la festa dell’Epifania nel commento di mons. Galantino

” FUORI DALLE SACRESTIE, INCONTRO ALLA LUCE”


Epifania del Signore, 6 gennaio 2018

Con l’arrivo dei Magi a Betlemme la nascita di Gesù ottiene la massima notorietà: è come se l’evangelista ci dicesse che davanti a questo evento ora siamo chiamati a prendere posizione, a dire da che parte stiamo. Su questo sfondo emerge la grandezza dei cercatori di Dio, uomini sanamente inquieti che non si accontentano dei sentieri battuti dall’abitudine o dall’ufficialità; uomini che bussano al di là dei santuari della cultura e della religiosità istituita. I rappresentanti di quest’ultima, del resto, in questo straordinario racconto fanno una figura ben meschina: si rivelano abili nello sfogliare le Scritture, addirittura hanno in mano la carta vincente – interrogati dal re “sul luogo in cui doveva nascere il Messia”, non esitano a rispondere correttamente: “A Betlemme di Giudea, perché così è scritto…” (Mt 2, 4-5) – ma la loro è una verità che non scalda il sangue, non mette in circolo energie, non fa uscire dai sacri palazzi per agire di conseguenza. Personaggi spenti, sono l’emblema di chi ha il cuore indurito, per cui si chiude nell’ostinazione e rifiuta la presenza del Signore: non la nega, ma si guarda bene dall’incrociarla… In fondo, sono i veri sconfitti: loro, “capi dei sacerdoti e scribi del popolo”, che non sanno andare oltre il proprio naso, incapaci di lasciarsi coinvolgere dalla novità che pur ripetono; ed Erode, vinto dalla paura di perdere il potere.

I Magi, come già i pastori, sono invece figura di quanti accolgono l’invito a mettersi in viaggio, scrutando e lasciandosi interpellare dai segni con cui il Signore anche oggi indica la strada (la stella); di coloro che non si fermano dinanzi alle difficoltà o ai momenti di disorientamento (la stella ad un certo punto scompare); di chi non è animato dall’arrogante presunzione di bastare a se stesso, ma conosce l’umiltà di chiedere, senza disdegnare la fatica del confronto: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?” (Mt 2, 2).

Trovo significativo che l’evangelista Matteo non si sia preoccupato di tramandarci il nome, il numero, la razza o il colore della pelle dei Magi, quasi a dire che rappresentano ciascuno di noi: la loro è la storia di tutti i cercatori di Dio, assetati di una luce che non tramonta con lo spegnersi della festa.
In conclusione, vorrei sottolineare due atteggiamenti concreti – il dono e la testimonianza – che ci vengono suggeriti proprio dai Magi, quale sorta di indicazione e anche di richiamo a non perderci in ricerche puramente intellettualoidi.

In altre parole, viviamo il cammino della vita offrendo con generosità, convinti che “se aspettiamo di essere ricchi prima di diventare donatori, moriamo di povertà” (Mazzolari). Nei Magi che fanno ritorno al loro Paese leggiamo il richiamo a condividere la stessa esperienza di fede: ne uscirà rafforzata anche la nostra.

fonte:http://www.nunziogalantino.it




il commento al vangelo dell’Epifania

SIAMO VENUTI DALL’ORIENTE PER ADORARE IL RE

commento al vangelo della festa dell’epifania (6 gennaio 2016) di fra Alberto MAGGI: 

p. Maggi

l’evangelista vuole significare che l’amore universale di Dio si estende ovunque, non soltanto per la sua estensione, appunto, ma anche per la sua qualità: l’amore di Dio è per tutti, anche per le categorie che possiamo pensare come più lontane o disprezzate

