le tante bufale sull’immigrazione

tutto quello che sapete sull’immigrazione è sbagliato

Siete terrorizzati dagli stranieri? Pensate sia un’emergenza? Avete la sindrome dell’invasione? Tranquilli, non sta succedendo nulla di tutto questo (soprattutto se non abitate in una grande città): bastano un po’ di dati e qualche esempio

Sadiq Kahn Linkiesta

Sadiq Kahn, immigrato pakistano di seconda generazione e attuale sindaco di Londra

È lo spettro che si aggira per l’Europa, perlomeno in questo scorcio di ventunesimo secolo. Parliamo dell’immigrazione, ovviamente, un processo che sta cambiando i connotati alle agende politiche, distruggendo partiti, alzando muri – o minacciando di farlo – là dove fino a pochi mesi fa c’erano frontiere aperte. A monte di tutto, una premessa che tutti o quasi danno per scontata: che si tratti di un’emergenza e che come tale vada trattata. Che “se mettiamo un muro, o l’esercito alle frontiere smetteranno di arrivare”. O che se “li aiutiamo a crescere a casa loro, smetteranno di partire”.

Ecco: spiacenti di deludervi. Ma no, niente di tutto questo ha senso. No, le migrazioni non sono un’emergenza. No, la gente non smetterà di partire, di muoversi, di arrivare, né se gli darete il pesce, e nemmeno se gli darete la canna per pescare. E no, peraltro, l’Europa è un continente che è solo tangenzialmente interessato dalla questione migratoria. E quando lo è, in modo significativo, la soluzione ai problemi dei migranti sono anche un’opportunità di sviluppo economico e sociale, oltre che un fattore di inversione demografica non irrilevante e fondamentale, per l’unico continente al mondo la cui popolazione decresce.

A dirlo sono i numeri. Più precisamente i numeri raccolti da un rapporto del World Economic Forum pubblicato il 25 ottobre, intitolato “Migration and its impact on cities”, le migrazioni e il loro impatto sulle città. Che smonta un bel po’ di luoghi comuni. E che ha il pregio, soprattutto, di inquadrare il problema da un punto di vista globale. Un rapporto delle cui numerose evidenze che emergono ne abbiamo scelte cinque.

Le migrazioni (e non la stanzialità) sono il futuro del mondo
No, dicevamo: le migrazioni non sono un’emergenza, ma una tendenza inesorabile e inevitabile che sta cambiando il modo in cui abitiamo il pianeta. Di fatto, la rappresentazione plastica di una parola come “globalizzazione” che molto spesso pronunciamo senza saperle dare un significato preciso. Mentre state leggendo questo articolo, nel mondo ci sono più di un miliardo di persone che sono emigrate o che stanno migrando: parliamo di un settimo della popolazione globale. Nello stesso momento, 66 milioni di persone hanno in animo di migrare nei prossimi dodici mesi. E 23 milioni tra loro si stanno gia preparando per farlo.

Se pensate che l’Europa sia immune da pulsioni migratorie siete fuori strada e di molto. Un abitante su cinque dell’Unione Europea, infatti, vorrebbe migrare da dove vive, sette punti in più rispetto alla media globale, poco meno degli abitanti del Nord Africa e del Medio Oriente devastati da miseria e carestie (22%)

I migranti vogliono andare nelle metropoli, non in Occidente
Se state già preparandovi con malta, mattoni e filo spinato, vi diamo una notizia: buona parte di quei migranti non stanno venendo da voi. Almeno, questo ci dice la storia recente: del miliardo di migranti, sono solo 244 milioni quelli che sono usciti dal loro Paese. I restanti 763 milioni di migranti si sono mossi per raggiungere un’altra area della nazione in cui già vivevano E come i nostri migranti degli anni ’50, si stanno muovendo per raggiungere le grandi metropoli del loro Paese. In Africa, dove la crescita urbana è undici volte superiore a quella delle città europee. In India, dove la migrazione interna è raddoppiata tra il 2001 e il 2011. E soprattutto in Cina, nei confini della quale ci sono più di 220 milioni di migranti diretti verso le metropoli della costa pacifica, quasi quanti se ne muovono da un Paese all’altro in tutto il resto del mondo. Sydney, Londra e New York, tanto per fare tre esempi, sono città in cui un terzo della popolazione è migrante. Una percentuale che supera addirittura il 62% a Bruxelles e l’83% a Dubai.

