i centomila nomi di un campo nomadi

‘campo nomadi’

i 25 nomi di una realtà innominabile

 di
Presidente Associazione 21 luglio
Campo Nomadi

Secondo il Corano è impossibile arrivare a una definizione di Dio che lo contenga nella sua essenza. Ciò che resta è cercare una parola, necessariamente incompleta, che ne indichi una parte e che ne mostri un riflesso della realtà. I 99 nomi di Allah rappresentano quindi il tentativo umano, limitato e parziale, di codificare una realtà divina nella sua pienezza.

Nella nostra esperienza quotidiana sono molteplici le realtà, divine e umane, che rientrano nella categoria dell’indefinibile. Tra queste troviamo quella discussa e contrastata del “campo nomadi”, che nominiamo in maniera diversa a seconda dell’aspetto che di esso vogliamo sottolineare. Il “campo nomadi” è all’interno della visione simbolica del margine, esiste perché esiste un confine, fisico e mentale, che lo circoscrive, rappresentando uno strappo invisibile del tessuto urbano, una ferita aperta nella periferia delle nostre città. Giuridicamente è una zona grigia, un’enclave del non diritto dentro un quadro giuridico nel quale emerge come un buco nero. E’ progettato e gestito in nome della legalità, ma dalla legalità si allontana per i diritti che al suo interno vengono violati; è transitorio, ma poi si trasforma in permanente; è un camping attrezzato, dove però mancano i servizi essenziali; è un’area per concentrare gli “zingari”, ma poi al suo interno scopriamo esserci cittadini italiani.

Per tale ragione sono molti e inutili i tentativi degli amministratori di inchiodarlo ad una parola istituzionalmente riconosciuta adeguata. Ne ho individuate almeno venticinque; venticinque modalità con cui, da nord a sud, gli amministratori locali hanno cercato di dare nome a qualcosa di istituzionalmente sfuggente.

Il “campo nomadi” di Collegno, Vicenza e Barletta, altro non è che il “campo nomadi di sosta prolungata” di Tortona. A Cosenza l’insediamento sgomberato a Vagli Lise è stato nominato per anni dagli amministratori con un nome politicamente corretto: “campo rom”. Al di là della tipologia molte amministrazioni hanno ancorato il “campo” alla romantica visione del viaggio. Sul territorio comunale di Arezzo insiste un “campo di transito per popolazioni nomadi”, che a Torino diventa “area sosta per nomadi” e nella Provincia Autonoma di Bolzano “villaggio per nomadi”. Il medesimo luogo viene chiamato a Castelfranco “micro-area sosta provvisoria per nomadi”, a Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza, “area destinata alla popolazione nomade”, “area sosta per comunità di nomadi” a San Lazzaro di Savena e, a Verona, “area sosta attrezzata per nomadi/sinti”.

Alcuni Comuni hanno preferito sostituire il termine “campo” con quello più ibrido di “area” e quindi i rom della Bologna vivono in “microaree”. A Seriate una famiglia rom vive in una “microarea permanente” ideata da una giunta di centro-destra che per quella di centro-sinistra di Modena diventa più semplicemente “area sosta”, “area di transito” in alcuni Comuni dell’Emilia Romagna, per trasformarsi in “area di transito attrezzata per la sosta temporanea” nella maggioranza dei comuni padani.

Le macro definizioni restano quelle di “campo” – che a Roma può essere “tollerato” o “non attrezzato”, “consolidato” a Milano” e di “sosta” a Lecce – o di “villaggio”. Questo termine, particolarmente bucolico è diffuso a macchia di leopardo sul territorio italiano. Nelle delibere romane si parla di “villaggio della solidarietà” (con giunte di sinistra) o di “villaggio attrezzato (con giunte di destra) mentre a Torino, quando si costruì l’insediamento di via Germagnano nel 2004 il Comune parlò ambiziosamente di “villaggio residenziale”.

La fantasia degli amministratori trentini è ferma a “villaggio sinti e rom” mentre in Toscana, dove ci si batte il superamento, si è arrivati alla presenza di “micro villaggi”. A Nicastro, in Calabria, c’è un insediamento riservato a cittadini rom italiani presenti in Italia di cinque secoli. Sembra comprensibile che per loro il Comune abbia auto la lungimiranza di costruire un “villaggio di prefabbricati”!

