a proposito di “Dio Patria Famiglia” come valori assoluti, così A. Maggi

 

 

quei valori “sacri” smascherati da Gesù

In ogni società esistono valori sacri, principi sui quali si basano le fondamenta della collettività. Per valore sacro s’intende un ideale così im­portante da essere superiore al bene stesso dell’uomo, e per difenderlo si può arrivare a sacrificare la propria vita o a togliere quella di quanti vi si oppongono. I valori sacri, indiscutibili e non negoziabili, sui quali da sempre ci si è basati, sono Dio-Patria-Famiglia. Quel che accomuna questi tre valori è il potere: quello esercitato da Dio, attraverso l’istituzione religiosa sulle coscienze dei credenti, quello dello Stato, sulla vita delle persone e infine il potere indiscusso del capo famiglia sulla moglie e sui figli.

Poi è venuto Gesù, e ha smascherato questi valori sacri rivelandoli come ostili al disegno del Padre sull’umanità. Il Cristo, per il quale l’unico valore sacro è il bene dell’uomo, denuncerà che quel che era considerato apparentemente a favore del­l’uomo era in realtà il principale ostacolo alla realizzazione del progetto del Creatore: che ogni uomo diventi suo figlio raggiungendo la pienezza della condizione divina. Ed è proprio questo quel che allarma la società: che l’uomo raggiunga la condizione divina, diventi esso stesso Signore e, in quanto tale, pienamente libero. Infatti, ogni potere, da quello meno appariscente ma non meno mici­diale della famiglia, a quello civile e a quello sacrale vuole impedire la pienezza umana proposta da Gesù.

Per questo Gesù avvisa i suoi che faranno la stessa fine del loro maestro, condannato a morte come bestemmiatore in nome di Dio da parte dei rappresentanti della religione, ritenuto un pericoloso sovversivo da parte del potere civile e abbandonato dalla famiglia che lo riteneva un demente. I nemici o gli ostacoli alla realizzazione del progetto divino, Gesù li individua, infatti, proprio nella famiglia, dove il marito era l’indiscusso padrone della moglie e dei figli (“sarete traditi perfino dai genitori, Lc 21,16-17), nella nazione, dove chi deteneva il comando, spadroneggiava sui sudditi (“sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia…”, Mt 10,18) e nella  religione, dove il dominio veniva esercitato in nome di Dio e giungeva dove gli altri poteri si fermavano: la coscienza della persona (“vi consegneranno ai sinedri e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe…”, Mt 10,17); “viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio”, Gv 16,3).

A questi falsi valori che impediscono la crescita e la maturazione dell’uomo Gesù opporrà i veri valori, quelli che, comunicando agli uomini energia divina, saranno fattore di crescita, consentendo a ogni uomo di realizzare in lui il progetto divino (Gv 1,12; Ef 1,4). Per questo, a Dio, nome comune di ogni religione, Gesù preferirà il Padre, nome specifico del messaggio cristiano, e all’obbedienza a Dio, Gesù contrapporrà l’assomiglianza al Padre:  se in nome di Dio si può togliere la vita, in nome del Padre si può solo donarla. Alla Patria, ambito delimitato da confini e barriere edificate sulle paure, sull’ignoranza e sugli egoismi, Gesù contrapporrà il Regno di Dio, spazio d’amore dove tutti sono accolti, amati e rispettati nella loro diversità. Gesù non è venuto ad innalzare muri contro gli altri popoli, ma ad abbatterli (Ef 2,14), perché l’amore del Signore si estende a tutte le nazioni. Mentre la patria sacralizza se stessa (il sacro suolo), ponendo come valore sacro quelli che in realtà sono i suoi interessi, nel Regno l’unico sacro è l’uomo. Gesù ha ampliato anche l’angusto orizzonte della fami­glia vincolata dagli obblighi familiari, e l’estende a ogni uomo, senza distinzione di popoli e razza. L’unità viene realizzata dall’accoglienza dello stesso Spirito e non dall’avere lo stesso sangue: “Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre” (Mc 3,35).

La sequela a Gesù richiede la piena libertà dell’individuo, che deve rendersi indipendente da tutto quel che gli impedisce piena libertà di movimento, compresi quei rapporti familiari che proprio per la loro costrizione vengono chiamati “vincoli” o “legami”“Chi vuol bene al padre o la madre più di me non è degno di me; chi vuol bene al figlio o la figlia più di me non è degno di me” (Mt 10,37). Gesù non viene a distruggere la famiglia, ma a liberarla da quei ricatti affettivi che impediscono ai suoi componenti di crescere, accedendo a quella pienezza di vita alla quale ogni individuo viene da Dio chiamato.




lo slogan blasfemo: “Dio, Patria, Famiglia”

Enzo Bianchi :

“Dio, patria e famiglia”

ecco perché quello slogan è una bestemmia

in  La Repubblica 

Siamo in un’ora in cui difetta il pensare, il riflettere, e anche il linguaggio ne risente. Non solo si impoverisce ma si fa rozzo, barbaro e ricorre agli slogan. D’altronde lo sappiamo tutti: quando manca il pensiero si alzano i toni e si fanno risuonare parole per provocare emozioni, e questo vale ovunque, fino ai comizi di piazza.

Essendo vecchio non dimentico le scritte sbiadite sui muri rimaste dall’epoca fascista: “Credere, Obbedire, Combattere!”, “Autorità, Ordine, Giustizia!”, “Dio, Patria, Famiglia!”.

Mi pare significativo che siano tornate a risuonare oggi: “Dio, Patria, Famiglia” è uno slogan che mi turba. Perché queste tre parole messe una dopo l’altra, fatte bandiera e labaro tra gente che si pensa forte, per me risuonano non solo come sinistre, ma come una bestemmia. Parole di un tempo e di una cultura che non vorrei vivere.

Come cristiano sono convinto che la parola “Dio” è un termine eminente ma insufficiente, dietro il quale si celano emozioni che sono proiezioni umane. La maggior parte delle immagini che ci forgiamo di Dio sono perverse. Come cristiano sono convinto che solo Gesù ha raccontato e mostrato chi è Dio.

Il Dio di Gesù non ama essere proclamato, né invocato contro qualcuno, ma ama che lo si pensi il “Dio con noi”. Non ha bisogno che lo difendiamo né che lo imponiamo nella società in cui viviamo. Gli si reca offesa se lo si strumentalizza come un elemento identitario, se lo si trascina nell’agone politico.

Quanto alla Patria, per fortuna la mia generazione non ha più servito l’ideologia nazionalista, un idolo in nome del quale, nelle guerre, si sacrificavano tante vite umane. Amiamo la nostra terra, ma anche quelle degli altri, convinti che “ogni terra per il cristiano è straniera e ogni terra straniera per il cristiano è patria”, come si legge in A Diogneto, il testo di un cristiano del II secolo, quando i cristiani potevano vivere come minoranze in dialogo e in pace nella marea pagana dell’impero romano. No, per noi oggi non è più bello morire per la patria.

Quanto alla “Famiglia”, quella che poteva essere invocata non esiste più, è andata in frantumi con il paternalismo, la sottomissione delle donne, l’impossibilità per i giovani di prendere la parola. Nasciamo in una famiglia e da essa siamo accolti, e questa è una grazia grande. Ma quando dobbiamo costruire una vita cerchiamo l’amore al di fuori della famiglia.

Significa che anche la famiglia è insufficiente: non dobbiamo farne un mito o un idolo. È necessario vigilare contro il familismo che forgia una ideologia non a servizio dell’amore umano, ma dei controllori dell’ordine morale.

Ci scandalizziamo se questi slogan sono gridati oggi in Russia dal potere religioso e da quello politico, ma poi permettiamo che siano proposte come programma nella nostra stanca e vecchia, ma sempre valida, democrazia. L’idolo è sempre un falso antropologico, fonte di alienazione. “Dio, Patria, Famiglia!”: tre parole che se gridate sono una bestemmia e dovrebbero rappresentare per tutti lo spettro di una prigione.




una grande domanda: Dio è coinvolto nella nostra storia?

 Copertina del libro di Santi Grasso pubblicato da Città Nuova Editricecopertina del libro di Santi Grasso pubblicato da Città Nuova Editrice 

ma Dio interviene nella storia?

in un libro le risposte ad una domanda quanto mai attuale

 

Come spiegare l’azione di Dio di fronte al male che colpisce l’umanità? Un interrogativo presente da sempre e a cui l’uomo ha cercato di rispondere ricorrendo all’idea del fato o all’immagine di un Dio che punisce il peccato dell’uomo o che regola le vicende del mondo facendo il bello e il cattivo tempo. Il volume di Santi Grasso propone l’autentica visione cristiana che vede l’umanità protagonista della sua storia e in grado di costruire il bene quando si apre allo Spirito
Adriana Masotti – Città del Vaticano

Avvenimenti drammatici o dolorosi come le guerre, le calamità naturali, la sofferenza dei bambini e degli innocenti, fanno riemergere con forza, di volta in volta, un interrogativo che da sempre l’uomo si è posto e cioè se e in quale modo Dio agisce di fronte al male. E’ una domanda che in modo particolare ritorna in questi giorni sconvolti dalla guerra in Ucraina e che implica il tema della relazione tra Dio e il mondo, tra Dio e le sue creature. Per i credenti l’interrogativo è anche come conciliare la fede nell’amore e nella paternità di Dio con quanto si sperimenta nella propria quotidianità. “Quanto avvenuto nella storia del Novecento, si legge nell’Introduzione al volume, ha sicuramente messo in crisi una certa visione tradizionale, suscitando domande del tipo: dov’era Dio ad Auschwitz?”. Quella tragedia ha provocato uno “sconvolgimento” nella teologia cristiana, ma per primo l’ebraismo si è interrogato sul perchè Dio non fosse intervenuto per fermarla.

La presenza di Dio secondo la fede cristiana

Nel libro edito di recente da Città Nuova “Ma Dio interviene nella storia?”, l’autore Santi Grasso offre una risposta efficace alla questione attraverso la lettura di alcune pagine bibliche, spesso interpretate in modo approssimativo e qualche volta anche pericoloso, proponendo un viaggio nell’autenticità della fede cristiana che si presenta lontana da quel certo miracolismo o eccesso di irrazionalità con cui a volte, anche oggi, si esprime. E lontana anche dalla visione di causa-effetto che da sempre ha cercato di spiegare il male interpretandolo come la punizione divina provocata dal peccato dell’uomo. Uno schema messo in crisi da Gesù, in particolar modo con la sua morte, lui innocente, in croce.

L’azione di Dio e la responsabilità dell’uomo

Santi Grasso, è professore di esegesi del Nuovo Testamento presso la Facoltà Teologica del Triveneto, presso lo Studio Teologico Interdiocesano di Gorizia-Trieste-Udine e presso l’Istituto di Scienze Religiose di Udine e Gorizia. Rappresenta la Cei e l’Associazione Biblica Italiana alla Federazione Biblica Cattolica Mondiale. Ai microfoni di Vatican News, ripercorre la sua indagine aiutandoci a comprendere quale ruolo immenso Dio abbia affidato agli uomini e alle donne di tutti i tempi e come continuamente li sostenga con il dono della sua Parola e del suo Spirito.

Professore, cominciamo dal titolo: “Ma Dio interviene nella storia?” L’uscita in libreria del suo testo non poteva prevedere la guerra in Ucraina, ovviamente si fa voce di una domanda che la precede. Quanto è forte nell’uomo, in noi, questo interrogativo?

E’ molto forte, perchè credo che non sia semplicemente una domanda intellettuale, ma che sia la domanda di ogni essere umano. Nelle società antiche trovava una risposta molto chiara, cioè: Dio, o le divinità, certamente intervengono nella storia. Le rappresentazioni di questi interventi sono varie: la cultura greca pensa alla concezione del fato che diventa un fato implacabile, spesso anche molto duro, ma presenta anche la visione delle divinità arrabbiate, rancorose, vendicative e quindi la tensione che gli uomini, e soprattutto gli uomini famosi, dovevano fare per non creare invidia nelle divinità. Però poi abbiamo anche la visione più comune nella Bibbia, dove il peccato dell’uomo viene punito da Dio in termini storici e quindi la storia di Israele con tutte le sue crisi e le sue negatività spesso viene vista come il risultato di un peccato precedentemente commesso e che Dio, appunto, viene a punire attraverso i vari scacchi storici. Per arrivare ad una concezione che si sviluppa nel mondo latino e poi nel mondo cristiano che è quella della Provvidenza, secondo cui tutto avviene secondo una grande orchestrazione da parte di questa Provvidenza divina che ammanisce a tutti ora cose buone, ora cose cattive. Evidentemente la scienza viene a mettere in crisi tutte queste visioni. E allora il cristiano oggi si deve porre la domanda “Dio interviene o meno nella storia?” e “queste interpretazioni che ormai sono chiaramente ancestrali, possono ancora essere valide e interpretative dell’essere umano di oggi?”. Appare evidente che non lo sono più. Bisogna allora ritornare alla Parola di Dio, non in una lettura strumentalizzata, ma una lettura libera per capire che sì, Dio interviene nella storia, perché altrimenti avremmo l’immagine di un Dio “motore immobile” e questo non è il Dio secondo la tradizione ebraico-cristiana, ma Dio interviene con certi criteri e con certe modalità.

Già nella lettura del libro della Genesi, lei fa emergere una visione diversa di Dio che fa un passo indietro rispetto all’uomo perché affida all’uomo il creato, ad esempio…

Certamente, nel racconto della Genesi si capisce molto bene come alla conclusione della creazione il vero protagonista della scena umana, non sia più Dio ma, appunto, è la coppia con la sua discendenza e Dio entra in una sfera particolare che è quella dello shabbat, che non è il riposo di Dio – questa è un’interpretazione un po’ antropomorfizzata di Dio -, mentre invece il verbo shabbat, vuol dire astenersi, cessare, quindi Dio si pone in un atteggiamento che è quello di colui che si ritira per far spazio all’umanità nella sua espressione e nella sua azione.

Un intero capitolo del suo libro è dedicato al profeta Elia e qui si vede una frattura tra la certezza che al giusto Dio non può che rispondere con i suoi doni, e l’evidenza della realtà in cui il giusto soffre e va incontro anche al fallimento. Su questa linea poi ci sarà Giobbe e la stessa storia di Gesù. Dio è presente ma, lei scrive, non immischiato nelle alterne vicende della vita. Ci dice qualcosa di più? 