 

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Anche noi europei siamo migranti (o vorremmo esserlo)
Se è vero che ci si muove prevalentemente dalle campagne alle città, vuol dire che le migrazioni riguardano tutti, non solo gli abitanti dei Paesi poveri o in via di sviluppo. Quel che cerchiamo nelle metropoli ci accomuna tutti: la modernità, le opportunità economiche, l’emancipazione da un contesto culturalmente arretrato, una vita culturale più stimolante. Ad esempio, se pensate che l’Europa sia immune da pulsioni migratorie siete fuori strada e di molto. Un abitante su cinque dell’Unione Europea, infatti, vorrebbe migrare da dove vive, sette punti in più rispetto alla media globale, poco meno degli abitanti del Nord Africa e del Medio Oriente devastati da miseria e carestie (22%). Curiosità: il luogo nel quale ci sono meno persone che se ne vogliono andare – solo sette su cento – è il sud est asiatico.

 

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In Italia non c’è nessuna grande invasione
Dovreste già esserci arrivati da soli, se siete intelligenti: in Italia non ci sono molte metropoli e di conseguenza non c’è nessuna grande invasione. Per dire: la città italiana con più migranti al suo interno – interni o esterni che siano – è Milano, col 19% di popolazione che viene da fuori. Il resto è quasi ordinaria amministrazione: per i migranti che si spostano da una nazione all’altra, siamo l’undicesimo Paese di destinazione dopo gli Stati Uniti, la Germania, il Canada, il Regno Unito, la Francia, l’Australia, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, la Russia e la Spagna. E in percentuale sul totale della popolazione hanno più migranti di noi anche Paesi come l’Ucraina, la Svizzera, il Kazakhstan, la Giordania.

 

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I migranti spaventano chi non ce li ha
In Europa i migranti si muovono nel 61% dei casi verso le grandi città e solo il restante 39% si dirige verso città medie (25%) e aree rurali (14%). In altre parole, i migranti vanno in città come Parigi, in cui il Front National prende il 5% appena. O come Londra che ha eletto come sindaco il pakistano Sadiq Kahn. Non in Polonia o in Ungheria, che nemmeno compaiono nelle classifiche di destinazione dei migranti e nemmeno in tutta l’ex Germania Est, Berlino esclusa, in cui dominano le frange più estreme di Alternative fur Deutschland. In altre parole, gli “stranieri” spaventano chi non ce li ha. Meglio ancora: chi vive in campagna o nelle valli e ha paura dei migranti è come il bambino di città che ha paura dei lupi. Basterebbe dirglielo: tranquillo, non hanno nessuna intenzione di venire a mangiarti.

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le bufale smascherate dalla verifica

abbiamo preso le peggiori bufale sull’immigrazione e le abbiamo verificate

di Claudia Torrisi
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Negli ultimi mesi diverse testate avevano provato a sfatare alcune credenze e falsi miti sull’immigrazione. Ad esempio, facendo chiarezza sui numeri, era stato distrutto lo spauracchio ” invasione,” era stata smontata la bufala dei 30 euro al giorno ricevuti da ogni migrante—che, tanto per ricordarlo, è la cifra che va alle strutture di accoglienza, mentre ogni ospite riceve il lusso di 2,5 euro—o la storia delle case popolari e i vantaggi per gli stranieri a scapito degli italiani.

Dal momento che non c’è nulla di più eterno di una bufala, specialmente se razzista, queste convinzioni continuano a circolare indisturbate nonostante i sempre più numerosi articoli e precisazioni. Abbiamo quindi deciso di raccoglierne qualcuna tra quelle più diffuse in questo momento.

