il sì del papa e il no del cardinale ai due ‘preti ribelli’ – ma per fortuna che c’è … Bassetti

il cardinale di Firenze su don Milani
«no alla causa di beatificazione»

secondo mons. Betori il parroco di Barbiana non fu mai escluso dalla Chiesa ed è stato impropriamente usato come modello di contestazione

«Ma ora si chiude una fase»

Per don Lorenzo Milani non ci sarà alcun «processo canonico. Assolutamente no, almeno fino a quando ci sarò io. Dopo non tocca a me dirlo… ma io non credo alla santità di don Lorenzo: qui non ci farò un santuario». Lo ha detto l’arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, al termine della visita di Papa Francesco a Barbiana. «A Barbiana mi aspetto che non cambi nulla», ha aggiunto Betori ricordando che già ora la piccola chiesa di don Lorenzo è meta di oltre 10 mila persone l’anno, moltissimi studenti, e soffermandosi a lungo sulle parole del Papa che ha richiamato la fedeltà di don Milani alla Chiesa. «La giornata porta luce ulteriore sulla figura di don Lorenzo» e nella chiesa fiorentina, «e spero che questa nostra chiesa sia capace di riprendere in mano pagine difficili. Una chiesa – ha concluso il cardinale – mai rifiutata da questo suo figlio».

«Mai escluso dalla Chiesa»

«Io credo poco a riabilitazioni postume. Don Milani non si è mai sentito escluso dalla Chiesa, ha sempre rivendicato di starci dentro» ha aggiunto il cardinale Betori, ricordando che don Lorenzo «non appartiene alla contestazione ecclesiastica, è stato utilizzato da questa, come don Mazzolari, ma non è mai stato in contrapposizione. E per questo non c’è niente da riparare. Nella Chiesa ci si sta, soffrendo ma anche godendo e oggi abbiamo goduto». La giornata di oggi «riporta luce sulla Chiesa fiorentina che, mi auguro, sarà capace di riprendere in mano pagine ancora difficili da recuperare, comprendere bene nella specificità delle situazioni» ha proseguito l’arcivescovo di Firenze, ribadendo che questa Chiesa «non ebbe un facile rapporto con suo figlio, ma mai fu da lui rifiutata, da un sacerdote che con il suo essere maestro ed educatore fu sacerdote fino in fondo, che visse la sua missione di riscatto degli ultimi».

 

capire perché fu ostacolato

Per un verso, con la visita di Papa Francesco, «si chiude il percorso di recupero della dimensione ecclesiale di don Milani, iniziato con il cardinale Silvano Piovanelli – ha spiegato ancora Betori, che al suo fianco aveva i rappresentanti degli allievi di don Lorenzo, di Calenzano e di Barbiana e il sindaco di Vicchio, Roberto Izzo – ma ora abbiamo un compito nuovo, che è capire le ragioni per cui era stato ostacolato, ragioni che vanno rimosse, e questo è il compito della Chiesa. Anche per questo nel prossimo mese di ottobre organizzeremo un convegno su `Esperienze pastorali”. L’arcivescovo si è detto convinto che don Milani sarebbe stato lo stesso anche in una parrocchia del centro di Firenze, come «San Lorenzo. Credo sarebbe stato se stesso anche lì. Barbiana non era Scampia: qui c’era tutto da fare anche per la dignità, e io ammiro la sua fede assoluta, senza la quale non si spiega niente: ha vissuto il suo sacerdozio spendendosi totalmente per i più poveri».

 il cardinale Bassetti

“don Lorenzo Milani per me è un santo”


di Stefania Falasca 
Il presidente della Cei conosceva bene il priore di Barbiana: come Mazzolari era un prete fino in fondo. «Aveva una fedeltà assoluta alla Chiesa»

Don Lorenzo Milani (Ansa)

don Lorenzo Milani

«No, non direi che la visita del Papa possa essere considerata un risarcimento. Tutti abbiamo sofferto e pagato qualcosa. Anche il Papa ne ha avuto. E quello che si è pagato non ce lo può dare il Papa, non ce lo dà la Chiesa, ma Dio». Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, commenta così la visita di papa Francesco a Barbiana. Un gesto che «ci dice semplicemente che quest’uomo, questo sacerdote ha camminato sulla strada giusta, è stato un pastore fedele. E la Chiesa oggi ne riconosce la profezia».