La vicenda di Elia comincia con una concezione di Dio che è fortemente interventista nella storia, però poi le vicissitudini che vive, gli fanno capire che Dio non è più quel Dio che con una bacchetta magica interviene a spron battuto a suo favore contro gli altri che lo perseguitano. In questo percorso di evoluzione nel rapporto con Dio, il profeta deve arrivare alla consapevolezza di un Dio che è “voce di silenzio”, cioè che non interviene e non vuole intervenire perché, appunto, la storia ha una sua autonomia e Elia deve incontrare il Dio, non perché gli dà qualche cosa o si manifesta come potente, ma perché Dio è Dio e la relazione con lui prescinde dagli elementi che nella vita di tutti possono essere positivi e negativi.

C’è poi un fatto che cambia tutto nel rapporto tra Dio e l’umanità e cioè l’Incarnazione. Da allora in poi l’intervento di Dio, cito il suo libro, rispetterà sempre la logica dell’incarnazione…

Sì, è il momento, il Nuovo Testamento, in cui c’è una progressione riguardo alla concezione di Dio e quindi di conseguenza anche di quello che Dio fa nella storia. L’Incarnazione diventa il nuovo modello interpretativo della sua azione nella storia. Che cos’è l’Incarnazione? Noi spesso leggiamo la pagina dell’annuncio dell’angelo Gabriele a Maria semplicemente come un testo per glorificare la donna, Maria, che partorisce il Figlio, ma in realtà questo testo ha una profondità molto più grande. E’ un testo che dice come, quando l’azione dello Spirito raggiunge l’essere umano, questo essere umano può “partorire” una storia messianica. Cioè può generare, naturalmente tramite l’accoglienza consapevole dello Spirito, una storia diversa, e questa è una nuova acquisizione. L’incarnazione non riguarda solo la vicenda peculiare, eccezionale di Gesù, ma è anche il modello interpretativo della storia di tutti e cioè: l’accoglienza dello Spirito fa partire una storia diversa quando l’essere umano si compromette in maniera personale con l’azione dello Spirito stesso.

In altre parole, ma sempre prese dal suo libro, lei sostiene che Dio non si identifica con la storia, ma neppure però se ne astrae. Agisce tramite lo Spirito accolto dall’uomo, cioè è l’uomo illuminato che agisce?

L’uomo riempito dallo Spirito. Cioè quell’uomo che accoglie lo Spirito e consapevolmente interpreta poi la propria esistenza ed è lui che deve modificarla: noi vediamo che non può che essere così perché se pensiamo alle grandi tragedie del Novecento, queste ci dicono che l’uomo nella storia se vuole può fare tutto, le cose peggiori. Perché Dio non lo ferma? Perché evidentemente c’è una modalità di intervento di Dio nella storia che non è quella che noi pensiamo di solito in maniera superficiale o popolare, perché altrimenti tutta la storia del Novecento, ma potrei dire tutta la storia dell’umanità con tutte le sue distruzioni, non si potrebbe spiegare. La presenza di tutto questo male nel mondo, anche le vicende terribili che stiamo vivendo oggi con la guerra in Ucraina, senza un’interpretazione corretta porta semplicemente a concludere che Dio non esiste: questa è la reazione di chi, pensando classicamente o tradizionalmente a un Dio che interviene nella storia, resta completamente deluso e la conclusione non può che essere l’ateismo.

Noi siamo tutti invitati in questo periodo ad intensificare la preghiera per chiedere a Dio, a Maria, il dono della pace, come dobbiamo vivere, alla luce di quanto abbiamo detto finora, questa invocazione?

Io credo che sicuramente questo tipo di preghiera è un’azione di solidarietà e di condivisione con questo popolo che in questo momento subisce questa invasione così tragica, però dobbiamo anche renderci conto, proprio attraverso la preghiera, che ci sono delle grandi responsabilità umane e che nessuno può più vivere in maniera individualistica la propria esistenza e che dobbiamo cominciare ad acquisire una concezione della politica di natura diversa, con una consapevolezza diversa. La preghiera, quindi, non è semplicemente legata ad un’azione di intervento di Dio, ma sicuramente è più matura e più vera quando ci porta ad interrogarci su quello che noi possiamo fare, sulle responsabilità che noi possiamo esercitare, sui “no” che dobbiamo dire quando una politica è cattiva.

Ma possiamo comunque chiedere a Dio anche di aiutarci a fare qualcosa? Possiamo affidargli i nostri cari, magari ammalati, oppure di fronte alla difficoltà o un ostacolo da superare, possiamo chiedere il suo aiuto?

