se non è un miracolo ci si avvicina …

“miracolo” nella chiesa Usa

il cardinale Tobin accoglie i cattolici Lgbt in cattedrale

articolo di Ludovica Eugenio pubblicato sul settimanale Adista Notizie n° 23 del 24 giugno 2017,  pp.12-13

È davvero un passo nuovo l’accoglienza che l’arcivescovo di Newark (New Jersey) card. Joseph Tobin, religioso redentorista, ha riservato, il 21 maggio scorso, ad alcuni gruppi di cattolici Lgbt di parrocchie del New Jersey nella cattedrale della città. Con un gesto assolutamente inedito per la Chiesa statunitense (basti ricordare i divieti opposti nel passato ai partecipanti della New York Parade a entrare nella cattedrale di St. Patrick), il cardinale ha infatti dato vita, insieme a un altro religioso redentorista, p. Francis Gargani, che si occupa di pastorale Lgbt nell’arcidiocesi, all’ultimo atto di una collaborazione attuata con un gruppo omosessuale parrocchiale. L’evento è consistito nella celebrazione di una messa, di una visita della cattedrale, e di una cena comunitaria, aperte a tutte le persone Lgbt che volessero parteciparvi.

«Sono contento che tu e i fratelli e sorelle Lgbtq abbiate in programma di visitare la nostra splendida cattedrale», aveva detto il vescovo a Gargani, aggiungendo: «Sarete i benvenuti! Il volantino è bello, fatelo circolare». Si trattava di un volantino nel quale, per la prima volta, l’acronimo Lgbt veniva utilizzato in relazione ad una istituzione cattolica del New Jersey, con la benedizione del cardinale. P. Gargani, in una recente intervista al settimanale National Catholic Reporter, ha spiegato  il senso dell’iniziativa: «Ho avuto il privilegio di collaborare, di recente, con un gruppo di spessore  che ha organizzato un giorno di preghiera e riflessione per la comunità Lgbt del New Jersey e lo ripeterà in occasione di un prossimo ritiro a giugno».
Il tono con il quale Tobin ha parlato al gruppo Lgbt, durante la messa – concelebrata anche dal vescovo ausiliare e rettore della cattedrale mons. Manuel Cruz – è stato molto caloroso: «Sono Joseph, vostro fratello. Sono vostro fratello, in quanto discepolo di Gesù. Sono vostro fratello, un peccatore che trova misericordia presso Dio». Ma i gesti contano più delle parole e il fatto che i fedeli omosessuali presenti, alcuni dei quali sposati, abbiano potuto fare la comunione al centro della cattedrale, non ha prezzo.

La percezione della novità

«È stato come un miracolo», ha detto un responsabile cattolico gay di New York, Ed Poliandro. «È stato un miracolo sentir dire dai vertici della Chiesa: “Siete benvenuti, appartenete alla Chiesa”. E dopo un lungo tempo di lotte, mi sono sentito a casa».  «Ci ha portato papa Francesco – ha commentato Thomas M. Smith, diacono della cattedrale di Newark. «Erano 25 anni che aspettavo. Sono un diacono e ho dovuto essere cauto, ho avuto paura».

Commenti positivi anche dal direttore esecutivo di New Ways Ministry, l’organizzazione che da decenni si occupa di cattolici Lgbt: «Negli ultimi 40 anni – ha detto, secondo quanto si legge sul sito dell’organismo  – i vertici della Chiesa sono semplicemente stati in silenzio, non disponibili al dialogo e a pregare con i cattolici Lgbt e questo, benché non sia un passo definitivo, è un primo passo. L’accoglienza di un gruppo di persone apertamente gay alla messa da parte di un’autorità della statura del card. Tobin in questo Paese sarebbe stata impensabile cinque anni fa. Ma Tobin, nominato da papa Francesco a Newark l’anno scorso, fa parte di un piccolo ma sempre più consistente gruppo di vescovi che sta cambiando il modo di relazionarsi della Chiesa statunitense con i fedeli omosessuali. Stanno cercando di essere più inclusivi e di indicare ai preti loro sottoposti di fare lo stesso».
Alcuni esempi:  il recente permesso accordato agli studenti trans-gender di frequentare scuole cattoliche nella diocesi di Jefferson City; un sinodo diocesano, indetto dal vescovo di San Diego mons. Robert McElroy, nel quale si è parlato di iniziative a favore dell’accoglienza di cattolici omosessuali; le affermazioni di mons. John Stowe di Lexington, Kentucky, a un convegno di New Ways Ministry, durante il quale ha detto di ammirare i cattolici omosessuali, bisessuali e transgender per la loro fedeltà alla Chiesa nonostante la sua freddezza.

