e se la chiesa dopo tanti ‘concili dogmatici’ convocasse un ‘concilio sociale’?

concilio sociale

“Come gli uomini devono interamente a Dio la loro giustizia,  allo stesso modo Dio affida tutto all’agire di giustizia degli uomini”

J. Moltmann

 

Ci dai appuntamento nella storia, nelle cose che succedono, in quelle che ancora non succedono e in quelle che non dovrebbero succedere. Ti immaginiamo a tirare i fili e muovere a tuo piacimento, come marionette, uomini e natura, ma non è così. Ti immaginiamo con la bacchetta magica (proiezione delle nostre fantasie) incantarci con qualche effetto speciale, ma non è così. Quando, poi, le cose vanno bene è merito nostro, quando vanno male è colpa tua, con annesso corollario di accuse: assente, contraddittorio, ostile. Vedi, Signore, l’equivoco sta nel senso da riconoscere alla libertà. Per Te è sacra tanto che noi siamo espressione proprio della tua libertà: ci hai voluti, non siamo mica frutto di necessità o peggio di utilità. Per noi, invece, la libertà è importante solo a parole. La mettiamo, ipocritamente, al primo posto nei test di valutazione personale per barattarla, alla prima occasione, per semplice convenienza. Grandi cantori della libertà, nei giorni festivi,  in cerca di padrone che ci garantisca un adeguato benessere, nei giorni feriali. Tu sei presente nella storia, ma non la manovri. La affidi a noi, per cambiarla, e renderla manifestazione della tua bontà. Un luogo in cui tutti possano avere cittadinanza ed esprimersi. Ripetere, cioè, quello che tu hai fatto con noi. Vagavamo nel nulla e ci hai fatto esistere, gratuitamente. Sbarcati sulla terra ti abbiamo dimenticato e tradito, trasformandoci in elaboratori di massimi sistemi e in predatori esistenziali, sfigurando il volto autentico del nostro essere.

Ci siamo espressi su realtà che ci superano come la consustanzialità, lo Spirito Santo, le due nature e l’ipostasi e non si riesce ad organizzare un concilio per affermare che Tu ci proponi il Regno, basato sulla logica della condivisione, che si oppone all’Impero che noi continuiamo a costruire e a sostenere, secondo la logica della proprietà, dell’accumulo e quindi della sottrazione.