Certo, certo, ma sempre nella consapevolezza che l’aiuto di Dio è un aiuto che non può essere fattuale, ma è un affidarsi a Dio nell’accoglienza del suo progetto, della sua volontà, perché io penso che noi preghiamo frequentemente per chiedere a Dio di attuare le nostre idee, le nostre visioni, i nostri progetti, ma la preghiera è esattamente il contrario, la preghiera è rivolgersi alla Parola di Dio e capire attraverso questa Parola che cosa Dio ci chiede di fare.

E allora la vera fede è credere all’amore di Dio per noi qualunque cosa accada?

Sì, è così. Non legarsi a Dio per essere tutelati. Il Vangelo sconvolge un po’ questa idea: quando Gesù manda in missione i discepoli dice loro che vivranno momenti difficili e duri. La religione non è una sorta di salvacondotto, ma anzi diventa esporsi al rischio, al pericolo, alle varie situazioni drammatiche della vita. Abbiamo un po’ perso questo senso del Vangelo, prendendo la religione più che altro come una sorta di tutela per la nostra incolumità.

Comunque, vivendo secondo Dio si è anche più felici già su questa terra…

Certo, perché εὐαγγέλιον (evanghélion), la parola greca che noi traduciamo con Vangelo significa l’annuncio di una buona notizia che cambia la vita, è una notizia che fa esplodere la vita nel senso delle sue potenzialità, nel senso della forza della vita stessa.




‘ateo’ in nome di … Dio

manifesto su Dio

p. Pedro Serrano García

Secondo la Bibbia e l’esperienza umana, è evidente che nessuno ha mai visto DIO. Con successi ed errori, nel corso della storia noi esseri umani abbiamo cercato di conoscere l’immagine autentica del Supremo trascendente; ma provare la sua esistenza o inesistenza supera le capacità di credenti e di non credenti. Comunque, il Magnifico sconosciuto può essere intuito dietro il caso e i milioni di trilioni di coincidenze date in modo che esistano l’impressionante universo in espansione con i suoi miliardi di galassie, la meravigliosa vita manifestata in milioni di specie e, soprattutto, l’ammirevole umanità composta da esseri umani intelligenti e liberi. Allo stesso modo, sembra chiaro che noi credenti abbiamo concezioni diverse riguardo all’Essere Supremo, alcune sono errate o alienanti, e altre sono corrette e solidali. Di fronte a questa diversità sulla natura divina:

– Mi dichiaro ateo rispetto al Dio denaro, che divide gli esseri umani in classi sociali, condannando gli impoveriti alla miseria e privilegiando i ricchi nell’ opulenza.

– Mi dichiaro ateo rispetto al Dio indifferente, che guarda impassibile come gli uomini soffrono, combattono e si battono in difesa dei loro interessi e delle loro ideologie, senza intervenire nella storia affinché l’armonia tra le persone e i popoli possa risplendere nel rispetto del medio ambiente.

– Mi dichiaro ateo rispetto al Dio guerriero, sostenitore di individui potenti e di grandi potenze che praticano la violenza armata, lo sfruttamento economico, la colonizzazione politica e il saccheggio dei popoli in via di sviluppo.

– Mi dichiaro ateo rispetto al Dio Giudice, che punisce chi pecca (anche se per errore, debolezza o ignoranza nella sua marginalità); mentre premia gli autoproclamati puri (anche se praticano complimenti formali senza amore per il prossimo o compassione per gli svantaggiati).

– Mi dichiaro ateo rispetto al Dio individualista, che favorisce la spiritualità e la salvezza personale e non tiene conto della comunione fraterna con i cittadini ed i senza tetto.

– Mi dichiaro ateo rispetto al Dio autoritario, che consacra gerarchi e preti, mentre sottovaluta laici e donne come credenti di seconda classe.

– Mi dichiaro ateo rispetto al Dio dogmatico, che si manifesta in un’unica chiesa verticalista, rigettando le altre chiese come sbagliate, le altre religioni come pagane e le culture agnostiche come spregevoli.

Ma, come discepolo umile e imperfetto di GESÙ, oso affermare:

– Credo nel Dio amore, che accoglie giusti e peccatori, atei e credenti, ignoranti e saggi come i suoi figli e figlie, infondendo negli esseri umani la luce della fraternità comunitaria e universale tra le persone e i popoli.

– Credo nel Dio della Vita, che incoraggia le comunità a condividere i beni della creazione e della produzione umana in società giuste, pacifiche e umanitarie, dove i bambini, gli anziani, i malati e gli emarginati hanno la priorità.

– Credo nel Dio dei poveri, che incoraggia uomini e donne coscienziosi a costruire lo Stato Democratico del Benessere, superando la società di classi, favorendo la liberazione degli impoveriti e il lavoro dignitoso e giustamente remunerato per tutti e tutte.

– Credo nel Dio mite e umile, che, privato di ogni potere e ricchezza in Cristo, esalta i semplici e riempie gli affamati nel suo Regno fraterno, mentre si addolora perché i potenti e i ricchi preferiscono idolatrare il denaro e il dominio.

