il futuro della chiesa finita la ‘cristianità’

la rinascita del cristianesimo

di Enzo Bianchi

 

Il cardinal Matteo Zuppi, nella prolusione al Consiglio permanente della Cei, con sguardo realista ma non angosciato ha evocato le parole più volte ripetute da Benedetto XVI che descrivevano la chiesa di oggi come “una realtà più piccola, più povera, quasi catacombale, ma anche più santa.
La rinascita sarà opera di un piccolo resto, apparentemente insignificante eppure indomito, rinato attraverso un processo di purificazione. Contro il male resisterà il piccolo gregge”.
Sì, ormai è riconosciuto da tutti che la cristianità è finita e che la chiesa, almeno in Occidente, è ridotta a minoranza in diaspora. Questo però, ha precisato Zuppi, non significa che non debba essere una chiesa di popolo, anzi è importante rifuggire ogni logica elitaria.
Questa speranza efficace dovrebbe abitare il cuore dei cristiani e fugare ogni timore di fronte a un dato di fatto da accettare: essere diventati una minoranza. Ciò che è decisivo, in realtà, è che la minoranza sia significativa, portatrice di una bella notizia per l’umanità di oggi. Nella storia sovente sono state le minoranze a determinarne il futuro, in quanto capaci di sollecitare un cambiamento urgente per la convivenza. Certo, se guardiamo all’oggi con occhi paralizzati dalla presenza
dell’oscurità, allora finiamo per sentirci gli ultimi cristiani. Nella Bibbia i profeti alzavano la voce per denunciare l’incredulità e l’idolatria dei contemporanei. Gesù stesso chiamò “generazione adultera e malvagia” coloro in mezzo ai quali viveva e predicava.
Sempre nella storia ritroviamo condanne dell’infedeltà e della mancanza di fede, ma anche  espressioni di smarrimento di fronte ai mutamenti, reazioni che ci appaiono oggi più che mai vicine  a quelle che si registrano nel nostro tempo. Anselmo di Havelberg intorno al 1160 scriveva: “Molti
si stupiscono, s’interrogano e s’indignano: perché tante novità nella chiesa? Chi non sarà  scandalizzato e contrariato da questi cambiamenti, queste novità?”. E quattro secoli dopo Teresa d’Avila: “Non ho ancora cinquant’anni e ho visto tanti cambiamenti nella chiesa che non so più
come vivere. Come andrà a finire? Preferisco non pensarci! Cosa diventeranno questi giovani non oso immaginarlo!”.
Nel secolo scorso il cardinal Verdier, alla vigilia della seconda guerra mondiale, osava scrivere: “Il mondo oggi subisce una crisi di cui non si sa esagerare la gravità! Siamo ormai sull’orlo dell’abisso.
Dai giorni del diluvio non c’è stata una crisi spirituale così profonda!”.
Leggere queste testimonianze ci deve mettere in guardia e indurci a ripensare alle nostre previsioni oggi così negative sulla chiesa.
Manchiamo di sapienza e non abbiamo fondamenti per sperare che sempre il cristianesimo non fa che rinascere. Muta la maniera di viverlo, cambiano le chiese che lo professano e a volte lo tradiscono… Ma il Vangelo come brace sotto la cenere è fuoco che rinasce e brucia il cuore di un piccolo resto, che ha una sola forza: il non temere!

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quale cristianesimo dopo la cristianità?


diArmando Savignano 
in Europa, dove la religione è “in agonia” va riscoperto l’impegno e la lotta, senza cedere alla tentazione dello scontro. Un tema già al centro del pensiero sulla fede in Unamuno, Mounier e Zambrano

Una chiesa abbandonata in Europa

Gli accorati appelli di Papa Francesco sul tramonto della civiltà europea ormai scristianizzata suonano come l’ennesimo campanello di allarme contro l’individualismo ed il nichilismo occidentali. Viviamo una profonda inquietudine e una crisi non solo di credenze ,ma anche di fede, per cui molti si interrogano sul futuro del cristianesimo. Come ha dichiarato il cardinale Matteo Zuppi:

«La Chiesa rischia di essere irrilevante anche se le statistiche sui credenti non sono tutto. Alcune scelte di papa Francesco sono importanti per i cattolici, e per tutti. La cristianità è finita, ripartiamo dall’essere evangelici, dal parlare con tutti, dal riprendere le relazioni con tutti. Essere una minoranza creativa che parla di futuro. Non difendiamo i bastioni, abbiamo tanto da lavorare per superare le difficoltà della Chiesa».

Nel libro Il gregge smarrito (Rubbettino 2021) si fa una diagnosi dei problemi della Chiesa al tempo della pandemia con lo sguardo rivolto al futuro e a possibili soluzioni per uscire dalla crisi confrontandosi con le sfide della post-modernità. A tal fine ci si richiama al costante appello del Papa: «Nell’ovile abbiamo soltanto una pecora e voi dovete andare fuori a trovare le altre novantanove ». Certamente non mancano le azioni sociali della cattolicità, «ma senza che esista una sintesi ed una rappresentazione comune: il risultato è una Chiesa che parla senza contare e che agisce senza parlare». Occorre rifuggire – è la proposta del libro dal fondamentalismo, ma non occorre neppure barricarsi sui valori non negoziabili, poiché «si viene marginalizzati» e si rinuncia così al «dialogo costruttivo con il resto della società».

