nel mondo sembra cambiare l’approccio delle religioni nei confronti dell’omosessualità, con conseguenze rivoluzionarie: i monoteismi, ormai, non sono più intenti a dare regole sessuali e a definire i ruoli maschili e femminili, ma sono impegnati a definire, di volta in volta, il rapporto tra il fedele e le innovazioni tecnologiche, sociali, culturali e ambientali.
di Sara Hejazi
Negli Stati Uniti, secondo i dati statistici raccolti dal Pew Research Center nel giugno del 2017, gli ultimi quindici anni hanno visto un forte aumento del favore con cui l’opinione pubblica accoglie, immagina e pensa alle unioni tra persone dello stesso sesso. Questa apertura è stata indagata anche in base all’appartenenza religiosa degli intervistati. L’84% dei buddhisti era a favore delle unioni omosessuali, seguiti dal 77% degli ebrei, dal 68% degli hinduisti, dal 57% dei cristiani cattolici e dal 42% dei musulmani.
A New York, la MCCNY (Metropolitan Community Church of New York) è solo una delle tante comunità religiose LGBTQ, la cui chiesa, durante i sermoni delle domenica tenuti dal reverendo Edgar che si autodefinisce “queer”, è gremita di fedeli.
Questo significa che negli ultimi due decenni l’omofobia è – in genere e in certe aree del Nord America e dell’Europa – diminuita a favore di una maggiore accettazione delle differenze negli orientamenti sessuali. La tendenza si riflette anche nella sfera del religioso, dove le comunità confessionali di fedeli LGBTQ sono strutturate in modo da adempiere tutte le funzioni sociali tradizionalmente svolte dalla parrocchia di quartiere: si prega, si interpretano le scritture, si dona cibo, si accolgono i rifugiati, si dà una mano a chi perde il lavoro e infine si celebrano matrimoni omosessuali secondo il rito religioso della tradizione.
Ma cos’è una comunità religiosa LGBTQ?
E’ un gruppo di persone che frequenta una chiesa, un tempio o una sinagoga e – in minor misura una sala di preghiera islamica – non solo in base al proprio credo, ma anche al proprio orientamento sessuale. Sono due, insomma, le identità a cui si fa riferimento: quella sessuale e quella spirituale.
Il binomio “religione e omosessualità” un tempo costituito da due termini in opposizione, si sta insomma, trasformando in qualcosa di nuovo: si può essere LGBTQ e praticanti, anche rimanendo dentro ai monoteismi tradizionalmente omofobi, come il Cristianesimo, l’Ebraismo e persino – seppur in forma minore- l’Islam, perché le religioni, che non sono sistemi fissi, cambiano come cambiano le culture.
1. Confini che si spostano. Religioso e secolare, pubblico e privato, monoteista e LGBTQ.
Cosa determina questo cambiamento? Il fatto che né la monogamia, né l’eterosessualità sono oggi comportamenti rilevanti economicamente e culturalmente per i nostri sistemi sociali complessi, nonostante lo siano stati per circa tredicimila anni, dalla rivoluzione del Neolitico in poi.
Antropologicamente parlando, la nostra è una specie promiscua per natura e nella preistoria la promiscuità è servita a tenere insieme le orde di ominidi prima ancora che fosse sviluppato un vero e proprio pensiero religioso.
Dal Neolitico in poi, la cui grande innovazione fu la nascita della proprietà privata insieme all’agricoltura, divenne strategico anche organizzarsi per mantenere, trasmettere e regolare questa proprietà: così nacquero le norme sessuali e sociali che regolavano il sesso; si assegnarono le persone ai generi, si assegnò ai generi un ruolo e una gerarchia precisa (gli uomini furono posizionati generalmente più in alto rispetto alle donne), i gruppi furono stratificati in classi sociali (guerrieri, sacerdoti e re furono posizionati più in alto rispetto a contadini e schiavi), progressivamente prese forma l’idea di una gerarchia divina e infine di un unico Dio sopra tutti, cioè il monoteismo.
Questa idea rispondeva a una serie di necessità materiali e immateriali delle società umane in quella precisa fase evolutiva:
– Quella di trovare un senso trascendentale a un’esistenza limitata economicamente, temporalmente, geograficamente.
– Quella di giustificare con la promessa di giustizia nell’Aldilà e nel divino le ingiustizie subite in vita, e in particolare le differenze di classe sociale e di genere, imprescindibili per mantenere l’agricoltura e la proprietà privata.
– Quella di addomesticare una natura altrimenti caotica attraverso norme, regole, discipline che derivavano dal sapere religioso ma che servivano per rendere omogenee e unite le società, scongiurando i conflitti interni.
Questo spiega perché, pur nascendo in contesti dove i rapporti omosessuali erano ampiamente praticati, i tre monoteismi hanno posto l’accento sul divieto di unirsi carnalmente a persone dello stesso sesso: l’omo-erotismo avrebbe rappresentato un problema di “sconfinamento” in società religiose che dei confini hanno fatto le proprie fondamenta: confini di genere, ma anche degli spazi. Confini tra sacro e profano, ma anche tra ciò che è giusto e sbagliato, tra ciò che è “halal”, “kosher”, “santo”, e ciò che invece è proibito, abominevole, diabolico.
Così, in ambito ebraico il Levitico ammoniva esplicitamente di “Non giacere con un uomo come faresti con una donna. E’ una cosa abominevole” (18:22); e ancora “Se un uomo giace con un altro uomo come farebbe con una donna, i due compirebbero un abominio. Dovrebbero sicuramente essere messi a morte e che il sangue si riversasse su di loro” (20:13).
Il Vangelo di Matteo è chiaro rispetto ai rapporti di coppia, che devono essere rigorosamente eterosessuali e per di più indissolubili:
Alcuni Farisei vennero da lui per metterlo alla prova. Chiesero “E’ corretto per un uomo divorziare dalla propria moglie per una ragione qualsiasi?”
“Non sapete,” rispose, “che all’inizio il creatore creò l’Uomo e la Donna e disse: per questa ragione un uomo lascerà suo padre e sua madre e sarà unito a sua moglie e i due diventeranno un’unica carne?’ Così essi non sono più due, ma uno. Non osi separare l’uomo ciò che Dio ha unito”(19:3-6)
Nel Corano ci sono diverse allusioni all’omosessualità: la più esplicita è quella in cui si parla della città di Lot sulla quale Dio fece piovere fuoco, proprio perché trattavasi di un popolo dedito all’omosessualità.
“Così abbiamo portato lui e i suoi seguaci, tranne sua moglie, che era tra quelli che rimasero indietro. E gli abbiamo piovuto addosso il fuoco; considera dunque che fine fece il colpevole” (7:84)
Le religioni, come le culture, sono in costante fermento. Se negli Stati Uniti i monoteismi sembrano essere ormai in grado di esprimersi anche attraverso un linguaggio apertamente LGBTQ, questo non significa che non vi sia chi contrasta fortemente l’innovazione culturale nella religione. In questa sede, però, non interessa tanto la diatriba sulla legittimità dell’omosessualità nei monoteismi, che lasciamo agli addetti ai lavori: Rabbini, Vescovi e Imam in primis. Piuttosto, è interessante notare una rivoluzione di termini e di posizionamento del discorso sessuale nello spazio pubblico e in quello religioso.
2. Rivoluzioni sessuali.
La percezione che l’opinione pubblica ha delle sessualità si è completamente stravolta negli ultimi 20-30 anni. Che cosa è successo? Per prima cosa, la morale sessuale – che un tempo fu pubblica- si è privatizzata. Chi non si ricorda, per esempio, l’importanza pubblica delle verginità femminile? La verginità (o la sua assenza) avrebbe avuto un tempo il potere di destabilizzare intere comunità.
Allo stesso modo, però, se la condotta sessuale delle persone non è più affare della comunità, gli orientamenti sessuali entrano invece, con forza, nel discorso pubblico. Diventano, cioè, politici.
Questo succede anche alle religioni: da un lato esse si privatizzano, trasformandosi in questioni non più collettive ma strettamente intime e personali; si può scegliere una religione come in quello che Rodney Stark ha chiamato “supermarket delle fedi”; si può appartenere a una comunità religiosa senza credere, e viceversa credere senza appartenere, come ha fatto notare brillantemente Grace Davie; si possono praticare varie forme sincretiche di religione, oppure si può scegliere beatamente di essere atei.
Dall’altro lato, però, alcune forme identitarie legate alla religione diventano tratti da portare nella sfera pubblica, con una certa dose di violenza. Religione e sessualità stanno dunque facendo un percorso simile. Si privatizzano come scelte personali, tra le tante possibili; ma diventano politiche, non appena entrano nella sfera pubblica. Hanno insomma perso il loro ruolo tradizionale di tenere insieme le persone e lo hanno sostituito con un ruolo più marcatamente ideologico e politico di rappresentazione.
E qui, in questo percorso parallelo, si inserisce un’altra novità: fino a qualche decennio fa esisteva una critica omosessuale ai monoteismi intesi come sistemi patriarcali; questo faceva sì che i movimenti LBGTQ si schierassero contro le istituzioni religiose e si posizionassero sul versante del secolare, portando avanti un pensiero critico e introspettivo sul proprio rapporto con la fede, come fecero, per intenderci, intellettuali del calibro di Pier Paolo Pasolini o di Michel Foucault.
Oggi questo avviene sempre meno. I movimenti LGBTQ auspicano al contrario la riconciliazione con il monoteismo, che non è messo in discussione, ma ri-aggiustato e modellato proprio nei suoi confini: non è più l’omosessualità a escludere la religione patriarcale dal proprio orizzonte identitario, ma è la religione patriarcale a includere l’omosessualità tra i suoi possibili tratti identitari.
3.Scontri di civiltà o scontri di sessualità?
Per questa constante oscillazione tra pubblico e privato, sessualità e religione giocano una partita fondamentale ai giorni nostri: sono, in fondo, indicatori di quanto un Paese è democratico o meno. Più le identità possono fare riferimento a orientamenti sessuali LBGTQ che vengono inclusi nelle religioni monoteiste, più una società si considera ed è considerata democratica.
In altre parole, la linea che divide i contemporanei “scontri di civiltà”, come avrebbe voluto Samuel Huntington, per esempio tra gli immaginari spazi di “Oriente” / “Occidente”, non è formata dagli atteggiamenti che le culture religiose hanno nei confronti della democrazia, ma quello che esse hanno nei confronti degli orientamenti sessuali e delle relazioni di genere.
Così la cittadinanza democratica contemporanea si crea ed è creata anche secondo una crescente “tolleranza della diversità sessuale”, che d’altronde segue la tradizione democratica inclusivista della diversità tout court, a seconda di chi e cosa è “diverso” o è “minoranza” in un dato spazio e tempo: per esempio, il movimento delle minoranze afro americane segnò gli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento, poi ci fu quello femminista, quello indigeno, e via dicendo, fino a quello LGBTQ dei giorni nostri.
Per diventare politiche, queste identità hanno dovuto nel tempo costruirsi e definirsi in base a caratteristiche immediatamente riconoscibili pubblicamente.
Il Diciannovesimo secolo, come ha fatto notare proprio Foucault, ha creato la categoria sociale e culturale dell’”omosessuale” distinguendola dalle altre. Lo stesso processo hanno subito le categorie sociali “nuove” per la modernità quali appunto “le donne”, “i neri” ecc.
Oggi quella dell’orientamento sessuale è una categoria facilmente assimilabile all’“etnia”: per questa ragione si trovano chiese, sinagoghe, moschee connotate etnicamente, e altre invece connotate sessualmente.
L’identità nazionale sembra però aver perso terreno rispetto a quella sessuale. Le società complesse, come avrebbe detto il filosofo Edgar Morin, sono in fondo il risultato di forze identitarie centripete e centrifughe che lottano, dialogano, negoziano, si alleano o si scontrano tra loro. Sempre più nuove comunità vengono immaginate su base sessuale e locale, invece che etnico e nazionale, come accadeva nel secolo scorso.
E’ il caso della Congregation Beit Simchat Torah (CBST), la sinagoga queer, sempre a New York, che si autodefinisce “una voce progressista all’interno dell’ebraismo” per l’inclusione delle minoranze sessuali. Se tra i punti della sua “mission” si trova solo all’ultimo posto il richiamo allo stato di Israele, al primissimo posto c’è l’offerta di servizi sia “tradizionali” sia “liberali”. Cosa significa? Che si tratta di uno spazio sia prettamente religioso, sia puramente sociale, dove si può – per esempio- pregare, e al contempo ricevere assistenza psicologica.
I matrimoni omosessuali tra fedeli musulmani sono più frequenti di quello che si pensa, specie in gran Bretagna, dopo che le unioni civili sono diventate legali nel 2014. L’attivista britannica transgender Asifa Lahore spiega di aver assistito a centinaia di unioni omosessuali con rito religioso islamico, negli ultimi anni.
Per le comunità musulmane, tuttavia, vere e proprie sale di preghiera connotate come LGBTQ sono una questione più controversa anche negli Stati Uniti, rispetto agli altri due monoteismi.
Una delle ragioni di questo è, di nuovo, la narrazione di “scontro di civiltà” che fa da cornice nella costruzione della religione islamica nei Paesi Occidentali. In questo contesto è già difficile per i musulmani creare spazi di preghiera e culto nelle città. Ancora più complesso sarebbe creare luoghi ad hoc per i fedeli LGBTQ.
All’interno della religione islamica poi, l’omosessualità non è solo letta come “peccato” in termini di condotta del fedele musulmano; è anche, e forse soprattutto, un peccato di ordine culturale: l’omosessualità è spesso associata ad una deriva da contatto con l’Occidente per l’immigrato musulmano: una sorta di corruzione culturale post-colonialista.
4. I monoteismi del futuro saranno gay-friendly?I monoteismi del futuro saranno altamente frammentati, più che gay-friendly. Questo è un passaggio evolutivo cruciale per la nostra specie. Man mano che più persone avranno accesso ai saperi religiosi che – ricordiamo- un tempo erano materia per pochissimi eletti, le religioni diverranno sistemi adattabili e flessibili su misura di ogni singolo fedele. Saranno dunque gay- friendly o estremamente omofobi; saranno inclusivisti o estremamente chiusi; sposeranno le cause più disparate; inneggeranno alla pace così come alla violenza. Smetteranno però – nei prossimi decenni- di essere ancorate ai generi sessuali come lo sono state per millenni.
Se, come dice Anna Rosin, l’era del maschio è finita, anche l’era della femmina non sta andando granché bene. Inizierà dunque un’Era religiosa a-sessuata, dove i monoteismi non saranno più intenti a dare regole sessuali e a definire i ruoli maschili e femminili, ma saranno piuttosto impegnati a definire, di volta in volta, il rapporto tra il fedele e le innovazioni tecnologiche, sociali, culturali, ambientali che sempre più si presenteranno come un’emergenza per la nostra specie.
(26 luglio 2017 MICROMEGA)