la chiesa italiana con gli occhi aperti su fragilità povertà e debolezza

una chiesa che ha cura dei più fragili  e sofferenti

nel comunicato finale del Consiglio permanente della Cei, la crescita della corresponsabilità frutto del percorso sinodale e la difficile attualità italiana

Il cardinale Zuppi ha aperto il Congresso eucaristico a Materada Avvenire

Lo sguardo sui territori e sulle loro problematiche, in un momento storico difficile, ha accompagnato i lavori del Consiglio episcopale permanente che, sotto la guida del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei si è svolto dal 20 al 22 settembre a Matera. Qui dal pomeriggio di giovedì 22 a domenica 25 settembre è in programma il Congresso eucaristico nazionale sul tema: “Torniamo al gusto del pane. Per una Chiesa eucaristica e sinodale”. La riflessione del cardinale presidente sugli “inverni” che l’Italia si trova ad affrontare ha avviato un confronto franco e articolato sulle sfide attuali, che ha portato all’elaborazione dell’Appello alle donne e agli uomini del nostro Paese, dal titolo “Osare la speranza”. Alla vigilia delle elezioni, i vescovi hanno infatti sottolineato l’importanza del voto, un diritto e un dovere da esercitare con consapevolezza, per costruire il bene comune e una società più giusta, solidale e attenta agli ultimi.

Di qui l’invito a un impegno corale, rivolto agli elettori, ai giovani, a chi ha perso fiducia nelle Istituzioni e agli stessi rappresentanti che saranno eletti al Parlamento. Nella certezza che il Cammino sinodale possa rappresentare un’opportunità per far progredire processi di corresponsabilità, i vescovi si sono concentrati sul percorso che le Chiese in Italia hanno compiuto finora e che proseguirà nel secondo anno della “fase narrativa” con la proposta dei “cantieri sinodali”. Proprio in questa prospettiva si svilupperà anche il lavoro delle Commissioni episcopali, che dovrà puntare alla valorizzazione dell’apporto di esperti, del confronto con le realtà extra-ecclesiali e della sinergia con le altre Commissioni. Il Consiglio permanente ha poi rinnovato l’impegno nella tutela dei minori e delle persone vulnerabili, rilanciando le cinque linee di azione assunte dall’Assemblea generale nel maggio scorso attraverso la promozione di iniziative di sensibilizzazione nelle diocesi, tra cui la 2ª Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi (18 novembre) sul tema: “‘Il Signore risana i cuori affranti e fascia le loro ferite’ (Sal 147,3). Dal dolore alla consolazione”.

Distinte comunicazioni sono state offerte sui Tribunali ecclesiastici in materia di nullità matrimoniale, sull’avanzamento dei lavori per la stesura della Ratio nationalis per la formazione nei Seminari d’Italia. Il Consiglio permanente ha deliberato la costituzione di un Fondo di solidarietà a favore delle diocesi per contrastare l’aumento dei costi dell’energia e ha approvato la pubblicazione dei Messaggi per la 34ª Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei e per la 45ª Giornata per la vita. Ha provveduto infine ad alcune nomine.

Gli “inverni” dell’Italia
L’attenzione alle sfide che il Paese si trova ad affrontare, in un momento storico delicato e complesso a livello mondiale, ha caratterizzato la sessione autunnale del Consiglio episcopale permanente, che si è svolta dal 20 al 22 settembre a Matera, sotto la guida del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei. I lavori si sono aperti con il ricordo delle vittime dell’alluvione che ha colpito le Marche, delle loro famiglie e di quanti soffrono a causa di questo evento drammatico. Il pensiero è andato poi a suor Maria De Coppi, missionaria comboniana di 83 anni, uccisa il 7 settembre scorso in Mozambico: «Nella sua umiltà – ha sottolineato il cardinale presidente – è una figlia grande delle nostre Chiese in Italia, che non ha rinunciato a servire l’umanità del mondo e il Vangelo nella vita di un popolo lontano. Piccola sorella universale! È segno della ricchezza dell’esistenza di una donna, di un’anziana e di una missionaria. Un’anziana può dare molto; una donna può dire molto; una missionaria è andata oltre, più avanti, di noi».

Il presidente della Cei ha quindi offerto una riflessione sui tanti “inverni” che si affacciano sull’Italia: quello “ambientale”, con “l’incertezza sulla disponibilità di gas ed energia, lo spettro del razionamento energetico, il ritorno ad una austerity di cui solo alcuni di noi hanno un lontano ricordo”; quello “sociale”, con “alti livelli di povertà assoluta che persistono nel tempo” e con “il rischio di esclusione sociale superiore alla media europea”; quello “dei divari territoriali”, come quello “ormai atavico tra Nord e Sud” e come quello “delle aree interne, sparse in tutto il Paese, il cui spopolamento e la cui progressiva emarginazione non accennano ad arrestarsi, frammentando il Paese e rendendo ancora più disuguali i cittadini e le opportunità di cui possono fruire”. Il cardinale Zuppi si è soffermato sul “pesante inverno della denatalità” e su quello “educativo” che concerne “non solo gli scarsi investimenti sull’edilizia scolastica, ma soprattutto la serpeggiante sfiducia nei confronti della ricerca e in generale della cultura, di quella competenza per interpretare i segni della storia e preparare quel nuovo umanesimo di cui non solo l’Italia ha bisogno”. Infine, ha citato “l’inverno delle comunità ecclesiali”, che “pur con belle eccezioni” sono “affaticate dalla pandemia e faticano a recuperare vitalità e vivacità”.
Secondo il cardinale presidente, è importante scorgere le fragilità, le sofferenze e le aspettative della gente che ha bisogno di essere abbracciata e sostenuta, nella prospettiva del Congresso eucaristico nazionale (Matera, 22-25 settembre) che ha per titolo: “Torniamo al gusto del pane. Per una Chiesa eucaristica e sinodale”. Del resto, ha osservato il cardinale Zuppi, «una Chiesa sinodale è una Chiesa che condivide il cammino degli uomini e delle donne di oggi e di questi si prende cura, sapendo fare proprie le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce, soprattutto quelle dei poveri e di tutti coloro che soffrono». Nella certezza che «nei momenti dolorosi e difficili, emerge una decisiva volontà di bene, che supera l’egoismo e la paura»: proprio «tale volontà – ha affermato – va accompagnata, confermata e rafforzata. Ci dice che l’inverno non è definitivo». Alla dimensione ecclesiale si affianca anche quella politica in quanto le sfide e le questioni emerse zriguardano la polis, le città che ci ospitano». Di qui l’auspicio di un impegno concreto da parte di tutti per il bene comune, a partire dall’esercizio consapevole del diritto e dovere di voto.