I MIGRANTI STANNO NEGLI HOTEL DI LUSSO (E SI LAMENTANO PURE)

Al di là dei casi di chi scambia un gruppo di turisti per profughi e lancia l’allarme, una parte della popolazione è fermamente convinta che a chi sbarca sulle nostre coste venga offerta una vacanza all-inclusive nelle strutture più esclusive del paese.

Effettivamente in Italia ci sono alberghi che ospitano migranti, la maggior parte delle volte in attesa che la richiesta d’asilo sia valutata. Diversa stampa ed esponenti politici non si sono fatti sfuggire l’occasione di costruire sopra questa circostanza storie secondo cui chi arriva non solo viene messo in hotel di lusso, ma se ne lamenta pure.

A maggio sono usciti vari articoli che raccontavano di una protesta di migranti assegnati a un hotel di Campiglia, in provincia di Livorno. Secondo quanto scritto inizialmente su alcuni siti e quotidiani, la struttura non sarebbe stata di loro gradimento perché sprovvista di wi-fi e tv, e non abbastanza vicina al mare. I migranti sarebbero dunque stati spostati in una nuova destinazione “un hotel dotato di più comfort,” “con piscina, wifi nelle camere e televisione.”

La notizia ha fatto il consueto giro del web fino alla precisazione della Questura, che ha chiarito che le lamentele non c’entravano nulla con le comodità, ma erano legate solo a motivi religiosi: “Per evitare di creare anche conflitti etnici sono stati trasferiti in quattro miniappartamenti di una struttura ricettiva a 100 metri di distanza.”

Un giornalista de Il Tirreno è andato dopo qualche giorno a trovare i migranti nella nuova struttura. L’articolo lascia intendere che facciano la bella vita e che si lamentino ancora, nonostante uno dei ragazzi intervistati racconti che si annoiano perché vivono lo stesso giorno da un anno e mezzo: “Chiediamo solo che ci diano i documenti che abbiamo chiesto per poter essere liberi di realizzare i nostri sogni in Italia. Qui, lontani dal centro del paese, siamo in trappola.” L’articolo prosegue obiettando che “i 13 africani potrebbero spostarsi dall’hotel; nessuno li trattiene o li osserva a vista,” salvo poi precisare che possono allontanarsi per tre giorni, dopo i quali il loro status di richiedenti asilo decade.  

A parte questo, ci sono stati altri episodi di proteste in strutture recettive. Le notizie sono poco verificabili, ma girando su internet si trovano presunte lamentele più varie e fantasiose, come le troppe auto in sosta nei pressi dell’albergo.

L’ospitalità negli alberghi fa parte del sistema dei cosiddetti Cas, cioè centri per l’accoglienza straordinaria: in situazioni di carenza di posti, infatti, i prefetti possono rivolgersi a strutture non propriamente dedicate a questo scopo per chiedere disponibilità a ospitare migranti. Gli hotel accettano specialmente in bassa stagione, dietro il pagamento dei famosi 30 euro a persona.

Diverse associazioni lamentano che l’unico requisito essenziale richiesto alle strutture in convenzione sia quello della disponibilità dei posti, con il rischio di improntare il servizio di ricezione solo al profitto. Lo scorso agosto a Tabiano Terme, i migranti sono stati tenuti letteralmente “imprigionati” dentro un hotel, con scarse cure mediche e senza soldi. Considerando anche che, ad esempio, un profugo non è un turista, e ha bisogno di avvocati, mediatori, assistenza. Pochi giorni fa, invece, all’ex Hotel Alpi di Bolzano le forze dell’ordine hanno sedato una sollevazione di migranti ospitati. La richiesta non era di una vasca idromassaggio, ma di “latte, beni di prima necessità e documenti.”

La maggior parte delle volte comunque, l’accoglienza negli alberghi è assolutamente ordinaria: un letto, un pasto e un posto dove lavarsi. Salvo poi far passare per lusso il fatto che vengano pulite le stanze e cambiata la biancheria, come in servizi televisivi di questo tipo.

