la ‘valanga’ Aylan …

“Aylan e il paradosso dell’autorità impotente”

piccolo

 

intervista a Christian Salmon a cura di Wanda Marra
in “il Fatto Quotidiano” del 12 settembre 2015

“L’emozione suscitata dalla foto di Aylan non si è tradotta solo in un picco di audience, ma in azione concreta: folle di persone hanno affiancato i rifugiati, reti di accoglienza sono nate spontaneamente per offrire alloggio, città si sono fatte  avanti per accoglierei rifugiati prima che i politici, Merkel in testa, iniziassero a cavalcare l’onda”

Christian Salmon, teorico dello storytelling, la vede così.

Anche se sottolinea i limiti di quest’emozione collettiva. La foto di Aylan ha fatto cambiare la politica europea? L’emozione suscitata non deve impedirci di pensare, ma l’impatto di quelle immagini non va nemmeno sottovalutato. Contrariamente ad altri avvenimenti choc come i terremoti che si traducono in alti indici di ascolto tv e in donazioni di denaro alle organizzazioni umanitarie, i governi lo hanno capito benissimo e hanno tentato di collegarsi al movimento spontaneo di solidarietà per non esserne travolti. Stiamo assistendo alla nascita d’una opinione pubblica europea favorita da due eventi: la crisi greca e la crisi dei rifugiati. Si è fatta strada la sensazione che le istituzioni europee assommano in sé i difetti dell’autoritarismo e dell’impotenza. In Italia c’è stata polemica sulla decisione di Renzi di far vedere quella foto a un comizio del Pd: quale è il limite tra strumentalità e uso legittimo della forza comunicativa di quell’immagine? Non so se è possibile distinguere tra “strumentalizzazione” e uso strategico di un ’immagine. In entrambi i casi ci muoviamo all’interno di una logica emozionale che ha l’effetto di mascherare e occultare le cause e le sfide della crisi dei rifugiati. L’azione politica si fonda sulla passione collettiva, la scelta democratica cede il passo alle emozioni attraverso l’interposizione dei media. Fin quando un’altra immagine non venga a cancellare quella del piccolo Aylan. Matteo Renzi agisce da uomo dell’era post-politica: appartiene alla generazione di coloro che privi di sovranità debbono, come Sisifo, spingere il masso con la sola forza della comunicazione. Ma questa impotenza è impossibile da cambiare? Il potere sovrano poggia su due pilastri: la moneta e il territorio. Si esercita attraverso la politica monetaria e il controllo delle frontiere. La Costruzione europea è di fatto un processo di decostruzione: i governi eletti sono stati privati delle leve dell’azione politica (Maastricht e Schengen) mentre le nuove istituzioni europee sono prive di rappresentatività. La crisi greca ha reso evidente questo paradosso. La spoliticizzazione della questione monetaria e dalla gestione delle frontiere, entrambe affidate a organismi burocratici, ha prodotto questa strana situazione di autoritarismo impotente. Autoritarismo con la Grecia, impotenza con i rifugiati. Inoltre questa realtà non solo ha contribuito a decostruire la sovranità degli Stati-nazione che la componevano, ma ha fatto emergere un nuovo “decisionismo”non democratico. Si tratta di un doppio fallimento. Come si può governare l’uso di quelle immagini? La differenza è tra il pensiero magico che crede di cambiare le cose agitando feticci e a colpi di bacchetta magica e una parola politica autenticamente efficace, quella dei grandi capi di Stato come De Gaulle o Mandela che hanno cambiato il paradigma politico del loro Paese grazie alla potenza del loro esempio e delle loro parole Quale è la funzione delle immagini nel cambio di “paradigma” politico? Le immagini da sole non cambiano nulla. Conta ciò che le porta e le attraversa. È il fuori campo, è l’immaginario collettivo che è all’opera nel modo in cui le guardiamo. Tanto la crisi greca quanto la crisi dei rifugiati sono crisi di grande portata che ci fanno avvertire confusamente che condizioneranno il nostro futuro comune. Le crisi portano con  sé immagini traumatizzanti,immagini di violenza insopportabile, ma anche di resistenza. Questi avvenimenti, il no al referendum greco del 5 luglio o la crisi dei rifugiati, sono quelli che Baudrillard definiva
“avvenimenti canaglia” (rogue events) che ostacolano la folle corsa di una “tecnostruttura” che ha perduto il controllo degli avvenimenti… Perciò tali avvenimenti sono anche un’occasione per cambiare il volto dell’Europa.




dedicato ad Aylan

Aylan negli infiniti mondi

 

Boy-Blowing-Earth-Bubbles-70680

di Alessandro Ghebreigziabiher*

Io so una cosa.
So solo quella.
E mi basta.