Nativo del Mugello, l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, conosce bene il priore di Barbiana, per lui è uno di casa. «I profeti li fa Dio – aggiunge – e li fa in un determinato tempo, nunc pro tunc, ora e per dopo. E allora io dico che di don Mazzolari c’è bisogno oggi, e così di don Milani».

Quella di andare a Bozzolo e Barbiana è ancora una volta una scelta in direzione degli ultimi. «Come quella di andare a benedire le case – continua il presidente della Cei –. Che vuol dire? C’era bisogno che il Papa andasse a benedire le case? Voleva dire: sacerdoti ricordatevi di visitare le vostre famiglie. Sono segni esemplari che il Papa fa come pastore di tutta la Chiesa perché noi possiamo seguirlo. E certamente è un fatto esemplare andare sulle tombe di don Mazzolari e di don Milani».

Nella riflessione del porporato non può mancare il ricordo personale di don Milani. «Era un uomo che aveva un’intelligenza creativa e che io, per le sue scelte così radicali e coerenti e per il primato che ha dato alla coscienza, ho spesso paragonato a Newman. Lui è stato, diciamo così, un po’ come Gesù: un segno di contraddizione». Bassetti racconta come fosse ieri l’incontro avuto con don Milani, da seminarista quando partì in lambretta da Firenze con un suo amico del Seminario, di nascosto perché il rettore non gli avrebbe potuto dare il permesso. «Ma ci venne il desiderio di conoscere questo prete, che vedevamo sulle riviste ». Quell’incontro è rimasto fissato nella sua memoria: «A Barbiana don Milani ci venne incontro sulla strada: “Chi siete?” chiese. Eravamo in talare, ci riconobbe come due seminaristi. “Avete chiesto il permesso al rettore? – aggiunse –. “No”. “Ecco, si comincia male”, disse. “Fossi io il rettore vi butterei tutt’e due fuori dal Seminario, perché siete disobbedienti”. Questo era don Milani». Si è parlato molto del paradosso di questa “disobbedienza obbedientissima” del priore di Barbiana. Lei cosa ne pensa? «Se don Milani non fosse stato obbedientissimo, non avrebbe avuto senso la visita di papa Francesco a Barbiana, perché sarebbe stato uno dei tanti preti anticonformisti che si sono distinti con un carattere estremamente forte… Ma don Milani non è tutto questo. Don Milani è un prete fino in fondo, un uomo con una fedeltà assoluta alla Chiesa e alla sua coscienza».

Eminenza, lei ha parlato di primato della coscienza… «È Il coraggio suggerito da Dio di dire la verità senza disobbedire alla Chiesa. Obbedire a Dio prima che agli uomini e loro, don Mazzolari come don Milani, l’hanno fatto. Ma queste sono delle costanti e delle linee direttrici per la Chiesa di ogni tempo». Don Milani è un sacerdote che dopo l’esperienza di Calenzano, piuttosto breve, va certamente inquadrato per quindici anni, dal 1952 a 1967, a Barbiana, dove è stato parroco solo di un centinaio di anime. È ancora incompreso don Milani secondo lei? «Non credo che tutti l’abbiamo compreso – sottolinea il presidente della Cei –. Quando la sua mamma è andata per la prima volta a Barbiana scrive una lettera dove lei gli dice: “Lorenzo non avere paura… parleremo con il cardinale, prima o poi te leva da lì,stai tranquillo”. E lui le dà una riposta feroce. È l’unica volta: “Tu misuri la dignità di un prete dalla grandezza della parrocchia. Ma che importa se un parroco ha dieci anime o ottantamila, quando è chiamato ad annunciare il Vangelo e a fare il prete nell’obbedienza dove stato chiamato. Io sono contento di essere a Barbiana e ti dico che voglio morire a Barbiana”. Don Milani è un prete fino in fondo intriso della sua missione della grazia di Dio. Non si spiegano né Mazzolari né Milani senza il tocco della grazia di Dio, senza il loro attaccamento ai sacramenti, alla visione sacramentale della Chiesa».

