lettera aperta
a Lampedusa conosciamo le vere storie di migranti
la sua recente dichiarazione a proposito della garanzia dei salvataggi «in acque territoriali italiane» è – oltre che discutibile – totalmente illogica e contraria a quanto stabilito dalla normativa internazionale in tema di soccorso e salvataggio, oltre che in netto contrasto con la Costituzione e con il riconoscimento dei diritti fondamentali dell’uomo
Caro presidente Mario Draghi,
da mesi tutte le parti politiche, i media e i tecnici ribadiscono le altissime aspettative intorno al suo operato e quello dell’esecutivo che lei guida. A fronte di tanto apprezzamento dobbiamo però confidarle la nostra delusione e, non lo nascondiamo, a tratti anche la nostra indignazione per alcune scelte, non solo lessicali, riguardo al tema immigrazione. Le chiediamo la pazienza di leggerci e speriamo in una sua risposta. Noi viviamo a Lampedusa e sicuramente nessuno di noi vanta un curriculum paragonabile al suo né a quello dei suoi collaboratori. Tuttavia abbiamo esperienza, perché da anni siamo testimoni di ciò che avviene sulla frontiera.
Comprendiamo che nessuno può sapere tutto e sicuramente sul tema lei deve essersi affidato a collaboratori e consulenti che, è nostra opinione, la stanno esponendo a una interpretazione dei fatti che, sempre a nostro avviso, proprio per la considerazione di cui lei gode, non si addice alla sua riconosciuta statura morale, ancor prima che intellettuale. La prima cosa che vivere su quest’isola ci ha insegnato è che chi tenta di arrivare in Europa non è ‘UN’ pericolo ma è ‘IN’ pericolo. Ma quanto costa gestire la frontiera nell’ottica esclusivamente securitaria e di esternalizzazione?
La sua recente dichiarazione a proposito della garanzia dei salvataggi «in acque territoriali italiane» è – oltre che discutibile – totalmente illogica e contraria a quanto stabilito dalla normativa internazionale in tema di soccorso e salvataggio, oltre che in netto contrasto con la Costituzione e con il riconoscimento dei diritti fondamentali dell’uomo. Noi in questi anni abbiamo imparato a conoscere i nomi di uomini, donne bambini affogati nel Mediterraneo. Abbiamo partecipato alle sepolture di chi sulla propria tomba non ha neanche un nome.
Lei, presidente, conosce alcune di queste storie?
Ha mai ascoltato, come noi, i loro terrificanti racconti? Ecco perché ringraziare la sedicente ‘Guardia costiera libica’ per la cattura dei naufraghi in mare, secondo noi e secondo quanto riportato ancora in questi giorni nei report delle Nazioni Unite e della Procura presso il Tribunale internazionale dell’Aja, vuol dire ringraziare dei carnefici. Anche per questa ragione riteniamo che lei debba domandarsi se stringere accordi con i governi della Libia o della Tunisia, pagando miliardi di euro per delegare ad altri il lavoro sporco dei respingimenti, oltre che essere una strategia che non funziona, non fa altro che alimentare i crimini e legittimare i criminali.
Lo sa che bloccare le navi delle Ong nei porti non ha alcun effetto deterrente sulle partenze, ma aumenta il numero dei morti e sottrae testimoni alle tragedie del Mediterraneo? È a conoscenza del fatto che le 130 persone affogate il 23 aprile scorso sono rimaste per oltre 48 ore in vana attesa che qualcuno prestasse loro soccorso, nella piena consapevolezza delle autorità europee, compresa l’Italia? La Procura dell’Aja ha definito quella tragedia come «un crimine». Quei naufraghi si trovavano in acque internazionali; se dovesse accadere ancora l’Italia continuerà a disinteressarsi ai salvataggi pur avendo i mezzi per poter intervenire? Diverse chiese e comunità di fede hanno espresso preoccupazione per i diritti delle persone e anche papa Francesco, proprio riguardo a quella strage, ha chiesto di pregare «per coloro che possono aiutare ma preferiscono guardare da un’altra parte». Ma quale sarà il giudizio storico di tali condotte? Noi sappiamo che l’unica soluzione possibile per porre immediatamente fine a tutto ciò è aprire immediatamente canali legali e sicuri di ingresso in Europa; ripristinare un meccanismo certo di soccorso e sbarco in un luogo sicuro, come richiesto dalle Nazioni Unite, e tornare a presidiare il Mediterraneo, anche nell’interesse dei nostri tanti pescatori. Le chiediamo perciò di voler rispondere a queste nostre domande, e la invitiamo a venire a Lampedusa, dove potrebbe ascoltarci e ascoltare le storie che ci impediscono di restare in silenzio.
Forum Lampedusa Solidale
Il Forum Lampedusa Solidale nasce nel 2015 dall’incontro di associazioni, movimenti ecclesiali, organizzazioni di volontariato, parrocchiani, donne e uomini della società civile che condividono sia il desiderio di riappropriarsi dei luoghi, fisici e sociali, dell’accoglienza, sia la volontà di attivare percorsi di partecipazione per la cura dell’intera comunità isolana. L’attività svolta dal Forum non si limita, infatti, alla mera distribuzione di beni ai migranti che sull’isola approdano, ma punta a creare una rete di competenze e di servizi per chiunque sull’isola viva o si trovi a passare per qualsiasi motivo, formulando proposte e realizzando pratiche in grado di dare risposte concrete alle necessità e alla dignità degli stranieri e della comunità che li ospita.