Nelle parole del cardinale che hanno avviato il confronto assembleare, non è mancato infine un riferimento all’Ucraina e alla necessità di «non abituarci alla guerra»: «C’è il rischio – ha ammonito – di un’assuefazione alle notizie, che continuamente ci arrivano dai media e che ci inducono a considerarla ineluttabile. La guerra non porta alla pace. Abbiamo bisogno di tenere alto l’interesse e la speranza per la pace».

Osare la speranza
Le preoccupazioni espresse dal Cardinale sono risuonate negli interventi dei vescovi che hanno messo in luce l’urgenza di una partecipazione attiva alla vita democratica del Paese e di un impegno, a vari livelli e da parte dei diversi soggetti sociali, per uscire dalle crisi e avviare un rinnovamento profondo. Le istanze emerse sono confluite nell’Appello alle donne e agli uomini del Paese, dal titolo “Osare la speranza”, approvato e diffuso il 21 settembre. «Impegniamoci, tutti insieme, per non cedere al pessimismo e alla rabbia», è l’invito rivolto agli elettori, ai giovani, a chi ha perso fiducia nelle Istituzioni e a quanti saranno eletti al Parlamento. «Il Cammino sinodale che le Chiese in Italia stanno vivendo – si legge ancora nel testo – può costituire davvero un’opportunità per far progredire processi di corresponsabilità. È nei luoghi di vita che abbiamo appreso l’arte del dialogo e dell’ascolto, ingredienti indispensabili per ricostruire le condizioni della partecipazione e del confronto. Riscopriamo e riproponiamo i principi della dottrina sociale della Chiesa: dignità delle persone, bene comune, solidarietà e sussidiarietà. Amiamo il nostro Paese. La Chiesa ricorderà sempre questo a tutti e continuerà a indicare, con severità se occorre, il bene comune e non l’interesse personale, la difesa dei diritti inviolabili della persona e della comunità».

In ascolto del popolo di Dio
Il Consiglio permanente si è ampiamente confrontato sul Cammino sinodale delle Chiese in Italia all’inizio del secondo anno della fase “narrativa”, ancora di ascolto dell’intero popolo di Dio. È stata confermata la piena validità dei gruppi sinodali, come era emerso nelle relazioni diocesane redatte al termine del primo anno. Ci si è poi soffermati sulla proposta dei tre “cantieri sinodali” (della strada e del villaggio; dell’ospitalità e della casa; delle diaconie e della formazione spirituale) comuni a tutte le diocesi italiane, secondo il documento “I cantieri di Betania” e il successivo Vademecum metodologico “Continuiamo a camminare”. Il dibattito si è poi concentrato sull’organigramma che, come già stabilito nel Consiglio permanente del 24-26 gennaio 2022, prevede ora la costituzione di un Comitato nazionale del Cammino sinodale. Tale Comitato avrà il compito di studiare e promuovere iniziative volte ad animare e accompagnare il percorso, in stretta connessione con gli organi e gli organismi della Cei. Esprimendo grande riconoscenza verso il Gruppo di coordinamento che fino ad oggi ha coordinato il Cammino, i Vescovi hanno poi designato il presidente del Comitato stesso. La nomina degli altri membri, che avrà una rappresentatività ampia, verrà affidata a una sessione straordinaria del Consiglio permanente in programma il prossimo 16 novembre, alle Conferenze episcopali regionali, alle Istituzioni e agli organismi ecclesiali rappresentativi di presbiteri, consacrate/i e laici, con una presenza numerosa di componenti laici.

A sostegno delle diocesi
In questo particolare frangente storico e sempre nella prospettiva sinodale, è stata approvata la creazione di un Fondo di solidarietà a sostegno delle diocesi per contrastare l’aumento dei costi dell’energia. La somma – 10 milioni di euro – sarà assegnata alle singole diocesi secondo il metodo di ripartizione dell’8×1000 e, dunque, attraverso una quota fissa per ciascuna diocesi e una variabile in base alla popolazione. Il contributo sarà finalizzato a mettere in atto una riduzione dei consumi e a realizzare progetti di efficientamento energetico.

Per un servizio più efficace
Durante i lavori, i vescovi hanno ripreso la riflessione volta a rendere più efficaci le strutture e gli organi della Conferenza episcopale, a partire da una revisione della disciplina attuale sulle Commissioni episcopali nella prospettiva tracciata dalla Costituzione apostolica “Praedicate Evangelium” e dal Cammino sinodale. I presuli hanno convenuto sull’importanza di ripensare il ruolo delle Commissioni e di avviare la predisposizione di tutti i passaggi utili per un rinnovamento che sia funzionale alle esigenze del nostro tempo. In prima battuta, si provvederà ad una programmazione del lavoro nell’ambito dei “cantieri di Betania”, ovvero di tutte quelle proposte di ascolto e iniziative per il secondo anno del Cammino sinodale, che valorizzi l’apporto di esperti, il confronto con i mondi esterni e la sinergia con altre Commissioni.