È ineludibile praticare la via del dialogo, poiché «la vita della Chiesa è nella relazione»; perciò «mettere un piede fuori dal suo recinto l’aiuterà a non cadere e permetterà alla società di riconoscerla ». Insomma, dovrà resistere alle tentazioni politiche per assumere «un ruolo profetico nella società».

Già nel libro di Andrea Riccardi La Chiesa brucia. Crisi e futuro del cristianesimo (Laterza, 2021) si sostiene che il cristianesimo è vivo solo se lotta, ovvero vive agonicamente, come aveva già sostenuto Miguel De Unamuno. Nonostante si abbia la percezione di un declino quasi inarrestabile osserva Riccardi – agonia, nel senso più profondo, è lotta, non rassegnazione. La lotta di oggi è essere a contatto con l’indifferenza, il discredito al massimo grado, il ridimensionamento nei fatti e nelle esistenze. Per i cristiani è facile non lottare: si è tollerati come nicchia. Del resto non si tratta di una lotta contro qualcuno o qualcosa, che scomunica, scredita, aggredisce. Tante volte la Chiesa è tentata dagli scontri frontali. È un modo di far sentire che si è vivi. Non si tratta di conquistare, perché la sua esistenza è fondata sulla gratuità. Queste importanti riflessioni e dibattiti erano già emersi in altre epoche storico- sociali, alle quali forse non è inutile riferirci sia pure sommariamente per trarre lumi per il presente e soprattutto per il futuro dei cristiani nel mondo.

Tra i saggi che compongono Feu la Chrétienté, di particolare interesse risulta quello su Agonie du Christianisme, apparso originariamente su “Esprit” (1946), dove Emmanuel Mounier in dialogo con il celebre libro di Miguel de Unamuno, Agonia del cristianesimo, affronta la delicata questione delle sorti della cristianità senza peraltro rinnegare la fedeltà alla Chiesa. Quello di Unamuno – riconosce Mounier – è uno scritto paradossale quanto provocatorio. Pochi conoscono abbastanza l’etimologia greca da comprendere che l’autore spagnolo «evoca un combattimento e non una fine, o abbastanza il dogma da ricordarsi che il Cristo e la sua Chiesa sono in agonia fino alla fine dei tempi».

Mounier si scaglia contro quanti guardano con perplessità al processo di laicizzazione del cristianesimo, non comprendendo appieno i risvolti profondi. Occorre invece guardare al mondo laico con lo sguardo attento ai valori di cui è portatore. In ordine alla delicata questione del rapporto tra cristianesimo, cultura e valori laici, Mounier mostrava l’esigenza di assumere un atteggiamento critico nei confronti di tali valori per purificarli e poi incarnarli, rilevando nel contempo la carenza di impegno da parte dei cristiani nel ricercare elementi comuni con i valori propugnati dalla modernità. Di qui la denuncia di una grave conseguenza: «Il mondo attuale non incontra più il cristianesimo». Irreprensibili sul piano dottrinale, i cristiani, proprio attraverso i loro comportamenti piccolo borghesi, operano il tradimento del Vangelo rimanendo praticamente chiusi agli stessi ideali della modernità su cui si basa il pensiero laico. «Si può rigettare, condannare, estirpare un errore o un’eresia. Non si rigetta un dramma, e la cristianità, nella sua pace di superficie, è di fronte oggi al più temibile dei drammi nei quali sia mai stata impegnata. Il cristianesimo non è minacciato di eresia: non si appassiona più per questo. È minacciato da una sorta di apostasia silenziosa costituita dall’indifferenza intorno ad essa e dalla propria distrazione. Questi segni non ingannano: la morte si avvicina. Non la morte del cristianesimo, ma la morte della cristianità occidentale, feudale e borghese. Una cristianità nuova nascerà domani, o dopodomani, da nuovi strati sociali e da nuovi innesti extraeuropei. Purché noi non lo soffochiamo con il cadavere dell’altra».

Allorchè scrisse Agonie du Christianisme Mounier era ancora convinto che altre forme di cultura innervassero e rinnovassero l’esperienza storica della cristianità europea. Tre anni dopo non sembra più riporre soverchie speranze in tale possibilità come emerge da Feu la Chrétienté, dove mostra che un certo rapporto tra fede e storia così come è venuto configurandosi nell’Occidente europeo è ormai definitivamente alle nostre spalle ed è pertanto improponibile.

È interessante rilevare che nei frammenti che compongono il libro su La agonía de Europa (1945) Maria Zambrano – richiamandosi alla dialettica hegeliana, senza peraltro condividerne la filosofia della storia, e anche lei all’opera di Unamuno, di cui fa proprio lo spirito di lotta per la civiltà europea – è alla ricerca una soluzione in chiave spirituale per superare lo scacco prodotto dalla morte di Dio e dal nichilismo.

Di qui l’interrogativo se «ciò che l’Europa ha realizzato come sua religione sia stato il cristianesimo. Invero basta sentirsi anche minimamente cristiano per presentire e intravedere che no, che ciò che l’Europa ha realizzato non è stato il cristianesimo, ma, al più, la sua versione, la versione europea del cristianesimo. Ne è possibile un’altra, che sia ancora europea e, soprattutto, che sia cristianesimo? ». L’enigma europeo risiede nella violenza che ha originato il totalitarismo; infatti «la tragedia dell’Europa è la tragedia della violenza, che alla fine ha installato ». La risurrezione dell’Europa si attuerà solo richiamandosi al Dio misericordioso cristiano, insomma ritornando alla radici cristiane dell’Europa.

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