la chiesa tedesca non strumentalizza il crocifisso

Germania: Baviera, obbligo del crocifisso negli edifici pubblici

no dei vescovi

card. Marx, “non è un simbolo culturale”

 

Genera “divisione, inquietudine e contrasto” la decisione presa martedì scorso dal governo bavarese guidato da Markus Söder (Csu) di appendere una croce in tutti gli edifici regionali.

“se la croce è vista solo come un simbolo culturale, non la si capisce”; la croce “è un segno di protesta contro la violenza, l’ingiustizia, il peccato e la morte, ma non un segno contro altre persone”

così il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco di Baviera, oltre che presidente dei vescovi tedeschi, che ieri, in un’intervista al Süddeutschen Zeitung (Sz), si è criticamente espresso contro la decisione. Da più parti, in ambito cattolico ed evangelico, si sono alzate voci contro questa che è stata definita una

“iniziativa populistica da campagna elettorale”

La Baviera andrà al voto tra sei mesi. “Che significa vivere in una terra cristiana?”, questa è la domanda da porsi secondo il card. Marx, in modo che apra ad accogliere tutti. Anche l’arcivescovo di Bamberga mons. Ludwig Schick si era pronunciato qualche giorno prima: “La croce non è un segno identitario di una regione o di uno Stato” ma è un invito a imparare a vivere nella solidarietà e nell’amore. Comunicando la notizia della decisione Söder aveva invece detto: “È un chiaro riconoscimento della nostra identità bavarese e dei valori cristiani”. L’ordine di Söder “potrebbe dare l’impressione che ci sia un ritorno della religione cristiana”, scrive oggi Sz. “L’impressione è sbagliata. Non c’è una tale rinascita. C’è solo un ritorno del suo sfruttamento politico”.

nei confronti delle persone lgbt non tutti i vescovi sono uguali

viaggio tra i vescovi cattolici che sostengono apertamente l’inclusione delle persone lgbt

Articolo pubblicato sul blog Cristianos Gay (Spagna) il 13 ottobre 2016, liberamente tradotto da Sara C.

Tra i vescovi cattolici spicca il Vescovo Johan Bonny che si fa notare ancora una volta per la sua posizione a favore delle persone LGBT.
Lo fa attraverso un libro che è stato pubblicato l’11 ottobre scorso in Belgio e che raccoglie una serie di interviste con il teologo Roger Burggraeve e la giornalista Isle Van Halst, della rivista fiamminga Kerk & Leven. Il titolo evoca una celebre dichiarazione di Papa Francesco sulle tre parabole dedicate alla famiglia: “Posso? Grazie. Mi spiace. Dialoghi audaci sulla relazione, sul matrimonio e sulla famiglia” (Mag ik? Dank je. Sorry. Vrijmoedige dialoog over relaties, huwelijk en gezin).

In questo libro, come riportato nel quotidiano La Libre Belgique (tradizionalmente vicino al Cattolicesimo Belga), il Vescovo Johan Bonny afferma il primato del matrimonio eterosessuale e respinge l’equiparazione con quello tra le persone dello stesso sesso e le unioni civili. Tuttavia, il Vescovo Johan Bonny afferma che essi e le loro unioni debbano trovare posto all’interno della comunità cattolica mediante la liturgia. Proprio a questo proposito fa la sua proposta più audace: l’introduzione di un rituale di benedizione per le coppie di fatto (diverso dal sacramento del matrimonio inteso come unione di due persone eterosessuali) che abbracci anche le persone dello stesso sesso.

Il Vescovo di Anversa e le sue dichiarazioni a favore delle persone LGBT

Questa non è la prima volta che il vescovo d’Anversa si distingue per le sue dichiarazioni circa le persone LGBT, già nel settembre del 2014 ha indirizzato una lettera al Vaticano, durante la celebrazione del Sinodo straordinario sulla Famiglia, chiedendo maggior rispetto e un linguaggio più armonioso di fronte a quelle realtà considerate “diverse”; sostenendo, inoltre, che la Chiesa cattolica dovrebbe “abbandonare il suo atteggiamento difensivo” su questioni come l’accettazione degli omosessuali, divorziati e risposati o sui giovani che vivono con un partner senza essere uniti in matrimonio, sottolineando che queste situazioni “meritano maggiore rispetto e un giudizio meno duro”.

