il volto ‘politico’ della misericordia e del giubileo
il giubileo non deve essere fatto di devozioni e di porte sante
la misericordia deve avere una dimensione “politica” e mobilitare il popolo cristiano contro il disordine e l’iniquità diffuse nel mondo
le riflessioni delle associazioni cattoliche Comunità ecclesiale di S.Angelo, Noi Siamo Chiesa, Il Graal, la Rosa Bianca, Centro Helder Camara, Coordinamento 9 marzo sui problemi attuali della chiesa e dell’attualità:
tempo di Giubileo : la misericordia deve avere un volto e una pratica politica, deve costruire reti, mobilitare l’opinione pubblica e le Chiese, fare cultura ed educazione
Nell’incontro del 16 aprile le associazioni firmatarie di questo documento hanno messo a fuoco alcune constatazioni:
– anzitutto, che il Giubileo della misericordia non può che essere un tempo aperto e permanente, non provvisorio nè limitato all’emergenza, ma continuo e puntuale,
– che l’agire con, per e nella misericordia, nel drammatico e minaccioso contesto attuale assume un aspetto deliberato ed esige concordia e fermezza,
– che alla base di ogni comportamento ci deve essere il riconoscerci tutti, provenienti da un’unica famiglia umana,
– e che di fronte ad un essere umano, la cui vita è minacciata, esiste una obbligazione primaria nei confronti della cura dell’altro.Per questo, più che risposte o ulteriori approfondimenti sulle tematiche, ci sembra utile ed interessante proporre delle domande su cui confrontarci nella concretezza ed anche nella realizzazione delle molteplici iniziative; le domande infatti presuppongono una ricerca, un coinvolgimento, una prospettiva di senso.
Domande che partono da alcune sottolineature forti emerse dall’incontro del 16 aprile:
1) la responsabilità collettiva della misericordia, su cui bisogna insistere, nel proporla e praticarla, superando i sottili steccati dei particolarismi e delle personali empatie verso chi soffre, per giungere ad una denuncia pubblica delle indifferenze e delle riserve, e ad una pubblica, concorde assunzione di responsabilità al fine di snidare le inadempienze, le corruzioni, le ipocrisie, i privilegi che, come dovremmo sapere, contribuiscono a rendere sempre più ricche e prepotenti le classi dominanti e sempre più povere e vessate le parti deboli delle popolazioni.
Ma, proprio per andare oltre il sapere e il parlare, il blaterare improduttivo, le domande sono:
se e che cosa siamo disposti a rinunciare e a mettere in gioco insieme per creare una mentalità comune e un comune cammino di crescita in umanità tale da superare indifferenze, cautele, barriere e recinti?
c’è e qual è una comune visione di futuro, che tenga presente non interessi e privilegi particolari, anche benefici, ma l’accorata globale situazione del mondo, in cui la maggior parte della popolazione è in balia di chi la sfrutta e la massacra costringendola alla fame, ai soprusi e ai forzati esodi di massa, in un contesto di sfruttamento incontrollato delle risorse e di un eco-sistema sbilanciato e pericolante?
ce la sentiamo di iniziare un cammino di responsabilità collettiva, in ogni ambito sociale e comunitario? E di provocarci su questo, come persone, cittadini, credenti?
2) Il volto politico della misericordia: se misericordia è coinvolgimento, lotta, occorre che assuma un deciso risvolto sociale, disturbando i poteri ai vari livelli, individuando e focalizzando alcune situazioni forti di risonanza nazionale e mondiale, come il commercio di esseri umani, la vendita di armamenti, le ondate di profughi, le mafie –tra noi il caporalato-, la violenza sulle donne e i bambini, ecc., senza desistere dal denunciare e intervenire concretamente in situazioni specifiche. Il volto politico della misericordia dovrebbe fondarsi su una comune concezione del bene comune, cioè di quel bene plurale cui può e deve accedere ogni persona, perché comporta la dignità e il rispetto per ogni uomo e ogni donna, come soggetti portatori di diritti umani e capaci di laicità, cioè di autonomia critica, responsabilità e libertà decisionale.
Le domande sono:
ci sentiamo di operare per il bene comune? Che significato vi diamo come prospettiva comune da condividere? Ci rendiamo conto che il bene comune oggi non è più qualcosa da garantire e tutelare a priori, ma è un dato di partenza di ogni ricerca e azione sociale, politica ed economica, su cui verificarci e orientarci in una visione globale concorde?