– Credo nel Dio delle Beatitudini, che rende felici le classi impoverite, le persone e le comunità solidali e perseguitate per la promozione della giustizia, mentre bisogna dispiacersi per gli uomini invischiati nelle loro ricchezze, privilegi e dominazioni che causano nel mondo tanti mali e sofferenze.

– Credo nel Dio universale, che ama immensamente ogni essere umano, qualunque sia la sua religione, razza, cultura, nazionalità e genere, promuovendo tra i suoi discepoli la lotta pacifica perché tutti noi esseri umani siamo uguali in dignità e diritti, ricevendo secondo i nostri bisogni e contribuendo secondo le nostre capacità.

 Credo nel Dio Salvatore, che instilla permanentemente negli umanisti e nei profeti la forza per liberare gli oppressi rispetto alle classi dominanti ed ai loro collaboratori, manifestandosi nel contempo come il salvatore di giusti e peccatori, dei passivi e degli impegnati, degli sfruttatori e dei solidali.

Per tutto questo e data la mia natura fallimentare, confido nell’ immensa misericordia di DIO-PADRE che, come il figliol prodigo, mi perdona e mi accoglie paternamente e maternamente, nonostante i miei errori e fallimenti.

 

articolo pubblicato il 28.08.2020 dall’Autore in Religión Digital (www.religiondigital.com)




due ‘dei’ – un solo ‘dio’, quello dei mafiosi e dei leghisti

il ‘dio dei leghisti’ e il ‘dio dei mafiosi’

Premessa necessaria: la mafia e la Lega sono due organizzazioni radicalmente differenti. La mafia è un fenomeno di origine meridionale che si è diffuso al centro e al nord della Penisola; la Lega è un fenomeno di origine settentrionale che si è diffuso al centro e al sud della Penisola. La mafia è un’associazione di criminali che ha come obiettivo di acquisire l’egemonia mediante metodi (almeno potenzialmente) violenti; la Lega è un’associazione di cittadini che ha come obiettivo di acquisire l’egemonia mediante metodi (almeno formalmente) legali. La mafia ha conquistato Roma per inquinarla, corromperla, sfruttarla; la Lega ha conquistato Roma con l’intenzione di liberarla dagli inquinamenti dei corrotti e dallo sfruttamento dei “ladroni” (quanto ci sia riuscita, è ancora presto per dirlo). Negli ultimi anni un numero crescente di politici meridionali si guarda bene dall’ostentare relazioni mafiose nel timore di perdere consensi elettorali; invece, sempre negli ultimi anni, un numero crescente di politici meridionali si affanna ad ostentare relazioni leghiste nella speranza di accrescere i consensi elettorali.

Si potrebbe continuare per intere pagine nell’elencare le differenze fra la mafia e la Lega. Ma non hanno proprio nulla di comune?

Quando, alcuni anni fa, presentai in provincia di Bergamo un mio libro intitolato Il Dio dei mafiosi, interamente dedicato alla strumentalizzazione dell’universo simbolico cattolico da parte delle organizzazioni criminali del Sud, un signore del luogo, intervenendo al dibattito, mi chiese – non so se con candore o con malizia ben celata – se dunque la mafia non avesse insegnato alla Lega come rapportarsi all’elettorato cattolico, radicato nel lombardo-veneto non meno che in Sicilia. L’osservazione mi colpì al punto che volli studiare la questione e la stessa casa editrice milanese (la San Paolo) che aveva ospitato il primo volume pubblicò dopo poco anche Il Dio dei leghisti.

Eravamo nel 2012 e bisognava acuire lo sguardo per trovare documenti che attestassero questa strategia promozionale della Lega: l’associazione “Cattolici padani” del senatore Giuseppe Leoni; le dichiarazioni di Angelo Alessandri, presidente della Lega Nord (“Come molti fondamentalisti cattolici, pensiamo che la nostra fede sia tutt’uno con la nostra identità. E non dimentichiamo mai che è stata il sostegno più grande nella lotta di sempre: quella contro gli islamici”); alcune esternazioni confidenziali dello stesso Umberto Bossi che, convertitosi dopo una difficile crisi clinica, aveva abbandonato le originarie posizioni anti-clericali neo-pagane (quando accusava “il papa polacco” di “rubare il lavoro ai papi italiani”) , riscoprendo alcune devozioni dell’infanzia (“E’ un portafortuna. Ogni volta che vado via lo tocco…” dichiarò del crocifisso di legno esposto alla porta di casa) e sbilanciandosi anche in ardite speculazioni teologiche (“Anche Dio è federalista: c’è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo”).

