la micidiale opposizione a papa Francesco

io sto con papa Francesco

di SERGIO DI BENEDETTO

Di fronte all’aumentare di violenti attacchi contro il papa, è importante ricordare cosa Francesco ha fatto in pochi anni per la Chiesa e avere leali sentimenti di gratitudine. Sono aumentati, negli ultimi mesi, gli attacchi contro Papa Francesco. Sempre più violenti, sempre più ideologici e, allo stesso tempo, sempre più sottilmente pervasivi. Ciò che mostra, inoltre, una recrudescenza, è l’ampiezza delle ‘bocche di fuoco’ e degli ambiti da cui giungono tali attacchi: se prima erano frange rumorose ma minoritarie, scomposte, estremiste, molto schierate politicamente ma povere culturalmente, ora vanno via via crescendo i veleni provenienti da voci e settori apparentemente ‘moderati’, che, tuttavia, nella sostanza delle argomentazioni, mostrano una saldatura tra ‘indietrismo’ ecclesiale, tradizionalismo spaventato, acceso conservatorismo politico-sociale, strumentalizzazione evangelica. Si assiste, per certi versi, a una sorta di ‘apocalisse’ del dibattito, che disvela intenzioni di menti e cuori, che palesa ambizioni e frustrazioni, che conduce a impiegare in malo modo gli organi di comunicazione. Come sempre, nessuna trasmissione di notizia è fondamentalmente neutra; insistere su alcuni aspetti tacendone altri è gioco noto nell’arena della comunicazione (l’incattivita matrice populista, sempre pronta ad additare il nemico, in questi anni ha dato prova del suo mortifero ma efficace potere, come dimostra troppa televisione). 

Per non rimanere nel vago: il giornale ‘moderato’ che fa passare per vittima il cardinal Burke, che da anni fomenta con vigore una esplicita fronda antipapale, fino a organizzare convegni contro il Sinodo e scrivendo la prefazione a un libretto contro il Papa mandato ai parroci (tutti particolari omessi), dimenticando quanto tutto ciò attenti all’unità della chiesa e alla funzione del cardinalato. Oppure la notizia del ‘cattivo’ Bergoglio che punisce il vescovo statunitense Strickland, tacendo sulle sue lettere pastorali antipapali, sulle sue manifestazioni apertamente politiche, su una diocesi dilaniata, sul suo sostegno antiscientifico. Il ‘carnefice’ diviene così ‘vittima’, l’incendiario diviene ‘pompiere’: giochi verbali di inconsistente onestà intellettuale che, però, seminano discordia e odio, soprattutto in persone poco misurate e poco attrezzate culturalmente, oggetto prediletto di campagne mediatiche o social che azzannano la pace e spargono finti segni nefasti di nebbie, complotti, distruzioni. Rimangono macerie, morali, intellettuali e spirituali, su cui ballano i fomentatori di discordia.Ma ciò che stupisce riguarda anche alcuni teologi, storici del cristianesimo, giornalisti, che apparivano equilibrati nella critica o nell’apprezzamento, e che ora non perdono un istante nel sottolineare le mancanze del Papa in quell’ambito o un suo errore o una sua incertezza, passando sotto silenzio il bene che c’è e deformando la percezione della realtà. C’è da dire che il Papa stesso ha chiesto parresia e la ridda di voci e attacchi sono parte del cammino che egli ha voluto far intraprendere alla Chiesa; anche la leggenda del ‘Bergoglio dal pugno di ferro’ è appunto priva di consistente appoggio reale, oltre i tratti del carattere di Francesco, per chi abbia un poco di conoscenza delle questioni ecclesiali almeno moderne: nessun Papa ha avuto tanti detrattori come Bergoglio (nemmeno Paolo VI), e nessuno ha tollerato tanto. Non si dimentichi che fino a non pochi anni fa venivano tolte le cattedre a teologi e ricercatori per molto meno. Un’opinione fuori posto, un’idea ‘poco ortodossa’ producevano correzioni e decreti.La fedeltà è solo di facciata, mentre l’infedeltà pericolosa è diffusa, con l’ausilio di siti compiacenti, di pettegolezzi velenosi e truffaldini.Ecco, l’impressione è che il Papa, che forse ha un poco deluso una certa ala progressista e al tempo stesso risulta intollerabile per un cristianesimo ultratradizionalista (delusioni anche legittime, come già scrissi), e che certamente ha commesso qualche errore (chi non ne fa?), sia ormai divenuto una sorta di ‘capro espiatorio’ per ogni cosa che non funziona come vorrebbe chi di volta in volta prende la parola e allestisce il giudizio, magari seguendo la moda che fa passare da una (sbagliata) papolatria al giudizio distruttivo senza remore.Inoltre, mi pare che ci siano due considerazioni da fare, che ritengo utili per inquadrare meglio il tutto. La prima è ovvia: il Papa è anziano, ha problemi di salute e, come in ogni organismo di potere, si muovono le posizioni per il futuro. Tra chi spera che ‘passata la festa, gabbato lo santo’ e chi teme il ritorno di una certa impostazione dirigista, sempre mal tollerando il Vaticano II e la sua eredità, i riposizionamenti sono naturali ed espliciti. Ma qui ci sono una mancanza di finezza, un opportunismo e una volgarità da far cadere le braccia. La seconda: si assiste all’oblio del recente passato. Forse non ci si ricorda più cosa era la Chiesa romana fino a una dozzina anni fa, soprattutto in parte della sua gerarchia, impastata di potere e ipocrisie e scandali insabbiati, di incoerenze taciute e condanne espresse, di punizioni e costosi compromessi, di doppiopesismi concettuali e corruzioni varie, tanto da portare alla dimissioni di un pontefice… e cosa è ora la Chiesa, al di là poi dei talenti e dei limiti dei singoli papi. Papa Francesco ha grandi meriti: ha riaffermato la centralità della misericordia, ha indetto un giubileo sul tema, ha rilanciato l’ecumenismo, ha spronato la chiesa affinchè uscisse da recinti di paura o posture politicamente militanti ed ecclesialmente divisive, ha ridato carne e umanità a molte tematiche teologico-ecclesiali – a partire dalla famiglia, dall’omosessualità, dall’accesso ai sacramenti – su cui pendeva una cappa di piombo e di falso giudizio; ha ridato spazio alla sinodalità e alla comunione ecclesiale come forme privilegiate della vita cristiana; ha posto nuovamente al centro i poveri; ha ricordato che il Vangelo e Gesù Cristo non sono né una morale né un’ideologia (si pensi alla magnifica Evangelii Gaudium); ha posto nuova luce sul tema del creato, che è un’emergenza planetaria; ha ribadito che i lontani hanno qualcosa da dire alla Chiesa; si è sforzato di concedere il primato alla pastoralità, con avversione di molti pastori; ha illuminato nuovamente la fraternità; ha deciso per un ruolo maggiore delle donne nella Chiesa; ha riordinato movimenti, gruppi e prelature personali; ha posso in essere sistemazioni liturgiche, contro gli arbitri personali e i gusti del singolo, provando a evitare che la liturgia sia mezzo per rigettare il Concilio.Contro l’idea di una dottrina castello ‘perfetto’ di norme e regole, che tutto incasella, ma lascia fuori la vita delle persone (e l’incarnazione di Cristo), ha restituito il primato della coscienza. Agisce per la pace, in un mondo in fiamme, oltre gli equilibrismi antichi e moderni. Certo, molto di ciò che dice il Papa tocca il portafogli e i moralismi rassicuranti su cui poggiano poteri e ideologie, e questo spiega la violenza delle reazioni, secondo le quali, in sostanza, sarebbe meglio un cristianesimo moraleggiante e innocuo che un cristianesimo vivo, che tocchi le ferite dell’umanità. Contro una fede rassicurante e quieta, Francesco ha dato spazio a inquietudini e dubbi, alla ricerca del volto di Dio; ha rianimato la profezia come modus evangelico.Contro le buone parole che, però, nei fatti nascondono il potere nelle sue varie forme, tenta di riallineare parole e opere. Ha sopportato non tanto le critiche positive (legittime, anche opportune), ma le accuse false, le violenze verbali, i tranelli che dividono (diabolicamente, direbbe l’etimologia), reggendo a campagne mediatiche livorose, considerando che egli è il primo Papa nell’era dei social anonimi che ha dovuto anche gestire una convivenza non facile con un predecessore ritirato, ma non sempre fedele alla scelta del silenzio di comunione. Per questo, e per altro ancora, mentre l’età avanza e la salute inciampa, voglio dire che, per quello che vale, io sono con Papa Francesco e gli sono grato per il cammino che ha fatto compiere alla chiesa, con tutte le fatiche, gli errori e le incertezze che ci sono stati. Ma il bene compiuto è di gran lunga maggiore; «dai frutti li riconoscerete». A partire dalla propria vita di fede.Papa Francesco, ad multos annos!