Qualcosa si muove davvero nella Chiesa Usa

Tobin, peraltro, è stato tra i primi a esprimere elogi ad un recente libro, molto avanzato, sull’accoglienza delle persone Lgbt nella Chiesa del noto gesuita p. James Martin, columnist del settimanale dei gesuiti America, dal titolo “Building a Bridge: How the Catholic Church and the LGBT Community Can Enter into a Relationship of Respect, Compassion, and Sensitivity”.
«Il nuovo libro di p. Martin, coraggioso, profetico e ispirante, segna un passo essenziale nell’invitare i responsabili della Chiesa ad amministrare con maggiore compassione e nel ricordare ai cattolici Lgbt che fanno parte della nostra Chiesa come qualsiasi altro cattolico», era stato il suo commento. Tobin è stato anche tra i prelati a criticare pubblicamente i quattro cardinali che hanno espresso dubbi sull’ortodossia del documento post-sinodale di papa Francesco Amoris Laetitia, definendo la loro opposizione «nella migliore delle ipotesi naif».
Lanciando il libro, Martin ha spiegato, in un articolo pubblicato il 31 maggio scorso sul Washington Post, il perché della decisione di scrivere un libro su questo tema: «Nell’estate 2016, un uomo armato ha fatto irruzione in un night club popolare nella comunità gay di Orlando e ha ucciso 49 persone, la più grave sparatoria della storia degli Stati Uniti», esordisce. «Milioni di persone nel Paese hanno manifestato il loro dolore e supporto alla comunità Lgbt. Ma mi sono inquietato per ciò che non ho sentito. Anche se molti rappresentanti della Chiesa hanno espresso il loro cordoglio e orrore, solo una manciata dei più di 250 vescovi cattolici hanno usato il termine gay o Lgbt»: il card. Blase Cupich di Chicago;  mons. Robert Lynch di St. Petersburg, Florida;  mons. David Zubik di Pittsburgh, oltre a McElroy e John Stowe. «Molti altri, poi, sono rimasti in silenzio», commenta Martin, spiegando come tutto ciò sia stata una rivelazione: «Il fatto che soltanto pochi vescovi abbiano riconosciuto la comunità Lgbt o abbiano usato il termine “gay” mostrava che la comunità Lgbt è ancora invisibile in molti settori della Chiesa. Persino nella tragedia». Di qui la sua conclusione, che è stato il punto di partenza per la scrittura del libro: «il lavoro del Vangelo non può essere compiuto se una parte della Chiesa è sostanzialmente separata dal resto. Tra i due gruppi, la comunità Lgbt e la Chiesa istituzionale, si è formata una frattura, una separazione, per superare la quale va costruito un ponte».
Ad aiutare Martin sono stati la sua lunga esperienza pastorale anche con cattolici Lgbt e i suoi contatti con i vertici della Chiesa. Il suo operato è stato riconosciuto da New Ways Ministry, che l’anno scorso gli ha tributato il “Bridge Building Award»: «Il nome di questo premio mi ha ispirato nell’abbozzare l’idea di un “ponte a due sensi” che potesse unire la Chiesa istituzionale e la comunità Lgbt». «In questi tempi – conclude – la Chiesa deve essere segno di unità. Anzi, in ogni tempo. Eppure per molti la chiesa contribuisce alla divisione, nel momento in cui alcuni responsabili mettono dei paletti tra un “noi” e un “loro”. Ma la Chiesa lavora al suo meglio quando incarna rispetto, compassione e sensibilità. Perché in definitiva, per Gesù non c’è un “noi” e un “loro”. Per Gesù c’è solo un “noi”».




la chiesa americana si apre all’accoglienza delle persone lgbt

L’accoglienza delle persone Lgbt nella Chiesa Usa

l’accoglienza delle persone Lgbt nella Chiesa Usa

 
da: Adista Documenti n° 43 del 10/12/2016
è nella parrocchia che la maggior parte dei cattolici sperimenta il sentimento di appartenenza a una comunità di fede; pertanto, le parrocchie devono essere luoghi di accoglienza e  sicurezza per le persone Lgbt, per i loro genitori, famiglie e amici. Gli Stati Uniti sono il quarto Paese cattolico al mondo, con circa 70 milioni di cattolici su circa 320 milioni di abitanti. Ci sono circa 18mila parrocchie cattoliche, ma solo poche hanno creato uno spazio accogliente per le minoranze sessuali

La vita in parrocchia

Negli anni ’70, quando ebbe inizio il mio ministero con le persone Lgbt, queste erano praticamente invisibili nelle parrocchie statunitensi. Alcune si confidavano privatamente con il pastore o con un piccolo gruppo di parrocchiani, ma non vi era nessun riconoscimento pubblico della loro esistenza. Molti, non sentendosi più a loro agio in questa invisibilità e in questa mancanza di attenzione alle loro esigenze spirituali, cominciarono a frequentare la Chiesa insieme ad altri cattolici Lgbt in un gruppo chiamato Dignity, che rapidamente diventò un’organizzazione a livello nazionale con più di 50 gruppi locali.

