“C’è un rapporto intimo e dialettico tra croce e resurrezione e tra resurrezione e croce, quale si esprime nell’affermazione che il Crocifisso è il Risorto e il Risorto è il Crocifisso.
Una considerazione non dialettica della croce e della resurrezione può facilmente svolgere una funzione reazionaria. Considerare la croce senza rapportarla dialetticamente alla resurrezione può condurre a una rappresentazione della sofferenza come qualcosa che appartiene essenzialmente all’essere divino, ed è pertanto non superabile. La sofferenza viene sacralizzata, e non si danno possibilità di speranza. L’unico atteggiamento sensato sarebbe di identificarsi con essa, senza pretenderne un impossibile superamento.
E considerare la resurrezione senza la croce può sacralizzare l’ideologia del risultato ultimo – o futuro riconciliato – senza bisogno di passare attraverso il presente di ingiustizia e di oppressione. Si crea in tal modo una concezione entusiasta o astorica che proietta l’uomo oltre le stelle, alienandolo dalla sua realtà e attuale conflittualità.
Senza la resurrezione, la croce può farsi strumento al servizio di una teologia legittimatrice della sofferenza dei poveri di questo mondo.
Senza la croce , la speranza creata dalla resurrezione non è credibile, almeno per coloro che patiscono l’ingiustizia.
Per questo – perché Dio ha risuscitato un crocifisso – i crocifissi della storia possono sperare”
J.Lois, in Mysterium Liberationis, p.225