i tanti oppositori a papa Francesco perchè dà fastidio

Francesco

un papa che dà fastidio

di: Victor Codina

[…] Attualmente vi è un forte gruppo che si oppone alla Chiesa di Francesco. Laici, teologi, vescovi e cardinali, che vorrebbero le dimissioni del papa o quantomeno che egli scompaia presto dalla scena della Chiesa in attesa di un nuovo Conclave a cui spetterebbe il compito di cambiare l’attuale corso della Chiesa.

Non voglio fare un’indagine storico-sociologica in questa sede, né condurre un programma televisivo stile western contrapponendo i buoni ai cattivi. Quindi preferisco non nominare gli oppositori che stanno spennando vivo Francesco. Piuttosto, vorrei discutere lo sfondo teologico di questa opposizione sistematica a Francesco, per comprendere in fin dei conti di cosa ne va con questa controversia.

Le critiche mosse a Francesco hanno due dimensioni: una teologica e l’altra più di carattere socio-politico; sebbene, come vedremo in seguito, queste due linee spesso convergono tra di loro.

La critica teologica

La critica teologica prende le mosse dalla convinzione che Francesco non sia un teologo, ma viene dal sud globale, dalla fine del mondo. Questa mancanza di professionalità teologica, in forte contrasto con l’acume di Giovanni Paolo II e ovviamente di Benedetto XVI, sarebbe la spiegazione di quelli che i suoi oppositori considerano essere le imprecisioni o addirittura gli errori dottrinali di Francesco.

Secondo questa visione, la mancanza di competenza teologica di Francesco spiegherebbe la pericolosa posizione sulla misericordia di Dio nella sua bolla Misericordiae Vultus del 2015, la sua tendenza filo-comunista a supportare il popolo e i movimenti popolari, e la sua nozione di pietà popolare come luogo teologico nella sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium del 2013.

La sua inadeguatezza in ambito della teologia morale si rende manifesta nel suo aprire le porte di accesso ai sacramenti della penitenza e dell’eucaristia, in alcuni casi (dopo un discernimento personale ed ecclesiale), a cattolici separati e risposati – secondo l’esortazione post-sinodale Amoris Laetita del 2016.

La sua enciclica Laudato Si’, sempre del 2016, «sulla cura della nostra casa comune», palesa una mancanza di competenza scientifica ed ecologica. E la sua enfasi eccessiva sulla misericordia divina in Misericordiae Vultus è scandalosa poiché diminuisce la grazia e la croce di Gesù.

Davanti a queste accuse vorrei ricordare l’affermazione classica di s. Tommaso che distingue tra la sede magisteriale, propria dei teologi e dei professori universitari, e la sede pastorale assegnata ai vescovi e pastori della Chiesa. Il cardinal J. H. Newman riprese questa tradizione, affermando che sebbene talvolta ci possano essere tensioni fra queste due sedi, alla fine vi è convergenza fra di loro.

Questa distinzione si applica a Francesco. Sebbene egli abbia studiato e insegnato teologia pastorale presso il San Miguel di Buenos Aires come Jorge Mario Bergoglio, ora le sue parole appartengono alla sede pastorale del vescovo di Roma.

Non aspira a ricoprire il compito che gli è stato assegnato come teologo, ma come pastore. Come si è detto con un certo umorismo di lui, bisogna passare dal Bergoglio della storia al Francesco della fede. Quello che veramente infastidisce i suoi detrattori è che la sua teologia deriva dalla vita reale: dalla realtà dell’ingiustizia, povertà e distruzione della natura; e dalla realtà del clericalismo ecclesiale.