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.
Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Il giorno dell’Epifania la chiesa ci propone il capitolo 2 di Matteo, un capitolo che, per essere gustato a pieno, esige uno sforzo da parte nostra: prendere le distanze dalla tradizione e dal folclore e anche dall’immagine – bella di per sé – del presepio.
Vediamo infatti cosa ci scrive Matteo.
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode.
Erode è un re illegittimo, perché non aveva sangue ebraico nelle vene, e quindi non poteva essere re degli ebrei. Ed era talmente sospettoso che qualcuno gli potesse prendere il trono, che arrivò a uccidere i suoi stessi figli.
Ecco. Quando c’è questa espressione “ecco”, l’evangelista attira l’attenzione per qualcosa di imprevisto, qualcosa di improbabile che appare.
Ecco alcuni Magi che vennero da Oriente, letteralmente “maghi”. Chi sono questi maghi pagani?
Con il termine “mago” si intendeva a quel tempo l’indovino, ma anche l’ingannatore, l’astrologo ma anche il corruttore e ciarlatano. E comunque è un’attività che viene proibita nella Bibbia. Nel libro del Levitico (19,26) viene proibita severamente l’attività del mago, e anche nel cristianesimo non godrà di buon nome, tanto che nel primitivo catechismo della chiesa cristiana, che si chiama Didac» (Didaché) (2,2), l’esercizio del mago verrà collocato tra il divieto di rubare e quello di abortire.
Quindi abbiamo, in quanto maghi, persone disprezzate anche dalla Bibbia, e in quanto pagani i più lontani da Dio. L’evangelista vuole significare che l’amore universale di Dio si estende ovunque, non soltanto per la sua estensione, appunto, ma anche per la sua qualità: l’amore di Dio è per tutti, anche per le categorie che possiamo pensare come più lontane o disprezzate.
A Gerusalemme. Sbagliano posto. Vanno nel luogo meno adatto per trovare Gesù. A Gerusalemme, la città santa, Gesù non nasce. A Gerusalemme, il figlio di Dio sarà ammazzato, sarà messo a morte.
E dicevano: “Dov’è colui che è neonato, il re dei Giudei?” L’evangelista contrappone Erode, re dei Giudei, a Gesù, il neonato re dei Giudei.
Abbiamo visto spuntare la sua stella – letteralmente abbiamo visto la sua stella da Oriente).
Questa stella di cui parla Matteo non va cercata nel cielo, ma va cercata nella Bibbia. Infatti l’evangelista si rifà ad una profezia contenuta nel libro dei Numeri (24,17) dove Balaam, un indovino, profetizza “Una stella sorge da Giacobbe, uno scettro si eleva da Israele”. Quindi non è un avvenimento che accade nel cosmo, è un avvenimento teologico quello che l’evangelista ci vuole segnalare.
Più avanti ne avremo la conferma. A quel tempo si pensava che quando una persona nasceva, sorgeva anche una nuova stella che poi si sarebbe spenta il giorno della sua morte.
E siamo venuti ad adorarlo”. All’udire questo il re Erode restò turbato – e si capisce! Il re Erode è un uomo che ha usurpato il trono e ha paura di perderlo. Ma sorprende il seguito: – e con lui tutta Gerusalemme.
Anche Gerusalemme resta turbata, spaventata, perché Erode ha usurpato il trono, Gerusalemme ha usurpato il ruolo di Dio. Quindi Erode ha paura di perdere il trono, ma Gerusalemme ha paura di perdere il tempio dove presenta un’immagine di Dio falsa, che corrisponde per nulla al Padre che Gesù presenterà.
Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo, cioè il messia.
E’ questo che Erode teme, il messia liberatore. Erode lo teme e Gerusalemme non lo attende.
Gli risposero – i capi dei sacerdoti e gli scribi, quindi l’élite sacerdotale e teologica – “A Betlemme di Giudea perché così è scritto per mezzo del profeta”. Vediamo che l’evangelista è polemico. La conoscenza della scrittura non è garanzia di conoscenza del Signore. Una conoscenza che non si traduce nella vita è sterile, è nociva, come in questo caso.