Dopo il tramonto del padre fondatore e l’ascesa del giovane Matteo Salvini tutto è diventato più chiaro, più tangibile: rosari e vangeli, Madonne e Padri Pii, vengono sventolati in radunate oceaniche sotto gli occhi di telecamere da ogni parte del mondo. Con quanta sincerità interiore? Con quanta adesione intima al vangelo della solidarietà, della compassione, dell’accoglienza dello straniero? Con quanta sintonia con un rabbino nomade che, dovendo spiegare come si dovrebbe amare il prossimo, sceglie il racconto di un Samaritano che si china a curare le piaghe di un poveraccio di un’altra religione e di un’altra etnia? Qui, come nel caso di don Calò Vizzini e di Genco Russo, di Benedetto Provenzano e di Pietro Aglieri, l’ultimo giudizio non spetta a noi mortali.

Augusto Cavadi

www.augustocavadi.com

 




il Dio di Gesù è il Dio della liberazione

credo al Dio della liberazione

Christine Prieto

Come Dio fece uscire gli Ebrei dal paese di schiavitù

allo stesso modo credo che Gesù Cristo ci fa uscire dalle nostre prigioni.

Credo che egli ci insegna, giorno dopo giorno, a costruire la nostra umana dignità

e a rimanere in piedi di fronte al Padre, nella gioia, nella pace del cuore,

nella fiducia nel suo amore e nel suo sostegno.

 

Credo che Gesù ci faccia scoprire chi è Dio.

Un Dio che non abita in case fatte dalla mano dell’uomo.

Ovvero un Dio che noi non possiamo racchiudere nelle statue,

nei templi, nei dogmi, nei pregiudizi.

Ma un Dio che abita le pietre viventi, che siamo noi.

 

Credo che Gesù ami e chiami tutti gli esseri umani senza distinzione:

le donne e gli uomini,

i bianchi, i neri, i gialli,

i poveri e i ricchi,

gli eterosessuali, gli omosessuali, i transessuali,

i giovani e i vecchi… e tutte le altre differenze che esistono.

Perché sono tutti diletti figli di Dio.

 

Credo che Dio voglia che costruiamo insieme un mondo di pace

condividendo la nostra diversità e le nostre ricchezze.

 

 Christine Prieto



le vie di Dio e le nostre vie

le scelte di Dio

da Altranarrazione

“i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le mie vie non sono le vostre vie” (Is.)

Una giovinetta di periferia per realizzare le speranze degli oppressi e spezzare le catene forgiate dal mondo.

Dei subumani (i pastori) (1) per l’annuncio di gioia che nessuno è ancora riuscito a spegnere.

Dei pescatori, rozzi, malfamati, pavidi, per testimoniare l’Amore che non indietreggia e si lascia crocifiggere.

Un’eretica (la samaritana) per rivelare il dono della vita interiore.

Una prostituta e un’adultera per rivelare il paradigma alternativo e creativo di Dio.

Niente re, regine, potenti.

Niente specialisti, addetti al culto, intellettuali.

Niente palazzi, uffici, burocrazie.

Niente cattedre, pulpiti, tavole rotonde.

Noi ti rendiamo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli, agli ultimi, agli esclusi (2).

(1) Così venivano considerati all’epoca.
(2) Cfr. Vangelo di Luca 10, 21




un nome nuovo per Dio

preghiera contemplativa

il nome nuovo

Nella preghiera penetriamo il mistero di Dio, scoprendone il volto autentico di Compassione e di Misericordia.

Signore, oggi, vogliamo pregarti così: dandoti un nome nuovo

Dio della seconda possibilità. Noi ti preghiamo.
Dio dello sguardo. Noi ti preghiamo.
Dio della tenerezza. Noi ti preghiamo.
Dio degli orizzonti infiniti. Noi ti preghiamo.
Dio dell’alternativa. Noi ti preghiamo.

Dio della radicalità. Noi ti preghiamo.

Dio dell’inaudito, dell’inatteso, dell’inimmaginabile. Noi ti preghiamo.
Dio dell’assurdo e del paradosso. Noi ti preghiamo.
Dio della creatività. Noi ti preghiamo.

Dio della condivisione. Noi ti preghiamo.

Dio degli oppressi e dei reietti. Noi ti preghiamo.
Dio degli imperfetti e dei fragili. Noi ti preghiamo.
Dio della prospettiva orizzontale e dal basso. Noi ti preghiamo.
Dio del riscatto. Noi ti preghiamo.
Dio della relazione. Noi ti preghiamo.
Dio dell’autenticità. Noi ti preghiamo.
Dio della ricerca e del cammino. Noi ti preghiamo.
Dio della memoria. Noi ti preghiamo.
Dio del sorriso. Noi ti preghiamo.

Dio della libertà e della liberazione. Noi ti preghiamo.