Un impegno che continua
Resta alta l’attenzione dei Vescovi sul tema della tutela dei minori e delle persone vulnerabili. Nel corso dei lavori è stato offerto un aggiornamento sull’impegno delle Chiese in Italia, riassunto nelle cinque linee di azione assunte dall’Assemblea gGenerale nel maggio scorso, circa la formazione di tutto il popolo di Dio e la prevenzione per evitare che il peccato e reato gravissimo degli abusi

accada. Nello specifico, si era deciso di potenziare la rete dei referenti diocesani e dei relativi Servizi per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili, di implementare la costituzione dei Centri di ascolto, di realizzare un primo Report nazionale sulle attività di prevenzione e formazione e sui casi di abuso segnalati o denunciati alla rete dei Servizi diocesani e interdiocesani negli ultimi due anni (2020-2021), di condurre un’indagine a partire dai dati, custoditi dalla Congregazione per la Dottrina della fede, che fanno riferimento a presunti o accertati delitti perpetrati da chierici in Italia nel periodo 2000-2021, e infine di collaborare con l’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, istituito con legge 269/1998.
Per favorire la sensibilizzazione a livello locale, anche quest’anno sarà celebrata – il 18 novembre – la 2ª Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi con lo slogan: “‘Il Signore risana i cuori affranti e fascia le loro ferite’ (Sal 147,3). Dal dolore alla consolazione”. In vista di questo importante appuntamento, sono già in preparazione diverse iniziative, tra cui incontri rivolti agli operatori giuridici presso i Servizi regionali/diocesani/interdiocesani per la tutela dei minori, le Curie diocesane, gli Istituti religiosi e i Tribunali ecclesiastici; giornate di formazione dedicate ai superiori, ai rettori e ai formatori nei seminari e nelle case di formazione degli Istituti di vita consacrata maschili e femminili.
Inoltre, il Consiglio nazionale della scuola cattolica della Cei pubblicherà a breve il testo “Linee guida per la tutela dei minori nelle scuole cattoliche”, uno strumento a servizio dei docenti e del personale che opera nelle scuole cattoliche e nella formazione professionale d’ispirazione cristiana, oltre che delle famiglie e di tutto il mondo scolastico.




una secca bacchettata di papa Francesco ai vescovi italiani – speriamo che questa volta capiscano davvero

il papa bacchetta la Cei:

“bisogna fare un sinodo”

messaggio a tradizionalisti e ultra progressisti: il Concilio va seguito

Papa Francesco

papa Francesco

La bacchettata del Papa ai vescovi è secca: in questi cinque anni la Chiesa italiana non si è mossa. Verso che cosa? Una maggiore apertura da raggiungere attraverso un sinodo. Parola, questa, indigesta a non pochi presuli al di qua del Tevere, magari abituati a gestire le proprie diocesi con modalità poco collegiali. La Conferenza episcopale italiana (Cei) da anni fa resistenza a un’assemblea, anche per il timore di tensioni, scontri e spaccature, considerate le varie anime e sensibilità che si registrano tra i prelati.

Il dibattito sull’opportunità di un’assise nelle Sacre Stanze era stato lanciato il 2 febbraio 2018 dalla rivista dei Gesuiti La Civiltà Cattolica, con un articolo del direttore padre Antonio Spadaro. E poi il 21 settembre 2019 padre Bartolomeo Sorge (scomparso a novembre), nel suo ultimo articolo per il quindicinale dei Gesuiti, aveva ragionato sul Sinodo dando le premesse storiche: uno scritto molto apprezzato da Papa Bergoglio. 

Ieri Francesco – nel discorso all’ufficio catechistico nazionale della Cei – ha lasciato trapelare il suo disappunto: i prelati non hanno messo in pratica le indicazioni da lui ricevute al Convegno nazionale di Firenze, nel novembre 2015. Messaggio forte e chiaro. «Dopo cinque anni – ha scandito Bergoglio – la Chiesa italiana deve incominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità per comunità, diocesi per diocesi. Nel Convegno di Firenze c’è proprio l’intuizione della strada da fare in questo Sinodo», momento di confronto sui grandi temi. «Adesso, riprenderlo: è il momento. E incominciare a camminare». Dopo un promemoria del maggio 2019, sotto forma di invito, questa volta il Pontefice usa il verbo «dovere». E rinfresca la memoria sull’obiettivo più grande: «Una Chiesa sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti». La «Chiesa in uscita» che predica fin dalla prima ora.

Nell’udienza di ieri papa Francesco ha anche colto l’occasione per avvertire tradizionalisti e ultra progressisti, i due estremi del «recinto cattolico» che – rispettivamente – rifiutano le riforme del Concilio Vaticano II o al contrario promuovono «fughe in avanti» con sacerdozio femminile e preti sposati: «Il Concilio è magistero della Chiesa. Se non lo segui o l’interpreti a modo tuo, tu non stai con la Chiesa». 




papa Francesco vuole una chiesa italiana più ‘libera’

“ciò che ci fa più liberi”

il cammino della Chiesa italiana


Umberto Folena 

Viva la libertà. La libertà di chi non accumula freneticamente denaro e potere, fino a far soffocare la propria anima. La libertà del Vangelo. E la libertà di Pietro, il primo, il prescelto, che incontrando lo storpio allarga le braccia e gli dice: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!» (Atti 3, 6).

È la maggior libertà a cui ieri Francesco ha invitato, con dolcezza e con nettezza la Chiesa italiana. Siate più liberi per «fare presto e bene». Le vocazioni sacerdotali calano? Ci sono cause esterne, come la «cultura del provvisorio» e l’«idolatria del denaro»; ma anche cause interne, come una «testimonianza a volte tiepida» e gli «scandali»: fosse anche uno solo, sarebbe uno di troppo la cui ricaduta negativa non è misurabile. Veleni che penetrano dall’esterno, veleni generati dall’interno. Risultato: un tempo sterile, almeno all’apparenza. Come reagire? Innanzitutto con la generosità: chi ha più preti, ne doni a chi ne ha di meno, perché nella Chiesa non possono esserci “ricchi” e “poveri” di alcun genere.