Qualche mese dopo, dicembre 2014 , lo stesso Vescovo ha sostenuto la necessità di un riconoscimento liturgico delle coppie omosessuali, atteggiamento che gli è costato l’opposizione dei settori fondamentalisti . “Dobbiamo trovare nel seno della Chiesa un riconoscimento formale per la relazione intesa come unione sia delle persone omosessuali sia di quelle eterosessuali. Come nella società esistono dei riconoscimenti giuridici per le coppie  altrettanto dovrebbero esistere all’interno della Chiesa stessa”, ha affermato senza però specificare se questo “riconoscimento formale” dovrebbe avere o meno carattere liturgico.

Un piccolo e insistente gruppo di vescovi aperturisti

La verità è che il Vescovo Bonny non è del tutto solo ma fa parte di un gruppo di vescovi che hanno avanzato diverse posizioni sulle persone LGTB, rispetto alla maggior parte della gerarchia cattolica. Si tratta di un piccolo ma notevole gruppo in quanto sta mantenendo la stessa linea ormai da diversi anni. Tra di loro troviamo il Vescovo di Osnabrück (Germania), Franz-Josef Bode, il quale, nel mese di settembre 2015, si mostrò favorevole a benedire, in privato e non attraverso una cerimonia pubblica, le coppie omosessuali unite da una relazione stabile.

Tra di loro, spicca anche il cardinale  Reinhard Marx , presidente della Conferenza Episcopale Tedesca nonché arcivescovo di Monaco e Frisinga e stretto collaboratore di Papa Francesco. È stato lui il primo ad affermare che la Chiesa cattolica dovrebbe chiedere scusa per come ha trattato gli omosessuali, dando così origine alle dichiarazioni che il Papa stesso fece a tal proposito. Il Cardinale affermò che “La storia degli omosessuali nella nostra società è una storia terribile; li abbiamo emarginati e pertanto dobbiamo chiedere loro perdono, sia come Chiesa sia come società”. Il cardinale tedesco ha anche osservato che il rapporto di fedeltà tra le persone dello stesso sesso deve valorizzarsi positivamente: “Dobbiamo rispettare le decisioni degli individui. Come ho già affermato nel primo Sinodo – dove alcuni sono stati costernati, ma penso che sia normale – non si può dire che una relazione fedele tra due uomini o due donne non sia nulla, che non abbia alcun valore”.

Anche prima del pontificato di Papa Francesco, nel 2012, il Cardinale Rainer Woelki, Arcivescovo di Berlino, chiamò la Chiesa a riflettere sulla propria posizione nei confronti delle coppie omosessuali affermando, a questo proposito, che dovrebbero essere considerate come analoghe a quelle eterosessuali. Allo stesso modo, durante un’intervista avvenuta in seguito, ha denunciato il ” falso perfezionismo ” che, a parer suo, prevale nel seno della Chiesa. Tuttavia, poco dopo ha chiarito la sua posizione in modo curioso affermando, da un lato, che “dove ci sono individui inclini e disposti gli uni verso gli altri, questi meritano un riconoscimento” mentre, dall’altro, ha aggiunto che gli “atti”  omosessuali vanno “contro la legge naturale e quindi non possono essere accettati dalla Chiesa.”

A tal proposito, va menzionato il Vescovo di Saltillo (Messico), Raul Vera, che da anni si sta distinguendo per la difesa delle persone LGBT. Nel 2011 aveva sostenuto l’organizzazione del Forum sulla diversità sessuale, familiare e religiosa  da parte della Comunità di San Elredo (gruppo di cristiani LGBT) affermando che: “la società messicana non è ancora stata in grado di liberarsi dai pregiudizi, dall’intolleranza e dall’ostilità nei confronti delle persone gay, generando così atti di violenza e un rifiuto sociale e familiare”. Nel 2014, lo stesso Vescovo battezzò la figlia nata da una coppia di due donne che avevano contratto matrimonio nel Distretto Federale del Messico, primo territorio messicano ad approvare il matrimonio omosessuale.