A parte gli hotel, comunque, nei Cas rientrano anche altri tipi di strutture, come vecchi centri o casolari, dove le condizioni—senza alcun controllo—sono ben lontane dall’essere quelle di una vacanza.

I MIGRANTI VOGLIONO INTERNET
Collegata alla storia degli hotel c’è una delle pretese attribuite ai migranti: una connessione internet. Anche il caso di Livorno era stato fatto passare, inizialmente, esclusivamente per un problema di assenza di internet nell’hotel assegnato.

Qui non si tratta di bufale; è probabile che queste proteste si siano effettivamente verificate e che siano proprio quello che sembrano: richieste di collegamento a Internet. D’altra parte, se sbarchi in un paese straniero e lontano dopo un lungo viaggio in mare in cui rischi la vita, che necessità dovresti avere una volta arrivato di comunicare con il mondo?

A Taranto un gruppo di volontari ha fatto un’assemblea con i migranti ospiti del centro d’accoglienza della città da cui è emerso che una delle maggiori esigenze era un collegamento internet per tenersi in contatto con la famiglia lontana, che molti non sentivano da prima della partenza. Hanno fatto una colletta e comprato un modem, spendendo in tutto 100 euro.

FALSI PROFUGHI IN FUGA DA GUERRE CON LO SMARTPHONE

Sempre sul fronte comunicazioni, un cavallo di battaglia degli argomenti anti migranti è il fatto che questi avrebbero con sé uno smartphone, il che li renderebbe meno meritevoli di aiuto. Anzi, possedere un cellulare assume quasi una connotazione negativa.

Il sito SalernoNotizie (e anche altri), raccontando l’arrivo di 800 persone lo scorso settembre, parla di ” sbarco d’élite“: gli scafisti sono stati identificati grazie a foto sui cellulari dei migranti e “tutti avevano scarpe ed erano in ottime condizioni, tanto da scattarsi selfie non appena attraccati al molo.” Questo sbigottimento verso il possesso di un oggetto che era considerato da ricchi negli anni Novanta si ritrova un po’ ovunque come argomentazione che ” i poveri profughi” in realtà tanto poveri (e tanto profughi) non sarebbero.

Durante le proteste a Casale San Nicola a Roma, il vicepresidente di CasaPound Andrea Antonini denunciava che a bordo del pullman che portava i migranti al centro di accoglienza”non sembravano esserci siriani o eritrei in fuga dalla guerra ma immigrati nordafricani sulle cui facce più che devastazione abbiamo visto sberleffo: dito medio alzato e smartphone alla mano per riprendere i residenti a piedi mentre loro percorrevano la strada che li portava al centro di accoglienza nell’autobus con l’aria condizionata.” Di queste immagini, tuttavia, non c’è traccia.

Alessandro Gilioli, nel suo blog su L’Espresso, fa notare che un cellulare di un certo tipo è necessario, per esempio perché “attraversare il deserto del Sudan e della Libia senza telefonino equivale a votarsi al suicidio sicuro.” Inutile dire che chi scappa da una guerra non è detto sia nulla tenente, ma tralasciando questo, mi sembra che nel 2015 l’equazione ho uno smartphone – non mi manca niente non funzioni proprio benissimo.

Il sito Articolo21 ha ripreso recentemente una riflessione pubblicata sul sito di un’organizzazione no profit impegnata in Africa su come gli occidentali vedono i migranti, in particolare quelli che riconoscono come rifugiati: trovano “difficile conciliare le immagini di giovani eritrei o siriani in fuga dalla violenza, dall’oppressione o dalle brutali guerre civili con un concetto apparentemente opposto di quegli stessi individui che utilizzano Facebook, Twitter o smartphone.” Secondo l’analisi, dunque, un vero rifugiato è chi “soffre in modo permanente,” perdendo compassione ed empatia quando si comporta “non da vittima.”