3) La misericordia e l’opinione pubblica
Occorre sfatare i luoghi comuni della misericordia, quelli che la limitano alla devozione e alla pratica rituale, alla beneficienza e alle campagne martellanti che tranquillizzano le coscienze, per esprimere invece a voce alta le denunce di tutto ciò che sfigura l’umano, ribadendo la necessità di un cambiamento di mentalità e di stili di vita.
Le domande sono:
Dove e con chi parliamo e testimoniamo che la misericordia comporta un capovolgimento di comportamenti e di prospettive?
Ci interessa renderci e rendere conto che non si possono vivere superficialmente o in disparte i problemi e le emergenze che toccano tutti gli umani, di cui facciamo parte anche noi? Che ciò che siamo ed abbiamo appartiene a tutti?
Ce ne prendiamo a cuore insieme?
4) La necessità di costruire reti, non soltanto di comunicazione, ma di solidarietà.
E’ importante e necessario trovare i modi e le sedi per farlo; ad esempio, stabilendo e pubblicizzando contatti, non settorialmente o sporadicamente, ma permanenti, con le diverse iniziative di misericordia, e intrecciando reti visibili di conoscenze e di interventi, di solidarietà e azioni comuni dirette o di sostegno, richiami pubblici e condivisi a nuovi modelli di vita.Ci vuole una nuova lingua, che capiscano tutti, che esprima un nuovo modo di guardare l’altro, la stessa sete e ricerca del bene comune, e parole e gesti che abbiano la sostanza del presente e il respiro del futuro.
Le domande sono:
Siamo convinti che sia importante, anzi necessario, abbattere i canali a senso unico per allargarci ad una rete espansiva e condivisa di misericordia, in tutte le sue manifestazioni di creatività e di azione?
Stiamo valorizzando il patrimonio collettivo e individuale di un bene comune attuato nelle sue molteplici sfaccettature, di competenze, di sapienze, di tempo e risorse disponibili che le diverse reti particolari possono mettere a disposizione?
C’è spazio per far emergere limiti e potenzialità della ricchezza di culture e di vissuti, pur consapevoli della fatica della mediazione culturale, sociale e politica richiesta?
5) La mobilitazione delle Chiese: la comunità dei credenti cristiani, declinata in tutte le sue forme e confessioni storiche, chiamata a vivere più consapevolmente la misericordia, che è il perno dell’evangelo, deve ritrovarsi più unita e manifestarsi più apertamente e visibilmente in questo denominatore comune della misericordia, rivedersi nei suoi rapporti con i poteri e usare più decisamente e ampiamente le sue istituzioni, per essere in prima linea nella lotta per la costruzione di un mondo basato su nuovi rapporti di umanità riconciliata.
Le domande sono:
c’è il coraggio di superare le confessionalità (liberandoci da pregiudizi storici tuttora esistenti) per far diventare solidarietà comune le singole iniziative, che pur ci sono e anche numerose?
C’è la volontà di mettere globalmente (e non lasciate a livello di decisioni laterali) a disposizione dell’accoglianza istituzioni risorse, spazi, organizzazioni, competenze, ecc.?
C’è la consapevolezza di dare delle priorità e delle scelte, senza voler conciliare a tutti i costi aspetti diversi, alla concretezza della misericordia, anche a scapito della ritualità e della pratica devozionale?
6) L’importanza del fattore culturale ed educativo
A nessuno dovrebbe sfuggire quanto sia importante ed impellente creare canali culturali capaci di contrastare l’analfabetismo e la scivolosa mentalità indotta da modelli legati all’economia, al consumismo e al predominio del denaro, per coltivare la dignità e intelligenza umana per tutti, specialmente per coloro a cui viene sistematicamente lesa o tolta.
Le domande sono:
ci sta veramente a cuore lo sviiuppo delle capacità umane e il superamento dell’analfabetismo non solo letterale, ma soprattutto mentale ed interiore?
In un mondo i cui criteri a livello di mentalità comune e di opinione circolante sono prevalentemente quelli del divertimento, del piacere, dell’evasione, di un eventuale successo di immagine ottenuto con ogni mezzo, quanto conta sostenere il valore della scuola e dello studio?
Comunità ecclesiale di S.Angelo, Noi Siamo Chiesa, Il Graal, la Rosa Bianca,
Centro Helder Camara, Coordinamento 9 marzo
Milano, 29 giugno 2016