Dietro questi venticinque nomi, tuttavia, si nasconde un’unica realtà. Quella del ghetto etnico racchiuso all’interno di una recinzione metallica che marca il confine visibile tra chi abita l’insediamento e chi vive al di fuori. Quella di una vergogna che è tutta italiana e che non troviamo neanche il coraggio di chiamare per quello che è.

il no del sindaco alle ‘casette in legno’ per i sinti

 

Tambellini blocca la riqualificazione del Campo nomadi

 

«Ritengo che sia il momento di sgombrare il campo da tutte le ipotesi più o meno fantasiose che ho letto sugli organi di stampa a proposito del campo di accoglienza, erroneamente definito ‘Campo nomadi’»

«Non ci sono le condizioni tecniche, urbanistiche e finanziarie per proseguire con questo progetto»

 

A parlare in una nota diffusa alla stampa è il sindaco di Lucca Alessandro Tambellini. «L’ipotesi di intercettare un finanziamento regionale ad hoc per riqualificare l’area attualmente utilizzata come campo di transito e per dotarla di strutture destinate all’accoglienza provvisoria è stata attentamente vagliata dall’Amministrazione.

Dopo aver appreso tramite gli uffici comunali dell’esistenza di una linea di finanziamento regionale a ciò specificatamente destinata ho dato mandato agli uffici competenti, che ringrazio per l’ottimo lavoro fatto, di esplorare la fattibilità e gli eventuali costi dell’operazione. Questo perché ritengo che la decennale vergogna del grave livello di degrado raggiunto dalle aree sulle quali oggi insistono i campi nomadi del nostro territorio andasse risolta una volta per tutte in modo strutturale. Fino ad oggi, infatti, tutte le Amministrazioni che si sono succedute hanno accuratamente fatto finta di non vedere la situazione presente a due passi dalle mura urbane e nel bel mezzo del parco fluviale.

Per questo motivo, ho ritenuto fosse doveroso studiare la questione per valutare se l’opportunità del finanziamento potesse rappresentare l’occasione giusta per riqualificare l’area. Tuttavia, dalle analisi fatte è emerso che, allo stato, non ci sono le condizioni tecniche, urbanistiche e finanziarie per proseguire con questo progetto.

Ciò detto, non intendo nascondere che resta irrisolto un problema che, comunque non può più continuare ad essere ignorato. Purtroppo, spesso la discussione su questo tema trascende e compaiono toni forti e polemici che raggiungono talvolta il livello della discriminazione, facendo perdere di vista la vera criticità. Tutte le città che hanno affrontato scelte innovative su questi temi hanno impegnato energie e lunghi periodi di sperimentazione, ma è su questo che si qualificano le politiche di inclusione e coesione sociale. Manterremo quindi un confronto aperto su questi temi econclude il primo cittadino – invitiamo la città, in tutte le sue articolazioni, a passare ad un livello propositivo e a collaborare con l’amministrazione per risolvere quello che è un problema di tutti».

@loschermo

ma l’assessore cerca una soluzione

Il sindaco cancella il progetto casette, ma la Vietina convoca per oggi la maggioranza con un consulente esterno

Lucca, 30 dicembre 2013

RETROMARCIA innestata. Almeno per ora. Anche perché il rischio di trovarsi nell’ennesimo vicolo cieco politico era davvero alto. Il sindaco Tambellini, sulla contestatissima vicenda delle casette in legno per i nomadi di via delle Tagliate, stretto dalle polemiche di queste settimane, ha preferito dare l’alt, affermando che per il progetto non ci sono le condizioni tecniche, urbanistiche e finanziarie, per quanto la Regione si fosse dichiarata disponibile a stanziare circa 7-800mila euro. Segno che sarebbe costato molto di più.

E sarebbero stati soldi di palazzo Orsetti. In realtà su questa ipotesi si erano addensate anche le riserve di tanti esponenti della maggioranza, pronti a mettere in discussione la scelta nel Consiglio del 7 gennaio prossimo. Il sindaco ha però aggiunto che il problema resta irrisolto. Come a dire che la questione non finisce qui, lasciando spazio a nuove soluzioni.
«TUTTE le città – ha spiegato Tambellini – che hanno affrontato scelte innovative su questi temi hanno impegnato energie e lunghi periodi di sperimentazione, ma è su questo che si qualificano le politiche di inclusione e coesione sociale. Manterremo quindi un confronto aperto su questi temi e invitiamo la città, in tutte le sue articolazioni, a passare ad un livello propositivo e a collaborare con l’amministrazione per risolvere quello che è un problema di tutti».
PER ORA è sicuramente un problema della sua maggioranza, che sul tema appare molto divisa. Nonostante il vice sindaco Ilaria Vietina si sia spesa e si stia spendendo in prima persona. Vietina, però, non si dà per vinta. Per oggi pomeriggio ha infatti convocato in tutta fretta un tavolo aperto a tutti i consiglieri comunali di maggioranza e agli assessori.