Cattolicesimo tedesco, punta di diamante

Non deve sorprendere che la maggior parte degli esempi appena menzionati provengano proprio dalla Germania, Paese nel quale è presente una delle comunità cattoliche più aperte nei confronti delle persone LGTB. Nonostante tutto, però, le dichiarazioni di questi vescovi tedeschi sembrano timide in confronto a quelle dei laici. Nel dicembre 2015, la divisione locale della Confederazione Cattolica della Gioventù Tedesca (Bund der Deutschen Jugend Katholischen -BDK-) approvò un documento intitolato “Tutti sono i benvenuti”, in cui affermava che “l’amore di Dio non fa distinzioni” e ha riconosciuto che “le persone omosessuali” possono “vivere il sesso in modo responsabile”. Un altro esempio eloquente è stato il documento firmato nel 2011 da 144 teologi cattolici tedeschi (circa un terzo del totale), nel quale si sosteneva la necessità di una profonda riforma da parte della Chiesa stessa che comprendeva, tra le altre cose, la fine del “rigore morale” che condanna all’ostracismo le coppie omosessuali e le coppie di persone divorziate unite in seconde nozze.

A questa apertura corrisponde un atteggiamento progressista da parte del cattolicesimo tedesco su questioni come la contraccezione e il divorzio; temi sui quali la Germania già marcava differenze con i pontefici precedenti, in particolare con il tedesco Joseph Ratzinger.

In definitiva, all’interno delle dinamiche della Chiesa cattolica di alternare passi in avanti con altrettanti in dietro (come si è potuto ben notare dalle più recenti dichiarazioni del Papa), esiste un gruppo di vescovi che sembra premere in modo insistente. Non c’è bisogno di ricordare, purtroppo, in che posizione si trovino le voci dell’episcopato spagnolo, con qualche eccezione come il vescovo Vera. Sembra, comunque, che ai vescovi del Nord Europa vada aggiudicato ancora una volta il riconoscimento di avere una visione avanguardista su tal questione.

intervista a tutto campo del card. Marx su papa Francesco e le problematiche più vive

 

il Cardinal Marx su Francesco, sinodo, donne nella Chiesa e relazioni omosessuali

intervista  a cura di Luke Hansen
in “americamagazine.org” del 22 gennaio 2015 (traduzione: www.finesettimana.org):

 

Marx
Il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, è presidente della Conferenza episcopale tedesca, membro del Consiglio dei cardinali consiglieri di papa Francesco sul governo della Chiesa, coordinatore del Consiglio Vaticano per l’economia e autore di Das Kapital: Ein Plädoyer für den Menschen (in italiano per l’editore Rizzoli: Il capitale. Una critica cristiana alle ragioni del mercato, 2009). Il cardinal Marx ha tenuto l’annuale Roger W. Heynes Lecture il 15 gennaio alla Stanford University in California.

Questa intervista, che è stata rivista per la chiarezza e approvata dal cardinale, si è tenuta il 18 gennaio alla Memorial Church alla Stanford University.

La sua esperienza nel Consiglio dei Cardinali le ha offerto un prospettiva diversa sulla Chiesa?

Ho una nuova responsabilità. Quando vengo intervistato – come oggi – e mi viene chiesto: “Che cosa fate al Consiglio?” e “Che cosa significa lavorare con il papa?”, sento una responsabilità ancora maggiore. Non vedo la Chiesa in modo nuovo, però. Sono vescovo da 18 anni, cardinale da cinque, e ho preso parte a dei sinodi. Riconosco la mia nuova responsabilità e le nuove opportunità, e anche il momento storico per fare un passo avanti nella Chiesa e partecipare alla storia della Chiesa.

Quali sono le nuove opportunità?

