia che Giovanni il Battista aveva annunziato, questo Messia giustiziere, questo Messia che veniva a portare avanti il castigo di Dio. Allora Giovanni Battista, in profonda crisi, gli manda questa scomunica: sei tu quello che doveva venire, o ne dobbiamo aspettare un altro? Gesù non risponde alla polemica con argomenti teologici, biblici, ma con le opere. “Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete “, cioè ciò di cui voi fate esperienza. E qui Gesù elenca sei opere, sei azioni, il numero sei ricorda i giorni della creazione, quindi Gesù, in prolungamento con il Dio della creazione, continua a comunicare vita, e sono tutte azioni con le quali si comunica, si restituisce, o si rallegra la vita delle persone: “… I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati”, i lebbrosi erano considerati non dei malati, ma dei maledetti, castigati, ”… i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo”, cioè la buona notizia. E qual è la buona notizia che i poveri si attendono ? La fine della povertà. Questo elenco Gesù lo prende dalle azioni del Messia, così come erano state annunziate dal profeta Isaia, in due capitoli del suo libro, nel capitolo 35 e nel capitolo 61, ma, in tutte e due i brani, Isaia aveva annunziato anche la vendetta di Dio contro i pagani, contro i peccatori. Gesù la omette: l’azione di Dio, attraverso Gesù, è un’offerta d’amore a tutti, non c’è forma di vendetta o di castigo. Ecco perché Gesù proclama beato, quindi c’è una nuova beatitudine in questo vangelo, “… colui che non trova in me motivo di scandalo !»”. Qual è lo scandalo ? È lo scandalo della misericordia.  È strano questo. Mentre il castigo, il castigo di Dio indubbiamente intimorisce, ma non scandalizza le persone, la misericordia scandalizzava e continua ancora a scandalizzare le persone, specialmente le persone religiose, quelle che pensano che Dio li ama per i loro meriti, per i loro sforzi, non sopportano quest’immagine di un Dio misericordia, Dio misericordia significa che il suo amore non conosce gli ostacoli messi dagli uomini, il suo amore vuole arrivare a tutti. Gesù l’aveva annunziato: suo Padre non è il Dio della religione, in ogni religione Dio premia i buoni e castiga i malvagi. Gesù aveva detto: no, l’azione del Padre è come quella del sole che splende sui cattivi e sui buoni, e ugualmente la pioggia. L’azione del Padre di Gesù è quella di una comunicazione d’amore, indipendentemente dal comportamento e dalla risposta delle persone. Questo è quello che scandalizza: che anche chi non lo merita, anche gli indegni, anche gli impuri, i peccatori, possono essere oggetto dell’amore di Dio, senza una previa penitenza, senza una previa purificazione, questo è lo scandalo della misericordia. Ebbene Gesù proclama beati quelli che non si scandalizzano. “Mentre quelli se ne andavano”, se ne vanno senza alcuna reazione, il che significa da una parte incomprensione, dall’altra disaccordo con quello che Gesù ha detto, ”Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento ?”. Era proverbiale l’attività della canna, era anche in una favola conosciuta di Esòpo. La canna cos’è ? è quella che si piega al vento, è l’ immagine della persona opportunista, quella che è sempre disposta a piegare la schiena, pur di rimanere al suo posto. Il vento soffia da una parte, soffia dall’altra, la canna  si piega sempre, quindi l’immagine dell’opportunista. “Allora, che cosa siete andati a vedere ? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi del re !”, nei palazzi dei re ci sono i cortigiani . Chi sono i cortigiani ? Sono quelli ossequienti al potente di turno, sempre pronti a cambiare bandiera, a cambiare casacca, a cambiare credo, pur di rimanere sempre a galla. “Ebbene,” afferma Gesù, ”che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì,” risponde Gesù “io vi dico, anzi, più che un profeta”. Perché di Giovanni Battista Gesù afferma che è più di un profeta ? Perché Giovanni Battista è colui che è stato inviato da Dio a preparare la strada per Gesù. Allora Gesù ci fa comprendere che, per essere inviati da Dio, collaboratori di Dio, non si può essere né opportunisti, né cortigiani, ma bisogna andare sempre dritti per la propria strada. “Egli è colui del quale sta scritto:”, e qui l’evangelista mette insieme due espressioni dell’antico testamento dal libro dell’Esodo e dal profeta Malachia, “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. L’ evangelista presenta la figura di Giovanni Battista come è stata quella di Mosè, che ha portato il suo popolo verso la Terra Promessa, ma lui non c’è entrato. È stato Gesù che poi porterà questo popolo alla liberazione. Ed infine l’elogio di Gesù: “In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli”, il regno dei cieli, lo ricordiamo, in Matteo è la sua comunità, una società alternativa, una comunità dove ci si entra con l’accettazione e l’accoglienza della prima beatitudine, quella della povertà – beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli –  “è più grande di lui»”. Giovanni il Battista non ha potuto entrare in questa comunità appunto perché è stato incarcerato, e non ha potuto soprattutto rinascere di nuovo, rinascere dallo Spirito, dal passare da figlio di donna a figlio di Dio.

p. Maggi commenta il vangelo della prima domenica d’avvento

p. Maggi

 

“VEGLIATE PER ESSERE PRONTI AL SUO ARRIVO”

Commento al Vangelo

di p.Alberto Maggi 

1 dicembre 2013

Mt 24,37-44

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti,
come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano
moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si
accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la
venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà
portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata
via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte
viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche
voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio
dell’uomo».