E qui l’evangelista cita, modificandola, una profezia contenuta nel libro del profeta Michea, al capitolo 5, v. 1: “E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo” … Michea aveva scritto “dominatore”, ma l’evangelista censura questo termine.
Gesù non sarà un dominatore, allora sostituisce il termine con “capo”, colui che guida, che conduce.
E, per farlo comprendere meglio, aggiunge alla profezia di Michea un’espressione estratta dal secondo libro di Samuele (5,2), Che sarà il pastore del mio popolo Israele. Quindi Gesù non dominerà, ma sarà il pastore, colui che cura il bene del suo gregge.
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella.
E’ preoccupato che altri possano aver visto questo segno che indicava la nascita del re dei Giudei. E li inviò a Betlemme, e qui l’evangelista ci presenta un’immagine del potere che è sempre menzognero e assassino. E’ menzognero perché impone con la menzogna il suo potere, e assassino perché lo difende con la violenza.
Infatti Erode dice: “Andate e informatevi accuratamente sul bambino, e quando l’avrete trovato, fatemelo sapere perché anch’io venga ad adorarlo”. In realtà lo vuole eliminare. Il potere è sempre menzognero e assassino. L’evangelista ci invita a prenderne le distanze.
Udito il re, essi partirono. Ed ecco – qui c’è di nuovo la sorpresa – la stella che avevano visto in Oriente li precedeva.
Loro non hanno seguito la stella per andare a Gerusalemme, hanno visto sorgere la stella, ma hanno sbagliato strada. Sono andati nel luogo sbagliato, a Gerusalemme, dove Gesù sarà assassinato, e non a Betlemme dove Gesù è nato.
Allora questa volta la stella ha il ruolo come di Dio nel deserto che guida il suo popolo, come il pastore che guida il suo gregge. E’ la stella che li guida.
Li precedeva, finché giunse e si fermò, letteralmente, sopra dove si trovava il bambino.
E’ chiaro che l’evangelista non è così ingenuo da presentare un astro che si muove e si ferma in un luogo. E’ impossibile che una stella possa indicare dove sta un bambino. Quindi, come abbiamo detto all’inizio, questa stella non va ricercata in cielo, nel cosmo, ma nella Bibbia.
Al vedere la stella provarono una gioia grandissima. E’ la prima volta che appare l’espressione di una grande, incontenibile gioia. L’ultima volta apparirà nelle donne, nell’incontro con il risuscitato.
I pagani e le donne sono i più distanti da Dio, secondo la concezione dell’epoca, eppure sono quelli che lo riconoscono e lo accolgono.
Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre – l’evangelista presenta la coppia regale – si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono …
I doni dei maghi sono simbolici e indicano che on c’è più un’esclusività di un popolo, Israele, ma una possibilità per tutta l’umanità.
• Infatti offrono ORO, che era simbolo della regalità. L’evangelista vuole anticipare il fatto che il regno di Dio sarà anche per i pagani. Non c’è più il regno di Israele, limitato a una nazione, a un popolo, a una religione, ma il regno di Dio, l’amore universale, è per tutti, anche per i pagani.
• Offrono INCENSO. L’offerta dell’incenso era riservata ai sacerdoti. La caratteristica esclusiva di Israele era di essere un popolo sacerdotale, cioè di avere contatto con Dio. Anche questa prerogativa non sarà più solo del popolo di Israele, ma essere popolo sacerdotale – nel senso di comunicazione diretta con Dio – sarà per tutta l’umanità.
• Infine offrono MIRRA, che era il profumo della sposa. La si trova nel Cantico dei Cantici. Ebbene il privilegio di Israele di essere considerato la sposa di Dio non è più soltanto per questa nazione, ma per tutta l’umanità.
Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
“Per un’altra strada” è un’espressione molto rara che troviamo nella Bibbia, nel primo libro dei Re , in cui indica il santuario di Betel dove veniva adorato il vitello d’oro. L’evangelista vuole indicare che ormai Gerusalemme è una città idolatrica dalla quale bisogna prendere le distanze