Questo pontificato ha aperto nuove strade. Lo si può sentire. Qui negli Stati Uniti tutti parlano di Francesco, anche persone che non fanno parte della Chiesa cattolica. Devo dire che il papa non è la Chiesa. La Chiesa è più del papa. Ma c’è una nuova atmosfera. Un rabbino mi ha detto: “Dica al papa che ci sta aiutando, perché rafforza tutta la religione, non solo la Chiesa cattolica”. Quindi, c’è un nuovo movimento. Nel Consiglio dei cardinali abbiamo un compito speciale, creare una nuova costituzione per la curia romana, riformare la banca vaticana e discuter molte altre cose con il papa. Ma non possiamo essere presenti ogni giorno a Roma. Dobbiamo considerare questo pontificato, questo cammino, come un nuovo e grande passo. La mia impressione è che siamo su una nuova strada. Non stiamo creando una nuova Chiesa – è sempre la Chiesa cattolica – ma c’è aria fresca, un nuovo passo in avanti.

Quale sfida accompagna questa nuova era nella Chiesa?

La cosa migliore è leggere Evangelii Gaudium. A chi dice: “Non sappiamo che cosa voglia esattamente il papa”, io rispondo: “Leggete il testo”. Non dà risposte magiche a problemi complessi, piuttosto comunica la via dello Spirito, la strada dell’evangelizzazione, essere vicini alla gente, vicini ai poveri, vicini a coloro che hanno fallito, vicino ai peccatori, non una Chiesa narcisistica, non una Chiesa impaurita. C’è un impulso nuovo, essere liberi e uscire. Alcuni si preoccupano per quello che accadrà. Francesco usa un’immagine forte: “Preferisco una Chiesa incidentata, ferita e sporca per essere uscita nelle strade” piuttosto che una Chiesa che è molto pulita, e ha la verità e ogni cosa necessaria. Quest’ultima Chiesa non aiuta le persone. Il Vangelo non è nuovo, ma Francesco lo esprime in un modo nuovo e ispira molta gente, in tutto il mondo, che ora dice: “Sì, questa è la Chiesa”. È una grande dono per noi. È molto importante. Vedremo che cosa farà. È papa solo da due anni, non è molto.

Che cosa può dirci su papa Francesco, sulla sua persona, per il fatto di lavorare vicino a lui?

È molto autentico. È rilassato, calmo. Alla sua età non ha bisogno di realizzare chissà che o provare di essere qualcuno. È molto chiaro e aperto e assolutamente non orgoglioso. È forte. Non è una persona debole, ma forte. Non penso che sia così importante analizzare il carattere del papa, ma capisco che possa interessare. Ciò che è interessante è come, insieme a lui, potremo sviluppare il cammino in avanti della Chiesa.
Per esempio, in Evangelii Gaudium il papa esprime le sue idee sulle relazioni tra il centro a Roma e le conferenze episcopali, e anche sul lavoro pastorale nelle parrocchie, nelle Chiese locali e sul carattere dei sinodi. Queste cose sono molto importanti per il futuro della Chiesa. È anche importante avere un papa. Ora chiunque nel mondo parla della Chiesa cattolica, non sempre positivamente, ma nella maggior parte dei casi sì. Così Cristo ha fatto molto bene a creare il ruolo di San Pietro. Lo vediamo. Ma questo non vuol dire centralismo. Ho detto al papa: “Un’istituzione centralizzata non è un’istituzione forte. È un’istituzione debole”. Il Concilio Vaticano II ha iniziato a bilanciare tra il centro e la Chiesa locale, perché hanno visto, 50 anni fa, l’inizio della Chiesa universale. Ma questa trasformazione non è compiuta. Dobbiamo far sì che si realizzi per la prima volta. Ora 50 anni dopo, ci rendiamo conto di ciò che può essere la Chiesa in un mondo globalizzato, una Chiesa universale, globalizzata. Non l’abbiamo ancora organizzata in maniera sufficiente. Questo è un grande compito per questo secolo. La tentazione è quella di centralizzare, ma non funzionerà.

L’altra sfida è trovare un modo per spiegare la fede nelle diverse parti del mondo. Cosa possono fare i sinodi e le Chiese locali insieme a Roma? Come possiamo realizzare bene questa cooperazione? Due problemi nel sinodo attuale riguardano i cattolici divorziati e risposati e i cattolici omosessuali, specialmente le relazioni omosessuali. Ha avuto occasione di ascoltare direttamente questi cattolici nel suo attuale ministero?

Sono prete da 35 anni. Questo problema non è nuovo. Ho l’impressione che abbiamo molto lavoro da svolgere in campo teologico, non solo in relazione al problema del divorzio, ma anche alla teologia del matrimonio. Sono stupito che alcuni possano dire: “È tutto chiaro” su questo argomento. Le cose non sono chiare. Non è che i tempi moderni debbano determinare la dottrina della Chiesa. È una questione di aggiornamento, per dirla con parole che la gente può capire, e di adattare sempre la nostra dottrina al Vangelo, alla teologia, per trovare in modo nuovo il senso di ciò che Gesù ha detto, il significato della tradizione della Chiesa e della teologia, ecc. C’è molto da fare. Parlo con molti esperti – canonisti e teologi – che riconoscono molti problemi relativi alla sacramentalità e alla validità dei matrimoni. Un problema è: che cosa possiamo fare quando una persone si sposa, divorzia e poi trova un nuovo partner? Ci sono posizioni diverse. Alcuni vescovi al sinodi dicevano: “Vivono nel peccato”. Ma altri dicevano: “Non si può dire che qualcuno è nel peccato ogni giorno, questo non è possibile”. Vede, ci sono problemi su cui dobbiamo parlare. Abbiamo aperto una discussione su questo argomento nella conferenza episcopale tedesca. Ora il testo è pubblicato. Penso che sia un ottimo testo e che costituisca un buon contributo per la discussione del sinodo. È molto importante che il sinodo non abbia lo spirito del “o tutto o niente”. Non sarebbe un buon metodo. Il sinodo non può avere vincitori e perdenti. Non è questo lo spirito del sinodo. Lo spirito del sinodo è cercare una strada insieme, non dire: “Come posso trovare un modo per portare avanti la mia posizione?”. Invece: “Come posso comprendere la posizione dell’altro, e come possiamo trovare insieme una nuova posizione?” Questo è lo spirito del sinodo. Per questo è molto importante che lavoriamo su questi problemi. Spero che il papa ispiri il sinodo. Il sinodo non può decidere; solo un concilio o il papa possono decidere. Questi problemi devono quindi essere compresi in un contesto più ampio. Il compito è aiutare le persone a vivere. Come si dice in Evangelii Gaudium, non è come difendere la verità. È come aiutare le persone a trovare la verità. Questo è importante. L’eucaristia e la riconciliazione sono necessari per le persone. Diciamo ad alcune persone: “Lei non potrà essere riconciliato fino alla morte”. È impossibile crederci, quando si vedono le situazioni. Posso farle degli esempi. Nello spirito di Evangelii Gaudium, dobbiamo vedere come l’eucaristia è una medicina per le persone, per aiutare le persone. Dobbiamo cercare i modi per cui le persone possano ricevere l’eucaristia. Non cerchiamo modi per tenerle lontano! Dobbiamo trovare modi per accoglierle. Dobbiamo usare la nostra immaginazione chiedendoci: “Possiamo fare qualcosa?”. Forse in alcune situazioni non è possibile. Ma il problema non è questo. Il punto centrale deve essere come accogliere le persone.
Al sinodo lei ha riferito il caso di due omosessuali che hanno vissuto insieme per 35 anni e si sono presi cura l’uno dell’altro, anche nelle ultime fasi della loro vita, e chiedeva come avrebbe potuto dire che questa cosa non aveva valore. Che cosa ha imparato da queste relazioni,  tutto questo può avere influenza sull’etica sessuale oggi? Parlando di etica sessuale, forse non dobbiamo cominciare dal parlare di dormire insieme, ma dall’amore, dalla fedeltà e dalla ricerca di una relazione di tutta una vita. Sono sorpreso scoprendo che la maggior parte dei nostri giovani, anche omosessuali cattolici praticanti, desiderano una relazione che duri per sempre. La dottrina della Chiesa non è così strana per la gente. È vero. Dobbiamo cominciare con i punti importanti della dottrina per vedere il sogno: il sogno è che le persone, un uomo e una donna, possano dire: “Tu per sempre”. E noi come Chiesa diciamo: “Questo è assolutamente OK. La vostra visione è giusta!” Così troviamo la strada. Poi magari c’è un fallimento. Trovano la persona, e non è un successo. Ma la fedeltà per tutta la vita è giusta e buona. La Chiesa dice che una relazione omosessuale non è allo stesso livello di una relazione tra un uomo e una donna. Questo è chiaro. Ma quando sono dei fedeli credenti, quando sono impegnati a favore dei poveri, quando lavorano, non è possibile dire: “Qualsiasi cosa tu faccia, dato che sei omosessuale, è negativa”. Una cosa che deve essere detta, e su cui non ho sentito alcuna critica, è che non è possibile vedere una persona solo da un punto di vista, senza considerare tutta la situazione di una persona. Questo è molto importante per l’etica sessuale. La stessa cosa vale per le persone che convivono, ma si sposano in seguito, o quando vivono fedelmente insieme, ma solo con il matrimonio civile. Non si può dire che la relazione era tutta negativa se la coppia vive fedelmente insieme, e aspettano, o pianificano la loro vita, e dieci anni dopo trovano il modo di accostarsi al sacramento. Quando è possibile, dobbiamo aiutare la coppia a trovare il compimento nel sacramento del matrimonio. Abbiamo discusso di questo problema al sinodo, e molti padri sinodali condividono questa opinione. Non ero solo io ad avere questa opinione. Proprio il mese scorso, il vescovo Johan Bonny di Anversa, in Belgio, ha detto che la Chiesa dovrebbe riconoscere una “diversità di forme” e potrebbe benedire delle relazioni gay basate su questi valori di amore, fedeltà e impegno. È importante per la Chiesa discutere di queste possibilità? Al sinodo ho detto che Paolo VI ha avuto una grande visione nella Humanae Vitae. La relazione tra un uomo e una donna è molto importante. La relazione sessuale in una relazione fedele è fondata sul legame con la procreazione, dando amore, sessualità e apertura alla vita. Paolo VI credeva che questo legame avrebbe potuto andare distrutto. Aveva ragione, pensiamo a tutti i problemi relativi alla medicina riproduttiva, ecc. Non possiamo escludere questo grande modello di sessualità e dire: “Noi abbiamo una diversità”, oppure “Ognuno ha il diritto di…”. Il grande significato della sessualità è la relazione tra un uomo e una donna e l’apertura a dare la vita. E prima ho anche accennato al problema di accompagnare le persone, nel senso di vedere cosa le persone stanno facendo delle loro vite nella loro situazione personale.