Reagire anche, e soprattutto, tornando a innamorarsi della «povertà evangelica». Facile proclamarla, assai più difficile viverla perché tutti abbiamo, almeno un poco, paura. Tutti avvertiamo il bisogno di qualche garanzia. La precarietà spaventa. Eppure un prete dovrebbe saperlo, quando decide di diventare prete. Tanto tempo fa gliel’ha ricordato il Concilio: i preti «non trattino dunque l’ufficio ecclesiastico come occasione di guadagno», avverte Presbiterorum ordinis (17), che invita ad «abbracciare la povertà volontaria». Volontaria, non subita di malagrazia.

Un invito al pauperismo? Alla rinuncia alle risorse? No. L’invito è a considerare le risorse per ciò che sono: semplici strumenti, non fini. La Chiesa sceglie la povertà evangelica «non perché rinuncia alle risorse, ma non tiene nulla per sé»: e questa è la lettera (Sostenere la Chiesa per servire tutti) che dieci anni fa i vescovi italiani scrissero nell’anniversario di Sovvenire alle necessità della Chiesa (1988), dove solidarietà, corresponsabilità e trasparenza erano le parole d’ordine. Si ricordava, allora, l’importanza di tenere due portafogli ben distinti: uno con i propri soldi, l’altro con quelli della comunità. Il vescovo che offre il pranzo, ricordato ieri da Francesco, mette mano al portafoglio numero uno. Ma si ricordava anche a ogni parroco il dovere di fare testamento, affinché sia chiaro che nulla è suo, ma tutto è della comunità.

Libertà significa saper distinguere i mezzi dai fini. Il fine è uno solo, l’annuncio del Vangelo. Il bene è uno solo: Gesù Cristo. I mezzi vanno messi a disposizione di quel fine e quel bene. Anche le diocesi sono strumenti, creati per meglio annunciare Gesù Cristo e servire la causa del Vangelo. Essendo strumenti, nascono e possono trasformarsi, confluendo e unendosi. Le diocesi in Italia sono 226. Tantissime, anche dopo il primo accorpamento di un terzo di secolo fa. Francesco chiede alla Chiesa italiana di snellirsi, in nome della sobrietà e dell’incisività evangeliche.

Già, ma le tradizioni? Ogni diocesi ha la sua, e ne è orgogliosa. Ora il problema è semplice e “duro” al tempo stesso: una tradizione può tramutarsi lentamente, inesorabilmente in una gabbia che si stringe fino a soffocarti; oppure evolversi in un’occasione per coniugare il nuovo e l’antico rinunciando a qualcosa per conquistare qualcos’altro. Libertà è quella dei figli di Dio che hanno lo sguardo lungo e vivono le tradizioni con fedeltà creativa.

Viva la libertà, dunque. È questa che Francesco offre e chiede alla Chiesa italiana. La libertà di chi si scrolla di dosso ciò che forse pensava fosse indispensabile, ma non lo è. Di chi si libera del tragico mantra: «Abbiamo sempre fatto così». Di chi sa farsi come Pietro che davanti allo storpio allarga le braccia: ho finito quel poco oro e argento che avevo, ma erano semplici strumenti, roba che passa e si corrompe. Invece posso donarti l’unica cosa che conta, Gesù. Alzati e cammina, Chiesa che sei in Italia!




una chiesa clericale e addormentata quella italiana – parola del card. Bassetti

il card. Bassetti scuote la Chiesa italiana:

ANDREA ACALI

Il cardinale Gualtiero Bassetti

Il cardinale Gualtiero Bassetti
“La Chiesa italiana è in una fase felice ma vedo anche un po’ di stanchezza. Il nuovo dell’Evangelii Gaudium tarda a spuntare perché quella italiana è una Chiesa abbastanza clericale“. Lo ha detto il presidente della Conferenza episcopale italiana, il card. Gualtiero Bassetti, in un’intervista a InBlu Radio, il network delle radio cattoliche della Cei, ospite del programma ‘Pastori, incontri con i vescovi italiani’ condotto da Sergio Valzania in onda ogni sabato e domenica alle ore 18.30. L’arcivescovo di Perugia, che questa mattina è stato ricevuto da Papa Francesco, ha aggiunto che “Si viene da una mentalità pregressa in cui la Chiesa era il parroco o il vescovo. Anche le persone formate come collaboratori erano figli di questa mentalità. Se era clericale il parroco lo erano anche i suoi collaboratori. Ciascuno era terribilmente attaccato al proprio ruolo e al proprio ministero. Quando in passato cambiavo un parroco mi veniva detto: ‘Può cambiare anche il parroco ma qui si è sempre fatto così’. E proprio il conservatorismo è una nota tipica di noi italiani. In questo modo si fa più fatica a far emergere il nuovo. Le giovani generazioni hanno delle grandi difficoltà. Nel volontariato, infatti, ci sono tanti anziani ma pochi giovani”.

La sinodalità

“La parola sinodalità – ha ricordato il card. Bassetti – in greco significa ‘andare sulla stessa strada’ ed è il contrario del clericalismo. La mentalità clericale è ‘io ho il compito di parroco, vescovo, catechista, animatore e questo è il mio campo’. Sinodalità vuol dire condividere insieme i doni, carismi, ministeri. Le membra della Chiesa devono essere infatti in armonia tra di loro. Spesso è più facile racchiudersi nelle proprie idee. La sinodalità richiede dunque il superamento del clericalismo. In Italia serve una Chiesa non dove alcuni hanno molti ministeri, e purtroppo siamo ancora a questo livello, ma dove molti hanno pochi ministeri in modo da poterli fare bene e in armonia tra loro”.

