troppo pochi i conventi aperti ai profughi nonostante papa Francesco

il flop dell’accoglienza della chiesa italiana 

poche migliaia di profughi ospitati

migranti

si potrebbe decisamente fare di più

 nel 2014 di fronte all’ondata di 170mila sbarchi di profughi, i conventi e le case religiose d’Italia dichiaravano disponibilità per 15mila rifugiati: le parrocchie in Italia sono 23mila: se ognuna si facesse carico di un solo profugo, la cifra sarebbe molto maggiore

così Francesco Ruffini

in “Il Messaggero” del 8 agosto 2015

Barconi di fuggiaschi africani e mediorientali continuano a puntare verso le nostre coste, nel mentre Papa Francesco continua ad ammonire: «Accogliere, accogliere, accogliere!». Non è solo un’esortazione umanitaria. Quasi la metà degli 86mila richiedenti asilo attualmente in Italia aderiscono ad una confessione cristiana. E anche se la loro appartenenza religiosa, peraltro causa dell’inumano carico di persecuzioni subite anche durante la traversata in mare, è un particolare che poco o nulla interessa le autorità europee e i media italiani, per le comunità cattoliche del nostro Paese dovrebbe rappresentare un problema morale di notevole importanza. Il 10 settembre del 2013, il Papa, in forma riservata e senza scorta, fece una delle sue improvvisate al Centro Astalli di Roma, un ex seminario che i gesuiti italiani, a metà degli anni Ottanta, avevano trasformato in casa di accoglienza per immigrati.

I PRIMI RIFUGIATI

In quegli stessi anni, sempre a Roma, anche i Cappuccini di Centocelle accoglievano i primi rifugiati che arrivavano in Italia dal Corno d’Africa costruendo per loro un vero e proprio villaggio all’interno della proprietà parrocchiale. Probabilmente, visitando il Centro Astalli Francesco aveva idea di quanto forte fosse la fantasia sociale dei cattolici del nostro Paese. E forse per questo ha colto l’occasione per rivolgere una richiesta pressante alle istituzioni ecclesiastiche italiane: «A che servono alla Chiesa i conventi chiusi? I conventi dovrebbero servire alla carne di Cristo e i rifugiati sono la carne di Cristo. I conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare soldi. Facciamo tanto, forse siamo chiamati a fare di più, accogliendo e condividendo con decisione ciò che la Provvidenza ci ha donato per servire». Il Papa come interlocutori aveva rifugiati eritrei e siriani. Sul web e sulla carta stampata un fervido partigiano di questa opzione preferenziale di Papa Bergoglio per i rifugiati risulta essere il cardinale Ferdinando Filoni, prefetto della Congregazione di Propaganda Fide. Anche se, nei mesi a seguire l’appello fatto dal Centro Astalli, l’amministrazione da lui presieduta trasformava una quindicina di appartamenti, precedentemente occupati da famiglie e da inquilini non abbienti, situati in palazzi tra Santa Maria Maggiore e Via dei Coronari passando per Via Zanardelli e altre strade della Roma storica, in “bed and breakfast” singolari. L’estate scorsa un settimanale italiano ne aveva pubblicato le foto: camere arredate con letti a baldacchino, tendaggi e finti quadri di cardinali rinascimentali e di santi alle pareti. Ambienti che più che ad una scena barocca lasciavano pensare ad una trita atmosfera da “maison de passe” e che la presenza di governanti dell’Est Europa sembrerebbe piuttosto rafforzare.

I CONVENTI

Insomma criterio, responsabilità, coraggio: le tre virtù indicate da Papa Francesco per l’utilizzo delle proprietà ecclesiastiche sembrano essere qualità difficili da scovare e da mettere in pratica. Scarna è la lista dei conventi che ospitano migranti messa on line dalla Cei. Ci sono i Guanelliani a Como, Lecco, Nuova Olonio e Sormano; i Francescani a Enna, Roma e Piglio; gli Scalabriniani a Roma e Foggia; le Mercenarie a Valverde di Scicli; le suore della Provvidenza a Como, Sondrio e Gorizia; le Orsoline a Caserta; i Comboniani a Brescia e altri ancora. Nell’autunno del 2013, seguendo l’appello del Papa, anche il seminario regionale di Fermo (complesso pensato per un numero imponente di seminaristi provenienti da tutte le Marche) ha subito destinato un’ala chiusa della struttura per accogliere una trentina di richiedenti asilo. Peccato che la sera del primo dicembre 2014, i carabinieri siano dovuti intervenire per sedare la rivolta degli ospiti insoddisfatti della cena servita loro, quella dei seminaristi. A farne le spese le stoviglie, l’arredo e le suppellettili del refettorio e di altri spazi comunitari. Altro caso sintomatico, quello della Diocesi di Crema che lo scorso luglio comunicava la sospensione dell’accoglienza agli immigrati in un convento della città «a causa della tenace e strenua opposizione di molti genitori» di un’attigua scuola cattolica.

STOP ALLA DISPONIBILITÀ

Casi del genere hanno, forse, raffreddato l’entusiasmo seguito all’appello di Papa Francesco, perché centri Caritas e conventi di tutta Italia inizialmente si erano dichiarati disponibili. Qualcosa poi non deve aver funzionato neppure a livello istituzionale, dato che nel novembre del 2013 l’allora responsabile dell’Ufficio immigrazione della Caritas, Oliviero Forti, lamentava il fatto che il nostro ministero degli interni non si esprimeva circa la lunga lista delle opportunità che la Chiesa metteva a sua disposizione. In realtà, opportunità soprattutto immaginate: nel 2014 di fronte all’ondata di 170mila sbarchi di profughi, i conventi e le case religiose d’Italia dichiaravano disponibilità per 15mila rifugiati. Le parrocchie in Italia sono 23mila: se ognuna si fosse fatta carico di un solo profugo, la cifra sarebbe stata maggiore. Come Mafia capitale lascia intuire, a mettere i bastoni tra le ruote di Papa Francesco non sono i soliti nemici, ci pensano già quelle cooperative bianche che di criterio, responsabilità e coraggio non sanno cosa farsene.

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