Nei giorni scorsi la questione smartphone è stata sollevata anche da un consigliere comunale di Pordenone che ha denunciato il bivacco dei migranti tra i giochi dei bambini nei parchi della città, “passando le giornate a usare cellulari e tablet,” come cittadini qualunque.

LE PROTESTE PER IL CIBO “NON GRADITO”

Una delle bufale più longeve riguarda i migranti che buttano via i pasti serviti nei centri accoglienza. Era una storia creata ad hoc dai soliti siti con una foto a caso di cibo ancora imballato posizionato accanto ai cassonetti, corredata da didascalie sul luogo—la prima riguardante il centro di accoglienza di Trapani.

La notizia è girata parecchio su internet—tanto che l’articolo originale vanta 10 mila like su Facebook—anche dopo che diversi siti avevano verificato che in tutti i casi si trattava di una bufala (ad esempio sottolineando il fatto che i pasti ritratti erano già scaduti).

In questi giorni, invece, si sente spesso parlare di migranti che si lamentano per il cibo servito. Lo scorso giungo a Valledoria, vicino Sassari, 88 ospiti di un’ex casa di riposo hanno manifestato rifiutando i pasti e dormendo all’esterno dell’edificio. Molti giornali hanno subito parlato di protesta dei migranti per il cibo ” non di loro gradimento“: “una situazione che ha del paradossale e che, nell’assurdità dei suoi contorni, delinea l’altra faccia dell’immigrazione: quella che certamente non rimanda a immagini di disperazione.”

Anche l’Ansa inizialmente ha dato la stessa motivazione alla sollevazione, salvo poi correggere il tiro: i migranti protestavano per il cibo scarso in quantità e per la mancata corresponsione del pocket money—come era possibile evincere già dai cartelli ritratti in foto. Sempre a giugno al centro di Bresso, vicino Milano, c’è stata un’altra sollevazione “per il cibo.” In fondo ai numerosi articoli dedicati alla vicenda, però, si legge: “Proteste anche per le precarie condizioni degli alloggi e il sovraffollamento, disagi acuiti dal caldo torrido di questi giorni soprattutto all’interno delle tende che sono quasi invivibili.”  

Un’altra situazione simile si è verificata pochi giorni fa al centro di accoglienza di Cairo Montenotte, in provincia di Savona. Il Giornale parla di lamentele per “cibo da vecchi” perché cucinato nella vicina casa di riposo che è stata “assaltata dai migranti.” Il sito da cui parte la notizia, però, SavonaNews, non parla né di assalto, né di “cibo da vecchi,” ma solo di pasti restituiti perché “non graditi.” Che significa tutto e niente.

L’ultimo episodio del genere in ordine di tempo si è verificato a Padova, dove anche il sindaco Massimo Bitonci ha denunciato le proteste dei migranti “per vitto e alloggio a carico nostro”—dove per alloggio si intende una tendopoli che un ragazzo ghanese si è azzardato a definire “troppo calda.”

POTREBBERO VENIRE IN AEREO, MICA SONO TUTTI PROFUGHI

 

Un argomento diffuso sul tema immigrazione è che se queste persone possono permettersi un viaggio di diverse migliaia di euro in mare invece di spenderne poche centinaia per prendere un aereo, o sono poco furbe o così tanto povere non sono.

Considerato che una grande quantità di chi arriva in Italia lo fa via terra e non via mare—nel 2008, secondo il Ministero dell’Interno erano solo il 12% degli ingressi, mentre il 73 percento arrivava con visto turistico dagli aeroporti—si imbarca solo chi non ha altra scelta. Per fare domanda di asilo politico o umanitario bisogna essere presenti fisicamente nello stato; non si può agire tramite ambasciate, né ottenere un permesso temporaneo per andare a chiedere protezione. Alla maggior parte dei cittadini extra Ue per salire su un aereo per l’Europa è richiesto di possedere un visto, il cui ottenimento è costoso, a volte complicato se non impossibile.