Ed infine:
Dio della gratuità, perdonaci.
Dio della profondità, ascoltaci.
Dio della guarigione, abbi misericordia di noi.
Amen.
da Altranarrazione



come Dio risponde alle nostre domande

le risposte di Dio

da Altranarrazione

Se vuoi conoscere il giudizio di Dio sulla proprietà privata, sull’accumulazione economica, sulla questione ambientale, sulla testimonianza a cui è chiamata la Chiesa: leggi gli scritti e segui l’esempio di Francesco e Chiara d’Assisi.

Se vuoi sottrarti alle deformazioni su Dio operate dai falsi profeti, conoscere la sua Misericordia e capire come agisce la sua Grazia sulle nostre fragilità: leggi gli scritti e segui l’esempio di Teresa di Gesù Bambino.

Se vuoi scoprire la presenza di Dio nella tua anima, imparare a costruire un luogo riservato al dialogo vitale con Lui, comprendere che la vocazione alla contemplazione non è riservata a pochi eletti: leggi gli scritti e segui l’esempio di Elisabetta della Trinità.

Se vuoi sapere perché Dio ha scelto i poveri e la compassione come luogo teologico: leggi gli scritti e segui l’esempio di Oscar Arnulfo Romero.

Se vuoi scrutare il pensiero di Dio sui comportamenti che la Chiesa deve tenere nei confronti della mafia, della camorra e di tutte le organizzazioni criminali: leggi gli scritti e segui l’esempio di don Pino Puglisi e don Peppe Diana.

Se vuoi apprendere la posizione di Dio nei confronti dei regimi: leggi gli scritti e segui l’esempio di don Pietro Pappagallo e don Giuseppe Morosini.

Se vuoi approfondire le questioni legate all’obbedienza alle gerarchie, all’impegno sociale, ai criteri per decidere da quale parte stare: leggi gli scritti e segui l’esempio di don Lorenzo Milani.




purificare dal maschilismo la relazione con Dio

prospettiva femminile

da Altranarrazione 

È sempre più urgente purificare dal maschilismo la relazione con Dio. Non ci può essere autentica vita spirituale senza uno sguardo al femminile sulla realtà, sul mondo interiore e sui rapporti sociali

«Ad Èfraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare» (Osea 11,3-4)

Dio agisce nelle profondità dell’essere, occorre immergersi più che elaborare. I processi di razionalizzazione, o peggio di banalizzazione, rischiano di produrre solo proiezioni e non incontri. E non basta, nemmeno, immergersi, ma è necessario pure fare spazio, svuotarsi. Infatti non si può accogliere l’altro, con i suoi sentimenti, i suoi punti di vista, le sue esigenze se è già tutto deciso, stabilito, cristallizzato. A dialogare con Dio, poi, è l’anima e solo indirettamente la ragione a cui arrivano dei frammenti che sono spesso difficilmente decifrabili. Dio viene a guarire e a custodire dopo che ci siamo persi e feriti inseguendo il nostro idolo: l’autosufficienza. Nasciamo su iniziativa di altri, non sopravviviamo senza l’iniziativa di altri, ma prevale la vanagloria dell’immagine di (falsa) forza sulla (vera) esigenza di trovare un fondamento esistenziale e di testimoniare la solidarietà riconoscendo un destino comune.

«Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione» (Osea 11,8)

«Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani» (Isaia 49, 15-16)

Siamo davvero i suoi figli, i nostri deliri di egoismo, i nostri rifiuti, le ombre che gli nascondiamo lo toccano nelle viscere. Non è un dolore intellettuale, per sentito dire, ma  è il dolore della madre che  somatizza. Non è il dolore di chi parla o scrive ma è quello che toglie il respiro e ti piega. Una madre che soffre, una vedova che piange il suo amato: è l’immagine di Dio che emerge da questa prospettiva. Qualcuno coinvolto in quello che avviene, molto diverso dal Giudice monocratico con il pollice su, in caso di osservanza del Codice Morale, con il pollice giù, in caso di violazione, come risulta da alcine descrizioni. Un Giudice che valuta corrispondenze tra comportamenti e regole, non una madre che giustifica e abbraccia il figlio anche se colpevole.

«Chi è costei che sorge come l’aurora, bella come la luna, fulgida come il sole, terribile come schiere a vessilli spiegati?» (Cantico dei Cantici 6,10)

Ecco l’anima che ha incontrato la Grazia, che è stata visitata da Dio. È sola, ma non smarrita. In silenzio e in attesa per non prevaricare. Ecco l’anima che scoprendo la femminilità può incontrare il suo Dio e comprendere qualcosa di più. E, cioè, le cose più belle: quelle solo intuibili, quelle non di pubblico dominio, non classificabili, non manipolabili. Ecco l’anima contemplativa e compassionevole che vive il tempo dell’esilio preparando la cella del cuore per l’appuntamento (1) con il suo Amato e praticando la giustizia nei confronti dei poveri, degli ultimi, dei prediletti di Dio.

(1) «Che lui scavi nella tua anima il suo abisso e tu sia qui sempre presente a lui»

Elisabetta della Trinità