sulla teologia di Rahner

Rahner e l’esistenziale soprannaturale

 

il pensiero di Karl Rahner è un punto di passaggio obbligato per comprendere la rivoluzione metodologica avvenuta nella teologia del XX secolo. La sua riflessione ha permesso un notevole avanzamento della riflessione teologica, che rischiava di fossilizzarsi nelle categorie scolastiche medievali e moderne

Rahner

Karl Rahner e la svolta antropologica

Karl Rahner nasce a Friburgo nel 1904, gesuita tedesco, studia filosofia con Heidegger per poi laurearsi in teologia. Partecipa al Concilio Vaticano II come perito ed è annoverato tra i più grandi teologi del XX secolo. La sua attività di studio e ricerca è imponente: i suoi scritti principali sono raccolti in 16 volumi. Ha il merito di aver inaugurato un vero e proprio metodo teologico, definito come antropologico-trascendentale. Muore ad Innsbruck nel 1984.

Rahner ha una grande intuizione: comprende che le categorie della teologia scolastica medievale, che avevano dominato il sapere teologico per secoli, non riescono più a trasmettere adeguatamente i contenuti della fede. Esse infatti, essendo state elaborate prima della modernità, non tengono conto degli ineludibili sviluppi del pensiero avvenuti in questa epoca.

La modernità si caratterizza per una rinnovata riflessione sull’uomo: la soggettività e l’esperienza storica diventano centrali e vengono tematizzate in tutti i loro aspetti.

Rahner percepisce quindi il clamoroso ritardo che la teologia aveva accumulato sottraendosi al confronto con il pensiero moderno. Il metodo scolastico che nel medioevo riuscì ad armonizzare con successo fede e ragione, risultava ormai nel XX secolo profondamente insufficiente. Esso peccava di astrattezza seguendo un impianto deduttivo che non riusciva più ad essere eloquente e a fronteggiare la crisi moderna e contemporanea della fede. Un esempio di questa inadeguatezza sono le prove classiche dell’esistenza di Dio. Esse

… venivano proposte in un modo che non poteva non renderle, diciamo così, strane. Infatti si presentavano come se volessero convincere l’uomo di qualcosa che gli era assolutamente ignoto, quasi che Dio e la sua esistenza somigliassero ad un paese lontano, che l’ascoltatore non aveva mai visto, ma di cui doveva accettare l’esistenza. Venivano cioè portate all’uomo dall’esterno[1].

Rahner

Rahner coglie perciò la necessità di una proposta teologica che entrasse nel cuore della questione moderna, che muovesse dal soggetto e dalla sua esperienza storica concreta, senza limitarsi alla ripetizione sterile di un metodo anacronistico.

Se il programma moderno pone al centro la svolta antropologica e cioè una nuova riflessione sul soggetto, è Rahner in ambito cattolico il primo ad aver introdotto la svolta antropologica in teologia, elaborando un vero e proprio sistema.

Karl Rahner e il metodo antropologico-trascendentale

Il Teologo di Friburgo si ispira alla riflessione kantiana e a quella heideggeriana per superare l’oggettivismo scolastico e per sottolineare la rilevanza antropologica della Rivelazione.

Se i detrattori di Rahner sospettano che la sua impostazione scada in una deriva modernistica, in realtà mostrano di non aver affatto compreso la portata del suo contributo alla riflessione teologica. Karl Rahner riesce ad utilizzare lo spessore della riflessione filosofica moderna per esprimere le condizioni di possibilità teoretiche dell’inedito cristiano, ovvero la relazione tra Dio e l’uomo. Il Teologo, servendosi dell’apparato concettuale filosofico, evita però ogni tentazione hegeliana di ridurre il dato di fede ad un momento del pensiero.

Cercando di superare il neotomismo, in fondo Rahner segue l’intuizione tomista. Come Tommaso era riuscito ad imporre il rigore della riflessione aristotelica in un contesto culturale platonico-agostiniano, così allo stesso modo il Pensatore di Friburgo cercò di introdurre un nuovo metodo agli antipodi di quello vigente. Quindi l’originalità di Rahner non è nell’elaborare delle categorie nuove, ma nell’esprimere efficacemente il pensiero biblico-patristico attraverso un linguaggio rigoroso e comprensibile ai suoi interlocutori del XX secolo.