Mazzolari e Milani, «preti autentici», modelli che possono essere riproposti anche alla Chiesa di oggi. Per don Mazzolari sta per aprirsi la causa di canonizzazione. Secondo lei è santo don Milani? «Don Lorenzo Milani è santo, per come l’ho conosciuto io, è un santo». «Del resto – aggiunge il cardinale Bassetti – chi è il santo? Non è quello che ha meno difetti di tutti o che moralmente ha il profilo più alto di tutti, questa non è la santità. Il santo per me è uno che è vaccinato di Spirito Santo. E lo rimane certo… anche con il suo caratteraccio, perché don Lorenzo a volte ha avuto dei modi di trattare quasi al limite. Ma possiamo dire è un santo, anche senza aureola riconosciuta canonicamente, perché tutto in lui nasceva dalla purezza del cuore e in questo modo insegnava e andava avanti nella ricerca della perfezione, confidando nella realtà dei sacramenti». La sua osservazione non stenterebbe certo a trovare consensi anche presso i suoi ex alunni e a quelli che sono stati accanto al priore di Barbiana, ma che forse non vorrebbero la sua canonizzazione. «Vuole un mio parere? Preferirei ora tenermi il mio Lorenzo con me, che per me è un grande santo, anche senza l’aureola. Non c’è bisogno che don Lorenzo faccia i miracoli, perché la sua vita è stata un miracolo».

l’evento storico dell’onore restituito da parte di papa Francesco a don Milani e don Mazzolari

 

don Milani e don Mazzolari, il primo Papa a casa dei due preti ribelli

19/06/2017 

oggi papa Francesco rende onore ai due grandi sacerdoti che avevano anticipato il vento del Concilio

storia di due anime tormentate e a lungo incomprese

Tra Barbiana e Bozzolo ci sono 155,6 km in linea d’aria. Papa Francesco li percorrerà in elicottero la mattina del 20 giugno. Bozzolo e Barbiana non sono soltanto quello che sono fisicamente: un paesone in provincia di Mantova sotto la diocesi di Cremona e una punta di campanile tra le case sparse nella vegetazione intricata dei monti del Mugello a 40 km da Firenze.

Sono molto di più: sono il luogo, fisico e spirituale, di don Primo Mazzolari e di don Lorenzo Milani. Il luogo delle loro – diverse – solitudini, anche. Solitudini spiritualmente vicine, molto più dei chilometri che li dividevano. Solitudini che oggi prova a raccogliere in un abbraccio comune – per la prima volta a 50 anni dalla morte di Lorenzo Milani e 58 dalla morte di Primo Mazzolari – papa Francesco.

Abbiamo chiesto a Mariangela Maraviglia, storica della Chiesa, nel comitato scientifico della Fondazione Don Primo Mazzolari, una vita a studiare i “disobbedienti”, Mazzolari, Milani, Turoldo, di guidarci a capire la “storicità” di questo viaggio, in luoghi in cui arrivavano a fatica i vescovi, figuriamoci un Papa. «C’è di certo una portata storica in questa visita: queste due figure furono in vita condannate da una Chiesa che tentò inutilmente di ridurle al silenzio: furono censurati i loro libri, nel caso di Mazzolari anche la predicazione, don Milani fu esiliato a Barbiana, gli fu ritirato dal commercio Esperienze pastorali (quel decreto dell’allora Sant’Uffizio è stato dichiarato decaduto solo nel 2015 da papa Francesco, ndr). Furono osteggiati anche dopo la morte e anche dopo il concilio Vaticano II. Ancora oggi non sono unanimemente amati. E ora vengono riconosciuti da un Papa come figure degne di speciale attenzione. A me sembra che questa visita possa essere letta come un segno esteriore, rilevante simbolicamente, di quel cambio di passo, qualcuno ha detto della “rivoluzione culturale”, che Francesco sta imprimendo alla Chiesa; poi per capire meglio l’intenzione di Francesco dovremo sentire le sue parole. Ma sicuramente possiamo dire che don Milani e don Mazzolari avvertirono fortemente nella propria vita la necessità che la Chiesa fosse come indica il Papa: “Non una Chiesa chiusa in sé stessa, autoreferenziale, ma un corpo vivente che cammina e agisce nella storia”. Ho l’impressione che in entrambi papa Francesco individui quell’amore fattivo per gli “scartati della storia” e insieme quella fedeltà alla Chiesa, mai venuta meno, che fanno di loro testimoni privilegiati del modello di Chiesa che il Papa indica nel suo ministero quotidiano».