Immigrazione

Il cardinale poi ha parlato dell’immigrazione che a suo avviso “non è solo un problema ma soprattutto una risorsa. Presenta degli aspetti di problematicità perché siamo di fronte ad un fenomeno di masse umane in movimento. Non dobbiamo però fermarci alla corteccia del fatto. Dobbiamo cogliere più che la problematicità, l’aspetto di novità e risorsa. Il fenomeno migratorio – ha ricordato il card. Bassetti – c’è sempre stato nell’umanità, fin dai tempi di Abramo. I quattro verbi che ci ha dato Papa Francesco parlando dell’immigrazione sono quattro azioni da mettere in pratica: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Sono le sfide del mondo di oggi. L’accoglienza e la protezione della persona umana sono il pulsante del cuore della carità cristiana. La promozione e l’integrazione di una persona sono il fulcro vitale di una società che non si dimentica di nessuno. Il fenomeno dell’immigrazione va accolto. Allo stesso modo capisco che una società civile che ha delle regole da rispettare, deve anche proteggere queste persone dai luoghi di provenienza attraverso corridoi umanitari e favorendo delle condizioni per cui non tutti siano costretti a partire. L’Italia – ha sottolineato – è un Paese accogliente e si sta distinguendo da tutto il resto dell’Europa. Di questo non possiamo fare altro che ringraziare la Provvidenza”.

Secolarizzazione

Il presidente dei vescovi italiani ha quindi affrontato il tema della secolarizzazione: “E’ un fenomeno che in parte è ancora in atto ma non credo che oggi sia il principale dei problemi. Il principale problema è quello dell’annuncio della fede. Trovare i canali giusti per portare la buona notizia del Vangelo. È vero che è un mondo secolarizzato ma è anche un mondo che rischia di chiudersi nelle sue povertà. Oggi ci sono anche delle condizioni nuove per annunciare il Vangelo, in situazioni inaspettate. Vedo che si avvicinano delle persone che erano in conflitto con la Chiesa, vengono perché sentono come una sete che li porta a ricercare il bene e il meglio. È una sete di Dio. Viviamo dunque in un mondo secolarizzato ma anche assetato di Dio. Dobbiamo svegliarci tutti dal sonno – ha concluso il card. Bassetti – e metterci in cammino. Non si deve avere paura di sporcarsi le mani. Bisogna affrontare tutte le situazioni. Tutto ciò che riguarda, nel bene e nel male, gli uomini è benedetto da Dio”.

Il ricordo di don Benzi

Lo stesso cardinale Bassetti ha anche ricordato in un articolo per la rubrica “Dialoghi” sul Settimanale dell’Osservatore Romano in edicola oggi l”impegno di don Oreste Benzi per le donne vittime della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione, “le nuove schiave”. E’ stato “uno schiaffo in pieno volto a una società ipocrita, che non solo chiude gli occhi davanti a un tale scempio, ma ne fa un mercimonio nel buio, nel segreto inconfessabile di una passione avida e ricattatoria”: così il presidente della Cei ha ricordato il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII a dieci anni dalla morte.  “Come diceva don Oreste – ha scritto ancora – ‘nessuna donna nasce prostituta, ma c’è sempre qualcuno che ce la fa diventare’. Incontrandole con il suo rosario in mano, ha salvato dal racket della prostituzione circa settemila donne”. Per il cardinale Bassetti, don Oreste Benzi, è stato “il prete degli ultimi, il sacerdote ‘dalla tonaca lisa’, un Filippo Neri dei nostri tempi”. Una nota della diocesi di Perugia spiega anche il significato del titolo dell’articolo, il “legno di Gesù“. E’ un diretto riferimento al regalo “inaspettato” che i ragazzi della cooperativa sociale “Ro’ la formichina” della Comunità Papa Giovanni XXIII hanno fatto a Bassetti, un pastorale fatto con il legno recuperato dalle carcasse dei barconi dei migranti che porta la scritta “È un legno che ha portato tanta sofferenza, tanta speranza, proprio come il legno della croce di Gesù”. Don Benzi – ha sostenuto ancora il cardinale – “ha conosciuto questa sofferenza e questa speranza, abbracciando gli ultimi e poveri, per amore a Cristo”. In quel pastorale vi sono dunque “due grandi messaggi: il primo riguarda l’eredità spirituale di don Benzi; il secondo si riferisce al ruolo della Chiesa nell’Italia odierna”.




schiaffo ai vescovi italiani

Vaticano, i primi cardinali di Bergoglio: schiaffo a Bertone e Bagnasco

Secondo le indiscrezioni, le nomine che Francesco farà saranno a sorpresa: niente nomi di potere e ritorno al cardinalato ad personam:

diplomazia vaticana

da sussurri, indiscrezioni, veline sembra questo il panorama che si delinea nelle prime scelte di papa Francesco:

Grandi manovre in casa Bergoglio. Se le indiscrezioni delle ultime ore saranno confermate, all’Angelus dell’Epifania Papa Francesco annuncerà i nomi dei suoi primi cardinali che riceveranno la berretta rossa nel concistoro del 22 febbraio. Nella lista clamorosamente non ci sarà il patriarca di Venezia Francesco Moraglia, considerato troppo legato all’ex Segretario di Stato Tarcisio Bertone. Al suo posto, ancor più clamorosamente, ci sarà l’arcivescovo di Perugia Gualtiero Bassetti. Una scelta che stupisce sia perché il capoluogo umbro non è sede cardinalizia, sia perché è stato proprio Bassetti, in qualità di vicepresidente della Cei, a prendere il posto del cardinale Angelo Bagnasco nella potentissima Congregazione per i vescovi.

Una scelta, quella di Papa Francesco, che se da un lato equivale a un doppio “schiaffo” per Bertone e per Bagnasco, dall’altro lato manifesta la volontà del Pontefice latinoamericano di tornare al “cardinalato ad personam“, come era anticamente, facendo prevalere gli uomini da insignire con la porpora sulle sedi da loro occupate e non viceversa. In futuro quindi, soprattutto in Italia, saranno rimescolate le carte delle tradizionali sedi cardinalizie (Milano, Torino, Napoli, Palermo, Bologna, Firenze, Genova e Venezia). La scelta di Bassetti ha, però, anche altri due significati agli occhi del Papa. Da un lato si tratta di dare un riconoscimento particolare all’arcivescovo del capoluogo umbro, regione nella quale è nato e vissuto San Francesco d’Assisi di cui Bergoglio ha voluto prendere il nome dopo la fumata bianca. Dall’altro lato è anche un’indicazione agli oltre duecento vescovi italiani per la successione al presidente della Cei Bagnasco, da affiancare all’altra candidatura considerata molto forte nell’episcopato della Penisola, ovvero quella dell’arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte, nominato dal Papa segretario speciale del Sinodo dei vescovi sulla famiglia che si terrà nell’ottobre prossimo in Vaticano.