Le prove medievali dell’esistenza di Dio avevano assunto un presupposto fuorviante: Dio e l’uomo sembravano due grandezze estranee fra loro. Al contrario la Rivelazione biblica testimonia un’intimità strettissima fra Dio e l’uomo. L’intera creazione ha carattere cristico: l’uomo è pensato e creato in Cristo che si pone come origine e destinazione dell’umanità.

Rahner quindi si serve di Kant e di Heidegger per dire l’esperienza biblica di Agostino, Dio come “interior intimo meo[2]” più intimo all’uomo del suo stesso intimo.

Parafrasando Kant, Rahner conia il suo metodo come antropologico-trascendentale. L’esperienza umana, infatti,

…non è solo esperienza di questo e di quello, esperienza ben definita nei suoi contenuti, ma è, insieme, esperienza della finitezza, che rimanda ad un orizzonte infinito; esperienza dell’assolutezza della verità e della responsabilità, che rimanda all’assoluto; esperienza della radicalità dell’amore e della fedeltà, che rimanda all’incondizionato[3]. 

Il Teologo riprende cioè il trascendentale kantiano, la condizione di possibilità del conoscere, aprendolo all’esperienza verticale. L’uomo non è dotato solamente di strutture psichiche che gli rendono possibile la conoscenza, ma allo stesso modo è stato creato da Dio con un’apertura al mistero, ad una possibile Rivelazione di Dio nella storia. Rahner infatti, dal titolo di una sua opera del 1941, parla degli uomini come di “Uditori della Parola”: strutturalmente aperti, cioè, all’ascolto di una possibile comunicazione di Dio nella storia.

L’impostazione antropologico-trascendentale si coniuga nell’idea dell’esistenziale soprannaturale. Con questo terminologia, apparentemente complessa, in realtà Rahner cerca solamente di esprimere il dato biblico della Grazia che avvolge e pervade l’uomo in tutta la sua esistenza.

L’esistenziale soprannaturale significa questo: esistenziale è un concetto mediato dall’Esserci di Heidegger e indica l’esistenza umana, mentre soprannaturale qualifica la gratuità della Grazia: essa non appartiene al soggetto e non è in alcun modo deducibile da esso, è e rimane un dono di Dio.

Parlando della Grazia come di esistenziale soprannaturale, Rahner intende questo: la teologia moderna aveva rischiato di porre la relazione tra Dio e l’uomo in secondo piano, come qualcosa di accessorio. In questo orizzonte, la Grazia di Dio, la sua relazione con l’uomo, finiva per ridursi ad una realtà cosificata, imprigionata nei limiti delle categorie che la descrivevano. La precisione dei termini scolastici nel pensare la Grazia come presente o meno nell’uomo rischiava di far perdere di vista l’elemento più importante, la realtà cristica dell’umano, il suo essere indelebilmente immagine di Dio.

Il Teologo di Friburgo, attraverso il concetto dell’esistenziale soprannaturale, pensa la Grazia non solo come presente o meno, acquistabile o perdibile, ma come una realtà che si pone al centro dell’esistenza umana, che la irradia da sempre e senza interruzione.

Rahner

La Grazia, quindi l’azione di Dio sull’uomo, è concepita da Rahner come un apriori, un trascendentale. Essa, pur essendo un dono, avvolge l’uomo da sempre, nell’intimo della sua libertà e si pone come offerta sempre disponibile. In questo senso, nell’esperienza storica, l’uomo può certamente rifiutare la Grazia, la relazione con Dio, ma non può mai estirparla, perché essa continua ad essere sempre presente sotto la forma dell’appello che continuamente interpella la libertà.

Possiamo parafrasare questa intuizione biblica di Rahner con una suggestiva immagine di Werbick: non è solamente l’uomo a pregare Dio, ma è anche Dio a pregare l’uomo. Così ad esempio in 2 Corinzi 5,20 “Lasciatevi riconciliare con Dio[4]”. Inoltre, per i credenti, dietro alla preghiera di ogni sofferente che implora di non essere valutato in modo condizionato, come mezzo per un fine, si cela la preghiera stessa di Dio che chiama a non relativizzare la supplica dell’altro[5].