Va bene se abbraccia bambini e persone malate; ma diventa del tutto insopportabile se va a Lampedusa, se si aggira tra i rifugiati e migranti in campi profughi come quello di Lesbo. Dà fastidio alla gente quando dice che non dovremmo costruire muri contro i rifugiati, ma ponti di dialogo e ospitalità. Dà fastidio quando, seguendo i passi di Giovanni XXIII, dice che la Chiesa deve essere povera ed esistere per i poveri; che i pastori devono puzzare come le pecore; che la Chiesa si deve smuovere e uscire da se stessa per raggiungere le periferie del mondo; e dà molto fastidio quando dice che i poveri sono un luogo teologico, una fonte della rivelazione.

Dà fastidio quando afferma che il clericalismo è la lebbra della Chiesa, e quando enumera le quattordici tentazioni della Curia vaticana – che vanno dalla pretesa di essere indispensabili e necessari alla brama di ricchezza, fino a vivere doppie vite e soffrire di un Alzheimer spirituale.

E aumenta l’irritazione quando aggiunge che queste sono anche le tentazioni delle diocesi, delle parrocchie e delle comunità religiose. Dà fastidio sentire che la Chiesa dovrebbe essere concepita come una piramide inversa, con i laici al di sopra e il papa e i vescovi di sotto; come disturba sentirlo dire che la Chiesa è un poliedro e sinodale. Questo significa che noi tutti dobbiamo percorrere lo stesso sentiero insieme, che dobbiamo ascoltarci gli uni gli altri e dialogare tra di noi […].

Irrita i gruppi conservatori il fatto che Francesco abbia ringraziato Gusatvo Gutiérrez, Leonardo Boff, jon Sobrino e José María Castillo per il loro contributo teologico, annullando la sospensione a divinis di Miguel d’Escoto e di padre Ernesto Cardenal. Si sono infuriati quando Hans Küng gli ha scritto riaffermando la necessità di ripensare l’infallibilità e Francesco gli ha risposto chiamandolo «caro confratello», e dicendo che avrebbe preso in considerazione le osservazioni di Küng ed era disponibile ad aprire un dialogo sull’infallibilità.

E molti sono disturbati dal fatto che Francesco abbia canonizzato s. Óscar Romero, vescovo salvadoriano martire, bollato da molti come comunista e utile marionetta nelle mani della sinistra – dopo che la sua causa era rimasta bloccata per anni.

Dà fastidio che Francesco dica «chi sono io per giudicare?». Dà fastidio quando afferma che la Chiesa è femminile e che se le donne non vengono ascoltate la Chiesa diventa più povera e faziosa. […]

Ovviamente, il problema non è che Francesco non sia un teologo, ma piuttosto che la sua teologia sia pastorale. Francesco muove dal dogma al kerygma, dai principi teorici al discernimento e alla mistagogia pastorale. E la sua teologia non è colonialista, ma proviene dal sud globale del mondo per dare fastidio al nord.

Critiche socio-politiche

Scendendo in un confronto critico con coloro che accusano Francesco di essere un terzo-mondialista e un comunista, dobbiamo affermare che il suo messaggio è in perfetta continuità con la tradizione profetico-biblica e con la dottrina sociale della Chiesa.

Quello che disturba è la sua veggenza profetica: Francesco dice no a un’economia dell’esclusione e dell’ineguaglianza;  no a un’economia che uccide e fa vittime; no a un’economia senza volto umano; no a un sistema sociale ed economico ingiusto che ci imprigiona in strutture sociali ingiuste; no alla globalizzazione dell’indifferenza; no all’idolatria del denaro; no al denaro che governa piuttosto che servire; no all’ineguaglianza che produce violenza; no a chiunque tenti di nascondersi dietro Dio per giustificare la violenza; no all’insensibilità sociale che ci anestetizza davanti alla sofferenza degli altri; no alle armi e all’industria militare; no al traffico umano; no a ogni forma di morte che sia provocata.

Francesco non fa altro che realizzare il comandamento «non uccidere», difendendo il valore della vita umana dall’inizio alla fine, e ripropone oggi la domanda di Dio a Caino «dov’è tuo fratello?».

Di Francesco disturba anche la sua critica al paradigma antropocentrico e tecnocratico, che distrugge la natura, inquina l’ambiente, erode la biodiversità ed esclude i poveri e le popolazioni indigene da una vita umana degna di sé. Le multinazionali non apprezzano quando egli critica le imprese di disboscamento, estrazione petrolifera, idroelettriche, minerarie, che distruggono l’ambiente, danneggiano le popolazioni indigene di quelle terre e minacciano il futuro della nostra casa comune. Irritante è anche la sua critica ai leader politici incapaci di prendere decisioni coraggiose.

L’annuncio dell’imminente sinodo per l’Amazzonia (ottobre 2019), che amplificherà il bisogno di proteggere l’ambiente e di salvare le popolazioni indigene delle aree amazzoniche dal genocidio, ha già cominciato a essere molto scomodo. Alcuni alti prelati della Chiesa hanno detto che l’instrumentum laboris è eretico e panteista, negando fra l’altro la necessità della salvezza in Cristo.

Altri commentatori si sono focalizzati esclusivamente sulla proposta di ordinare uomini indigeni sposati per celebrare l’eucaristia nelle parti più remote dell’Amazzonia, ma non hanno detto assolutamente nulla sulla denuncia profetica che questo documento preparatorio fa contro la distruzione causata dalle estrazioni portata avanti in Amazzonia. Come nulla hanno detto sulla questione della povertà e dell’esclusione delle popolazioni indigene, che sicuramente non sono state mai minacciate in un maniera tale come ora.

Edificare la Chiesa

Indubitabilmente, vi sono delle convergenze fra le critiche teologiche e quelle socio-politiche, con gruppi ecclesiali reazionari pattiziamente allineati con potenti gruppi politici ed economici, specialmente nel nord del mondo.

L’opposizione a Francesco è un’opposizione al Vaticano II, e alla riforma evangelica della Chiesa voluta da Giovanni XXIII […].

Francesco ha ancora molto da fare per arrivare a una riforma evangelica della Chiesa. Non sappiamo quale sarà la sua traiettoria futura, né sappiamo cosa accadrà al prossimo Conclave.

I papi vanno e vengono, ma il Signore Gesù è sempre presente e anima la Chiesa fino alla fine dei tempi. È lo stesso Gesù che era visto come un mangione e beone, amico dei peccatori e delle puttane, dei posseduti dai demoni, dei pazzi – quel Gesù eversivo e blasfemo. Noi crediamo che lo Spirito del Signore, che discese sulla Chiesa nascente nel giorno di Pentecoste, non abbandonerà mai la Chiesa e, alla lunga distanza, non permetterà il trionfo del peccato sulla santità.

Nel frattempo, come Francesco chiede sempre, da quando è apparso per la prima volta sul balcone di San Pietro come vescovo di Roma a oggi, preghiamo il Signore per lui. Preghiamo che non perda la speranza e che possa rafforzare la fede dei suoi fratelli e sorelle. E se non possiamo pregare, o siamo non credenti, mandiamoli comunque i nostri migliori pensieri, auspici ed energia – come dice Francesco «me mande buena onda».

estratto dalla traduzione dall’inglese dell’articolo Why do some Catholics oppose Pope Francis?, pubblicato il 13 settembre sulla piattaforma online rivista dei gesuiti statunitensi America.

qui papa Francesco deve fare decisamente di più

“papa Francesco non ha fatto nulla contro la pedofilia”

l’accusa di Peter Saunders

ex membro dell’organismo vaticano anti-abusi

PETERSAUNDERS

 
   papa Francesco lo scelse per entrare nella commissione vaticana contro i preti pedofili. A distanza di due anni, Peter Saunders lancia a Jorge Bergoglio una accusa feroce: “Durante il papato di Francesco la Chiesa cattolica non ha fatto nulla per eliminare gli abusi sui minori da parte del clero”, dichiara alla Bbc in una sferzante intervista. “E lui è parte del problema”

Saunders, britannico vittima delle molestie sessuali di un sacerdote, nei primi giorni di febbraio è stato formalmente sospeso dalla Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori. L’organismo si è insediato nel 2014 per esplicito volere di papa Francesco, che ha sempre giudicato pubblicamente “una mostruosità” le attenzioni pedofile degli appartenenti al clero.

Ora alla Bbc l’uomo spiega la sua delusione: “Sono sempre stato una spina nel fianco del Vaticano fin dal primo momento del mio ingresso nella Commissione”. “Pensai che il nostro lavoro sarebbe stato quello di prendere delle decisioni contro i singoli sacerdoti abusatori e invece l’obiettivo è creare politiche e linee guida per stabilire quali sono le migliori pratiche per evitare gli abusi”. Nel frattempo, continua Saunders, “ogni giorno ascoltiamo storie di abusi da parte dei preti. E’ terribile”.

Nessun intervento concreto, dunque, bensì un organismo politico che secondo Saunders non porterà a nulla anche per problemi formali: i quattro membri della segreteria della Commissione “sono molto vicini al Vaticano” e quindi, sempre secondo quanto dichiarato da Saunders alla Bbc, poco indipendenti.

Inoltre “l’organismo si trova nel Vaticano e invece avrebbe dovuto lavorare a Roma”. Saunders non risparmia nulla al pontefice: la Commissione “è soltanto una questione di pubbliche relazioni” dopo gli scandali sulla pedofilia nel clero che hanno scosso principalmente i fedeli. Un lavoro perfetto “per il miglior pr che la Chiesa potesse avere”, e cioè Bergoglio.

Saunders ricorda il dialogo avuto proprio con papa Francesco: “Gli dissi che bisognava espellere tutti gli abusatori. In quel momento ebbi la sensazione che mi stava prendendo sul serio. Ma oggi so che non mi stava ascoltando”.

La Commissione contro gli abusi, continua imperterrito l’ex membro, non sarebbe stata nemmeno una idea di papa Francesco bensì dell’arcivescovo di Boston, Sean Patrick O’ Malley, al centro di una bufera mediatica proprio per i numerosi casi di abusi sessuali nella diocesi americana, al centro anche del recentissimo film “Il caso Spotlight”.

Alle accuse di Saunders il Vaticano risponde senza entrare nel merito, ma ricordando che la Commissione non è stata istituita per perseguire singolarmente i sacerdoti che si sono macchiati di pedofilia e abusi sessuali, bensì per trovare una soluzione generale al problema che tocca la Chiesa nel suo profondo. In due anni, scrive sempre il Vaticano, sono stati espulsi 880 sacerdoti.

Tra questi, però, non figura Juan Barros, vescovo della diocesi di Osorno in Cile, che secondo le vittime ha coperto gli abusi sessuali di Fernando Karadima Fariña, sacerdote sospeso proprio per questi reati. In una intervista a Daily Beast, Saunders aveva parlato anche dello scandalo che aveva coinvolto un cardinale molto vicino a papa Francesco, Francisco Javier Erràruriz, cileno:

Erràruriz aveva chiamato “il serpente” uno degli attivisti più famosi contro la pedofilia in Cile, Juan Carlos Cruz, in una email a un altro cardinale poi pubblicata sui media cileni. Cruz a quel tempo era candidato per la Commissione papale: ma la sua nomina non andò avanti. “Quello che il papa e gli altri cardinali dissero fu terribile”, ha dichiarato Saunders al Daily Beast.

 
 

Sempre al Daily Beast, Saunders spiega come mai è stato letteralmente cacciato dalla Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori:

“Il giorno prima della mia espulsione (5 febbraio), stavano parlando della necessità che i vescovi riportassero (i casi di abusi, ndr) e O’Malley lo considerava un dovere morale”, dice Saunders. “Così ho presentato un programma per discutere sulla maggiore apertura e trasparenza. E’ stato bocciato. Ma la segretezza è il primo motivo per il quale esiste questa piaga!”.

 
 

Lo scandalo della pedofilia sta toccando uno degli esponenti più importanti del Vaticano, il cardinale Pell. Il responsabile delle finanze dovrà testimoniare il 29 febbraio alla Royal Commission australiana che indaga sulle presunte coperture che il cardinale avrebbe messo in atto per proteggere i sacerdoti della diocesi di Ballarat e Melbourne, accusati e in alcuni casi condannati di continue aggressioni sessuali sui minori.

Pell ha addotto motivi di salute per non viaggiare in Australia, suo Paese natale, e dunque la Royal Commission ha approntato una video-conferenza alla quale assisterà un gruppo di vittime di pedofilia di Ballarat che per l’occasione sarà a Roma nella stessa stanza del cardinale durante la testimonianza.