Sicura la porpora per l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, uomo legato al cardinale Camillo Ruini di cui è stato vescovo ausiliare a Roma. Giunto ormai alla soglia dei settantaquattro anni, Nosiglia riceverà finalmente la berretta rossa dopo essere stato osteggiato da Bertone che, sotto il pontificato di Benedetto XVI, gli ha fatto saltare ben tre concistori. L’ex Segretario di Stato, infatti, voleva far nominare alla guida dell’arcidiocesi di Torino Giuseppe Versaldi, suo vicario generale quando era vescovo di Vercelli. Ma in quel caso Ruini ebbe la meglio. Bertone non si perse d’animo e riuscì a far nominare da Benedetto XVI Versaldi presidente della Prefettura degli affari economici della Santa Sede e poi a farlo creare cardinale nel concistoro del febbraio 2012, togliendo di fatto il posto a Nosiglia.

Scontate le nomine dei cardinali di Curia. Ad aprire la lista sarà sicuramente il Segretario di Stato Pietro Parolin, subito seguito dal prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Gerhard Ludwig Müller. Gli altri curiali dovrebbero essere Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il clero, Jean-Louis Bruguès, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, e Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, al quale Bergoglio, subito dopo l’elezione nella Cappella Sistina, ha donato il suo zucchetto rosso

la prima grande sorpresa di papa Francesco per la chiesa italiana è la nomina del segretario della Cei nella persona di mons. Galantini preso da una delle più piccole diocesi italiane:

Segreteria Cei, spunta il jolly: è monsignor Galantini, parroco di

frontiera, studioso di Bonhoeffer

di Luca Kocci

in “Adista” – Notizie – n. 1 del 11 gennaio 2014

È arrivata alla fine dell’anno la prima nomina di papa Francesco che riguarda la Conferenza

episcopale italiana. Si tratta di mons. Nunzio Galantino, vescovo di Cassano allo Jonio (Cs),

prescelto come nuovo segretario generale della Cei in sostituzione di mons. Mariano Crociata, dal

19 novembre alla guida della diocesi di Latina dopo aver rifiutato l’incarico di ordinario militare per

l’Italia.

La nomina, piuttosto a sorpresa sia per i tempi rapidi che per il nome inaspettato, è stata

ufficializzata il 30 dicembre, con un comunicato della Cei e con la contestuale diffusione di una

lettera (datata 28 dicembre), dai contenuti decisamente inusuali, che il papa ha indirizzato «ai

sacerdoti, consacrati e fedeli della diocesi di Cassano allo Jonio». «Per una missione importante

nella Chiesa italiana ho bisogno che mons. Galantino venga a Roma almeno per un periodo. So

quanto voi amiate il vostro vescovo e so che non vi farà piacere che vi venga tolto, e vi capisco. Per

questo ho voluto scrivervi direttamente come chiedendo il permesso», si legge nel testo di

Bergoglio, in cui si chiarisce che si tratta di una nomina ad interim, e che Galantino, per il

momento, continuerà a mantenere anche l’incarico di guida della diocesi di Cassano. «Chiederò a

mons. Galantino – scrive il papa – che, almeno per un certo tempo, pur stando a Roma, viaggi

regolarmente alcuni giorni per continuare ad accompagnarvi nel cammino di fede». Come del resto

richiesto dallo stesso neosegretario della Cei: «Ho chiesto esplicitamente al Santo Padre di poter

continuare a camminare con la Chiesa alla quale, come uomo e come credente, sono stato affidato e

che, come vescovo, mi è stata affidata», si legge in un’intervista a mons. Galantino pubblicata sul

sito internet della diocesi di Cassano allo Jonio. «Certo, Roma è un po’ lontana da Cassano. Ma

questo non mi spaventa. Ho sempre viaggiato e continuerò a farlo. La scelta di rimanere vescovo

residenziale penso che mi aiuterà a rendere il mio servizio senza perdere mai di vista tutta la

bellezza, ma anche tutta la fatica che comporta la vita ordinaria di una Chiesa diocesana. Mi aiuterà

certamente a dare più senso a quanto andrò dicendo e facendo», «finché avrò le energie e finché

potrò contare sull’aiuto di chi mi circonda, io sarò qui».

«Sono particolarmente grato a Papa Francesco per avere designato mons. Nunzio Galantino a

colmare il vuoto creatosi dopo l’elezione di mons. Crociata a vescovo di Latina», dichiara il

presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, appena appresa la nomina. «Conosco personalmente il

nuovo segretario generale per la sua lunga esperienza in qualità di responsabile del Servizio

nazionale per gli studi superiori di teologia e di scienze religiose della Cei e, prima ancora, per la

sua intensa attività accademica e il generoso impegno di pastore, sempre presente sulle frontiere

dell’educazione e del riscatto sociale. Ho avuto pure la gioia di consacrarlo vescovo di Cassano allo

Jonio nel 2012. Sono certo che darà un contributo qualificato al servizio dei vescovi italiani nel

quotidiano impegno per l’evangelizzazione».

Nato il 16 agosto del 1948 a Cerignola – grosso comune agricolo del foggiano, che diede i natali

anche al primo segretario nazionale della Cgil, il leader delle lotte contadine Giuseppe Di Vittorio –,

Galantino è stato ordinato prete nel 1972 e, dopo essere stato vicerettore del seminario di Foggia e

docente al seminario di Benevento, dal 1977 ha rivestito l’incarico di parroco di San Francesco

d’Assisi, parrocchia di un quartiere molto popolare di Cerignola, dove fra l’altro aveva direttamente

in carico diverse situazioni difficili di persone disabili e di detenuti. All’impegno pastorale mons.

