il Cardinal Marx su Francesco, sinodo, donne nella Chiesa e relazioni omosessuali
intervista a cura di Luke Hansen
in “americamagazine.org” del 22 gennaio 2015 (traduzione: www.finesettimana.org):
Il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, è presidente della Conferenza episcopale tedesca, membro del Consiglio dei cardinali consiglieri di papa Francesco sul governo della Chiesa, coordinatore del Consiglio Vaticano per l’economia e autore di Das Kapital: Ein Plädoyer für den Menschen (in italiano per l’editore Rizzoli: Il capitale. Una critica cristiana alle ragioni del mercato, 2009). Il cardinal Marx ha tenuto l’annuale Roger W. Heynes Lecture il 15 gennaio alla Stanford University in California.
Questa intervista, che è stata rivista per la chiarezza e approvata dal cardinale, si è tenuta il 18 gennaio alla Memorial Church alla Stanford University.
La sua esperienza nel Consiglio dei Cardinali le ha offerto un prospettiva diversa sulla Chiesa?
Ho una nuova responsabilità. Quando vengo intervistato – come oggi – e mi viene chiesto: “Che cosa fate al Consiglio?” e “Che cosa significa lavorare con il papa?”, sento una responsabilità ancora maggiore. Non vedo la Chiesa in modo nuovo, però. Sono vescovo da 18 anni, cardinale da cinque, e ho preso parte a dei sinodi. Riconosco la mia nuova responsabilità e le nuove opportunità, e anche il momento storico per fare un passo avanti nella Chiesa e partecipare alla storia della Chiesa.
Quali sono le nuove opportunità?
Questo pontificato ha aperto nuove strade. Lo si può sentire. Qui negli Stati Uniti tutti parlano di Francesco, anche persone che non fanno parte della Chiesa cattolica. Devo dire che il papa non è la Chiesa. La Chiesa è più del papa. Ma c’è una nuova atmosfera. Un rabbino mi ha detto: “Dica al papa che ci sta aiutando, perché rafforza tutta la religione, non solo la Chiesa cattolica”. Quindi, c’è un nuovo movimento. Nel Consiglio dei cardinali abbiamo un compito speciale, creare una nuova costituzione per la curia romana, riformare la banca vaticana e discuter molte altre cose con il papa. Ma non possiamo essere presenti ogni giorno a Roma. Dobbiamo considerare questo pontificato, questo cammino, come un nuovo e grande passo. La mia impressione è che siamo su una nuova strada. Non stiamo creando una nuova Chiesa – è sempre la Chiesa cattolica – ma c’è aria fresca, un nuovo passo in avanti.
Quale sfida accompagna questa nuova era nella Chiesa?
La cosa migliore è leggere Evangelii Gaudium. A chi dice: “Non sappiamo che cosa voglia esattamente il papa”, io rispondo: “Leggete il testo”. Non dà risposte magiche a problemi complessi, piuttosto comunica la via dello Spirito, la strada dell’evangelizzazione, essere vicini alla gente, vicini ai poveri, vicini a coloro che hanno fallito, vicino ai peccatori, non una Chiesa narcisistica, non una Chiesa impaurita. C’è un impulso nuovo, essere liberi e uscire. Alcuni si preoccupano per quello che accadrà. Francesco usa un’immagine forte: “Preferisco una Chiesa incidentata, ferita e sporca per essere uscita nelle strade” piuttosto che una Chiesa che è molto pulita, e ha la verità e ogni cosa necessaria. Quest’ultima Chiesa non aiuta le persone. Il Vangelo non è nuovo, ma Francesco lo esprime in un modo nuovo e ispira molta gente, in tutto il mondo, che ora dice: “Sì, questa è la Chiesa”. È una grande dono per noi. È molto importante. Vedremo che cosa farà. È papa solo da due anni, non è molto.
Che cosa può dirci su papa Francesco, sulla sua persona, per il fatto di lavorare vicino a lui?
È molto autentico. È rilassato, calmo. Alla sua età non ha bisogno di realizzare chissà che o provare di essere qualcuno. È molto chiaro e aperto e assolutamente non orgoglioso. È forte. Non è una persona debole, ma forte. Non penso che sia così importante analizzare il carattere del papa, ma capisco che possa interessare. Ciò che è interessante è come, insieme a lui, potremo sviluppare il cammino in avanti della Chiesa.
Per esempio, in Evangelii Gaudium il papa esprime le sue idee sulle relazioni tra il centro a Roma e le conferenze episcopali, e anche sul lavoro pastorale nelle parrocchie, nelle Chiese locali e sul carattere dei sinodi. Queste cose sono molto importanti per il futuro della Chiesa. È anche importante avere un papa. Ora chiunque nel mondo parla della Chiesa cattolica, non sempre positivamente, ma nella maggior parte dei casi sì. Così Cristo ha fatto molto bene a creare il ruolo di San Pietro. Lo vediamo. Ma questo non vuol dire centralismo. Ho detto al papa: “Un’istituzione centralizzata non è un’istituzione forte. È un’istituzione debole”. Il Concilio Vaticano II ha iniziato a bilanciare tra il centro e la Chiesa locale, perché hanno visto, 50 anni fa, l’inizio della Chiesa universale. Ma questa trasformazione non è compiuta. Dobbiamo far sì che si realizzi per la prima volta. Ora 50 anni dopo, ci rendiamo conto di ciò che può essere la Chiesa in un mondo globalizzato, una Chiesa universale, globalizzata. Non l’abbiamo ancora organizzata in maniera sufficiente. Questo è un grande compito per questo secolo. La tentazione è quella di centralizzare, ma non funzionerà.
L’altra sfida è trovare un modo per spiegare la fede nelle diverse parti del mondo. Cosa possono fare i sinodi e le Chiese locali insieme a Roma? Come possiamo realizzare bene questa cooperazione? Due problemi nel sinodo attuale riguardano i cattolici divorziati e risposati e i cattolici omosessuali, specialmente le relazioni omosessuali. Ha avuto occasione di ascoltare direttamente questi cattolici nel suo attuale ministero?
Sono prete da 35 anni. Questo problema non è nuovo. Ho l’impressione che abbiamo molto lavoro da svolgere in campo teologico, non solo in relazione al problema del divorzio, ma anche alla teologia del matrimonio. Sono stupito che alcuni possano dire: “È tutto chiaro” su questo argomento. Le cose non sono chiare. Non è che i tempi moderni debbano determinare la dottrina della Chiesa. È una questione di aggiornamento, per dirla con parole che la gente può capire, e di adattare sempre la nostra dottrina al Vangelo, alla teologia, per trovare in modo nuovo il senso di ciò che Gesù ha detto, il significato della tradizione della Chiesa e della teologia, ecc. C’è molto da fare. Parlo con molti esperti – canonisti e teologi – che riconoscono molti problemi relativi alla sacramentalità e alla validità dei matrimoni. Un problema è: che cosa possiamo fare quando una persone si sposa, divorzia e poi trova un nuovo partner? Ci sono posizioni diverse. Alcuni vescovi al sinodi dicevano: “Vivono nel peccato”. Ma altri dicevano: “Non si può dire che qualcuno è nel peccato ogni giorno, questo non è possibile”. Vede, ci sono problemi su cui dobbiamo parlare. Abbiamo aperto una discussione su questo argomento nella conferenza episcopale tedesca. Ora il testo è pubblicato. Penso che sia un ottimo testo e che costituisca un buon contributo per la discussione del sinodo. È molto importante che il sinodo non abbia lo spirito del “o tutto o niente”. Non sarebbe un buon metodo. Il sinodo non può avere vincitori e perdenti. Non è questo lo spirito del sinodo. Lo spirito del sinodo è cercare una strada insieme, non dire: “Come posso trovare un modo per portare avanti la mia posizione?”. Invece: “Come posso comprendere la posizione dell’altro, e come possiamo trovare insieme una nuova posizione?” Questo è lo spirito del sinodo. Per questo è molto importante che lavoriamo su questi problemi. Spero che il papa ispiri il sinodo. Il sinodo non può decidere; solo un concilio o il papa possono decidere. Questi problemi devono quindi essere compresi in un contesto più ampio. Il compito è aiutare le persone a vivere. Come si dice in Evangelii Gaudium, non è come difendere la verità. È come aiutare le persone a trovare la verità. Questo è importante. L’eucaristia e la riconciliazione sono necessari per le persone. Diciamo ad alcune persone: “Lei non potrà essere riconciliato fino alla morte”. È impossibile crederci, quando si vedono le situazioni. Posso farle degli esempi. Nello spirito di Evangelii Gaudium, dobbiamo vedere come l’eucaristia è una medicina per le persone, per aiutare le persone. Dobbiamo cercare i modi per cui le persone possano ricevere l’eucaristia. Non cerchiamo modi per tenerle lontano! Dobbiamo trovare modi per accoglierle. Dobbiamo usare la nostra immaginazione chiedendoci: “Possiamo fare qualcosa?”. Forse in alcune situazioni non è possibile. Ma il problema non è questo. Il punto centrale deve essere come accogliere le persone.
