piangere fa bene …

cento bare

a distanza di qualche giorno dall’immane tragedia delle centinaia di morti in mare mi fermo ancora a riflettere e sento ancora drammaticamente vera questa pagina di don Renato Sacco, e anch’io piango sentendo nell’animo come una grande spina che mi fa male, e quasi mi vergogno di queste lacrime, e però sento che nonostante tutto mi fanno bene, non so come e perché, ma così sento …

Davanti alla tragedia di oggi, 3 ottobre a Lampedusa, con centinaia di morti, ti vengono in mente le parole di Francesco, pronunciate là, a Lampedusa: “Chi ha pianto per quanti sono morti in mare?”. E ti chiedi se sei proprio tu interpellato. Con tutte le cose da fare, come ogni giorno. Cose anche serie, importanti. E non trovi lo spazio, il tempo per piangere, per sentirti umano e lasciarti andare. E devi incontrare le persone, fare delle cose con loro. Allora cerchi di guardarle con occhi diversi, quasi a voler comunicare il magone che hai dentro, e cerchi di essere più umano. E poi ti metti in macchina in un pomeriggio grigio, triste. Pensi alle storie di quelle persone, ai loro affetti, a chi sta aspettando qualche notizia per sapere se sono arrivati alla ‘terra promessa’. E cerchi di immaginarti al loro posto. Ma di loro non si saprà più nulla. Neanche i loro nomi. Solo Dio, che conosce il povero Lazzaro per nome. Noi invece conosciamo bene i nomi dei potenti, dei ricchi, di chi mette in atto una cultura di violenza e respingimento che è di morte, non di vita. I loro nomi li conosciamo. Abbiamo visto ieri il teatro-commedia in Parlamento.
E oggi la tragedia.
E, mentre sei fermo al semaforo, ti cade l’occhio sui manifesti della Lega che se la prende con chi si interessa di rom e migranti. Come fai a piangere? ‘Prima il Nord’. E ti viene la rabbia, più forte del magone. E non ce la fai a piangere. E ti senti in colpa di abitare in un Paese così, in un mondo così. Ti chiedi se non è davvero anche un po’ colpa tua, dei tuoi silenzi, della tua rassegnazione. E’ un pugno nello stomaco. E non sai se piangere o arrabbiarti. Forse ha ragione Francesco. Prima bisogna piangere. Per avere poi la forza di arrabbiarsi veramente. Di gridare con lui: “Vergogna”. La debolezza del pianto ti fa sentire un essere umano per reagire, per non essere complice di queste tragedie umane. Ormai è sera. Mi arriva un sms per dirmi che si parla di Lampedusa anche da Bruna Vespa. E da Santoro c’è pure il ministro della Difesa. No, basta. Non accendo neanche la Tv, se no la rabbia cresce a dismisura. Mi rileggo le parole di don Tonino Bello, al ritorno da Sarajevo, nel dicembre 1992: “Poi rimango solo e sento per la prima volta una grande voglia di piangere. Tenerezza, rimorso e percezione del poco che si è potuto seminare e della lunga strada che rimane da compiere”.

3 ottobre 2013

d. Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi

d. Renato Sacco
Via alla Chiesa 20 – 28891 Cesara – Vb
0323-827120 *** 348-3035658
drenato@tin.it

 




domande e risposte sulla guerra (senmpre da evitare)

 

 

 

 

 

 

no guerra

dal sito di FAMIGLIA CRISTIANA

http://www.famigliacristiana.it/articolo/sacco-pax-christi-.aspx

«Quello che è successo in Afghanistan, Iraq e Libia evidentemente non
ha insegnato nulla», spiega il coordinatore nazionale del movimento
don Renato Sacco, «l’Occidente prima vende le armi a questi regimi e
poi li attacca»

«In Siria un conflitto c’è già, si tratta di vedere come spegnere il
fuoco non come alimentarlo. Di fronte a una guerra non si può
rispondere con un’altra guerra. Vuol dire che di una tragedia ne
facciamo due».
Don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi, si dice
«triste ed amareggiato» per la piega che stanno prendendo gli eventi
in Siria.

L’America dice che non si può più restare inermi di fronte ai crimini
commessi dal regime di Assad.
«La guerra, ogni guerra è un’avventura senza ritorno. Anzi, come ha
detto papa Francesco, è il suicidio dell’umanità. Basta vedere a
quello che è successo in Afghanistan, in Iraq, in Libia: il
rovesciamento del capo del regime non ha portato affatto la pace. È
una storia che si ripete sempre, con amarezza: noi abbiamo sempre
cullato i dittatori, li abbiamo ritenuti nostri amici, li abbiamo
armati e poi abbiamo detto che bisognava fargli la guerra. È successo
con Saddam e poi con Gheddafi. La comunità internazionale ha fatto di
tutto con la sua indifferenza a far precipitare della situazione,
l’Italia stessa ha venduto le armi alla Libia e poi si è detto che
bisognava bombardare. Questa non è pace. La guerra non è mai la strada
da percorrere, come afferma la Dottrina sociale della Chiesa e come ha
ribadito qualche giorno fa mons. Tomasi, osservatore permanente della
Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra.
Una chiave di questo precipitare degli eventi potrebbe essere quella
delle pressioni esercitate da parte delle lobby delle armi. Qualcuno
parla già di accordi economici e militari tra Usa e Arabia Saudita».