Galantino ha sempre affiancato quello culturale e di studioso: laureato in Filosofia all’Università

Statale di Bari (tesi su “L’antropologia di Bonhoeffer come premessa al suo impegno politico”) e

addottorato in Teologia dogmatica (relatore il gesuita p. Piersandro Vanzan, continuando le ricerche

su Bonhoeffer e successivamente su Rosmini) alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia

meridionale, dove ha poi insegnato Antropologia, con qualche intervallo, dal 1978 al 2012,

mettendo come condizione, ricordano dalla Facoltà, di continuare a fare il parroco a Cerignola. Dal

2004 segue per la Cei l’attuazione del Progetto di riordino della formazione teologica in Italia e dal

2008 è responsabile del Servizio nazionale per gli studi superiori di teologia e di scienze religiose

della Cei, un incarico di grande importanza che lo porta spesso a Roma. Il 9 dicembre 2011 viene

nominato vescovo di Cassano allo Jonio – nel suo sito internet (www.nunziogalantino.it) è scritto «è

stato eletto»: refuso o auspicio per una riforma delle nomine episcopali nella Chiesa? – dove

comincia il suo ministero il 10 marzo 2012, dopo la consacrazione episcopale, dalle mani del card.

Bagnasco, il 25 febbraio 2012 nella cattedrale di Cerignola. A Cassano, racconta chi lo ha

conosciuto in questi quasi due anni di episcopato, si fa chiamare don Nunzio, ha scelto di abitare

non nel palazzo vescovile ma nel seminario e di rinunciare a segretario, autista e automobile di

lusso. Ha inoltre scritto la prefazione alla raccolta di omelie di don Cosimo Scordato (Libertà di

Parola, Cittadella, Assisi, 2013), animatore della Comunità di San Francesco Saverio

all’Albergheria di Palermo.

Insomma una nomina apparentemente molto significativa, che potrebbe essere il viatico a quella

riforma della Cei – dal ridimensionamento del numero delle diocesi e degli uffici all’elezione del

suo presidente, come lascia intendere anche il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero,

in un’intervista al Quotidiano nazionale (2/1): «Se tutto andrà per il verso giusto, a novembre per la

prima volta eleggeremo i vertici dell’episcopato» – auspicata e attesa da molti




i primi segni di una chiesa italiana che cambia?

 

altare

Lavoro e diritti, pace e disarmo, mafia e antimafia: su questi temi sociali, nelle ultime settimane, i vescovi di diverse diocesi italiane si sono schierati pubblicamente, assumendo posizioni coraggiose e “di frontiera”.

Mons. Depalma: dalla parte dei lavoratori

Il caso più noto, che ha trovato ampio spazio anche nelle cronache nazionali, è stato quello che ha avuto come protagonista il vescovo di Nola, mons. Beniamino Depalma, che lo scorso 15 giugno ha partecipato ad una manifestazione degli operai dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco (Na) – da anni alle prese con la cassa integrazione – per contestare i sabati lavorativi di “recupero produttivo”.

Il vescovo si è collocato «dalla parte dei violenti e dei prevaricatori», ha affermato il responsabile dello stabilimento di Pomigliano, Giuseppe Figliuolo, in una lettera indirizzata al vescovo nel giorni successivi alla manifestazione. Nella missiva Figliuolo ha criticato la presenza del vescovo davanti ai cancelli dello stabilimento «per portare la sua solidarietà ad alcuni manifestanti che con azioni violente e minacce hanno tentato di impedire l’ingresso in fabbrica ai lavoratori della Fiat». «La sua scelta di essere dalla parte dei violenti e prevaricatori – aggiunge – è stata involontaria e causata dalle mistificazioni veicolate da alcuni organi di informazione che hanno volutamente travisato la realtà dei fatti», omettendo che «era stato sottoscritto un accordo sindacale tra azienda e legittimi rappresentanti dei lavoratori».

«No, dottor Figliuolo, io non sto dalla parte dei violenti, né volontariamente né, come dice lei, “involontariamente”», ha replicato il vescovo – che più volte, in passato, è intervenuto su questioni sociali che riguardavano il suo territorio, dalle lotte degli operai della Fiat al problema rifiuti e discariche abusive (v. Adista nn. 5/08; 34 e 52/09) – in una lettera pubblicata dal quotidiano napoletano Il Mattino (7/7). «Bisogna provare in ogni circostanza, anche la più burrascosa, a mettere le persone intorno allo stesso tavolo. Un vescovo, un pastore, non è un dirigente di un’azienda: quando vede e sente uomini gridare, ha l’obbligo morale di andare a vedere e sentire con i suoi occhi e con le sue orecchie. Credo che oggi, in questo tempo così difficile, i complici dei violenti siano tutti coloro che stanno rinchiusi nei loro fortini sperando che la burrasca passi senza bagnarli. Opera davvero violenza chi nega la speranza negando prospettive di futuro alle persone e alle famiglie. La Chiesa ha una sola preoccupazione: che le famiglie non perdano il salario». «Ha difeso i deboli, ha parlato in favore del diritto al lavoro. La sua è stata l’espressione di un pastore e non dovrebbe essere sindacata, e tantomeno censurata da parte di un’azienda», difende il suo vescovo don Peppino Gambardella, parroco di San Felice in Pincis a Pomigliano, anche lui da sempre schierato accanto agli operai della Fiat (v. Adista n. 25/09). «Ancora una volta i vertici Fiat hanno dimostrato arroganza e anche poco rispetto della dignità del pastore della Chiesa. Probabilmente a loro, che vivono una vita staccata dalla gente, sfugge il valore morale che il vescovo rappresenta per i lavoratori. A lui arriva il grido di aiuto dei poveri, la loro disperazione. Tutto questo purtroppo sfugge ai dirigenti della Fiat. Forse sono abituati a comandare e ad avere gente che deve solo obbedire. Sono poco adusi alla democrazia».