Non nasconde che le posizioni sul tema sono molto differenziate, arrivando a parlare di «orizzonti culturali» molto diversi nella stessa maggioranza che sostiene il sindaco. Ecco allora un incontro di approfondimento per creare un gruppo di lavoro in grado di arrivare a una nuova proposta sul tema. E per farlo l’assessore chiama un esperto sulla tematica nomadi. Sergio Bontempelli, ex Democrazia Proletaria, poi in Rifondazione Comunista e Collettivo Studentesco, ora impegnato sui temi dell’immigrazione e particolare attenzione per Rom e Sinti.

A Pisa, Bontempelli si è impegnato in alcune vertenze proprio per il diritto alla casa per i Rom. Vietina, dunque, prova a rilanciare, dopo aver ottenuto una sorta di via libera da Tambellini a ripartire da zero su un tema che ha scatenato una raffica di posizioni contrarie in città.  

Fabrizio Vincenti

l’assessore Vietina ormai l’ha presa di petto, meglio a cuore, e va avanti costi quello che costi, anche la contrapposizione al Sindaco, realizzando immediatamente una riunione di tutti i consiglieri comunali della maggioranza e degli assessori competenti, anche se la fretta nel convocarla durante queste feste ha permesso la presenza di pochissimi all’incontro col Bontempelli:

Nomadi, l’assessore Vietina va avanti. Martinelli attacca: «Aiutate i lucchesi»

Pochi alla riunione per studiare soluzioni alle Tagliate

ancora polemiche per il ‘campo sosta’ di Lucca

Al campo Rom altri 25mila euro, ma scoppia la polemica

Servizi sociali, in conferenza dei sindaci solo l’assessore di Altopascio vota contro

Andranno al campo nomadi di Lucca i 25mila euro residui di fondi regionali destinati alle Case della salute. La destinazione è stata decisa dal Comune di Lucca e approvata con il solo voto contrario di Elena Silvano, assessore comunale ad Altopascio con deleghe a servizi sociali, tutela della famiglia, integrazione, pari opportunità e sanità. Sul suo profilo Facebook, la Silvano ha reso pubblica la vicenda. «Situazioni familiari sempre più difficili. Ogni mattina — scrive — incontro persone che piangendo e con vergogna mi raccontano di sfratti, utenze sigillate e di non sapere come fare a fare la spesa. Il Comune c’è e c’è il volontariato ma non basta. Quasi sempre ci sono bambini in queste famiglie o persone anziane con la pensione minima che basta appena appena per mangiare e pagare le bollette. E poi mi chiedono perché in Conferenza dei sindaci ho votato contro (l’unica in rappresentanza di Altopascio) tra i Comuni della Piana all’utilizzo di un residuo di 25.000 euro di fondi da usare per la Piana di Lucca che il Comune di Lucca ha voluto fortemente destinare al campo Rom. Comprendo le ragioni di dignità umana ma in una situazione di emergenza come quella odierna in cui chi ha scelto l’Italia come luogo dove vivere, pagare le tasse e crescere la propria famiglia ha perso i punti di riferimento forse bisognerebbe cercare di dare una boccata di ossigeno prima a queste famiglie».

da ‘la Nazione’ del 16.12.2013

da ‘campo nomadi’ a ‘grande contenitore di disagio’

 

«Strutture abitative per nomadi tra cimitero e campo Coni»

L’assessore regionale Allocca conferma il progetto allo studio

Controlli alle Tagliate

riproduco qui sotto l’ articolo  comparso sul sito de ‘la Nazione-Lucca’ sulla trasformazione dell’area di transito che da decenni ospita sinti e rom
può anche prendere le mosse  da un’intenzione positiva questo progetto di dotare di casette in legno il ‘campo nomadi’ o ‘campo di transito’ situato tra il cimitero urbano e il palazzetto dello sport, e in quanto tale non può che essere guardato  con favore, ma …
in più di trent’anni ho sempre costatato una cosa: si discute su di loro, si progetta su di loro, ‘per il loro bene’, ma sempre senza di loro, sempre sulle loro teste … ‘loro’ sono , evidentemente, i sinti, i rom, gli zingari, anzi pudicamente ‘i nomadi’ (che sono a Lucca da circa 30-40 anni) le cui personali esigenze, problemi, richieste poco interessano
proprio ieri ho giocato a lungo coi loro bambini e ho chiesto loro cosa ne pensassero di questo progetto: non ne hanno neanche sentito parlare
saranno contenti quando vedranno che l’area del ‘campo’  dove elaborano la loro vita coi propri gusti, criteri culturali, e coi propri stili di vita (pur con tanti disagi a motivo delle strutture igieniche fatiscenti) avrà subito una radicale trasformazione  e sarà diventata, ancorché migliorata in queste strutture, un grande contenitore, di disagio sociale, di situazioni problematiche, in un “campo di raccolta per persone immigrate da paesi del terzo e quarto mondo”?
chi ci dà il diritto di considerarli o, strumentalmente, come ‘nomadi’ (dopo aver loro precluso normativamente ogni possibilità di vita nomade, piegandoli di fatto ad una sedentarietà forzata) in modo da concludere: dunque vadano via o passiamo mandarli via; o riduttivamente e ingiuriosamente come dei ‘poveracci’ nei cui confronti progettare un assistenzialismo a prescindere da tutto ciò che in realtà sono  nei loro stili di vita, nelle loro tradizioni, cultura, bisogni, esigenze, spesso molto personali?
anche loro hanno il piacere, come ciascuno di noi, di poter dire: ‘a casa mia’ faccio le cose come voglio io, non come vogliono gli altri, fosse anche l’amministrazione pubblica e … ‘per il loro bene’

