per p. Maggi i testi di Dario Fo sono profondamente spirituali e di valore teologico
Ho una certezza: in futuro, il tanto bistrattato “Mistero Buffo”, sarà testo di spiritualità nelle Facoltà Teologiche. Questa rivisitazione dei vangeli apocrifi e tradizioni popolari su Gesù, più il talento geniale di Dario Fo, ne fanno un testo così intriso di profonda spiritualità e di grande ricchezza umana che fa del premio Nobel, e della moglie Franca Rame, non solo quei grandi attori che tutti conoscono, e le cui opere sono rappresentate in tutto il mondo, ma dei maestri di vita, d’arte e di teologia.
“Da giovane volevo farmi suora… La mia è una vocazione materna, samaritana, stronza…”. Così mi disse Franca Rame, aggiungendo, “sto sempre dalla parte delle cause perse, ma è più forte di me”. Fu un privilegio conoscere la Rame, e lei nella sua generosità accettò di presentare il mio libro “Nostra Signora degli Eretici” con il monologo di Maria presso la croce, creando un’atmosfera carica di emozione. Alla fine della sua rappresentazione c’era in sala un incredibile silenzio e tanti occhi lucidi.
Poi la Rame mi volle anche sul palcoscenico, durante un suo spettacolo teatrale a Firenze, per un collegamento televisivo. Avevo scritto infatti un articolo nel quale la difendevo dagli attacchi degli ultrà cattolici, affermando che i suoi testi anziché essere blasfemi erano intrisi di spiritualità. Infatti Franca Rame aveva una profonda spiritualità, che manifestava, insieme a Dario Fo, nella sua incredibile generosità a favore degli ultimi. Quando le chiesi, dopo averla rivista nel suo monologo di Maria presso la croce, come mai avesse cambiato il rantolo del Cristo agonizzante, lei rispose: “È stato assistendo i malati terminali di AIDS, all’ospedale Sacco (di Milano)”. Era il tempo in cui i malati di AIDS mettevano paura, si temeva il contagio del tremendo virus, venivano isolati ed evitati, nella Chiesa qualcuno arrivò a definirli castigati da Dio per i loro peccati, e quando le domandai: “E che fai, in che modo li assisti?”, lei rispose “Niente, tengo la loro mano, tutta la notte”.
E grazie a lei conobbi poi suo marito, l’incredibile Dario Fo. Stava scrivendo “Johan Padan a la descoverta de le americhe”, e mi chiese di portargli tutti i libri della teologia della liberazione che fossero stati pubblicati. Glieli portai nella loro casa estiva a Sala di Cesenatico, e rimasi sorpreso dall’enorme tavolo di lavoro tutto ricoperto di libri sulla fauna e la flora del sud America… Dario si stava documentando in maniera scrupolosa e attenta per fare, magari, poi solo una battuta nella sua opera.
Compresi che non era solo talento, ma anche disciplina, non solo un genio, ma anche rigore. Dario Fo fu gentilissimo e generosissimo. E credo fosse profondamente sincero quando, prendendo in mano il mio libro Nostra Signora degli Eretici, quello che Franca aveva presentato, mi disse: “È il più bel libro che abbia mai letto!”.
Dario Fo e Franca Rame (lei diceva: lui è il monumento, ma io sono il piedistallo!), erano straordinariamente generosi. Non aspettavano che venisse loro richiesto un aiuto, lo precedevano, e con tanto altruismo hanno aiutato, sostenuto, incoraggiato, tutto di tasca propria.
Molti anni fa, nel presentare Dario Fo a un convegno presso la Pro Civitate Cristiana di Assisi, affermai che “il Dio di Fo è talmente umano da essere quasi divino”. Con il suo genio teatrale Fo riusciva a disincrostare secoli di sovrastrutture che avevano finito per oscurare l’umanità del Cristo, l’Uomo-Dio. Certo, Dario Fo lo faceva attraverso la tecnica del graffio, ma anche il graffio, se fatto ad arte, serve per ripulire!
Da Dario Fo ho imparato l’arte di presentare il Vangelo senza necessariamente far addormentare le persone, con le pause, la mimica, la gestualità, le sorprese, per rendere vivo e attuale un testo antico.
Come ringraziamento per il contributo librario alla sua opera teatrale, Dario si mise a disegnare, dicendo “Ora sono ispirato: questo sei tu che liberi la parola…”, e ora conservo questo suo prezioso disegno, dove Fo mi rappresenta come un frate che libera una colomba, quale compito da proseguire, con rinnovato entusiasmo, l’annuncio della buona notizia.
L’AUTORE – Alberto Maggi, frate dell’Ordine dei Servi di Maria, ha studiato nelle Pontificie Facoltà Teologiche Marianum e Gregoriana di Roma e all’École Biblique et Archéologique française di Gerusalemme. Fondatore del Centro Studi Biblici «G. Vannucci» (www.studibiblici.it) a Montefano (Macerata), cura la divulgazione delle sacre scritture interpretandole sempre al servizio della giustizia, mai del potere. Ha pubblicato, tra gli altri: Roba da preti; Nostra Signora degli eretici; Come leggere il Vangelo (e non perdere la fede); Parabole come pietre; La follia di Dio e Versetti pericolosi. E’ in libreria con Garzanti Chi non muore si rivede – Il mio viaggio di fede e allegria tra il dolore e la vita.