Intanto Depalma ha fatto sapere di aver accettato l’invito di Figliuolo a visitare lo stabilimento di Pomigliano: mi pare un modo «per avere l’opportunità di un confronto franco e diretto», ha motivato la sua decisione il vescovo.

Mons. Pizziol: l’unico valore è la pace

Ha invece declinato l’invito a partecipare all’inaugurazione della nuova base militare Usa all’aeroporto Dal Molin di Vicenza il vescovo della città, mons. Beniamino Pizziol, come peraltro gli aveva chiesto il Coordinamento cristiani per la pace di Vicenza e altre associazioni (v. Adista Notizie n. 23/13), evidenziando quindi un atteggiamento ben diverso da quello del suo predecessore, mons. Cesare Nosiglia, sempre piuttosto disponibile verso il Dal Molin.

«La decisione se presenziare o meno a detta inaugurazione – scrive il vescovo al colonnello David W. Buckingham, comandante della guarnigione dell’esercito Usa a Vicenza – è stata fonte di un sereno e condiviso discernimento sul significato della presenza di un vescovo in questa struttura che, al di là della buona coscienza delle persone che vi operano, resta il segno che siamo ancora lontani dalla realizzazione di quel progetto di pace, che tutti portiamo nel cuore come un “anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi” (Giovanni XXIII, Pacem in Terris, n. 1)».

La lettera del vescovo al colonnello Usa si conclude con una «speranza», che però pare piuttosto un auspicio di improbabile realizzazione: che la base di Vicenza – dove verranno collocate alcune attività di Africom, il comando militare Usa per l’Africa – «possa essere trasformata in un centro di formazione e di azione per promuovere lo sviluppo del Continente africano, a servizio della vera libertà e della democrazia».

Mons. Morosini: via i condannati dalle associazioni ecclesiali

Tornando a sud, il vescovo di Locri, mons. Giuseppe Morosini (nel frattempo nominato nuovo arcivescovo metropolita di Reggio Calabria), ha emanato un decreto molto severo nei confronti di chi è stato rinviato a giudizio in un procedimento penale: non può far parte delle associazioni ecclesiali presenti nella diocesi, compresi i Consigli pastorali parrocchiali. Morosini parla in generale dei rinviati a giudizio, ma è abbastanza chiaro – data la specificità del territorio della Locride – che il provvedimento sia diretto ad escludere dalla vita delle associazioni ecclesiali le persone coinvolte in indagini sulla ‘ndrangheta.Gli indagati, è scritto nel decreto, devono subito informare il responsabile dell’associazione del procedimento aperto a loro carico e autosospendersi dall’associazione. Se non lo fanno, interviene d’ufficio il capo dell’associazione o il vescovo. Il quale può anche sciogliere l’associazione nel momento in cui ravvisasse che è stata messa in atto una copertura dell’associato sotto indagine. L’esclusione dall’associazione resta in vigore fino alla fine del procedimento penale ed è definitiva in caso di condanna.

Il provvedimento del vescovo Morosini segue di qualche giorno quello del vescovo di Acireale, mons. Antonino Raspanti, che ha vietato, nel territorio della sua diocesi, i funerali ai condannati per mafia (v. Adista Notizie n. 25/13).
Don Diana: laurea post mortem

A Napoli, la Facoltà teologica dell’Italia meridionale – la sezione San Luigi, quella gestita dai gesuiti – ha deliberato di concedere la licenza in Teologia biblica a don Peppe Diana, il parroco di Casal di Principe ucciso dalla camorra nel 1994, come peraltro era stato proposto da diversi docenti e studenti della facoltà nel 2011, al termine della Giornata di studio “Martiri per la giustizia, martiri per il Sud. Livatino, Puglisi, Diana, uccisi non per errore” (v. Adista n. 35/11).

«Alcuni anni fa – spiega Sergio Tanzarella, docente di Storia del cristianesimo alla Facolta teologica, fra i principali promotori dell’iniziativa – ricostruendo la carriera universitaria di don Peppe, si è deciso di riconoscere il titolo che il parroco di Casale non aveva potuto conseguire. Don Diana era arrivato quasi alla fine dei suoi studi teologici, ma non riuscì a completarli perché fu ucciso dalla camorra il 19 marzo del 1994. Era una persona che amava studiare. Si era laureato in filosofia, ed era quasi arrivato alla conclusione degli studi in teologia biblica quando fu assassinato. Così il Consiglio di Facoltà ha deciso di riconoscere a don Diana la laurea nonostante non abbia concluso il corso di studi. Nel mese di ottobre avrà luogo la cerimonia di assegnazione». Sul fronte del processo di beatificazione di don Diana – anche su questo punto, in occasione della stessa Giornata di studio, era stata inviata una sollecitazione al vescovo di Aversa, mons. Angelo Spinillo – invece, nulla di fatto. «In diocesi non è presente nessuna forma di culto nei confronti del parroco di Casal di Principe», dicono ad Adista fonti vicine alla Curia aversana. Un appello a proclamare martiri anche dei laici che si sono impegnati fino alla fine per la giustizia arriva invece dal vescovo emerito di Caserta, mons. Raffaele Nogaro, che propone la beatificazione del magistrato ucciso dalla mafia Rosario Livatino: «Mi piace una Chiesa che ricosce anche la laicità della santità”, perché “i santi non sono quelli con l’aureola”».




LA CHIESA DICE NO A MARINO: LA SANTA ALLEANZA FRA ALEMANNO E LA CURIA

LA CHIESA DICE NO A MARINO: LA SANTA ALLEANZA FRA ALEMANNO E LA CURIA.

ben altri sono i ‘consigli’ che la chiesa dovrebbe dare ai politici




prima o dopo doveva toccare anche alla chiesa italiana: non era meglio pensarci subito facendo meno ostruzionismo?

pedofilia e risarciment

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