Nei giorni scorsi il quotidiano Herald Sun ha pubblicato la notizia di una inchiesta della polizia di Victoria che vedrebbe implicato proprio Pell, indagato per abusi sessuali. Il cardinale ha risposto con veemenza: “Menzogne”.

vecovi e cattoliconi i nemici di papa Francesco

un papa che mette la freccia

immagine: Unimondo.org

papa Francesco continua imperterrito la sua missione. Il mondo reagisce in modo quasi ovunque positivo, ma… c’è un ma: una parte della solita Italia e una parte della solita Chiesa criticano e nemmeno si sforzano di capire 

Doveva succedere. Sic transit gloria mundi. E come nelle moderne ma migliori tradizioni di un mondo in rete sta succedendo tutto troppo in fretta. Bergoglio lo sa, lo sapeva dall’istante in cui ha deciso di chiamarsi Francesco. Ma continua, anzi, accelera. In molti fanno fatica, alcuni proprio arrancano. E allora, via: dal “Buonasera” al “chi sono io per giudicare persone dello stesso sesso che si amano”, al “la corruzione spuzza”, ostentando lo sguardo sui lussi e la servitù dei propri cardinali, e ancora a un silenzio che vale più di mille parole quando decide di fare davvero pulizia e allontanare definitivamente quei religiosi colpevoli di violenze fisiche e psicologiche su bambini e innocenti.

E ora la frecciata finale: il 13 marzo 2015 (anniversario dell’inizio del suo papato e alcuni, tra cui proprio dei religiosi, già lo accusano di personalizzazione dell’evento) si aprirà un Giubileo straordinario, in tutti i sensi. Sarà un Giubileo nel quale verranno perdonati, al solito, peccati e mancanze, ma con un’attenzione speciale alle donne e al tema, -pelosissimo per ogni Istituzione, figuriamoci per la Chiesa Cattolica -dell’aborto, per il quale Francesco ha stabilito che ogni sacerdote potrà concedere il perdono. Evento speciale dato che, generalmente, tali e gravi peccati possono essere misericordiosamente perdonati solo da mani Vescovili.

Si spiega Francesco, e chiaramente: quello del 2016 sarà un Giubileo speciale, sarà un anno Santo della Misericordia, e deve esserlo per tutti. Per questo il Giubileo verrà anticipato e introdotto da un Sinodo nel quale si discuterà della necessità di cambiare l’assetto della Santa Sede sui temi della sessualità, della famiglia e dell’aiuto al prossimo, che deve essere meno annunciato e più palpabile.

Alcuni Vescovi e Cardinali, i quali tanto avevano gioito del ritorno, con Papa Benedetto XVI, ad un modo aulico di presentare la Chiesa e il Suo potere al mondo – tutti ricordiamo camauri di zibellino, scarpe di vitellino rosso fuoco, paramenti degni del peggior Richelieu – storcono il naso e, in alcuni casi, sbottano, come recentemente ha fatto il cardinale del Wisconsin Raymond Burke che, parlando con i giornalisti, ha sottolineato come “i poteri del Papa non siano assoluti” e come “un Papa che parla di certi temi – leggi omosessualità e concessione della comunione ai divorziati – rischi di essere un Papa che fa del male alla Chiesa”. Questo messaggio, tradotto dalla lingua degli ecclesiastici al volgare idioma con cui noi comuni mortali ci esprimiamo, suona come una vera e propria dichiarazione di guerra ad un Papa troppo liberale e poco ortodosso.

Ma Francesco va avanti e, elemento che spaventa e sconvolge una Curia abituata a comandare, condizionare e spesso nascondere e decidere – IOR e Marcinkus richiamano un universo parallelo dove alcuni religiosi di alto livello ancora credono di poter tornare – decide in prima persona senza consultare nessuno, non aspetta, scrive, parla e comunica con i moderni mezzi meglio di chiunque altro. Per molti Cardinali “vecchio stampo” o forse vecchi e basta, è l’incarnazione del peggiore degli incubi: il Papa nero Gesuita vestito di bianco, il cocciuto argentino che gira senza scorta e guida la macchina, l’uomo che si fa risuolare le scarpe e cambiare le lenti su una montatura vecchia per non gettare via soldi.

E’ troppo umano, troppo senza filtri, troppo amato, troppo semplice. E allora via con la diffamazione, il discredito, i sorrisini ironici che tanto colpirono, forse fino a farlo morire (ma l’ipotesi di un avvelenamento è tutt’altro che remota) un altro Papa, quel Giovanni Paolo I che parlava di Gesù come una dolce Madre e di se stesso come un parroco.

Accanto al mondo curiale si scatenano anche una parte della stampa e della politica. Il giornalista Antonio Socci si è schierato fin dall’inizio contro Bergoglio (suo il libro dal titolo “Non è Francesco”) colpevole a suo dire di scagliarsi contro i difetti dei cattolici invece che consolarli e ha recentemente analizzato a suo modo l’avvento del Giubileo criticando il protagonismo papale e affermando che il Papa è un confusionario che si appresta a concedere l’indulgenza dai  peccati senza mai nominarla e descriverla e risultando a conti fatti meno propenso a perdonare, e quindi meno moderno, addirittura di Pio IX (un Pontefice che nel 1875  ancora asserragliato in Vaticano in seguito alla presa di Roma da parte del Regno d’Italia era stato sorpreso dagli eventi e si trovava in difficoltà nel rapportarsi alla storia che al di fuori delle sacre mura seguiva il suo corso).

Sul fronte politico, protagonista indiscusso dei proclami contro il buonismo dei benpensanti e della misericordia papale, è da ormai un annetto Matteo Salvini, il quale, nel tentativo di divenire il nuovo leader della parcellizzata e frantumata destra italiana si rifà ai Le Pen – e più che altro fa pena – e invita tutti, vomitando odio e razzismo sui social, a “portare i profughi, in maggioranza delinquenti e terroristi, a casa loro”. E cosa ti combina Francesco? Lo prende in parola e, spiazzandolo, invita parrocchie e ordini religiosi ad aprire le braccia e a raccogliere, come Cristo insegna, gli ultimi e i bisognosi, rinfocolando pareri discordanti e accendendo nuove critiche ma anche tentando di riattualizzare il sistema Chiesa e il suo stare e muoversi nella realtà quotidiana.

E’ difficile, la strada scelta da Francesco, perché usa linguaggi nuovi in relazione ad un mondo curiale, politico e laico ancora troppo ancorato al Novecento e incapace di declinarsi, nonostante un massiccio uso di Facebook e Twitter, ai veri cambiamenti che la società sta affrontando. Lui lo ha capito e si adegua: leggendo la proclamazione dell’ Anno Santo alcuni vaticanisti hanno sottolineato come il Papa usi la parola indulgenza come sinonimo di grazia del Giubileo. Socci non l’ha capito, Salvini e i fascisti nemmeno. Ma gran parte del mondo, fortunatamente, sì. 

Fabio Pizzi 

a proposito dell’invito del papa alle case religiose

ero forestiero… ma non mi avete ospitato

Tratto da: Adista Notizie n° 31 del 19/09/2015
povero papa Francesco! All’Angelus del 6 settembre ha dovuto rivolgere un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa affinché esprimano la concretezza del Vangelo e accolgano una famiglia di profughi. Finalmente, avranno detto in molti. Purtroppo, dico io. Se il papa è costretto a fare un appello ai cattolici, vuol dire che siamo messi male.

Quell’appello è il sintomo di una Chiesa che fa poca accoglienza, delegandola solo a qualcuno, solitamente a quei preti sfigati che vengono tollerati dalla gerarchia e dai cattolici che contano, e che non faranno mai carriera. Eppure l’ospitalità allo straniero dovrebbe essere nel dna del cristiano; un’ospitalità gratuita, non un’occasione di affari, come già qualche collega prete intravede, lamentandosi delle scarsezze economiche della propria parrocchia.

«Mi rivolgo ai miei fratelli Vescovi d’Europa, veri pastori, perché nelle loro diocesi sostengano questo mio appello, ricordando che Misericordia è il secondo nome dell’Amore». È l’ammissione di un fallimento: nemmeno i vescovi europei – «veri pastori»? – fanno quello che dovrebbe essere scontato soprattutto per loro, tutti presi invece dalla gestione del potere, dei privilegi e della carriera. Il papa ha avuto il coraggio di uscire allo scoperto e gridare quello che oggi non fa piacere asentire: i migranti, i rifugiati, non interessano a nessuno. E troppo spesso non interessano neanche a noi cristiani che, così facendo, spranghiamo la porta a Gesù Cristo presente, vivo e vero nel povero, e ci trastulliamo invece con l’adorazione eucaristica: con un’ostia fin troppo asettica che non ci contamina le mani e la vita come le carni del bisognoso.

Negli anni ’90 sono stato parroco di Sant’Angelo a Scala, in provincia di Avellino, una minuscola comunità di montagna, una modestissima parrocchia povera di risorse umane ed economiche, alle cui porte un giorno bussò una famiglia di profughi serbi, considerati clandestini dalla legge. Non mi ero mai occupato di migranti prima di allora ma, con la mia comunità, decidemmo di ospitarli in canonica e di farci carico della loro situazione. Poco dopo, arrivarono dei profughi albanesi; li accogliemmo nello stesso modo, anche se dovettimo scontrarci con la solita burocrazia statale e, purtroppo, con i vertici della diocesi che mi intimarono di non mettermi contro la legge. Con la mia comunità discutemmo e decidemmo di disobbedire alle leggi italiane e ai superiori della diocesi: come ci ricorda il libro degli Atti degli Apostoli bisogna «obbedire a Dio piuttosto che agli uomini».

Nella Chiesa italiana vi è chi si occupa in modo specifico di migranti. Ma esistono anche troppe parrocchie dove si “batte l’aria”, istituti religiosi e monasteri grandi e spesso semivuoti. Da tempo avremmo dovuto spalancare queste porte per accogliere i rifugiati e i migranti. Per non parlare dei solenni, spaziosi e silenziosi palazzi episcopali che i vescovi dovrebbero aprire, finalmente, all’ospitalità. Eppure molti cattolici si battono per inserire nella Costituzione europea il riconoscimento delle “radici cristiane” del nostro continente. Spesso sono gli stessi che vorrebbero cacciare i profughi dall’Europa, come se queste radici cristiane, posto che ci siano, si riducessero ad un freddo crocifisso da imporre nelle aule scolastiche, e non all’accoglienza dei crocifissi in carne ed ossa, dei tanti povericristi.

Proprio noi cristiani avremmo dovuto, già da tempo, invitare i migranti a restare in Italia, avremmo dovuto mandare i traghetti a prenderli sulle coste africane. Avremmo già dovuto farlo perché in ogni caso hanno qualcosa da regalarci, perché se restano, possono aiutare questo Paese a cambiare; avremmo dovuto dimostrare con forza che non ci sono soltanto quelli che non li vogliono: per fortuna, ci sono italiani contenti di averli tra loro, e non vedo per quale motivo debba comunque prevalere il razzismo dei tanti, rumorosi e inconcludenti Salvini. Di fronte alle leggi inefficaci, e a volte razziste, che i vari governi hanno approvato negli ultimi anni, noi cristiani avremmo dovuto proporre e pretendere leggi giuste capaci di regolamentare senza umiliare.

Madre Teresa di Calcutta chiedeva alle sue sorelle di dormire per terra perché così avrebbero potuto far propria l’urgenza del disagio di quelli che non hanno dove dormire. Sono certo che anche in Italia, a prescindere dall’appello del papa, ci sono tante persone che, se proprio non dormono per terra, sono tuttavia davvero felici di stringersi un po’ per fare posto alle sorelle e ai fratelli migranti.

Vitaliano Della Sala è amministratore parrocchiale a Mercogliano (Av)

una chiesa del nord?

 

 

la Lega sfida il papa: il sogno di una chiesa del Nord

sono lontani i tempi del dio Po: oggi per il Carroccio è il tempo della battaglia contro l’Islam

Lega Nord contro Papa Francesco

papa Francesco a Lampedusa

 

le beatitudini secondo papa Francesco

   

Le beatitudini sono il programma di vita che ci propone Gesù!

 

Le beatitudini sono il programma di vita che ci propone Gesù!

Come si fa per diventare un buon cristiano?

Questa è la domanda che Papa Francesco si è posto ed ha rivolto ai partecipanti della Santa Messa in Casa Santa Marta oggi, lunedì 9 giugno 2014, spiegando poi, nel corso della riflessione, che la risposta a tale questione è semplice e la possiamo trovare nelle beatitudini, le quali sono “il programma di vita che ci propone Gesù; tanto semplice, ma tanto difficile“.

Il cammino delle beatitudini, ha spiegato il Pontefice, è complesso perché è un cammino contro corrente: “il mondo ci dice: la gioia, la felicità, il divertimento, quello è il bello della vita” ha detto “E ignora, guarda da un’altra parte, quando ci sono problemi di malattia, problemi di dolore nella famiglia“.

Perché questo? Perché sostanzialmente “il mondo non vuole piangere” quindi alla fin fine “preferisce ignorare le situazioni dolorose, coprirle. Soltanto la persona che vede le cose come sono, e piange nel suo cuore – ha quindi spiegato Bergoglio – è felice e sarà consolata” ma non nel modo terreno, perché “la consolazione di Gesù, non quella del mondo“.

Così Gesù, in “un mondo di guerre, un mondo dove dappertutto si litiga, dove dappertutto c’è l’odio” propone “niente guerre, niente odio, pace, mitezza” proclamando beati i miti; in un mondo dove “tutti siamo stati perdonati” dove tutti apparteniamo a un grande “esercito di perdonati“ Gesù dice beati coloro che perdonano, che vanno “per questa strada del perdono“; ancora in un mondo dove “è tanto comune da noi essere operatori di guerre o almeno operatori di malintesi” Gesù dichiara beati gli operatori di pace e coloro che “hanno un cuore semplice, puro, senza sporcizie, un cuore che sa amare con quella purità tanto bella“.

Quelle di Gesù sono “poche parole, semplici parole, ma pratiche a tutti, perché il cristianesimo è una religione pratica: non è per pensarla, è per praticarla, per viverla

caro papa … un settimanale cattolico non ci sta!

Udienza Generale del mercoledì di Papa Francesco

un settimanale cattolico americano scrive al papa per dirgli chiaramente che sugli abusi sessuali proprio non ci siamo

 

caro papa Francesco, siamo molto toccati, come tutti nel mondo, dal tuo approccio pastorale e umano e dall’attenzione nei confronti di coloro che stanno ai margini della società, ma sul tema degli abusi non ci siamo proprio. Questo il succo di una lunga lettera aperta al papa che lo staff del settimanale cattolico statunitense National Catholic Reporter ha pubblicato a mo’ di editoriale il 6 marzo scorso

 di fronte alle altissime aspettative che il papa ha suscitato nel suo primo anno di pontificato, «per un senso di urgenza estrema» occorre sollevare, afferma il settimanale, la questione degli abusi sessuali

credo anch’io che su questo si possa e si debba fare ancora di più:

verità nascoste

Nell’intervista a Ferruccio De Bortoli, pubblicata sul Corriere della Sera il 5 marzo scorso, il papa afferma che gli abusi sessuali lasciano «ferite profondissime» e che «le statistiche sul fenomeno della violenza sui bambini sono impressionanti, ma mostrano anche con chiarezza che la grande maggioranza degli abusi avviene in ambiente familiare e di vicinato». «La Chiesa cattolica – è ancora papa Francesco a parlare – è forse l’unica istituzione pubblica ad essersi mossa con trasparenza e responsabilità. Nessun altro ha fatto di più. Eppure la Chiesa è la sola ad essere attaccata».

«Queste affermazioni – sostiene il settimanale americano, che ha cominciato a parlare di abusi dal 1985 – contengono una certa verità, ma nascondono anche verità più difficili». L’altra faccia della medaglia è che «nessun’altra istituzione sulla Terra ha avuto i mezzi o la volontà di nascondere questi crimini tanto a lungo. La realtà è che, mentre i casi di abusi su minori sono orrendi, lo scandalo più ampio e più persistente consiste nel numero di vescovi e cardinali che hanno nascosto questo peccato, hanno pagato alle vittime somme enormi di denaro perché tacessero e hanno rifiutato di riferire persino ai loro colleghi vescovi e preti i problemi potenziali derivanti dal trasferimento dei preti problematici». Insomma, se la Chiesa ha messo in atto misure che, sì, probabilmente funzioneranno per prevenire abusi nel futuro, «per decenni le gerarchie della Chiesa hanno negato l’esistenza del problema, hanno mentito sul numero delle persone coinvolte e hanno lottato, a un costo elevatissimo, perché non emergessero le dimensioni del problema». E nessuno di costoro sta pagando. Se oggi la Chiesa sta facendo di più di qualsiasi altra istituzione per proteggere i bambini, scrive l’National Catholic Reporter, «è solo grazie all’enorme pressione pubblica esercitata dalle vittime e da altri nella Chiesa che chiedono verità».

le oscure “periferie” della Chiesa

In questo senso, le persone che stanno ai margini di cui parla il papa sono proprio le vittime degli abusi, persone ferite profondamente nella loro vita e dalla Chiesa, la comunità che avrebbe dovuto offrire loro il massimo bene spirituale. E allora, «di tutte le periferie del mondo che hanno bisogno di attenzione, nessuno ha più bisogno della sua attenzione più urgentemente di coloro le cui vite sono state sconvolte da preti pedofili», scrive la direzione del National Catholic Reporter. Alla luce di questo, «papa Francesco, la esortiamo a incontrare le vittime degli abusi», il prossimo Giovedì Santo, con una celebrazione di riconciliazione dedicata alle vittime degli abusi sessuali perpetrati da membri del clero: «Ascolti le loro storie. Lavi i loro piedi».

un film già visto

Analoghe riflessioni, con un tono molto duro, quelle del canonista statunitense p. Tom Doyle – difensore delle vittime della violanza sessuale e co-autore del primo rapporto sugli abusi nel 1986 – ospitate sullo stesso Ncr il 6 marzo scorso: papa Francesco ha stupito e incoraggiato, ma riguardo alle sfide più gravi e ai problemi più profondi della Chiesa, «non ha fatto quasi nulla». I suoi commenti nell’intervista del Corriere della Sera evidenziano «che sta usando lo stesso copione stanco e irrilevante che i vescovi hanno consumato negli ultimi anni». Lo scandalo degli abusi, scrive Doyle, è di una tale gravità che fa impallidire tutti gli altri, compresi quelli, pure sensazionali, legati alla finanza e al riciclaggio di denaro: questi sono poca cosa di fronte «alla menzogna, alla manipolazione e alla risposta senza pietà alle vittime che hanno contraddistinto la questione degli abusi fin da quando è diventata di pubblico dominio». Adesso, dall’elezione di Francesco «un anno è passato e i suoi passi sono stati minimi»: ha reso l’abuso sessuale un crimine nello Stato del Vaticano, «un passo così insignificante da renderlo quasi comico». Non ha fatto dichiarazioni solenni o informali sul tema e ha fatto ben poco contro i vescovi che hanno coperto i loro preti: se ha laicizzato il vescovo ausiliare mons. Gabino Miranda di Ayacucho, Perù, accusato di pedofilia, «che ne è dei vescovi che hanno continuato a proteggere i colpevoli e a punire vittime innocenti incoraggiando tattiche brutali nei tribunali?», si chiede p. Doyle.

solo fiumi di parole?

Certo, c’è il recente annuncio della prossima creazione di una commissione di esperti sugli abusi, «ma finora non è stato fatto nulla»: «Il papa non ha bisogno di un’altra commissione e di più esperti che elaborino ancora più rapporti con espressioni di condanna ancora più forti. Commissioni del genere affronterebbero lo scandalo degli abusi nella prospettiva delle esigenze della Chiesa istituzionale, con lo scopo primario del recupero della sua credibilità»: «finora è stato sempre così, e continuare a farlo in questo modo è una regressione». Ciò di cui c’è autentica necessità è invece la cura pastorale, il benessere spirituale delle vittime e, alla luce di questo, «l’unica categoria di risposta accettabile è l’azione. Basta coi segreti. Basta con le negazioni. Basta con gli autoelogi e soprattutto con la tolleranza di vescovi che hanno speso milioni di dollari e di euro donati per tutelarsi a spese delle vittime». E riprendendo la frase dell’intervista in cui il papa attribuisce alla Chiesa trasparenza e responsabilità, afferma che si tratta di un copione «che andava abbandonato anni fa»: «Purtroppo, Santo Padre, la Chiesa cattolica non si è mossa con trasparenza e responsabilità, ha fatto esattamente il contrario». E anche il «coraggio» dimostrato da papa Benedetto XVI nell’affrontare la questione, non è altro che un insieme di «misure burocratiche, ma nessuna azione decisiva è stata intrapresa per dare speranza alle vittime».

contro l’Onu solo arroganza

L’ultimo capitolo della riflessione di Doyle riguarda la denuncia da parte delle Nazioni Unite sulla colpevolezza del Vaticano nello scandalo. «Il Vaticano ha reagito con la sua solita arroganza ottusa, accusando il comitato dell’Onu di non capire come funziona la Chiesa e di interferire con sacre questioni dottrinali. Il punto è, invece, che il comitato aveva proprio capito come funziona il sistema vaticano». A far parte della commissione vaticana neocostituita, perciò, dovrebbero essere proprio le vittime e le conclusioni del rapporto del comitato Onu dovrebbe esserne l’oggetto; «non vescovi e cardinali che sono stati parte del problema e che non possono essere parte della soluzione». In conclusione, in questa fase, la cosa migliore che la gerarchia istituzionale può fare è seguire un sempre valido consiglio tattico militare: «O fai da guida, o segui, o ti togli di mezzo».

(a cura di ludovica eugenio di ‘finesettimana’)

c’è chi chiede di più a papa Francesco

 

Udienza Generale del mercoledì di Papa Francesco

a distanza di un anno dalla sua elezione molti sono i commentatori che fanno un bilancio molto positivo del pontificato di papa Francesco: ha effettivamente riaperto orizzonti, donata nuova credibilità a una realtà istituzionale carica di contraddizioni facendo credere di nuovo e sperare che anche nella chiesa sia possibile … vivere il vangelo!

ci sono anche delle voci legittimamente più esigenti che vorrebbero che questa ‘rivoluzione’ che si annunciava trovi delle espressioni più concrete, delle traduzioni più chiare: uno di questi  è il parroco Helmut Schüller, presidente della ‘Pfarrer-Initiative’, che  in un’intervista a’n-tv.de’ sostiene: “Ha posto grandi segnali, che però fino ad ora non si sono concretizzati in cambiamenti di sistema”

di seguito (utilizzando i preziosi servizi informativi di ‘finesettimana’) tre momenti della presa di posizione del parroco Helmut Schüller, compresa la reazione estremamente negativa del vicario generale della diocesi che nega gli ambienti ecclesiali per una sua conferenza stampa, non ritenendo le sue critiche a papa Franceco  costruttive (un po’ di processo alle intenzioni e  di censura certamente fuori luogo nella chiesa di papa Francesco!):

Ja – die neue Kirchenzeitung n. 10 del 9 marzo 2014

Papa Francesco è in carica da un anno e viene celebrato da molti come riformatore. Il parroco Helmut Schüller, presidente della ‘Pfarrer-Initiative’, analizza in un’intervista a n-tv.de obiettivamente: “Ha posto grandi segnali, che però fino ad ora non si sono concretizzati in cambiamenti di sistema”

intervista a Helmut Schüller a cura di Fabian Maysenhölder in www.n-tv.de del 22 febbraio 2014

“Ci aspettiamo anche passi concreti per il futuro delle comunità parrocchiali… I laici devono dotarsi  di competenze per potere sostenere la vita delle comunità. Questo è il nostro desiderio più pressante che speriamo di veder realizzato da questo papa. Parla sempre di “vicinanza alla gente” e del fatto che si debba “andare verso la gente”. Di fatto, la Chiesa continua ad allontanarsi dalle persone alla base”

di Susanne Wiedamann in www.mittelbayerische.de del 2 marzo 2014

“La conferenza di Helmut Schüller, il prete critico nei confronti della Chiesa, della  Pfarrer-Initiative austriaca, prevista a Ratisbona, è stata spostata, su ordine del vicario generale… [in quanto] non potrà aver luogo nei locali della parrocchia… una conferenza di Schüller non è un invito al dialogo, ha dichiarato… Clemens Neck, direttore della sala stampa del vescovo”
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