Circa un mese fa il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha affermato che “i rifugiati hanno uno status che è riconosciuto a livello internazionale, gli altri sono migranti che potrebbero farsi le carte, prendersi un aereo e venire qua con l’aereo. Siccome magari non hanno i soldi o per loro è normale imbarcarsi sul barcone dalla Libia fanno questa procedura.” E questa distinzione tra rifugiati degni di pietà e semplici migranti indegni, tra l’altro, è emersa più volte negli ultimi tempi.

Come ha ricostruito il Redattore Sociale, non esiste un solo di tipo di protezione. Oltre al richiedente asilo e al rifugiato—status riconosciuto a chi ha “giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche”—c’è chi ottiene la protezione sussidiaria perché in caso di rimpatrio sarebbe in serio pericolo a causa di conflitti armati, violenza o per situazioni di violazioni massicce dei diritti umani.

Infine c’è la protezione umanitaria, concessa a chi non rientra nelle altre categorie ma viene comunque reputato come soggetto a rischio per gravi motivi di carattere umanitario.

EBOLA, SCABBIA E ALTRE MALATTIE MEDIEVALI

Superata la psicosi Ebola—nonostante l’epidemia, invece, non sia per niente conclusa—è arrivato l’allarme scabbia (e malaria e altre malattie), specialmente con la situazione verificatasi lo scorso giugno nelle stazioni di Roma e Milano con la chiusura delle frontiere.

Nonostante da mesi si ripeta che non esiste nessuna emergenza— nel 2015 i casi di scabbia rilevati dai medici di confine negli sbarchi degli immigrati sono circa il 10 percento— la psicosi si è propagata. Tanto che il sindaco di Alassio ha emanato un’ordinanza che vieta l’ingresso agli stranieri senza certificato medico. Accusato di razzismo, il primo cittadino si è giustificato dicendo che “avendo avuto casi di scabbia a 50 chilometri da qui, ci siamo spaventati” e che il provvedimento sta facendo effetto: “Il numero è calato in modo esponenziale. Come ci vedono scappano, per paura che qualcuno gli chieda il certificato medico.”

Il punto, probabilmente, era allontanare, utilizzando lo spauracchio delle malattie, i migranti dalla località balneare. Non si sa mai, come ha spiegato il sindaco di Jesolo, che possano creare problemi perché non sono abituati a “vedere donne in bikini.”  

Esattamente come nel caso del falso allarme tubercolosi dell’anno scorso, anche la scabbia non viene portata dai migranti, i cui problemi di salute principali all’arrivo in Italia sono ben diversi: ferite, disidratazione, segni di torture che hanno subito durante il viaggio, come bruciature da mozziconi di sigarette.

A ogni modo, nei paesi moderni la scabbia non è stata debellata e, a dir la verità, non è neanche una vera malattia: è un’infezione della pelle causata da un parassita presente in tutto il mondo, specialmente quando ci sono condizioni igieniche precarie. Insomma, non si tratta—come ha detto qualcuno—di “malattie oramai sconfitte in Italia contro cui non abbiamo più difese.”

 

sulle bufale sui rom

“rubano solo, non vogliono integrarsi”

Germano e Piotta smontano le bufale sui rom

 “Lo sapevate che in Italia c’è una delle percentuali di rom più basse di tutta Europa? Che solo uno su cinque vive nei campi? Che la metà ha cittadinanza italiana, con punte del 90 per cento? Che solo il 3 per cento dei rom è nomade?”

Così l’attore Elio Germano e il rapper Piotta rispondono ai pregiudizi sui Rom in un video (vedi qui sotto) a sostegno della campagna di raccolta firme “Accogliamoci”. Un’intervista doppia per sfatare, con simpatia e ironia, luoghi comuni tra i più resistenti e invitare i cittadini a firmare per il superamento dei campi rom e la riforma dei centri per migranti a partire da Roma.