La preghiera è l’origine della libertà umana. Essa richiede la mia libera valutazione: il riconoscimento di un-essere-interpellato a cui potrei sottrarmi solo se non volessi valutare e volessi sottrarmi a ciò che mi riguarda incondizionatamente. La richiesta di valutazione non è irrecusabile. Irrecusabile è solo il ‘brutum factum’, che fa fallire immediatamente il mio proposito se non tengo conto di esso. L’irrecusabilità revoca la libertà, esige che si tenga conto dell’irrecusabilmente dato…[6]

Christian Sabbatini

Bibliografia:

R. Gibellini, La teologia del XX secolo, Queriniana, Brescia 20147 (Biblioteca di Teologia Contemporanea, 69), 237-253.

Immagine in evidenza: www.muenchner-kirchennachrichten.de

Immagini media: www.muenchner-kirchennachrichten.de www.badische-zeitung.de,  likesuccess.com,

[1] K. Rahner, Riflessioni teologiche sulla secolarizzazione e sull’ateismo, in Nuovi Saggi IV, Paoline, Roma 1964-1985: opera citata in R. Gibellini, La teologia del XX secolo, 244.
[2] Agostino, Le confessioni, Mondadori, Milano 2008 (I classici del pensiero, 6), 542.[3] R. Gibellini, La teologia del XX secolo, 241.
[4] Cfr. J. Werbick, Un Dio coinvolgente. Dottrina teologica su Dio, Queriniana, Brescia 2010 (Biblioteca di Teologia Contemporanea, 150), 266s.
[5] Cfr. C. Sabbatini, La questione del senso in Hansjürgen Verweyen e Jürgen Werbick, Istituto Teologico Marchigiano, Tesi di Baccelierato 2014, 48.
[6] J. Werbick, Un Dio coinvolgente, 268.