Nel 1986, la “Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sull’assistenza pastorale delle persone omosessuali” della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) prescrisse ai vescovi di ritirare il loro appoggio alle organizzazioni che erano in disaccordo o non si erano espresse con chiarezza riguardo alla posizione tradizionale sull’immoralità dell’attività omosessuale. Numerosi gruppi Dignity che si riunivano nelle chiese cattoliche vennero espulsi o si ritirarono spontaneamente dallo spazio cattolico. Oggi, solo alcuni di essi continuano ad incontrarsi nelle strutture ecclesiali.

Non c’è alcuna possibilità di sopravvalutare gli effetti devastanti sui cattolici Lgbt della Lettera della CDF del 1986. In migliaia lasciarono le loro parrocchie, compresi i gruppi Dignity, per non fare mai più ritorno alla Chiesa cattolica. Due settimane dopo la pubblicazione del documento, ricevetti una lunga e commovente lettera da una insegnante lesbica molto impegnata. Diceva, tra l’altro: «Mi sono svegliata con i titoli dei giornali che dicevano che il papa stava di nuovo dichiarando guerra sul tema dell’omosessualità e che io rappresentavo un male morale… L’1% della mia vita riguarda relazioni intime con qualcuno che amo. Per il resto del tempo sono una persona attiva e generosa impegnata in un servizio alla persona, che cerca di vivere una vita feconda. Non posso credere che Dio mi condannerebbe per qualcosa che non è in mio potere scegliere».

La Lettera della CDF ha avuto però anche un effetto positivo: un certo numero di diocesi statunitensi ha creato ministeri dedicati alle persone Lgbt a livello diocesano o parrocchiale. La maggior parte di questi ministeri, pur continuando, pubblicamente, ad esigere da tutti i cattolici gay e dalle cattoliche lesbiche l’adesione al celibato, è simile ai gruppi Dignity per quanto riguarda il servizio prestato dal clero, gli individui che vi partecipano e l’approccio a questo ministero.

Parrocchie accoglienti

Nel 1997, New Ways Ministry, organizzazione cattolica che promuove l’educazione e la comprensione tra cattolici Lgbt e la Chiesa in generale, ha cominciato a pubblicare nella sua newsletter e sul suo sito una lista di parrocchie accoglienti. Per essere considerata accogliente, la parrocchia può redigere una dichiarazione riguardante la sua missione di accoglienza di tutte le persone a prescindere dall’orientamento sessuale; può avere un gruppo di supporto per i membri Lgbt e i loro amici; o semplicemente ministri pastorali empatici che esprimano chiaramente il loro sostegno.

A quell’epoca vi erano circa 40 parrocchie aperte alle persone Lgbt. Dieci anni dopo, la newsletter di New Ways Ministry contava 145 parrocchie accoglienti, con una crescita significativa di più di 100 parrocchie. Nel 2016, sono circa 250 le parrocchie aperte alle persone Lgbt iscritte, con un aumento del 500% negli ultimi 20 anni. Anche se esse rappresentano solo l’1,4% del totale delle parrocchie degli Stati Uniti, sono diventate un modello di ciò che una vera comunità cristiana dovrebbe essere.

Per esempio, molte di queste parrocchie ospitano conferenze su temi come il bullismo, o promuovono eventi o momenti di preghiera in occasione della Giornata della memoria transgender o della Giornata mondiale sull’Aids. Diverse parrocchie hanno marciato alla parata del Gay Pride con i loro striscioni. Una addirittura, nel suo bollettino settimanale, ha pubblicato la notizia del 40.mo anniversario di una coppia di parrocchiane lesbiche. Un’altra ha promosso una campagna a favore del matrimonio omosessuale che ha provocato una reazione avversa da parte del vescovo. Alcuni gruppi parrocchiali Lgbt hanno incontrato il loro vescovo diocesano per condividere le proprie esperienze.

I giornali diocesani ospitano sulle proprie pagine le esperienze di diverse parrocchie. In un’intervista, un prete ha affermato: «Il magistero della Chiesa può cambiare o meno ad un certo punto del percorso, non è qualcosa su cui io possa intervenire, ma il passo iniziale nei confronti di persone che si sono sentite rifiutate e messe ai margini per molti anni è creare un’atmosfera di accoglienza».

Perché questo cambiamento?

