il delegato del vescovo invoca le scuse della chiesa ai gay

“Addio Franco, paladino gay

la Chiesa si scusi con te”

di Fabrizio Assandri
in “La Stampa” del 29 gennaio 2017

«Per la freddezza, per le dimenticanze, le rigidità, per tante cose la Chiesa dovrebbe chiedervi scusa. Dovrebbe farlo qualcuno più importante di me. Io, invece, vi dico grazie. Perché voi, Franco e Gianni, con la vostra tenacia, col vostro esempio, ci avete permesso di pensare una Chiesa più bella, più grande, più accogliente. Una Chiesa che non lascia indietro nessuno»

Don Gianluca Carrega, durante l’omelia del funerale di Franco, 83 anni, gli tributa una sorta di risarcimento postumo. E non usa giri di parole. «Anche in Chiesa siete stati discriminati. C’è persino chi si è indignato perché avete scelto come viaggio di nozze un pellegrinaggio a Lourdes». Don Carrega non è un prete ribelle. È il delegato dell’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia per la pastorale degli omosessuali: la diocesi da anni porta avanti un percorso di accompagnamento. «È grave che la Chiesa spesso non faccia che posticipare queste questioni, un’altra cosa di cui chiedere scusa». Il “marito” di Franco, Gianni, 79 anni, indossa gilet, cravatta grigia, camicia bianca. Il vestito che entrambi avevano scelto per il giorno per loro più importante, lo scorso 6 agosto quando, dopo 52 anni assieme, un’attesa quasi eroica, hanno finalmente detto il loro “sì”. Franco è stato sepolto con lo stesso abito. «Ho voluto che i vestiti di quel giorno li indossassi anche tu», ha spiegato Gianni, parlando nella chiesa di Santa Rita. «Perché quel momento, dopo 52 anni di vita insieme, tra normali alti e bassi, è stato il coronamento del nostro amore, del nostro essere famiglia».

Sono stati tra i primi a unirsi civilmente, lo scorso 6 agosto, la loro è stata una corsa contro il tempo prima che la malattia avesse la meglio. E sono diventati un simbolo, fuori dagli stereotipi. La coppia, molto credente, andata a Lourdes in viaggio di nozze, ha scritto una lettera a Papa Francesco, con una domanda molto chiara: «Dopo esserci scambiati amore e sostegno, dopo aver condotto una vita a due, siamo una famiglia?». Franco, con un passato da seminarista, scriveva: «Non ce la facciamo più a sentirci fuori dalla Chiesa, io faccio la comunione da sempre, perché mi sento di farla». Per don Carrega, «la Chiesa deve farsi un serio esame di coscienza. A partire da alcune voci autorevoli che sembrano più preoccupate dei valori che delle persone. Anche nell’ultimo sinodo dei vescovi ci sono cardinali che hanno detto che da un’unione gay non può nascere nulla di buono. Frasi gratuite, non comprovate da nessun fatto oggettivo, categorie trite e ritrite». Don Carrega al contrario ha paragonato la coppia ai due discepoli di Emmaus, passo del Vangelo che ha scelto per la Messa. «I due discepoli discutevano tra loro, come in vita hanno fatto loro come coppia, con Gesù accanto come compagno di viaggio». E anche sul sesso in teoria vietato alle coppie gay credenti, chiamate alla castità, don Carrega ha qualcosa da dire. «Parlando dei divorziati risposati a proposito della castità, Papa Francesco ha detto che bisogna valutare caso per caso. Così anche per i gay bisognerebbe evitare giudizi universali e irrevocabili». Non si spinge, don Carrega, oltre: «Questo non significa automaticamente benedire le coppie gay, ma bisogna mettersi in un ascolto». Ma il tema è ormai non più demandabile: «Fortunatamente le coppie unite civilmente aumenteranno: le parrocchie devono relazionarsi a loro, non possono ignorarle». A salutare Franco amici, parenti, istituzioni. Marco Giusta, assessore del Comune, ha detto: «Gianni potrà dire che Franco era suo marito».

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