Al sinodo lei ha riferito il caso di due omosessuali che hanno vissuto insieme per 35 anni e si sono presi cura l’uno dell’altro, anche nelle ultime fasi della loro vita, e chiedeva come avrebbe potuto dire che questa cosa non aveva valore. Che cosa ha imparato da queste relazioni, tutto questo può avere influenza sull’etica sessuale oggi? Parlando di etica sessuale, forse non dobbiamo cominciare dal parlare di dormire insieme, ma dall’amore, dalla fedeltà e dalla ricerca di una relazione di tutta una vita. Sono sorpreso scoprendo che la maggior parte dei nostri giovani, anche omosessuali cattolici praticanti, desiderano una relazione che duri per sempre. La dottrina della Chiesa non è così strana per la gente. È vero. Dobbiamo cominciare con i punti importanti della dottrina per vedere il sogno: il sogno è che le persone, un uomo e una donna, possano dire: “Tu per sempre”. E noi come Chiesa diciamo: “Questo è assolutamente OK. La vostra visione è giusta!” Così troviamo la strada. Poi magari c’è un fallimento. Trovano la persona, e non è un successo. Ma la fedeltà per tutta la vita è giusta e buona. La Chiesa dice che una relazione omosessuale non è allo stesso livello di una relazione tra un uomo e una donna. Questo è chiaro. Ma quando sono dei fedeli credenti, quando sono impegnati a favore dei poveri, quando lavorano, non è possibile dire: “Qualsiasi cosa tu faccia, dato che sei omosessuale, è negativa”. Una cosa che deve essere detta, e su cui non ho sentito alcuna critica, è che non è possibile vedere una persona solo da un punto di vista, senza considerare tutta la situazione di una persona. Questo è molto importante per l’etica sessuale. La stessa cosa vale per le persone che convivono, ma si sposano in seguito, o quando vivono fedelmente insieme, ma solo con il matrimonio civile. Non si può dire che la relazione era tutta negativa se la coppia vive fedelmente insieme, e aspettano, o pianificano la loro vita, e dieci anni dopo trovano il modo di accostarsi al sacramento. Quando è possibile, dobbiamo aiutare la coppia a trovare il compimento nel sacramento del matrimonio. Abbiamo discusso di questo problema al sinodo, e molti padri sinodali condividono questa opinione. Non ero solo io ad avere questa opinione. Proprio il mese scorso, il vescovo Johan Bonny di Anversa, in Belgio, ha detto che la Chiesa dovrebbe riconoscere una “diversità di forme” e potrebbe benedire delle relazioni gay basate su questi valori di amore, fedeltà e impegno. È importante per la Chiesa discutere di queste possibilità? Al sinodo ho detto che Paolo VI ha avuto una grande visione nella Humanae Vitae. La relazione tra un uomo e una donna è molto importante. La relazione sessuale in una relazione fedele è fondata sul legame con la procreazione, dando amore, sessualità e apertura alla vita. Paolo VI credeva che questo legame avrebbe potuto andare distrutto. Aveva ragione, pensiamo a tutti i problemi relativi alla medicina riproduttiva, ecc. Non possiamo escludere questo grande modello di sessualità e dire: “Noi abbiamo una diversità”, oppure “Ognuno ha il diritto di…”. Il grande significato della sessualità è la relazione tra un uomo e una donna e l’apertura a dare la vita. E prima ho anche accennato al problema di accompagnare le persone, nel senso di vedere cosa le persone stanno facendo delle loro vite nella loro situazione personale.
Come vivranno la Chiesa cattolica e la Chiesa protestante il 500° anniversario della Riforma nel 2017? Quali sono le possibilità per una maggiore cooperazione tra le nostre Chiese?
Siamo sulla buona strada in Germania e a livello della Santa Sede, con la Federazione Mondiale Luterana, per vivere insieme la nostra memoria di quel tempo. Noi come Chiesa cattolica non possiamo “celebrare” questo anniversario, dato che non è una cosa buona che la Chiesa sia stata divisa durante questi secoli. Ma dobbiamo sanare le nostre memorie – il che è un punto importante e un buon passo avanti nelle nostre relazioni. In Germania, sono molto contento che i capi della Chiesa protestante siano molto chiari, non vogliono celebrare l’anniversario senza i cattolici. Cento anni fa, o anche solo 50 anni fa, un vescovo protestante non avrebbe detto: “Voglio celebrare solo se sono presenti i cattolici”. Così stiamo organizzando gli eventi. “Risanamento delle memorie” sarà una celebrazione insieme. In Germania, i capi della Chiesa protestante e della Chiesa cattolica faranno anche un pellegrinaggio in Terra Santa, per tornare alle nostre radici. Faremo una grande celebrazione, non di Martin Lutero, ma di Cristo, “la festa di Cristo”, per guardare avanti: qual è la nostra testimonianza adesso, che cosa possiamo fare, qual è il futuro delle fede cristiana e che cosa possiamo fare insieme. Questi sono i nostri programmi per vivere il 500° anniversario.