 

Elio Germano e Piotta sono i tra i sottoscrittori delle proposte di delibera popolare lanciate da Radicali Roma, promosse da un ampio comitato di associazioni e organizzazioni e sostenute da personalità come Emma Bonino, Luigi Manconi, Giuseppe Civati. “Con le nostre delibere popolari per il superamento dei campi rom attraverso i percorsi di inclusione e la riforma dell’accoglienza ai rifugiati la Capitale può diventare capofila di una riforma realizzabile anche in altre città di Italia, per mettere fine una volta per tutte la politica dei ghetti”, spiegano Riccardo Magi, presidente di Radicali Italiani e consigliere comunale a Roma, e Alessandro Capriccioli, segretario di Radicali Roma. “Si tratta di proposte chiare e fattibili su due temi che si sono rivelati drammaticamente centrali nel malaffare emerso con ‘mafia capitale’. Attraverso percorsi facilmente monitorabili, con tempi e tappe certe, offriamo l’occasione di superare un sistema fallimentare che  – continuano i Radicali – produce tensioni sociali, crea terreno fertile per le più becere strumentalizzazioni politiche e che ha favorito sprechi e guadagni illeciti”. Il comitato Accogliamoci è composto da Radicali Roma, A Buon Diritto, Arci Roma, Asgi, Associazione 21 Luglio, Cild, Possibile, Un Ponte Per e ZaLab.https://www.youtube.com/watch?v=c0PE26-YL8A

 

 

 

bufale leghiste

i «30 euro al giorno» e tutte le altre bufale sui migranti

 

compreso il famigerato “pericolo scabbia” e l’inutile allarmismo sulla requisizione degli appartamenti dei privati cittadini per sistemare i profughi

I «30 euro al giorno» e tutte le altre bufale sui migranti
 
L’emergenza migranti degli ultimi giorni, con centinaia di profughi accampati nelle principali stazioni italiane e in quelle di frontiera in attesa di poter partire verso gli alti paesi europei, ha fatto tornare sulla cresta dell’onda alcune bufale e notizie false sull’assistenza agli immigrati. Su tutte c’è la bufala dei famosi 30 euro al giorno dati a ogni migrante arrivato in Italia che, come già stato chiarito in più di un’occasione, non riceve direttamente quei soldi ma vengono erogati alle strutture di accoglienza che ospitano i profughi.

immigrati bufale

LE BUFALE SUI MIGRANTI

Quella dei 30 euro al giorno agli immigrati – che chiariremo meglio tra poco – non è l’unica falsa notizia che è circolata negli ultimi mesi: quasi tutte le bufale hanno a che fare principalmente con questioni legate a una presunta assistenza economica fornita dallo Stato ai migranti ma, alla luce degli ultimi sviluppi, non mancano nemmeno false notizie su emergenze mediche, come l’allarme scabbia.

I 30 euro al giorno agli immigrati che arrivano in Italia:

Una bufala che ha cominciato a girare nell’autunno del 2014, e che vedrebbe ogni immigrato ricevere 30 euro al giorno non appena messo piede sul suolo italiano. Una questione chiarita in diverse occasioni da Mario Morcone, capo del Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione del ministero dell’Interno, che aveva spiegato come quei 30 euro pro-capite vengano versati ai centri di prima accoglienza che ospitano i richiedenti asilo e che lo stato sovvenziona in base al numero delle persone che ospita. «La verità è che ricevono 2,5 euro al giorno – aveva detto Morcone – Il resto va alle strutture che forniscono i servizi». Due euro e cinquanta che i richiedenti asilo utilizzano per chiamare i parenti o provvedere alle piccole necessità quotidiane.

I 2000 euro al mese (gratis) agli immigrati:

Sempre lo scorso autunno – ma questa notizia si è riproposta anche in seguito variando in alcuni particolari – aveva cominciato a girare la notizia che la Provincia di Trento erogherebbe alle famiglie di extracomunitari 2000 euro al mese “gratis”, ovvero senza che nessun membro delle famiglie in questione svolgesse alcuna attività lavorativa e senza il pagamento delle varie tasse comunali. La storia era circolata su Facebook con un volantino fotografato che sottolineava come le famiglie di immigrati ricevessero questi soldi «senza lavorare». In realtà, come già scrivevamo lo scorso ottobre, si tratta di una bufala: non soltanto perché la Provincia di Trento fornisce aiuti economici a tutte le famiglie che ne hanno bisogno (e cioè anche a quelle italiane), ma sopratutto perché 2000 euro è il tetto massimo della cifra erogabile in presenza di tutti i requisiti richiesti:
[…] il volantino mescola diversi contributi che non hanno come destinatari “gli extracomunitari”, ma qualsiasi famiglia che abbia i requisiti richiesti, che variano per ogni contributo, rendendo altamente improbabile che in capo a una sola famiglia possano andarsi a concentrarne tanti, che nel volantino sono calcolati sempre al valore massimo.

Gli immigrati mangiano i cani di Lampedusa:

Questa bufala risale all’ottobre 2013, pochi giorni dopo il primo grande naufragio del 3 ottobre dove persero la vita quasi 400 migranti che si trovavano su un barcone a pochi chilometri dalle coste di Lampedusa, una tragedia che riaccese improvvisamente i riflettori sull’isola a sud della Sicilia e sull’emergenza sbarchi. Dopo poco tempo su Facebook si diffuse la notizia che i profughi, per sfamarsi, avrebbero cominciato a mangiare i cani dei lampedusani. Si trattava chiaramente di una bufala, supportata addirittura da un video che girava sul web dal 2011 e che non aveva nulla a che vedere con Lampedusa, ma che fu ripreso da Quotidiano Nazionale che diffuse la notizia senza prima verificarla.

L’epidemia di scabbia:

Di “allarme scabbia” si è parlato molto negli ultimi giorni, in seguito alle notizie che hanno cominciato ad arrivare dalle stazioni di Milano Centrale e Roma Tiburtina, dove i migranti sostano in attesa di poter partire per gli altri paesi europei. La scabbia è una malattia contagiosa della pelle che deriva da un parassita che si annida sotto la pelle. Si tratta di una delle malattie tipiche della povertà e il parassita si trasmette stando a stretto contatto con persone contagiate. Attraversare una stazione o sedersi su una sedia dove si è seduta una persona malata di scabbia non rappresenta un rischio di contagio, anche perché il parassita sopravvive soltanto poche ore lontano dall’organismo umano. Alcuni migranti sono malati di scabbia l’allarme contagio purtroppo, riguarda più che altro i gruppi di profughi che stanno a stretto contatto per lunghi periodi, favorendo il passaggio del parassita Una volta isolati i vari casi, la scabbia si cura abbastanza facilmente con pomate apposite. Nonostante questo, in molti hanno parlato di allarme scabbia come di un problema che riguarda la cittadinanza.

Gli appartamenti sfitti dei privati espropriati dallo Stato per ospitare i migranti:

Anche in questo caso si tratta di una bufala ricorrente, che torna in auge ogni volta che le cronache parlano con una certa enfasi dell’emergenza migranti e che vedrebbe il ministero dell’Interno pronto a dare l’ordine alle Prefetture delle varie città di espropriare le case vuote dei privati cittadini per ospitare i migranti. L’ultima volta che questa notizia è tornata a circolare è stato lo scorso aprile, facendo riferimento a una circolare del Viminale firmata da Mario Morcone, direttore del Dipartimento Immigrazione del Viminale. Come spiegava un paio di mesi fa bufale.net, tuttavia, questa circolare non risulterebbe rintracciabile ma le varie testate giornalistiche ne hanno riportato alcune parti del contenuto in cui si legge che «non si esclude la possibilità che i prefetti ricorrano a misure drastiche pur di reperire strutture disponibili». In realtà, sebbene la legge preveda la possibilità di una requisizione temporanea di beni mobili e immobili dei privati cittadini per «gravi e urgenti necessità pubbliche, militari o civili» (Requisizione temporanea, non esproprio definitivo NdR) quella di collocare i migranti negli appartamenti sfitti è un’ipotesi remota e altamente improbabile visto che, nella circolare, si farebbe riferimento all’utilizzo di tende e caserme come sistemazioni temporanee.
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