Come vivranno la Chiesa cattolica e la Chiesa protestante il 500° anniversario della Riforma nel 2017? Quali sono le possibilità per una maggiore cooperazione tra le nostre Chiese?

Siamo sulla buona strada in Germania e a livello della Santa Sede, con la Federazione Mondiale Luterana, per vivere insieme la nostra memoria di quel tempo. Noi come Chiesa cattolica non possiamo “celebrare” questo anniversario, dato che non è una cosa buona che la Chiesa sia stata divisa durante questi secoli. Ma dobbiamo sanare le nostre memorie – il che è un punto importante e un buon passo avanti nelle nostre relazioni. In Germania, sono molto contento che i capi della Chiesa protestante siano molto chiari, non vogliono celebrare l’anniversario senza i cattolici. Cento anni fa, o anche solo 50 anni fa, un vescovo protestante non avrebbe detto: “Voglio celebrare solo se sono presenti i cattolici”. Così stiamo organizzando gli eventi. “Risanamento delle memorie” sarà una celebrazione insieme. In Germania, i capi della Chiesa protestante e della Chiesa cattolica faranno anche un pellegrinaggio in Terra Santa, per tornare alle nostre radici. Faremo una grande celebrazione, non di Martin Lutero, ma di Cristo, “la festa di Cristo”, per guardare avanti: qual è la nostra testimonianza  adesso, che cosa possiamo fare, qual è il futuro delle fede cristiana e che cosa possiamo fare insieme. Questi sono i nostri programmi per vivere il 500° anniversario.