Ma le vittime degli attacchi di Assad non vanno tutelate?
«Chi oggi si scandalizza di fronte alle vittime siriane, se lo fa per
arrivare alla guerra lo fa per interessi. Poi le vittime vengono
dimenticate e non se ne parla più. In Iraq nel mese di luglio ci sono
stati mille morti, siamo arrivati ai livelli di violenza del 2006 e
nessuno parla più. Quando si utilizzano le vittime per giustificare
una guerra non lo si fa per amore delle vittime ma per amore dei
propri affari e dei propri interessi. Essere in Afghanistan ci dà la
visibilità di sedere al tavolo degli accordi internazionali. Poi
succede che alcuni piccoli progetti di cooperazione in alcuni villaggi
afghani non vengono finanziati dalla comunità internazionale perché
sono troppo piccoli e non fanno notizia. Invece sarebbero i passi per
la pace».

Come se ne esce dal pasticcio siriano?
«La soluzione in tasca non ce l’ha nessuno, bisogna cercarla. L’unica
cosa di cui sono certo è che la guerra non è la soluzione. È come
avere un figlio che dà problemi, l’unica cosa che so è che non lo devo
uccidere anche se mi fa disperare. L’intervento armato a sostegno
dell’uno o dell’altro schieramento porterebbe alla catastrofe totale,
renderebbe esplosiva tutta l’area mediorientale già instabile con
conseguenze devastanti per tutti, a cominciare dall’Europa.. Io credo
che la comunità internazionale in passato non abbia fatto quasi nulla
per fermarsi e vedere cosa stava succedendo in Siria. La soluzione
passa dall’abbandono dell’intervento militare. Non forniamo più armi,
isoliamo le lobby degli armamenti. È una strada in salita, quella
della pace, faticosa, è un cammino, come diceva don Tonino Bello. La
Siria, come la Libia, fa notizia adesso, fra un mese o due non se ne
parlerà più. A nessuno interessa da dove arriva il gas, chi glielo
fornisce. Come è successo a Sarajevo, per anni abbiamo fatto finta di
non vedere, abbiamo venduto le armi a chi bombardava Sarajevo, io ho
le foto e le testimonianze, poi abbiamo deciso di intervenire e fare
la guerra. Così abbiamo guadagnato due volte vendendo le armi agli uni
e agli altri. Temo che con la Siria finisca proprio così».

28 agosto 2013




 

 

 

rossa bianchi

a proposito delle offese razziste del vicepresidente del senato Calderoli nei confronti della ministra Kienge l’0pinione di don Renato Sacco

una provvidenziale occasione sulle colpe anche delle nostre chiese locali che col loro silenzio sottovalutano e finiscono per legittimare

 Radici… cristiane? L’Opinione di… Renato Sacco

Nel 1977 esce il film ‘RADCI’, la storia di Kunta Kinte preso dal suo villaggio africano e portato schiavo in America.
In questi ultimi anni la Lega Nord ostenta le proprie ‘RADICI CRISTIANE’. Un binomio offensivo sia delle ‘radici’ che del ‘cristianesimo’. L’ultima conferma viene da Calderoli, vicepresidente del Senato, “Kyenge mi fa venire in mente un orango’. Non ci sono parole per commentare! Con buona pace del viaggio di Francesco a Lampedusa e della distribuzione a tappeto dei crocifissi, ecc.
Se una frase del genere fosse stata scritta in una tema da qualche studente, o detta da un professore cosa sarebbe successo? E se la dovessimo dire ad un carabiniere che ci ferma con la paletta per un controllo? Forse ci porterebbe direttamente in cella! E se lo dice il vicepresidente del Senato per insultare un ministro donna con la pelle nera? Tranquilli, sono le solite battute della Lega. E poi ha chiesto anche scusa. Non ci resta che aspettare la prossima.
Preoccupa anche quanto ha detto il Presidente del Piemonte Roberto Cota a proposito degli F35: “Per quanto riguarda le questioni etiche dobbiamo dire che se questi aerei non li facciamo noi, vuol dire che li produrranno altrove. Lasciamo quindi da parte certa ipocrisia”.
Ne viene fuori una bella linea educativa per i nostri ragazzi ai campi estivi! Un vero compendio di valori morali e cristiani oltre che civili e umani!
È un po’ come dire: ‘non porti troppe domande, tanto se una cosa brutta non la fai tu, la fa qualcun altro. Tu fai quello che ti conviene’. Forse, dirà qualcuno, anche questa frase va contestualizzata.
Sul sito di Famiglia Cristiana ho letto un bel commento di Francesco Anfossi. Come uomo e come parroco accolgo e condivido quanto ha scritto. “Calderoli si proclama cattolico e nessuno, nella comunità ecclesiale, si è mai scandalizzato per le sue affermazioni politiche. Nemmeno i parroci della sua terra, forse nel timore di perdere le pecorelle verdi del loro gregge. Per troppo tempo si è fatto finta di niente, covando nel silenzio l’anticristiana ideologia del “fuori chi mi dà fastidio, che siano uomini, donne e bambini”, spesso scambiandolo per la difesa di tradizioni pseudo cristiane. E così che questa sorta di veleno proto razzista è andato avanti, contaminando il Nord come i rifiuti tossici contaminano la Campania. Forse è venuto il momento, per tanta parte della Chiesa, per un’autocritica. E per levare una voce forte”.