Cosa può spiegare l’aumento, negli anni, del numero di parrocchie che accolgono i cattolici Lgbt? Un fatto rilevante è certamente il drastico cambiamento nell’atteggiamento dei cattolici verso le persone Lgbt. Quando ho cominciato questo ministero, nel 1971, silenzio, paura e sospetto circondavano il tema dell’omosessualità sia nella società sia nella comunità cattolica. L’identità di genere non era nemmeno all’ordine del giorno dell’agenda pubblica.

Gradualmente, poi, la cultura ha cominciato a cambiare. La televisione, la radio, articoli su giornali e riviste hanno incoraggiato un dibattito libero e aperto su questioni controverse come l’omosessualità e l’identità di genere. Il movimento di liberazione gay ha incoraggiato le persone omosessuali a uscire dall’invisibilità mentre gruppi di sostegno come New Ways Ministry, Dignity e Fortunate Families (gruppo per i genitori cattolici con figli Lgbt) hanno fornito alla comunità cattolica le risorse educative.

Nel corso degli anni sono stati condotti numerosi sondaggi d’opinione sull’atteggiamento dei cattolici nei confronti delle persone Lgbt. Secondo l’istituto Gallup, la percentuale di cattolici statunitensi i quali ritenevano che le persone gay e lesbiche dovessero avere pari diritti nel lavoro è salita dal 58% del 1977 al 78% nel 1992, e da allora è rimasta piuttosto costante. Anche l’accettazione dell’espressione sessuale in una relazione omosessuale stabile ha subito un cambiamento. Quando la Corte Suprema statunitense ha deliberato la legittimità del matrimonio omosessuale in tutti i 50 Stati, il 60% dei cattolici, secondo Gallup e il Public Religion Research Institute, ha accettato la parità matrimoniale.

Grave preoccupazione, ma speranza per il futuro

Oggi, uno dei motivi di preoccupazione per le persone Lgbt e le loro famiglie è la questione dell’impiego nelle parrocchie e in altre istituzioni cattoliche. Dal 2008, più di sessanta persone che lavoravano nella Chiesa hanno perso il lavoro in seguito a controversie legate a questioni Lgbt. Molte di esse hanno provocato proteste da parte dei parrocchiani che difendevano la persona licenziata (per un elenco esaustivo dei casi di impiegati di istituzioni cattoliche licenziati, obbligati a rassegnare le dimissioni, cui è stato rescisso il contratto o che hanno subito minacce a motivo di questioni Lgbt, si veda https://newwaysministryblog.wordpress.com/employment/). Lo scorso ottobre, il settimanale gesuita America ha pubblicato un editoriale in cui si affermava che l’ingiusta discriminazione di una persona Lgbt avviene quando manca un giusto processo o non è applicato un pari trattamento ai lavoratori eterosessuali divorziati e risposati. Gli estensori dell’editoriale proponevano l’adozione delle politiche di impiego dei vescovi tedeschi, che prevedono che le persone gay o lesbiche che contraggano un’unione civile o un matrimonio non vengano automaticamente licenziate dal loro lavoro nelle istituzioni cattoliche.

Nonostante questa grave preoccupazione, i cattolici Lgbt e i loro sostenitori sono fiduciosi che in futuro un numero sempre più alto di parrocchie degli Stati Uniti si aprirà all’accoglienza. Tale speranza è originata dall’atmosfera calorosa creata da papa Francesco. Con la nomina di vescovi sempre più connotati da una vocazione pastorale, veri pastori “con l’odore delle pecore”, e di tre nuovi cardinali statunitensi dotati di questo senso pastorale, sta mandando un chiaro segnale alle gerarchie degli Stati Uniti, chiamate a riaccogliere gli esiliati in parrocchia.

La speranza dei cattolici Lgbt può essere espressa al meglio con le parole del gesuita p. John Whitney, della comunità di St. Joseph a Seattle, nello Stato di Washington, una parrocchia aperta ai cattolici Lgbt: «Mi sono sentito rinfrescato e rinvigorito non da qualche grande cambiamento dottrinale, ma dall’assenza di paura espressa dalle parole del Santo Padre; dalla sua fiducia nelle opere dello Spirito Santo e dalla sua passione per atti di fede coraggiosi, che corrano anche il rischio di un errore o di finire in un fallimento. Per Francesco, a quanto sembra, la timidezza di angusti confini, l’approdo sicuro dell’opinione condivisa e della purezza dottrinale rischia di portare ad un peccato più grave, a una maggiore perdita per la Chiesa, rispetto ai sentieri rischiosi dell’amore e dell’accoglienza».

Jeannine Gramick, religiosa statunitense della congregazione delle Sisters of Loretto, nota in tutto il mondo per il suo impegno a favore di una piena accettazione delle persone Lgbt nella Chiesa cattolica e nella società.

* Immagine di Drama Queen, tratta da Flickr, licenzaimmagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite