legge per la cittadinanza

Chaouki

INTERVISTA A KALID CHAOUKI: “LA MIGLIORE RISPOSTA A CALDEROLI? LA LEGGE PER LA CITTADINANZA” 
17 luglio 2013

 

 

«Ho proposto al mio gruppo di uscire dall’aula quando Calderoli presiederà la seduta di Palazzo Madama». Comincia così il nostro colloquio con Khalid Chaouki, il giovane deputato del Pd, nato a Casablanca e emiliano d’adozione. E’ una buona idea, un gesto simbolico importante, naturalmente unito all’impegno per una legge, presto, sullo ius soli. Khalid Chaouki è nato a Casablanca nel 1983 ma è cresciuto in Emilia. Oggi è un giovane deputato del Pd. E’ anche responsabile «Nuovi italiani» del partito di Epifani. Un ruolo delicato perché spesso è proprio lì – nel suo partito – che nasce “il problema”. Il presente è quello che è, un disastro, ma è anche vero che Khalid Chaouki ha il futuro davanti.

Dici che le sparate leghiste fanno parte di una strategia e che si rischia la caccia all’immigrato, per questo inviti a disertare l’aula qualora Calderoli dovesse presiederla. Gesti simbolici importanti, poi non credi che l’unica cosa da fare per il Pd sia battersi per lo ius soli?
La battaglia per le dimissioni di Calderoli è importante, anche se purtroppo non abbiamo molti strumenti a disposizione, ma è chiaro che a questo punto la migliore risposta sia una legge sulla cittadinanza. Noi ci impegneremo fino in fondo. Per i diritti degli stranieri, e per far fare un salto di qualità all’Italia, siamo un paese multietnico e dobbiamo imparare ad accettarlo. Io – e tanti parlamentari la pensano come me – sono convinto che sia necessario battersi ora, durante questa legislatura. A tutti i costi.

Se dipendesse da te, minacceresti di far cadere il governo?
La posta in gioco vale questo rischio. Non vedo perché la legge sulla cittadinanza non possa essere una priorità come l’Imu o l’Iva, stiamo parlando di diritti umani e mi sembra decisamente più importante.

Cécile Kyenge sarà anche il primo ministro nero della storia d’Italia, ma bisogna anche ammettere che fa parte di un governo che quasi nulla potrà concedere agli immigrati. La durata e la qualità politica delle “larghe intese” dipendono da Berlusconi e dalla peggior destra.
Lo so, questo è un governo che non ci piace. Ma il fatto che Cécile Kyenge ne faccia parte segnala comunque una rottura con i governi precedenti. Però non vorrei che, soprattutto a sinistra, lei diventi un simbolo per lavare la nostra coscienza. Noi ci impegniamo a sostenerla concretamente con il nostro lavoro, non ci accontentiamo di un simbolo, chiedo al governo di impegnarsi per riconoscerle un ruolo sempre più determinante. Roberto Calderoli non l’abbiamo scoperto ieri, portava i maiali a passeggiare davanti alle moschee, indossava magliette contro l’islam…

Il Pd, dopo venticinque anni di Lega, non ha alcuna responsabilità se oggi un personaggio simile è vice presidente del Senato?
Solo una premessa: questo incarico gli era dovuto per una questione di garanzia istituzionale. Detto questo, è evidente che negli anni il Pd ha colpevolmente sottovalutato il fenomeno Lega e il razzismo dei leghisti. Lo abbiamo scambiato per folklore, di più, alcuni nostri amministratori hanno scimmiottato la Lega sul tema della sicurezza. Ricordo il caso degli «stupratori rumeni»… e altri clamorosi errori di questo tipo. Adesso stiamo pagando un conto molto pesante per questo ritardo culturale. Ma le cose stanno cambiando al nostro interno, ci sono parlamentari nuovi, giovani, stiamo imparando a chiamare le cose con il loro nome: razzismo.

Non trovi che tutta questa indignazione sia un po’ ipocrita? Due anni fa, non venti, Pierluigi Bersani intervistato dalla Padania disse: «Non ho bisogno che qualcuno mi spieghi che la Lega non è razzista, lo so».
L’ho già detto, abbiamo commesso diversi errori. Nel passato, a più riprese, la Lega ha tentato di darsi un tono per recuperare credibilità, e noi ci siamo sempre augurati che quello fosse un partito diverso da quello che è. Invece le dichiarazioni di oggi, gli insulti al ministro, dimostrano che si tratta di una forza razzista con cui non possono esserci mediazioni.

Non ti senti un po’ isolato nel Pd?
La mia sfida è di fare da guida al partito su questi temi, siamo sempre di più, soprattutto tra i giovani, e confidiamo nella fiducia del segretario.

(da: “Il Manifesto”)

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