Messaggio del 33° Congresso di Teologia La Teologia della Liberazione, oggi

avversità

Dal 5 all’8 settembre, si è svolto in Madrid il 33° Congresso di  Teologia su La Teologia della Liberazione, oggi, che ha riunito un  migliaio di persone provenienti da vari paesi e continenti in un clima  di riflessione, comunione fraterna e dialogo interreligioso,  interculturale, interetnico.
1. Viviamo in un mondo gravemente ammalato, ingiusto e crudele, dove  la ricchezza si concentra sempre più in meno mani mentre crescono le  disuguaglianze e la povertà. Tra 40.000 e 50.000 persone muoiono ogni  giorno per la fame e per le guerre, quando ci sono risorse sufficienti  per nutrire il doppio della popolazione mondiale. Il problema non è,  quindi, la scarsità, ma la competitività, l’accumulo smisurato e la  distribuzione ingiusta, prodotte dal modello neoliberale. I governanti  lasciano che governino i poteri finanziari e la democrazia non è  arrivata all’economia. L’attuale crisi europea ha come effetto lo  smantellamento della democrazia.
2. La crisi economica si è trasformata in una crisi dei diritti  umani. Gli eufemisticamente chiamati “tagli” in materia di istruzione e  sanità sono, in realtà, violazioni sistematiche dei diritti individuali, sociali e politici, che avevamo ottenuto con tanto sforzo nel corso dei secoli precedenti.
3. Questa situazione, però, non è inevitabile, né naturale, né  risponde alla volontà divina. Si può rompere la passività cambiando il  nostro modo di vivere, di produrre, di consumare, di governare, di  legiferare e di fare giustizia e cercando modelli alternativi di  sviluppo nella direzione che propongono e praticano non poche  organizzazioni oggi nel mondo.
4. In questi giorni abbiamo ascoltato le testimonianze e le  molteplici voci delle differenti Teologie della Liberazione presenti in  tutti i continenti e che cercano di collaborare per dare risposte ai più gravi problemi dell’umanità: in America Latina, in sintonia con il  nuovo scenario politico e religioso e con le esperienze del socialismo  del XXI secolo; in Asia, in dialogo con le visioni del mondo orientali,  scoprendo in esse la loro dimensione liberatrice; in Africa, in  comunicazione con le religioni e le culture originarie, alla ricerca  delle fonti della vita nella natura.
5. Abbiamo verificato che la Teologia della Liberazione continua ad  essere viva e attiva di fronte ai tentativi del pensiero conservatore e  della teologia tradizionale di condannarla e darla per morta. La TdL è  storica, contestuale e si riformula nei nuovi processi di liberazione  attraverso soggetti emergenti di trasformazione: donne discriminate che  prendono coscienza del loro potenziale rivoluzionario; culture, in altri tempi distrutte, che rivendicano la loro identità; comunità contadine  che si mobilitano contro i Trattati di Libero Commercio; giovani  indignati, ai quali viene negato il presente e chiuse le porte del  futuro; la natura saccheggiata, che grida, soffre, si ribella ed esige  rispetto; emigranti maltrattati che lottano per migliori condizioni di  vita; religioni indigene e di origine africana che rinascono dopo essere state per secoli ridotte al silenzio.
6. La TdL è teologia della vita, che difende con particolare  intensità la vita più minacciata, quella dei poveri, che muoiono presto, prima del tempo. Fa realtà le parole di Gesù di Nazaret: «Sono venuto  affinché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». Chiama a scoprire  Dio negli esclusi e crocifissi della terra: questa è la missione  fondamentale delle chiese cristiane, una missione dalla quale sono state finora molto lontane.
7. I riformatori religiosi hanno aperto e continuano ad aprire  percorsi di compassione e di liberazione integrale, che devono tradursi  politicamente, socialmente ed economicamente in ogni momento storico, in modo particolare, Siddhartha Gautama il Buddha e Gesù di Nazareth il  Cristo (tema dell’ultima conferenza del Congresso).
8. Denunciamo la mancanza di etica nelle politiche dello Stato che  presentano i tagli come riforme necessarie per la ripresa economica. La  nostra denuncia si estende a banche, multinazionali e poteri finanziari  come veri responsabili della crisi attuale in connivenza con i governi  che lo permettono. Optiamo per un altro modello economico i cui criteri  siano il principio del bene comune, la difesa dei beni della terra, la  giustizia sociale e la condivisione comunitaria.
9. Denunciamo l’uso della violenza, il militarismo, la corsa agli  armamenti e la guerra come forme irrazionali e distruttive di soluzione  dei conflitti locali e internazionali, a volte giustificati  religiosamente. Optiamo per un mondo in pace, senza armi, dove i  conflitti vengono risolti attraverso la via del dialogo e del negoziato  politico. Sosteniamo tutte le iniziative pacifiche che vanno in quella  direzione, come la giornata di digiuno e preghiera proposta da Papa  Francesco. Rifiutiamo la teologia della guerra giusta e ci impegniamo a  elaborare una teologia della pace.
10.   Denunciamo il razzismo e la xenofobia che si manifestano  soprattutto nelle leggi discriminatorie, nella negazione dei diritti  degli immigrati, nel trattamento umiliante cui sono sottoposti da parte  delle autorità e nella mancanza di rispetto per il loro stile di vita,  cultura, lingua e costumi. Optiamo per un mondo senza frontiere retto  sulla solidarietà, l’ospitalità, il riconoscimento dei diritti umani  senza alcuna discriminazione e della cittadinanza-mondo contro la  cittadinanza restrittiva vincolata all’appartenenza ad una nazione.
11.   Denunciamo la negazione dei diritti sessuali e riproduttivi e  la violenza sistematica contro le donne: fisica, simbolica, religiosa,  di lavoro, esercitata dall’alleanza dei differenti poteri: leggi sul  lavoro, pubblicità, mezzi di comunicazione, governi, imprese, ecc. Tale  alleanza favorisce e rafforza il patriarcato come sistema di oppressione di genere. Nella discriminazione e maltrattamento delle donne hanno una responsabilità non piccola le istituzioni religiose. La teologia  femminista della liberazione cerca di rispondere a questa situazione,  riconoscendo le donne come soggetto politico, morale, religioso e  teologico.
12.   Chiediamo la sospensione immediata delle sanzioni e la  riabilitazione di tutti le teologhe e teologi discriminati (coloro che  hanno visto le proprie opere proibite, condannate o soggette a censura,  coloro che sono stati espulsi dalle cattedre di insegnamento, coloro ai  quali è stato ritirato il riconoscimento di “teologi cattolici”, quelli  sospesi a divinis, ecc.), soprattutto durante i pontificati di Giovanni  Paolo II e Benedetto XVI, che furono particolarmente repressivi in  questioni di teologia morale e dogmatica, nella maggioranza dei casi per il loro coinvolgimento con la Teologia della Liberazione e anche per  seguire gli orientamenti del Concilio Vaticano II. Tale riabilitazione è esigenza di giustizia, condizione necessaria per la tanto attesa  riforma della Chiesa e prova dell’autenticità della stessa.  Rivendichiamo, a sua volta, all’interno delle chiese, l’esercizio dei  diritti e libertà di pensiero, riunione, espressione, insegnamento,  pubblicazione, spesso non rispettati, e il riconoscimento dell’opzione  per i poveri come criterio teologico fondamentale. Con Pedro Casaldáliga affermiamo che tutto è relativo, compresa la teologia, e che sono  assoluti soltanto Dio, la fame e la liberazione.

Madrid, 8 settembre 2013

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