AFFINITÀ ELETTIVE

Don Milani e don Mazzolari non si sono mai incontrati ma in vita si sono conosciuti, scambiandosi poche lettere; da queste si colgono una consonanza profonda e alcuni innegabili elementi comuni pur appartenendo a generazioni diverse: Mazzolari era nato nel 1890 e morto nel 1958, don Milani è morto il 26 giugno del 1967 a 44 anni.

«Li accomuna», continua Mariangela Maraviglia, «il metodo, per dirla con Mazzolari, dell’incarnazione: la convinzione che il cristianesimo nasca dall’incarnazione di Cristo nella storia, che non possa ridursi a uno “spiritualismo disincarnato”. Li accomuna la convinzione, sintetizzata nell’I care (“mi interessa”) milaniano, che un cristiano che prenda sul serio il Vangelo non possa che tradurlo nello spendersi per una società più giusta. Li accomuna il fatto di credere nel dialogo con i lontani, cosa che portò entrambi a prese di posizioni costose in epoca di scomunica dei comunisti. Mazzolari sul quindicinale Adesso, da lui fondato, a quel proposito scrisse: “Il Vangelo mi chiede di condannare l’errore ma di amare l’errante: condanno il comunismo, amo i comunisti”».

Don Milani, con pragmatismo, negli stessi anni, a San Donato a Calenzano, fondò una scuola laica, ponendosi il problema di non imporre ai figli degli operai comunisti scelte laceranti tra la scuola popolare e la famiglia: «Nella sua visione credenti e atei devono dialogare senza preclusioni per la ricerca della verità».

SEMPRE DENTRO LA CHIESA

Anche nei momenti di massima amarezza, di fronte a una Chiesa non pronta a comprendere le urgenze pragmatiche dei contesti sociali in cui operavano: «Don Milani e don Mazzolari non pensarono mai che la Chiesa potesse essere abbandonata, neppure quando li colpiva con durezza. Nessun dubbio per loro che il primato del Vangelo e della coscienza debbano essere affermati dentro la Chiesa, non contro. A questo proposito Mazzolari parlava di “servire in piedi”, concetto che anche Milani ha applicato vivendo».

Una sintonia a distanza la loro che si è nutrita anche di significative differenze: «Mazzolari, figlio di contadini, era entrato in seminario a 12 anni, Milani, di famiglia facoltosa, colta e laica, folgorato dalla vocazione a 23 anni».

LA PAROLA AI POVERI

Lo stesso concetto, fondamentale nel ministero di entrambi: “Dare la parola ai poveri”, non a caso titolo di una rubrica mazzolariana su Adesso, che ospitò anche scritti di don Lorenzo Milani: «È declinato in modi diversi: per Mazzolari significò riconoscere l’esistenza dei poveri e incalzare con i suoi scritti la Chiesa e la politica perché si facessero carico dell’emergenza sociale. Milani affidò alla scuola, prima a San Donato poi a Barbiana, il compito di dare ai poveri il dominio della parola, con l’idea, forse utopica, che cittadini consapevoli potessero raddrizzare il mondo».

Nemmeno Bozzolo e Barbiana sono la stessa cosa: «Bozzolo è un grosso borgo in cui Mazzolari, che si definiva prete rurale, ha potuto esprimersi dentro una comunità. Barbiana è stata un esilio. Ma mi sembra significativo che queste visite alla periferia, in cui, diceva Mazzolari, “maturano i destini del mondo”, avvengano nello stesso giorno. E non credo che sia senza peso, alla base, l’esperienza personale e pastorale di Bergoglio, sacerdote e vescovo a contatto diretto con la povertà in Argentina e ora Papa dalla scelta di vita semplice».

Dagli slum di Buenos Aires a Barbiana. Dalla fine del mondo, alla fine del mondo.

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