So che esiste un mondo in cui un bambino di tre anni di nome Aylan viene trovato morto su una spiaggia.
Viene fotografato.
E l’orribile disegno fa il giro di quello stesso mondo.

So che ne esiste un altro dove il bambino non è affatto morto, semplicemente si riposa dopo spensierati tuffi e capriole tra le onde.
Fa il bagno vestito, ma perché aveva fretta di entrare in acqua e perché è un bambino anarchico ed eccentrico.
Come tutti i bambini dovrebbero essere.
In un altro mondo Aylan è svenuto perché ha mangiato poco, ultimamente.
Ma oggi ha mangiato ed è questo ciò che conta.
In un altro ancora il bimbo è ancora morto, ma poi risuscita subito, perché su quel pianeta la fine della vita è uno scherzo della natura.
E’ la vita stessa che non lo è, fortunati loro.

web-refugee-crisis-7-twitter-v2

In un altro mondo Aylan non è affatto un bambino ma un robot testato dagli scienziati per vedere cosa un giorno potrebbe accadere se i governi privilegeranno gli interessi economici a discapito dei diritti umani.
Test illuminante, in effetti.
In un mondo siamo tutti pazzi e in preda a continue allucinazioni.
Così ci capita di vedere cose assurde, da una giovane vita deceduta a soli tre anni su una spiaggia a milioni di bambini che rischiano di fare la stessa fine.
In un altro mondo Aylan è solo il personaggio di un film.
Drammatico, ciò è indubbio, pure troppo, e per alleggerire la pellicola al termine di quest’ultima vi è una sequenza dei vari errori compiuti durante le riprese, con il giovanissimo attore in seria difficoltà a smettere di ridere, piagnucolare o fare quel che cappero gli aggradi.
Di fare il bambino, insomma.
In un mondo il bambino sta sognando – questa non poteva mancare – sta sognando noi che guardiamo la sua foto, ma che in realtà siamo addormentati e stiamo facendo un incubo e poi ci svegliamo e ci troviamo tutti fradici su una spiaggia qualsiasi, con gli abiti impregnati di sale e sabbia, confusi, infreddoliti.
E felici.
Perché è stato solo un bellissimo incubo.

11205599_946723738702652_7484822502024935024_n

In un altro mondo esiste la macchina del tempo e allora si torna tutti indietro fino all’esatto momento in cui è stata fatta la scelta che avrebbe portato alla morte di un bimbo di tre anni su una spiaggia e… e già, nessuno si senta escluso.
In un mondo esiste la magia degli occhi e se una foto la guardiamo in tanti e insieme pensiamo la stessa cosa e soprattutto crediamo alla magia possiamo riscrivere la storia.
Poi però non possiamo fotografarla di nuovo, ma possiamo raccontare come abbiamo rimesso le cose a posto.
Anzi, dobbiamo.
In un altro mondo Aylan sono io.
Solo che nessuno lo sa.
Se sono vivo o morto.
In un altro ancora sei tu che leggi queste parole.
Solo che nessuno lo sa.
Se tra poco morirai.
O meno.
In un mondo che preferisco tra tutti Aylan è vivo e sono morti tutti gli altri.
Ma siccome non gli va di stare da solo inventa noi.
E sono certo che ci dipingerà molto meglio di quel che siamo.
In tutti gli altri mondi.

Io so una cosa.
So solo quella.
Ma mi basta.
So che ci sono infiniti mondi, là fuori.
E sta a noi, tutti noi, decidere in quale vorremo vivere.
In futuro.

Fonte: Storie e Notizie n.1256