Papa Francesco ha chiesto che il ruolo delle donne sia accresciuto nella Chiesa. Che cosa pensa sia possibile? Che cosa aiuterebbe meglio la Chiesa a compiere la sua missione?
La declericalizzazione del potere è molto importante nella curia romana e nelle amministrazioni delle diocesi. Dobbiamo prendere in considerazione il diritto canonico e riflettere teologicamente, per vedere quali ruoli richiedono necessariamente dei preti; e poi tutti gli altri ruoli, nel senso più ampio possibile, devono essere aperti ai laici, uomini e donne, ma specialmente donne. Nell’amministrazione vaticana non è necessario che alla guida di tutte le congregazioni, consigli, dipartimenti, ci sia qualcuno del clero. È un peccato che non ci siano donne tra i laici nel Consiglio dell’Economia. Gli specialisti sono stati scelti prima che io diventassi coordinatore, ma cercherò delle donne che possano svolgere quel ruolo. Per la prima volta in Vaticano il nostro consiglio ha dei laici con le stesse responsabilità e gli stessi diritti dei cardinali. Non sembra una gran cosa, ma le cose grandi cominciano con piccoli passi, non è vero? Lo dico e lo ripeto anche nella mia diocesi: vi prego che vedere che cosa potete fare per portare dei laici, specialmente donne, a posizioni di responsabilità nell’amministrazione diocesana. Abbiamo fatto un piano per la Chiesa cattolica in Germania per avere più posti direttivi nell’amministrazione che siano coperti da donne. Tra tre anni vedremo che cosa è stato fatto. Su questo, dobbiamo fare un grande sforzo per il futuro, non solo per essere moderni o per imitare il mondo, ma nel renderci conto che l’esclusione delle donne non è nello spirito del Vangelo. Talvolta lo sviluppo del mondo ci dà un’indicazione – vox temporis vox Dei (voce del tempo, voce di Dio). Lo sviluppo del mondo ci invia dei segni, i segni dei tempi. Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II hanno detto che dobbiamo interpretare i segni del tempo alla luce del Vangelo. Uno di questi segni riguarda i diritti delle donne, l’emancipazione delle donne. Giovanni XXIII lo ha detto più di 50 anni fa. Stiamo ancora cercando di realizzarlo. Non è che si vedano progressi. Talvolta le cose cono peggiorate. Quali ostacoli occorre superare? La mentalità! La mentalità! La mentalità! E le decisioni delle persone responsabili. È chiaro che sono i vescovi che devono decidere. I vescovi e il Santo Padre devono cominciare a cambiare. È stato ripetuto spesso in seminari e corsi per leader, ed è sempre stato chiaro: le scale si puliscono dall’alto, non dal basso. Così, i leader devono cominciare, i capi devono cominciare. La mentalità deve cambiare. La Chiesa non è un’azienda, ma i metodi non sono molto diversi. Dobbiamo lavorare di più in gruppi, per progetti. La domanda è: chi ha le risorse per portare avanti queste idee? E non: chi è clericale? Dio ci dà tutte queste persone, e noi diciamo: “No, non è un prete, non può fare questo lavoro, oppure: la sua idea non è importante”. No, questo non è accettabile. No, no, no.
Papa Francesco farà la sua prima visita negli Stati Uniti in settembre. Qual è la sua speranza per questa visita?
Sono sempre sorpreso per la capacità del papa di riunire la gente e di ispirarla. Spero che la gente negli Stati Uniti possa fare anch’essa questa esperienza. Uno dei compiti e delle sfide principali per un vescovo, e per il papa, è unire le persone, e unificare il mondo. La Chiesa è instrumentum unitatis, uno strumento e sacramento di unità tra le persone, e tra Dio e le persone. Spero che quando il papa visiterà gli Stati Uniti, la Chiesa possa mostrare al mondo di voler essere uno strumento non per se stessa ma per l’unità della nazione e del mondo.