Lucca, 10 novembre 2013 

Via delle Tagliate: non chiamatelo più campo nomadi, per favore. Quell’area accanto al cimitero urbano, in futuro, potrebbe divenire un vero e proprio campo di accoglienza. Da temporaneo a definitivo: al servizio non solo dei rom, ma anche di tutti coloro che, in futuro, ne avessero bisogno. Parola dell’assessore regionale al Welfare Salvatore Allocca, che fa il punto sul futuro del più grande campo nomadi cittadino, una vera e propria fucina di problemi sociali, ma anche di ordine pubblico: basti pensare al numero delle persone agli arresti domiciliari presenti nel campo che si incastra tra il camposanto monumentale e il campo Coni. Da giorni in città monta polemica sul futuro dell’area e sul possibile progetto, finanziato con soldi dell’Unione Europea che giungerebbero attraverso la Regione, per trasformare radicalmente il campo. Da campo di transito, per quanto di transito, come detto, non lo è mai stato, a un vero e proprio insediamento abitativo permanente con casette in legno a un piano.
Pagate naturalmente con i soldi pubblici: 7-800 mila euro arriverebbero dalla Regione, via Europa; ne servissero di più, ecco che allora ci sarebbe da capire se il Comune dovrà mettere mano al portafoglio. «Il progetto, che vede un qualcosa di simile anche a Pistoia – spiega l’assessore Allocca – nasce all’interno delle linee europee di inclusione delle popolazioni rom, ma non solo di esse. Anche a Lucca stiamo provando a realizzare un campo di accoglienza che non sia destinato esclusivamente alla popolazione rom, che così com’è, ci sono stato nel giugno scorso, è davvero malmesso. Vogliamo provare a realizzare una struttura abitativa che non ghettizzi e che, come detto, non sia solo per i rom. Una struttura del genere, domani, potrà essere a disposizione di altri soggetti in difficoltà. Vanno chiariti comunque gli aspetti urbanistici». Già, il domani potrebbe riservare dunque nuovi arrivi. Per quanto, come confermato dall’assessore Vietina, il progetto, nell’immediato è destinato agli attuali abitanti del campo. Ma se questi, come del resto sta avvenendo progressivamente a causa dei punteggi elevati che raccolgono nelle graduatorie, dovessero risultare assegnatari di appartamenti di edilizia residenziale pubblica? Il loro posto verrebbe preso con ogni probabilità da altri. Questo è quello che in molti temono.
Il campo nominalmente temporaneo, a quel punto, diverrebbe formalmente definitivo, andando ad ospitare altre situazioni di disagio. Un terreno delicato, per certi versi minato. E non a caso sull’argomento anche in alcuni settori della maggioranza si registrano perplessità. Impiegare altro denaro pubblico, perché di questo si tratta a prescindere dalla sua provenienza, dopo tutto quello già impiegato, ultimi i 70 mila euro per il rifacimento delle piazzole e i contatori dell’acqua, fa storcere il naso. Senza considerare che di fatto si rende permanente una struttura che, piaccia o meno, è in qualche modo un coacervo di marginalità. Ma le obiezioni di natura politica non sono le uniche. Anche da un punto di vista urbanistico il progetto non appare dei più semplici. Siamo praticamente nella zona cimiteriale, a un passo dal fiume e nel punto di ingresso di quello che sarebbe il parco fluviale.
I vincoli non paiono così semplici da essere superati. Sicuramente servirebbero delle varianti urbanistiche. Per ora, a Palazzo Orsetti, si stanno limitando a una prima panoramica della situazione, come conferma l’assessore all’Urbanistica Serena Mammini. «Ce ne siamo interessati, al momento, solo in un incontro — spiega — per capire quali potrebbero essere le difficoltà, da un punto di vista urbanistico, derivanti dalla realizzazione di un progetto simile. Serve sicuramente un’analisi accurata».

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