le periferie con il loro ‘esercito di fantasmi’ sono lo specchio del paese
la morte di freddo dei clochard
una spina nel fianco della società opulenta
intervento di Bassetti sulla presenza di clochard … tra bulimici desideri di benessere e incessante avidità di possesso
«In Italia e in Europa si muore di freddo. Sono una decina le persone morte nel continente per il freddo, e almeno due i senzatetto che hanno perso la vita, a Milano e a Ferrara, per il gelo che ha colpito il paese e non ha lasciato loro scampo».
“È moralmente accettabile vedere una persona finire ai margini della società dopo un fallimento, condurre una vita di stenti in solitudine e poi morire di freddo nell’abbandono? No, non è accettabile».
Lo scrive il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nel suo ultimo articolo dal titolo “Spina nel fianco” curato per la rubrica “Dialoghi” de Il Settimanale de «L’Osservatore Romano», consultabile sul sito: www.osservatoreromano.va.
Il richiamo a quanti «hanno responsabilità pubbliche» nei confronti di «questo esercito di fantasmi».
«La morte di un povero – evidenzia il cardinale – di solito non fa notizia. Soprattutto a ridosso delle elezioni politiche. Eppure lo spaccato sociale che emerge da questa realtà di emarginazione e disperazione non può non fare sorgere qualche interrogativo in ogni persona di buona volontà e in particolare in coloro che hanno responsabilità pubbliche. I derelitti, gli abbandonati delle nostre periferie, infatti, rappresentano un angolo visuale originale per guardare il mondo in cui viviamo. Sono una sorta di spina nel fianco della società opulenta, tra i bulimici desideri di benessere e l’incessante avidità di possesso. Possiamo far finta che non esistono, ma quei poveri sono sempre lì, davanti ai nostri occhi. Nelle stazioni ferroviarie, sotto le scalinate dei centri storici, sotto i portici delle nostre chiese. Ovunque ci sia un riparo. Queste persone rappresentano un piccolo popolo — circa cinquantamila secondo l’Istat, ma probabilmente sono di più — che vive ai margini della società in condizioni di degrado assoluto. Persone che sopravvivono come scarti umani tra i rifiuti urbani delle nostre città. Senza dubbio sono simboli viventi delle contraddizioni di una società che si considera matura, forte e ricca, ma che è popolata da questo esercito di fantasmi. Fantasmi non per tutti, però. Di queste persone si prendono infatti cura istituzioni locali e associazioni di volontariato d’ispirazione cristiana. Dietro si celano soprattutto storie ed esperienze di vita. Al presente di disperazione, spesso caratterizzato da alcolismo, malattie e solitudine si antepone in genere un passato caratterizzato da fallimenti lavorativi e familiari. Ogni volta che infatti riusciamo ad aprire uno squarcio nella vita di queste persone, veniamo a conoscenza di ferite profondissime che si sono portate dietro per anni e che gravano su di loro».
L’umanità ferita: un’intuizione e un insegnamento di papa Francesco nei primi cinque anni di pontificato.
«Ci troviamo di fronte, dunque, a quell’umanità ferita a cui ha fatto riferimento il Papa sin dall’inizio del suo magistero – sottolinea il porporato –. Un’intuizione e un insegnamento che assumono un significato esemplare proprio in questi giorni in cui si celebrano i cinque anni di pontificato. Nella omelia per la messa d’inizio del servizio papale, nella solennità di san Giuseppe, Francesco parlò di una “vocazione del custodire” che “non riguarda solamente noi cristiani” ma che è “semplicemente umana, riguarda tutti”, per “custodire l’intera creazione, custodire ogni persona, specie la più povera”».
La vocazione del custodire è una missione sociale e culturale.
«Oggi più che mai – sostiene Bassetti – queste parole s’incarnano nella vita quotidiana. La vocazione del custodire, infatti, non è solo un ideale di vita a cui tendere, ma è soprattutto un’esperienza da vivere concretamente e che può tradursi perfino in una missione sociale e culturale. Prendersi cura delle periferie delle nostre città, troppo spesso caratterizzate da un’anarchia sociale preoccupante, deve diventare un imperativo morale, prima che politico: uno slancio in cui combinare la difesa del creato, la cura delle città e l’impegno concreto verso i poveri».
Fornire una risposta concreta ai problemi da cui potrà nascere la classe dirigente del futuro.
«Solo fornendo una risposta concreta a questi problemi irrisolti – conclude il presidente della Cei – potrà nascere la classe dirigente del futuro. Le periferie sono lo specchio del paese e misurano il suo stato di salute. Proprio per questo i senzatetto uccisi dal freddo non devono lasciarci indifferenti. Non è solo un fatto di cronaca ma una realtà che parla all’Italia intera, interroga profondamente e chiama a un’assunzione di responsabilità comunitaria. È moralmente accettabile vedere una persona finire ai margini della società dopo un fallimento, condurre una vita di stenti in solitudine e poi morire di freddo nell’abbandono? No, non è accettabile».