la chiesa nella testa di papa Francesco
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il vescovo Nogaro e Sergio Tanzarella raccontano la nuova ecclesiologia di papa Francesco
tratto da: Adista Notizie n° 33 del 03/10/2015
Il 28 luglio 2014, papa Francesco, dopo una visita pastorale “ufficiale” compiuta appena due giorni prima, si recò nuovamente a Caserta; stavolta per incontrare in forma privata il pastore evangelico Giovanni Traettino, della Chiesa Pentecostale della Riconciliazione, a cui era ed è tuttora legato da un rapporto di amicizia cominciato sin dai tempi in cui era arcivescovo di Buenos Aires.
A distanza di un anno esatto da quella visita, è uscito per i tipi della Di Girolamo, piccolo ma dinamico editore di Trapani, un libretto scritto a quattro mani da p. Raffaele Nogaro, già vescovo di Caserta dal 1990 al 2009, e da Sergio Tanzarella, storico della Chiesa, docente universitario e per anni strettissimo collaboratore di Nogaro. Nel libro (Francesco e i pentecostali, Di Girolamo 2015, pp. 160, euro 10; il libro può essere acquistato anche presso Adista, telefonando allo 06.6868692; scrivendo ad abbonamenti@adista.it o direttamente sul nostro sito, www.adista.it) i due riflettono assieme, l’uno dalla prospettiva più schiettamente teologico-pastorale, l’altro da quella storico-ecclesiale, sulla portata, reale e simbolica, che quell’incontro ha assunto all’interno del pontificato di Francesco.
Un dialogo di amicizia, non di dottrina
Dopo un’introduzione scritta dallo stesso pastore Traettino, che racconta brevemente il senso di quella intensa giornata, è il vescovo emerito di Caserta a parlare della visita di papa Francesco, definendola «il più grande dono che lo Spirito Santo ha fatto a Caserta», proprio perché l’episodio rappresenta l’icona stessa della “novità” portata da Bergoglio nella Chiesa cattolica. Che in sostanza, dice p. Raffaele, consiste nel rimettere al centro l’idea che «il Vangelo non è dottrina, non è precettistica, non insiste neppure sulla priorità dell’“essere” e del logos, ma è essenzialmente la comunicazione dell’amore del Padre. La grande innovazione di papa Francesco – spiega il vescovo emerito – è quella di sentire chiaramente che al centro di tutto è la persona di Gesù Cristo, non la Chiesa, non la dottrina, non la religione». In questo senso, «l’incontro libero e privato di papa Francesco con il pastore Giovanni Traettino è il segno che il dialogo ecumenico, non è più un dialogo politico di confronto dottrinale, ma un dialogo d’amicizia, per la gioia di trovarsi col fratello. È anche un gesto a dimostrazione della possibilità di superare le istituzioni ecclesiali, per raggiungere l’amico: “Il Sabato è per l’uomo e non l’uomo per il Sabato”». Insomma, «papa Francesco passa oltre le distinzioni religiose e culturali, per portare “l’amicizia” di Cristo Gesù a tutti».
Se la Chiesa rinuncia al proselitismo
Segue poi un intervento di Tanzarella, che all’incontro tra Francesco e il pastore era presente: «Mi fu concessa questa occasione grazie ad un invito telefonico molto semplice da parte del pastore Traettino, un invito inatteso – racconta Tanzarella – che nessuna istituzione cattolica mi aveva mai rivolto né ad udienze pontificie, né a convegni ecclesiali, né a Settimane Sociali. Non c’erano posti riservati, né transenne tra le file di sedie e tutto era molto informale come in un incontro di famiglia tra persone che si rivedono dopo lungo tempo». «Il fatto che tutto questo sia accaduto a Caserta, nella città capoluogo di una provincia nota per i suoi disastri morali e ambientali, per la mortale catastrofe ecologica in atto con le relative gravissime responsabilità governative, amministrative e politiche non mi sembra sia da attribuire alla casualità. Per Francesco l’incontro di Caserta, questo fraterno andare incontro ai pentecostali, riconoscendoli – senza calcoli, diplomazie e strategie – prima di tutto fratelli e sorelle, era l’occasione per offrire una testimonianza esemplare della necessità di prendere l’iniziativa, così da dimostrare possibile quanto egli aveva scritto nell’Evangelii Gaudium».
Proprio rileggendo un passaggio della Evangelii Gaudium (il n. 236) Tanzarella sottolinea che in quell’enciclica è già contenuta l’esposizione di quella che lo storico casertano definisce “l’ecclesiologia del poliedro”: rispetto al modello ecclesiologico tradizionale, «che ha prodotto ogni genere di persecuzioni», «Francesco – spiega Tanzarella – propone l’immagine del poliedro, dove le diversità vengono accolte come ricchezza, né negate né annullate. Lasciando poi allo Spirito il compito di ricomporle nell’unità». Alla luce di ciò, prosegue Tanzarella, «è evidente che dall’incontro di Caserta emerge che per Francesco è bandita ogni forma di proselitismo, ogni giustificazione di conquista come conversione forzata al cattolicesimo».
Una memoria da purificare
Già, perché i pentecostali hanno patito molte persecuzioni in decenni nemmeno troppo lontani; persecuzioni cui i vertici della Chiesa cattolica non sono stati estranei.
Il fascismo mantenne infatti una politica repressiva nei confronti di tutte le confessioni cristiane diverse dalla cattolica, ma fu particolarmente duro con i pentecostali che, giunti in Italia a inizio del ‘900, non beneficiarono neppure della legge sui culti ammessi promulgata nel 1929. Poi, nel 1935, una circolare dell’allora sottosegretario agli Interni Buffarini-Guidi (che divenne ministro dello stesso dicastero nei drammatici giorni di Salò) vietò il culto pentecostale in tutto il Regno d’Italia perché, recita quella famigerata circolare, si sarebbe trattato di «pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza». Spesso denunciati dai parroci cattolici, molti pentecostali furono quindi arrestati ed alcuni morirono in carcere o in campo di concentramento. La circolare di Buffarini-Guidi prolungò i suoi effetti ben oltre la caduta del fascismo, fino al 1955. Intanto, nel 1947 la maggioranza dei pentecostali italiani si era riunita nelle Assemblee di Dio in Italia. Successivamente, nel 2000, nacque la Federazione delle Chiese Pentecostali (Fcp). Eppure, non pochi pentecostali italiani restarono fedeli all’ideale di un congregazionalismo diffuso e non aderirono perciò a nessuna di queste due sigle. Tra queste, anche la comunità del pastore Traettino.
Alla luce di tutto ciò, secondo Sergio Tanzarella la visita di papa Francesco rende oggi possibile anche in ambito cattolico la realizzazione di un vero processo di “purificazione della memoria”: infatti, spiega lo storico casertano, le parole pronunciate nell’occasione da papa Francesco «non cancellano le distanze e non misconoscono le reciproche difficoltà, ma aprono concretamente la strada ad un incontro fraterno le cui conseguenze positive sono oggi incalcolabili. Esse servono soprattutto a recuperare un passato doloroso per troppo tempo taciuto e per questo destinato a pesare irrimediabilmente su ogni presente. Di esso sono stati protagonisti cristiani erroneamente convinti di servire la causa del Vangelo promuovendo la persecuzione o altri che hanno scisso la propria fede con il compimento di omicidi e violenze».