Papa Francesco ha chiesto che il ruolo delle donne sia accresciuto nella Chiesa. Che cosa pensa sia possibile? Che cosa aiuterebbe meglio la Chiesa a compiere la sua missione?

La declericalizzazione del potere è molto importante nella curia romana e nelle amministrazioni delle diocesi. Dobbiamo prendere in considerazione il diritto canonico e riflettere teologicamente, per vedere quali ruoli richiedono necessariamente dei preti; e poi tutti gli altri ruoli, nel senso più ampio possibile, devono essere aperti ai laici, uomini e donne, ma specialmente donne. Nell’amministrazione vaticana non è necessario che alla guida di tutte le congregazioni, consigli, dipartimenti, ci sia qualcuno del clero. È un peccato che non ci siano donne tra i laici nel Consiglio dell’Economia. Gli specialisti sono stati scelti prima che io diventassi coordinatore, ma cercherò delle donne che possano svolgere quel ruolo. Per la prima volta in Vaticano il nostro consiglio ha dei laici con le stesse responsabilità e gli stessi diritti dei cardinali. Non sembra una gran cosa, ma le cose grandi cominciano con piccoli passi, non è vero? Lo dico e lo ripeto anche nella mia diocesi: vi prego che vedere che cosa potete fare per portare dei laici, specialmente donne, a posizioni di responsabilità nell’amministrazione diocesana. Abbiamo fatto un piano per la Chiesa cattolica in Germania per avere più posti direttivi nell’amministrazione che siano coperti da donne. Tra tre anni vedremo che cosa è stato fatto. Su questo, dobbiamo fare un grande sforzo per il futuro, non solo per essere moderni o per imitare il mondo, ma nel renderci conto che l’esclusione delle donne non è nello spirito del Vangelo. Talvolta lo sviluppo del mondo ci dà un’indicazione – vox temporis vox Dei (voce del tempo, voce di Dio). Lo sviluppo del mondo ci invia dei segni, i segni dei tempi. Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II hanno detto che dobbiamo interpretare i segni del tempo alla luce del Vangelo. Uno di questi segni riguarda i diritti delle donne, l’emancipazione delle donne. Giovanni XXIII lo ha detto più di 50 anni fa. Stiamo ancora cercando di realizzarlo. Non è che si vedano progressi. Talvolta le cose cono peggiorate. Quali ostacoli occorre superare? La mentalità! La mentalità! La mentalità! E le decisioni delle persone responsabili. È chiaro che sono i vescovi che devono decidere. I vescovi e il Santo Padre devono cominciare a cambiare. È stato ripetuto spesso in seminari e corsi per leader, ed è sempre stato chiaro: le scale si puliscono dall’alto, non dal basso. Così, i leader devono cominciare, i capi devono cominciare. La mentalità deve cambiare. La Chiesa non è un’azienda, ma i metodi non sono molto diversi. Dobbiamo lavorare di più in gruppi, per progetti. La domanda è: chi ha le risorse per portare avanti queste idee? E non: chi è clericale? Dio ci dà tutte queste persone, e noi diciamo: “No, non è un prete, non può fare questo lavoro, oppure: la sua idea non è importante”. No, questo non è accettabile. No, no, no.

Papa Francesco farà la sua prima visita negli Stati Uniti in settembre. Qual è la sua speranza per questa visita?

Sono sempre sorpreso per la capacità del papa di riunire la gente e di ispirarla. Spero che la gente negli Stati Uniti possa fare anch’essa questa esperienza. Uno dei compiti e delle sfide principali per un vescovo, e per il papa, è unire le persone, e unificare il mondo. La Chiesa è instrumentum unitatis, uno strumento e sacramento di unità tra le persone, e tra Dio e le persone. Spero che quando il papa visiterà gli Stati Uniti, la Chiesa possa mostrare al mondo di voler essere uno strumento non per se stessa ma per l’unità della nazione e del mondo.

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