 

Per cercare di comprendere il brano del vangelo che la liturgia ci presenta in questa prima domenica di Avvento, dobbiamo inserirlo nel contesto, quindi andare indietro di qualche versetto. Allora iniziamo dal versetto 33 del capitolo 24 del vangelo di Matteo.
Scrive l’evangelista: “Così anche voi”, dice Gesù, “quando vedrete tutte queste cose sappiate che egli è vicino alle porte”
Gesù ha annunziato la distruzione di Gerusalemme e, con la distruzione di del tempio di Gerusalemme, sede dell’istituzione religiosa giudaica, inizia il tempo in cui il Regno di Dio cessa di essere appannaggio esclusivo del popolo  di Israele, ma viene esteso a tutta l’umanità. Quindi Gesù non vede come una sventura, ma come l’eliminazione di quello che era un impedimento per il disegno di Dio sopra tutti i popoli.
Dio non può essere accaparrato da qualcuno, da una nazione, da una religione. L’amore di Dio è universale, quindi la fine del Regno di Israele, per Gesù, coincide con l’inizio del Regno di Dio. E Gesù aveva assicurato: “In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto 1
questo accada”, infatti la generazione alla quale Gesù si rivolge assisterà nell’anno 70 all’invasione da parte dei romani e la distruzione del tempio di Gerusalemme. E Gesù assicura: “Il cielo e la terra”, un modo per dire tutto quanto, “passeranno, ma le mie parole non passeranno”.
Allora Gesù garantisce che quello che aveva detto alla fine del discorso della montagna, assicurando che affinché non passassero il cielo e la terra, non passera dalla legge neppure uno iota, un segno, senza che tutto sia compiuto, e indicava che le promesse riguardanti il Regno di Dio si sarebbero sicuramente compiute.
E, a questo punto, Gesù afferma: “Quanto a quel giorno e a quell’ora”, e qui sta parlando della fine individuale, non dell’ora di Gerusalemme, “nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre”.
Per ogni generazione che passa c’è una fine del tempo, ma questo lo sa soltanto il Padre. E qui Gesù inserisce l’esempio dei tempi di Noè, non per un rimprovero ai contemporanei di Gesù, quando dice: “Come furono i giorni di Noè così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano  moglie e prendevano marito …”, Gesù non sta rimproverando di questi atteggiamenti, ma vuole dire che, tutti presi dalla ordinarietà della vita, non si sono accorti di quello che stava per accadere.
Quindi le azioni della normalità, della routine quotidiana, rischiano di non far accorgere della straordinarietà di quello che sta accadendo. Allora dice Gesù: “Due uomini saranno nel campo: uno sarà …”, il verbo usato qui significa “accogliere”, come quando l’angelo dice a Giuseppe di non temere di accogliere Maria come sua sposa. Quindi uno “sarà accolto”, per dargli salvezza, “e l’altro lasciato”, e così anche le donne.
Cosa vuol dire Gesù? L’arca costruita da Noè non ha accolto tutti, ma solo chi si è accorto del disastro incombente. Ugualmente il Regno di Dio è una proposta di salvezza per tutti, ma non è di tutti perché entrare nel Regno è frutto di una libera scelta a favore della beatitudine della povertà. Gesù aveva detto in questo vangelo: “Beati i poveri per lo Spirito perché di questi è il Regno dei Cieli”.
Quanti la scelgono vengono accolti, e quanti non la scelgono invece vengono lasciati. E Gesù continua dicendo: “Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà”. Questo invito alla vigilanza verrà poi ripetuto tra poco nel momento drammatico del Getsemani. La venuta del Signore viene quindi associata alla vigilanza e indica che questo è il momento della persecuzione, dell’uccisione dei suoi.
Per questo Gesù alle Beatitudini, alla prima beatitudine, quella che permette al realizzazione del Regno di Dio, aveva associato l’ultima beatitudine, la persecuzione che si scatena. Allora Gesù invita a non rimanere impreparati di fronte a questo. E dice: “Questo invece considerate. Se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro veglierebbe e non si lascerebbe perforare la casa. Perciò anche voi state pronti perché nell’ora che non immaginate viene il Figlio dell’uomo”.
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Il seguace di Gesù sa che in quanto costruttore di pace per gli altri, la propria pace è sempre precaria e, in ogni momento si può scatenare improvvisa la persecuzione, che sarà tanto più violenta quanto inaspettata è la sua provenienza. Gesù aveva detto che il fratello consegnerà a morte il fratello, il padre il proprio figlio.
Quindi l’invito di Gesù è un invito a rinnovare la scelta per il Regno di Dio, tenendo presente che questa scelta comporta la persecuzione, ma con l’assicurazione che il Dio di Gesù, il Padre, sta sempre a fianco dei perseguitati e mai di chi perseguita.

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